CRESCERE LIBERI E FORTI
(trad. Donata Feroldi)
Babalibri 2022
NARRATIVA ILLUSTRATA (dai 7 anni)
"La vita di una bambina vichinga non è complicata. Nasci, ti spuntano dei capelli biondi e, appena sono abbastanza lunghi, ti fanno le trecce. Poi, quando le trecce sono molto lunghe, te le arrotolano ai lati della testa come se avessi due pagnotte che ti crescono sulle orecchie. Poi ti mettono una specie di vestito lunghissimo che ti si attorciglia alle gambe e ti impedisce di correre sugli scogli o di imbarcarti per andare a scoprire l’America."
A parte questo, una bambina vichinga deve amare il pesce - a colazione, pranzo e cena - le deve piacere abitare in una casa umida e buia, fatta di torba con l'erba che cresce sul tetto.
Deve avere una giusta passione per il cucito a lume di lucerna a olio (di pesce) e deve saper essere paziente e aspettare sulla riva che i maschi tornino con le loro barche dal mare dove hanno pescato e dove hanno scoperto nuove terre.
Alle bambine vichinghe, in genere, per esempio quelle che si chiamano Solveig o Astrid, tutto questo sta più che bene: è sempre stato così. Ma a lei, che invece ha ricevuto in dono il nome Dagfrid, che odia, quasi quanto detesta mangiare il pesce, questo genere di vita 'tradizionale' le sta stretta, quasi quanto il vestito lunghissimo.
Con l'aiuto di suo fratello maggiore, con una cerimonia molto vichinga, si imbarca in cerca di nuove terre da scoprire e nuovi orizzonti da esplorare.
A parte il mal di mare, il lungo viaggio si rivela foriero di enormi novità per il futuro: per la sua dieta, per i suoi svaghi, ma soprattutto per la sua autostima.
Questa è la sua esilarante e nel contempo serissima storia.
Certo che chiamarsi come un plaid dell'Ikea non deve averla messa di buon umore, tuttavia questa ragazzina che più delle sue coetanee sembra sapere il fatto suo, dimostra di avere l'attitudine 'vichinga' alla conquista. Nel suo caso, non saranno solo le terre sconosciute a farla sterzare dal destino che l'attende, ma anche una buona dose di fiducia e consapevolezza di sé. Che nella vita, serve sempre.
Ed è proprio questo suo sguardo volitivo - quasi del tutto nascosto da una frangia giallo pannocchia - e questa sua evidente insofferenza nel sostenere a mezz'aria quelle due treccione che le arriverebbero al polpaccio, così come la immagina Olivier Tallec, che la rende parecchio interessante.
In fondo si tratta di tre piccoli dettagli: un occhio tondo, delle trecce pesanti e lunghe e un paio di calzoni imbrattati di fango che, ancora prima di entrare in contatto con il testo, rende Dagfrid una tipa non banale con la quale sarà difficile annoiarsi.
La nave vichinga che le sta alle spalle - oltre a ribadire il contesto - è un po' come la pistola che compare in un film, prima o poi sparerà, ovvero navigherà.
Se si guardano le copertine degli altri racconti dedicati a Dagfrid (pubblicati in Francia con Ecole des Loisirs) lei è lì a dirci sempre qualcosa in più: in una molletta sul naso, quanto odi avere a che fare con il pesce (À Thor et à travers), in una lumaca che le attraversa la strada, quanto vorrebbe un animale da compagnia (magari non una lumaca... Et compagnie) e in un bigliettino che stringe tra le mani, quanto le piacerebbe viaggiare (A poils, in uscita a breve).
Maestro indiscusso di sguardi, qui Tallec, sacrificato dal formato che per forza deve essere quello che è, gioca nello stretto eppure è in grado di farci molto ridere, soprattutto cogliendo dal testo alcuni elementi che sono garanzia di risata e possibilmente, anche enfatizzandoli e aggiungendo ironia all'ironia "Una volta pronta la barca, lui mi ha guardato a lungo negli occhi (insomma, ci ha provato, perché ha un sacco di capelli e, non portando le trecce, per colpa del vento li aveva tutti davanti alla faccia)", nell'amplificare gli effetti di quel vento.
Se nel titolo italiano si perdono le 'brioches' che quel genio della Agnès Mathieu-Daudé usa per descrivere l'effetto delle trecce arrotolate, nei suoi disegni si moltiplicano. Ogni volta che può le disegna, dando loro un accentuato carattere soffice, che nel nostro immaginario hanno solo le brioches, rendendole così ancora più buffe, se possibile.
Maestro di sguardi, ma anche indiscusso maestro di pecore, sulla scia di quanto il testo di Agnès Mathieu-Daudé, è in grado di renderle mansuete, ma anche perplesse, atterrite e, spesso, veloci.
Se questo è 'solo' il felicissimo contributo illustrativo di Tallec, va detto che il testo è davvero esplosivo.
Si comincia a ridere fin dalla riga tre.
Spiritoso, per piccoli ma anche per grandi che sorrideranno, per esempio, nel leggere che Dagfrid vorrebbe chiamare la terra appena scoperta Terra Verde, oppure nell'ossessivo rispetto dei cerimoniali che dimostra suo fratello.
Tra le maglie di questa trama che ha già di per sé un bel po' di lati divertenti, si infilano tutta una serie di frecce, che sono vere stoccate agli stereotipi peggiori.
Attraverso la risata, mettere in discussione e superare le convenzioni, il pensiero comune, in nome di una propria identità, riconosciuta e rispettata come tale. Attraverso la risata smontare lo stereotipo e nello stesso tempo avviare il pensiero e lo sguardo da un altro punto di vista.
Affidare libri del genere alle mani di bambini e di bambine, o meglio ancora leggerli con loro almeno due volte a settimana, almeno una volta al giorno, oltre a divertirli contribuirà a farli crescere liberi e forti.
Carla
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