lunedì 7 marzo 2022

OLTRE IL CONFINE (libri dall'estero)

LA OXENBURY CHE C'E' IN MEZZO
 
Foto di gruppo con autore è il titolo di una serie di incontri di approfondimento su alcuni autori o autrici che hanno lasciato un segno importante, indelebile, nel panorama dell'editoria per l'infanzia. 
Le modalità degli incontri sono sostanzialmente sempre le stesse: 3 ore fitte fitte in cui si parte dal principio e si arriva alla fine, ossia si attraversa, quanto più possibile per intero, la vita e le opere dell'autore o dall'autrice in questione per riuscire a capirne a fondo la poetica. 
Non un libro in particolare, ma possibilmente l'intera carriera, le svolte, le conferme, i cambi di stile, le costanti che ne hanno segnato il percorso. Questa modalità, che è mia personale, è tale perché ho imparato a scuola che si fa così per poter conoscere e capire il più a fondo possibile l'arte di un autore e la poetica che ne è alla base. 
Domenica 6 marzo, protette dal vento teso, al sicuro in una libreria bella bella di Bari, sotto il microscopio c'era Helen Oxenbury. 
Con l'intento fermo di dimostrare quello che lei in persona ha cercato di sostenere e difendere nel corso della sua lunga e variegata vita artistica, ovvero il suo ruolo di donna serenamente determinata a dare forma e seguito alle proprie scelte umane e artistiche, fossero queste la maternità, la vita familiare o la sua carriera di autrice e illustratrice, abbiamo attraversato almeno una ventina di titoli. 
E quello che ne è risultato è quanto di più lontano esiste dall'etichetta di 'grazioso' che troppo superficialmente e troppo spesso si trova attaccato alle sue illustrazioni. Due libri, in particolare: uno che segna quasi gli esordi della sua carriera di illustratrice e uno che arriva nella maturità della sua carriera, a sessantaquattro anni. 


Due libri che non hanno visto la luce in Italia: Meal One sul fantasmagorico testo di Ivor Cutler datato al 1971 (Heinemann) e Big Momma Makes the World del 2002 (Walker Candlewick) sul testo vulcanico di Phyllis Root.
 

Cosa li tiene insieme, questi due libri tra loro formalmente così diversi? 
Una medesima idea di donna e di madre. 
Esattamente quella donna e quella madre che la Oxenbury ha sempre cercato di essere. 
Siamo al principio degli anni Settanta, in una temperie londinese davvero molto scoppiettante e in questo contesto si muove Ivor Cutler: che fu uno dei più assidui frequentatori della casa ad Hampstead di Helen Oxenbury e di John Burningham. Poeta, insegnante, umorista e performer scozzese, ebreo ortodosso: era famoso per le sue canzoni dal testo surreale e per le sue performances sempre sul filo dell'assurdo, di rado usciva dal suo personaggio anche quando beveva un tè a casa loro, ancora meno quando con estrema solennità si posizionava agli angoli della strada a distribuire adesivi d'oro su cui erano stampati i suoi Cutlerismi, come Diventa amico di un batterio, La vera felicità è sapere che sei un ipocrita, Per piacere ignora quanto c'è scritto
Elvis Costello o Bertrand Russell erano suoi grandi estimatori, così come i Beatles che gli chiesero di fare la parte del conducente di autobus nel loro film televisivo The Magical Mistery Tour
Cutler fece la sua parte in quel film, ma non amò mai la fama e come scozzese ed ebreo ortodosso, a Londra condusse una vita strana e volle sempre mantenere una sua personalissima e originale visione delle cose, circostanza questa che si rivelò vincente nel momento in cui decise di scrivere libri per bambini. 
Proprio nel fermento degli anni Settanta ne scrisse diversi e l'editore con cui pubblicava la Oxenbury già da qualche anno, ne pubblicò ben tre, illustrati da lei. Sebbene spesso potesse essere definito una presenza ingombrante, Ivor Cutler in qualche modo intercettò l'assoluto bisogno della Oxenbury di non avvertire nessuna ingerenza nel suo lavoro di illustratrice dei suoi testi. 
E quando lei, ancora temendo il peggio, alla fine gli mostrò il lavoro finito per la loro prima opera insieme Meal One, fu immensamente sollevata nel vedere che lui aveva messo via il suo essere burbero ed era pronto, invece, a congratularsi con lei per come aveva svolto bene il suo lavoro. 


Meal One ha rappresentato per lei un'ottima occasione di poter ragionare su un tema nodale, anche a livello personale: la maternità e le relazioni interpersonali che nascono all'interno di un nucleo familiare. E di poterlo fare in un contesto narrativo che affonda le sue radici, è proprio il caso di dirlo, nel fiabesco, nel magico. 
La trama è presto detta: un bambino, Helbert MacHerbert, vive con la sua mamma single. Una mattina il bambino si sveglia con una succosa prugna in bocca che la sua scherzosa madre, da sotto il letto dove è nascosta, confessa ridendo di avergli messo sulle labbra, quando lui si chiede questo frutto da dove arrivi.


Insieme decidono all'istante di piantare il nocciolo facendo un buco nel pavimento di legno, esattamente sotto il letto. Ma nulla sembra crescere fino a che i due, sempre più complici nel progetto, non pronunciano la seguente frase: O stone, O mighty plum! Send forth roots and shoots. Grow with our love into a plum tree, with lots of plums! In quello stesso momento, un massiccio albero sbuca con rami che vanno in tutte le direzioni, dal pavimento, ingolfando la casa. 


Ciò nonostante i due riescono a vedere il lato positivo: il bambino scavalcando i rami riesce a tornare a sdraiarsi. Ma, nel frattempo, si è fatta l'ora di colazione - il
Meal one del titolo. Arrivati al piano di sotto, Helbert a cavacecio della sua mamma tanto grassa quanto strepitosa, arriva la tremenda sorpresa: le radici dell'albero si stanno sbafando tutto quello che hanno trovato sul tavolo apparecchiato e stanno mandando all'aria la loro colazione. 


Si tratta di una situazione insostenibile, considerando quanta fame abbiano entrambi e soprattutto come si sia trasformata la loro casetta, fino a un minuto prima linda e pinta. 
Tutto sembra perduto fino al momento in cui quella mamma scherzosa ma molto volitiva non escogita in un batter d'occhio, ossia in un giro di pagina, una soluzione per uscire entrambi dai guai, con un trucchetto che il lettore fino a quel punto non ha potuto prevedere (perché la pagina non l'ha ancora girata!)
La cosa che convinse la Oxenbury a illustrare il testo folle di Cutler fu la relazione scanzonata che tiene insieme madre e figlio. 
Quella madre così complice con il suo bambino alla Oxenbury piacque molto, al punto da volere identificarsi in qualche modo in lei (anche se non fisicamente), visto che il viso del piccolo protagonista Helbert MacHerbert è un ritratto di Bill, il suo secondogenito. 
I disegni della madre, coraggiosa, resa come un donnone imponente e robusto, sono il frutto di una sua precisa intenzione di andare contro lo stereotipo di genere e più in generale di opporsi anche figurativamente a quello legato alla maternità in voga in quel momento. Il mensile femminista Spare Rib premiò il libro Meal One per il suo modo solidale di descrivere le capacità di una madre single: nessuna calamità, neppure la più terribile, sarebbe stata in grado di metterla in difficoltà e di farle rallentare il passo. 
Nel suo ruolo di madre lavoratrice e con una carriera in ascesa, la Oxenbury non avrebbe potuto avere modello migliore a cui ispirarsi! 


Dal punto di vista della costruzione prospettica il libro è un assoluto capolavoro, realizzato a china e colorato a matita con le ombre e i volumi ottenuti a tratteggio, porta in sé già tutto quello che sarà la sua esplosiva capacità di raccontare per immagini. Ci sono in nuce qui tutti quelli che saranno i suoi caratteri distintivi. Un piacere autentico per gli scorci arditi, per la costruzione degli interni, per l'alternanza di tavole a colori a piena pagina, oppure disegni in bianco e nero, primissimi piani che si alternano a grandi fughe prospettiche. 
Come madre lavoratrice lei stessa, Helen Oxenbury apprezza grandemente la resistenza della madre di Meal One, una eroina tenace. 
A distanza di trent'anni esatti, ormai diventata un'autrice di culto a livello mondiale, a Helen Oxenbury venne proposta una ulteriore occasione di cucire un legame con questo suo libro degli esordi. L'occasione arrivò da un testo che David Lloyd, il magnifico editor di Walker, in uno dei suoi pranzi al ristorante con la Oxenbury, ebbe modo di leggerle ad alta voce per convincerla a illustrarlo. 
Lei è reduce dalla grande fatica della Alice nel paese delle meraviglie e quindi è in cerca di qualcosa di meno faticoso, ma di sufficientemente stimolante per rimettersi con la necessaria energia ed entusiasmo al tavolo da disegno. 
Il testo, Big Momma Makes the World, di questa straordinaria autrice americana - Phyllis Root - in sostanza è una riscrittura in chiave femminile della creazione. 
Una giovane madre, di nuovo single, con il suo bebè al seguito, si prende l'impegno di creare il mondo. 


Il Creatore è adesso una Creatrice, una giovane donna lavoratrice con un piccolino da accudire. Big Momma ricorda molto la mamma di Meal One però in chiave divina. 
Il testo è gustoso, potente, esplosivo. Costruito come se fosse parlato, gioca su tutta una serie di modi di dire del migliore slang americano. 
Testi come There was water, water everywhere, and Big Momma saw what needed to be done all right. She rolled up her sleeves and went to it. Wasn't easy, either, with the little baby on her hip. Didn't stop Big Momma, though. Not for a minute. 'Light' said Big Momma. And you better believe there was light! avrebbero potuto creare qualche problema nel pubblico più 'ortodosso', ma la Oxenbury non si tira indietro e pensa che comunque ne possa valere la pena. 
Già, ma la difficoltà per lei sta nel cercare di ottenere nell'illustrazione la stessa potenza del testo. Helen Oxenbury ha una felice intuizione: umanizzare tutto e far passare


ogni cosa attraverso i due personaggi, in particolare il bambino, e per di più semplificando lo sfondo, riducendolo in una scala più accessibile anche visivamente a dei bambini piccoli. 
Dipinte con luminosa gouache, le illustrazioni sono un inno all'infanzia ma anche rappresentano un tributo alla maternità e all'amore per un figlio. E tutto questo si legge attraverso una prospettiva personale, ma anche archetipica. 
Oxenbury mette al centro del libro della creazione, proprio la maternità e la grande energia che una donna è capace di sprigionare. 


Appena esce negli Usa vince un prestigioso premio e quando lei lo va a ritirare condivide con il pubblico un po' delle riflessioni fatte durante la lavorazione. Per esempio, il colore della pelle dei due personaggi: non voleva che fossero bianchi o neri, così sceglie una terza via; la loro pelle prende il colore di ciò che li circonda: via via il colore dell'acqua, del fango, della luce o dell'erba... 
Per la Hoxenbury Big Momma è la rappresentazione della complessa condizione della donna. Sono troppe le cose che ci si aspetta lei faccia: i bambini, tutto ciò che li riguarda, il loro nutrimento e magari anche un lavoro da svolgere e in più, a livello sociale, devono essere splendide. 
La creatrice, dopo aver creato, nell'ordine, l'acqua, la luce, il buio, il cielo, crea il sole e la luna per avere una sorta di orologio naturale per regolarsi quando mettere a dormire il suo bambino. Poi arriva la terra per poterci appoggiare i piedi quand'è stanca e, visto che la terra è dura, crea un po' d'erba e almeno due alberi per la sua amaca. Poi è la volta di pesci e uccelli con cui il bambino può giocare con pezzettini di legno che ottiene dai molti altri alberi che lei ha nel frattempo creato. Poi è la volta degli animali che arrivano tutti insieme con il Big Bang. Ma la solitudine che lei sente su di sé perché gli animali non parlano e il bimbo sa fare solo goo-goo-ga-ga la spinge a creare some folks to keep me company, un po' di gente per tenermi compagnia, magari sotto il portico di casa, al tramonto, a raccontare storie.
 

E con questa gente il lavoro sembra davvero essere terminato. Lei si riprende il suo bambino e dice a tutta quella bella gente di avere cura di tutto ciò che lei ha appena creato, perché lei adesso se ne ritorna sulle nuvole con lui e perché ha anche assoluto bisogno di prendersi una pausa. 
E mentre è lì che fa fare il ruttino al piccolo e inforna biscotti al cioccolato si gira e con l'aria corrucciata, guardando giù, dice Better straighten up down there! 


E' meglio se rigate dritti, laggiù! Ma, di questi tempi, sembra proprio che in parecchi  non la stiano a sentire... 

Carla

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