La famiglia Porelli, André Bouchard (trad. Fabio Regattin)
#Logosedizioni 2022
NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 6 anni)
"Presto sarà Natale! Come i fiori a primavera, da ogni parte spuntano i falsi Babbi Natale. E' risaputo, infatti che il vero Babbo Natale vive al Polo Nord, in un palazzo di ghiaccio.
Se abitasse nel quartiere, si saprebbe!
I falsi Babbi vanno a lavorare in città, dove per pochi soldi fingono di essere quello vero. Spesso stazionano nei grandi magazzini, dove attirano i bambini che ci si perdono assieme ai genitori.
Il falso Babbo Natale si riconosce dalla faccia avvilita."
Il Babbo Natale falso si riconosce anche dallo sguardo cupo e dalla sua incapacità di sorridere, men che meno di ridere.
Esattamente come capita anche a tutti gli adulti del quartiere. Anche loro, come papà e mamma Porelli che passano il loro tempo a cercare di sfamare le 6 bocche di famiglia, hanno dimenticato come si fa a ridere. Fortunatamente ci sono i ragazzini.
Carlo, con i suoi fratelli e la sorella Carolina, scorrazzano per il quartiere in assoluta libertà: non è un posto dove le macchine veloci sono solite sfrecciare.
A dire la verità un adulto sorridente ci sarebbe, il signor Nicola, maestro della scuola del quartiere.
Il Natale si avvicina a passi da gigante e, nonostante gli sforzi dei ragazzini, tutto sembra avvolto in un manto di cupezza, fino al momento in cui arriva un regalo ben fatto che riesce a spandere allegria diffusa, nonostante un testone si rifiuti di lavarsi le mani... E che Natale sia!
Dedicato a Dickens, a Marx e a François Ruffin (ognuno indaghi per conto proprio) per far capire al lettore adulto quali direzioni la storia voglia prendere.
Verso Dickens per la malinconia diffusa e patente, verso Marx per la verità che si palesa a proposito della pancia piena e verso Ruffin per la sua stoffa di politico e di uomo di satira.
Un quarto nome importante a cui questo libro poteva essere dedicato è quello di Ken Loach, per il contesto di sottoproletariato spinto.
Come sempre accade nei libri di Bouchard è il punto di vista che fa la differenza: qui per raccontare il Natale tutto parte da un aspetto piuttosto laterale: il falso Babbo Natale. Sarà capitato anche a voi di vederli, mesti, all'entrata di un grande magazzino e di pensare - se siete di Roma, beninteso: poreeello!
Per esperienza, credo si possa sottoscrivere ogni parola di quella descrizione che Bouchard ne fa.
Dunque, porello, nel senso di poverello, il falso Babbo Natale e Porelli i membri della famiglia protagonista.
Ma in questa storia c'è di più.
Come già negli altri due titoli di Bouchard, che con grande merito Logos e Glifo stanno portando in Italia, anche in questo caso si mette in moto il consueto quanto divertente meccanismo ironico che nasce dallo scarto di ciò che si vede da ciò che si sente.
Andare a fare la spesa al mercato, e poi al supermercato e fare merenda nel pomeriggio al parco sono rispettivamente illustrate con un ravanare tra le cassette di legno accumulate fuori da un mercato rionale, tra i cassonetti all'esterno di un magazzino di una grande catena di distribuzione e tra i cespugli di un giardinetto dove una ricca signora in pelliccia tira a dei piccioni pezzi del suo croissant.
E ancora: il quartiere cui si allude e di cui si tessono le lodi per la sua scarsa pericolosità è una baraccopoli con auto senza pneumatici, casupole di ondulato di lamiera, roulotte e vecchi tubi 'abitabili'. Ma al di là di questa relazione forte che tiene insieme immagine e testo, raccontati nel loro ironico smentirsi a vicenda, La famiglia Porelli è piena di tante sottigliezze, molte delle quali sono anche linguistiche. A partire dal titolo che se hai la ventura di abitare a Roma o di frequentare il vernacolo locale, un cognome del genere diventa subito irresistibile. Trovate un romano e chiedetegli di tradurre Poverelli in romanesco e otterrete un poreeelli, detto con la dovuta intonazione commiserevole...
Magari un milanese coglierà invece una curiosa assonanza/stridore tra Porelli e Pirelli... Chissà.
Gioca dunque Bouchard con il lessico - e Regattin è bravo a stargli dietro e non perde un colpo - come attestano le materie studiate a scuola: dal fai-da-te all'aritmetica, dalla politica alla saldatura. Come attestano parole perfette come 'avvilito'.
Gioca Bouchard anche con il colore, dando agli adulti mesti che girano per il quartiere un unico colore: il nero su cui il brulicare dei bambini che schizzano di qua e di là spicca parecchio, insieme alle foglie di insalata che escono dalle tasche dei cappotti sdruciti.
Gioca Bouchard con il colore anche quando lo usa come indicatore 'emotivo' di un crescente benessere, un po' come se fosse il corrispettivo visivo della pancia piena.
© André Bouchard |
Gioca Bouchard con i dettagli del suo disegno così dettagliato: dal ritratto di una costosa quanto magica Le Creuset rossa, in grado di cucinare a comanda, a un improbabile albero di natale che si tiene su un foratino con due zeppe di legno.
In conclusione, Natale o no, la sequenza dei libri di Bouchard che Logos sta pubblicando (ce ne sono 2 in arrivo), nell'ambito della Biblioteca della Ciopi in ottima compagnia con altri bei titoli, non possono che rendere felici e ridenti chi vorrà leggerli.
A natale, ma non solo.
Carla
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