ENTRARE E USCIRE DI SCENA
Babalibri 2023
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"Un giorno mamma e papà partirono per un giro in barca.
Io non potevo andare con loro: avevo mal di gola e mi colava la proboscide.
Andai a casa e mi infilai a letto.
Scoppiò un temporale. La barca non tornò indietro. Mamma e papà erano scomparsi in mare.
Ero solo.
Restai seduto sul letto con le tende tirate.
Dopo un po’ sentii la porta che si apriva.
'Ciao, sono zio elefante' disse una voce.
Guardai zio elefante.
'Che cosa stai fissando ?' mi chiese lui.
'Ah, ho capito, stai guardando le mie rughe.'"
Effettivamente sono proprio le rughe che hanno attirato l'attenzione del piccolo elefante orfano.
Zio elefante ne ha moltissime e ne è perfettamente consapevole. È vecchio.
Con la stessa sicurezza con cui ha apostrofato il piccolo, lo porta via di lì, da quella stanza buia con le tende tirate e se lo porta a casa, in treno. Lì i due fanno un po' di conoscenza e contano diverse cose per ingannare il tempo.
Arrivati a destinazione, lo zio accende una lampada a olio, per poi spegnerla subito dopo, visto che è abitata di un ragno che non ha gradito il calore e l'intrusione.
Cena a lume di candela e la mattina dopo il saluto all'alba, a cui si accoda anche il piccolo.
Brevi presentazioni con i fiori, quindi passeggiata dove arrivano gli schricchiolii per zio elefante che possono curarsi solo tornando verso una comoda poltrona.
La vecchia poltrona comoda fa venir voglia di raccontare una storia. Ma poi arriva la malinconia e anche le lacrime.
Zio elefante trova un buon modo per superarla e sfodera anche la sua vena di cantautore.
Insomma il tempo passa veloce fino al giorno del telegramma...
Molte cose colpiscono nella costruzione di questa storia, divisa in nove capitoli.
A parte, ovviamente la grande qualità del disegno, qui con mezzetinte che ruotano dal rosa al grigio. Perfette per disegnare elefanti.
La prima che colpisce ha a che vedere con la rapidità.
Tutto succede in modo fulmineo. Niente lascia presagire gli eventi nella loro sequenza. Questo è un modo di raccontare che un bambino potrà riconoscere come familiare: nessun preambolo, nessuno slittamento verso i margini, nessuna possibilità di distrazione: tutto deve andare dritto al sodo.
Tra la riga 8 e la riga 10 l'elefante è già orfano. E alla riga 15 si è già aperta la porta e ha fatto la sua comparsa zio elefante.
Bell'andatura!
La seconda ha a che vedere con le apparizioni/sparizioni, ossia con le entrate/uscite in/di scena del tutto imprevedibili e addirittura inspiegabili. Ne elenco solo alcune: scoppiò un temporale/la barca non tornò indietro oppure sentii la porta che sia apriva/Ciao sono zio elefante, o ancora prese una lampada dalla mensola e l'accese/ehi voi, disse una vocina.
La terza ha a che fare con la precisione e la metodicità e un certo gusto per gli elenchi. A partire da quello iniziale riferito alla grande quantità di rughe del vecchio elefante.
Ribadito, durante il viaggio in treno, questo gusto per l'esattezza si fa concreto nel conteggio di varie cose: dai pali della luce ai campi, fino ad arrivare alle bucce delle noccioline, unica cosa che i due riescono a contare con la necessaria calma.
Si ripetono con metodo i conteggi e vengono messi in elenco.
Ma a ben vedere questa precisione e amore per l'esattezza e il metodo sono sparse ovunque: dal rituale del saluto all'alba, alla presentazione del nipote fiore per fiore, al modo di farsi passare gli schricchiolii. Per non parlare della precisione con cui mette in elenco ciò che l'armadio di zio elefante contiene, generandone uno speculare quando tutta quella roba la indossa.
La quarta ha a che fare con minuscoli colpi di genio che Lobel dissemina qui e lì. Il primo dei quali si manifesta in quelle tende tirate che rappresentano un gesto tangibile e visibile del lutto e del dolore del piccolo elefante.
Altro piccolo colpo di genio è il gioco dei vestiti che mette in atto lo zio elefante: a ben pensarci è fatto di nulla eppure è visivamente meraviglioso, quanto efficace.
Per non parlare dei giochi di proboscidi che si intrecciano che si sfiorano che si toccano e che, in assoluto silenzio verbale, testimoniano cura, calore e affetto reciproci.
Ma la migliore è senz'altro la specularità tra la porta di entrata e quella di uscita.
Ecco, dunque: cura, calore e affetto sono dappertutto. La storia in sé si tiene sulle tre cose, ma, cucito insieme esiste anche un quinto elemento che Lobel inserisce, senza parere.
Imbastita, diciamo così, nella fodera, ossia all'interno della storia che zio elefante racconta al nipote, c'è una bella inversione di ruoli che vede il piccolo prendersi cura del grande, o per meglio dire, del vecchio.
La preziosa stoffa di Lobel!
Carla
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