mercoledì 16 novembre 2022

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

GLI AMORI DIFFICILI

L'anello incantato, Maria Teresa Andruetto, Anna Forlati (trad. Mirta Cimmino) 
#Logosedizioni, 2022 


ILLUSTRATI PER MEDI ( dai 7 anni) 

"L'imperatore Carlomagno la vide e se ne innamorò. Lui era un uomo anziano lei solo una fanciulla. Ma l'imperatore se ne innamorò perdutamente e presto dimenticò i suoi doveri di sovrano. I nobili della corte erano molto preoccupati perché a Carlomagno non interessava più nulla. Né il denaro. Né la caccia. Né la guerra . Né le battaglie. Solo quella fanciulla. 
Malgrado tutto quell'amore, Ifigenia morì in un pomeriggio di aprile affollato di uccelli!" 

I cortigiani si rasserenarono perché pensarono che la svagatezza dell'imperatore fosse finita. E invece no: lui continuò ad amare quella fanciulla e ne fece imbalsamare il corpo e lo portò a corte dove lo venerava notte e giorno. I nobili pensarono che dietro questa follia macabra dell'imperatore ci fosse un incantesimo e scoprirono che nella bocca della fanciulla era nascosto un anello. L'arcivescovo lo prese e l'imperatore all'istante si innamorò di lui; così l'anello passò nelle mani del valletto e l'imperatore di costui si innamorò. Il valletto lo passò nelle mani del primo che incontrò per strada e l'imperatore cominciò ad amarlo. L'uomo, spaventato, lo diede a una gitana che, correndo, lo fece scivolare nel lago di Costanza, dove Ifigenia era solita passeggiare, e l'imperatore proprio di quello stesso lago si invaghì. 

Questa è la prima di sette brevi fiabe che, come perle di una collana, hanno un filo, anzi due, che le attraversano e le tengono insieme: ciascuna di loro si chiude con un guizzo, una giravolta che, tranne per la storia dei sassi neri e bianchi, ribalta il finale atteso, lasciando i lettori a bocca aperta.


© 
Anna Forlati

Il secondo filo che le unisce sta in uno dei temi cari alle fiabe: la necessità. 
Amori difficili e improrogabili sono quello di Carlomagno che deve innamorarsi di un lago, quello dell'uomo che aspetta sulla panchina per una intera notte la sua amata e poi, stanco e triste, si allontana senza vederla.
O quello del barbiere di Baghdad che impiega una vita intera per liberare la bella principessa, figlia del sovrano Al-Mansur, che l'invasore Osman richiuse in una torre ai confini del mondo o ancora quello di Longobardo che non sa resistere alla tentazione di sciogliere il fiocco che la bella cortigiana con l'abito di velluto rosso porta legato intorno al collo; o quello egoista di un padre e quello irresistibile di sua figlia per il carbonaio. 
Eì il seme dell'urgenza, del bisogno a ogni costo che germoglia e fa crescere la narrazione. 
Non è passato tanto dal giorno in cui si ragionava del senso della fiaba e della propria resistenza al tempo. E in quello stesso contesto si rifletteva anche delle rielaborazioni contemporanee di questo genere imperituro.


© 
Anna Forlati
 
A parte le riscritture in chiave ironica, in chiave politica o sociale dei grandi classici, Cappuccetti che decidono di abitare per sempre nelle pance dei lupi, porcellini che si liberano in senso letterale delle pagine che li contengono, esiste un ulteriore merito che alla fiaba contemporanea si deve: ed è quello di essere concepita con l'intento di cambiare la prospettiva e non solo nel senso più letterale, ossia raccontare la storia di cappuccetto rosso così come la può aver vissuta il lupo, ma piuttosto di intervenire e in qualche modo scardinare della fiaba stessa un elemento costitutivo, ossia il finale. 
Il naturale sbocco a cui secoli di tradizione ci ha abituato, assuefatto si potrebbe dire, nelle sapienti mani della Andruetto diventa qualcos'altro. 
Si badi bene che la funzione del finale che appiana ogni cosa e che fa trionfare il Bene sul Male non viene sfiorata o discussa nella sua sostanza, come se la cosa non la interessasse effettivamente. 
Quello che succede invece è l'inceppamento programmatico dell'oliato meccanismo per vedere che cosa accade, che cosa provoca. E non tanto nella fiaba in sé, ma nel lettore. 
Questa, non mi stancherò di sostenerlo, è una delle bellezze della letteratura: essere capace di spostare e muovere il pensiero. 


© 
Anna Forlati

Di solito, quando si chiudono i libri che contengono una storia uscita dalla testa di Maria Teresa Andruetto, non si ha mai la sensazione che tutto sia esattamente come prima di averlo aperto: le sue parole attraversano il lettore e lasciano inevitabilmente traccia di sé. 
In questo caso particolare, un sapiente uso del linguaggio proprio della fiaba, una scorrevolezza da lingua parlata e nello stesso tempo una capacità di rendere palpabile la sospensione del tempo e la vaghezza del luogo, come la migliore fiaba pretende, si mettono al servizio di questo inceppamento che provoca una inaspettata capriola nello scorrere del racconto. 
E, necessariamente, la visione cambia. 
Penso all'uomo sulla panchina sbagliata, al nastro sciolto per troppa curiosità, ai bambini corvi, alla bellezza che non perde il suo profumo ma, una volta raggiunta, si trasforma in vecchiaia e diventa solo un ricordo. A cose così. 
Leggere per credere. 
E a proposito di attraversare, sembra che anche i disegni di Anna Forlati abbiano lo stesso andamento delle parole. I personaggi, non tutti ma un buon numero, entrano nel libro in corteo, ancora prima che tutto cominci, attraversano le pagine e poi ognuno di loro si colloca nel posto assegnatogli dal racconto e fa, ovvero recita, la sua parte. Poi, quando tutto è stato detto, si riuniscono nuovamente, i restanti che non erano entrati nel corteo iniziale, e nuovamente insieme escono di scena e dal libro.


© 
Anna Forlati

Ognuna delle tavole, come ciascuna fiaba, ha un colore dominante, una sorta di cifra di riconoscimento. E la scelta di uno o dell'altro sembrerebbe dettata da una lettura attenta di ogni piccola piega del testo e da una sensibilità nel cogliere le diversità emotive che attraversano i singoli racconti: il blu per la notte sulla panchina e la malinconia, il porpora per l'abito della cortigiana e per il troppo ardore, il giallo per l'Estremo oriente e per dare una luce alla felicità.

Carla

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