DELLA MINUSCOLINITA'
Verbavolant 2021
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)
"Quando il re Primaditutto si svegliò dal letargo, si affacciò sul suo immenso regno di Nientepopodimenoché e disse: 'Che disastro! Che disastro!' 'Prima di tutto' ordinò il re, 'si tagli l'erba!'
I cavoliamerenda imbracciarono i falcetti e, a passo di marcia, si affrettarono a eseguire gli ordini del re.
Mentre Primaditutto li osservava dalla sua finestra, si sentì chiamare dal piccolo Cincischia:'Padre, ma le camomille? E il tarassaco e i papaveri?' 'Sciocchezze! Prima di tutto, pulizia!'"
Il giorno dopo, però, nulla cambiò e il re ordinò che si potassero gli alberi.
Suo figlio Cincischia arrivò e chiese che fine avrebbero fatto i suoni del vento tra i rami o quello dei nidi scrocchianti. La risposta del re non variò perché c'era sempre qualcosa che si metteva prima di tutto: dopo la pulizia arrivò l'ordine.
E così di seguito estirpò le erbacce, cacciando gli insetti. Taglia oggi, caccia domani arrivò il giorno delle udienze e il re si trovò davanti una fila interminabile di sudditi che chiedevano di lasciare il regno: il maestro d'arte, il musico e anche il poeta si misero in viaggio in cerca di colori, suoni e minuscolinità spariti. Ma quando anche Cincischia chiese il permesso di mettersi in cammino sulle tracce del maestro d'arte, del musico e del poeta, al re non rimase che dire ancora una volta: Che disastro! Che disastro! Ma fortunatamente questa volta capì qual era la cosa giusta da fare...
E fu così che Cincischia fu acclamato re e governò con saggezza su tutti i nientedimeglio e i megliodiniente, nonpiùditanti e pressapochi che decisero di restare, al contrario del re che viaggiò tanto fino a che non trovò quello che cercava. Per poi tornare trionfante.
Questo libro ha la forma del regalo e anche un po' quella di un posto segreto, e in qualche misura è entrambe le cose. Un filo di rafia che finisce con un fiocchetto lo tiene chiuso: a ben vedere un regalo - se è una sorpresa - è anche un posto segreto.
Il dorso nero, gli angoli stondati lo fanno assomigliare appunto a un quaderno dentro cui conservare piccole cose, semini in bustina e pezzettini di carta o cartoncino di varia forma, colore e misura e uso.
Tutte queste cose piccole che si susseguono tra le pagine hanno un grande senso con la storia che su quelle stesse pagine è scritta e disegnata.
Diventano per incanto l'espressione concreta di quanto si racconta.
Non capita tutti giorni che le parole prendano una forma che va ben al di là del limite di un disegno, seppure bello, sulla superficie del foglio.
E si può immaginare quanto Claudia, Serena e Fausta - rispettivamente autrici del testo, dei disegni e del libro - abbiano ragionato e molto anche immaginato che cosa ci possa essere al di là del libro convenzionale, con il preciso intento di realizzare un libro che superasse i suoi propri confini materiali.
In questo senso Verbavolant ha sempre dimostrato di 'giocare' con il formato dei propri libri, trasformandoli in qualcosa di altro, ma senza mai far perdere loro la caratteristica di 'contenitori di storie' che vanno comunque in qualche maniera sfogliati e letti.
In questo stesso senso, però, si può immaginare che al suo stampatore Priulla, che non disdegna le sfide, continuino a tremare i polsi.
Se in questo libro-quaderno si respira una grande aria di libertà e di leggerezza, create appunto dall'assenza del canone, è nella sua architettura narrativa invece che esso viene rispettato e mai disatteso. Da un lato la fiaba - con una geniale quanto condivisibile chiusa finale che rispetta il consueto e vissero tutti felici e contenti - e dall'altro il ripetersi ciclico di un modulo preciso.
Questo gusto per le necessarie ridondanze e il replicarsi di uno schema all'interno della struttura della fiaba è piacere assicurato per i più piccoli che tra le fiabe del Il gatto con gli stivali e quella de I tre porcellini, sempre la seconda prediligeranno. La ragione per cui non va neppure spiegata.
Tanto è scandito il ritmo di Claudia Mencaroni, tanto è libero il layout di Serena Mabilia che gioca sullo spazio del foglio con grande mobilità, alternando anche diverse tecniche, a seconda della propria esigenza narrativa.
Claudia Mencaroni però la sua porzione di libertà se la prende altrove, creando un piccolo gioiello di testo che sovverte l'ortografia, ma riempie di senso la storia. Un filo di perle che sono locuzioni comuni e che si dicono quasi senza pensiero, che spesso hanno a che fare con l'impercettibile o il poco, con l'incerto o con il vago, ma che sempre, ma proprio sempre, hanno un suono incantevole se pronunciate tutte d'un fiato, tuttedunfiato.
E questa bella quantità di materiale si catalizza intorno al nocciolo di senso di questa fiaba.
Un ragionamento sonoro che ruota intorno alla questione se essere minuscolo, quasi invisibile, impercettibile, un'inezia, significhi essere insignificante, ossia letteralmente senza significato, o senza importanza o, peggio ancora, inutile, ma comunque trascurabile e di certo senza valore.
La risposta la conoscono i pittori, i poeti, i musicisti e, ovvio, i bambini.
Carla
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