DIVULGAZIONE, SCIENZA E DINTORNI
Nel corso del tempo è aumentato l’interesse relativo alla divulgazione, sorella minore della produzione editoriale per bambine/i e ragazze/i,: lo testimoniano il dibattito e la mostra alla Biblioteca Sala Borsa a Bologna e la ristampa del numero monografico della rivista Hamelin, dal titolo ‘Le meraviglie. Non-fiction nell’albo illustrato’, che definisce chiaramente l’ambito della discussione.
Prima di entrare nel merito di queste riflessioni, vorrei mettere in ordine alcune questioni: innanzitutto il vasto campo della no-fiction non si identifica con la divulgazione, che, a sua volta, non si riduce alla sola divulgazione scientifica. Avere chiare queste distinzioni è fondamentale, soprattutto se si vuole guardare in particolare al ruolo dell’illustrazione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, che riguarda libri gioco e simili, basta ricordare i libri di Norman Messenger . Mi sembra evidente, in questo caso, la libertà espressiva con cui l’autore si può cimentare nel costruire inganni visivi, illusioni ottiche, rompicapo spaziali e via discorrendo. C’è infatti qualcosa che delimita e caratterizza un libro di divulgazione: la centralità del testo, o, meglio ancora, del contenuto divulgativo.
In un libro di divulgazione non sono ammissibili errori, superficialità, banalizzazioni che elidono alcuni aspetti del contenuto informativo. Quando un bambino o una bambina prendono in mano un libro di divulgazione, si aspettano spiegazioni e risposte e magari qualche domanda aggiuntiva cui non avevano pensato. Niente di peggio che sostituire l’onestà intellettuale del divulgatore con ammiccamenti, edulcorazioni, banalità o errori colossali.
L’ho detto più volte e se si pensa che il problema della correttezza delle informazioni sia un problema marginale, basta leggersi le interviste a Editoriale Scienza e L’Ippocampo, fra gli editori più rigorosi nel proporre testi di divulgazione, nel succitato numero monografico di Hamelin; mi è capitato più volte di parlare di questo tema proprio con questi editori, che mi hanno fatto una descrizione della produzione internazionale, soprattutto francese, tutt’altro che esaltante. Mi sono trovata a dover togliere dalle bibliografie sulla divulgazione, che preparavo per le scuole, testi, per altri versi validi, che però contenevano errori evidenti. Anche nell’ultima edizione della Bologna Children’s Book Fair mi è capitato di vedere un albo illustrato dedicato agli animali, contenente un errore vistoso.
Certamente è possibile vedere gli animali, così come qualsiasi altro aspetto della natura, come si vuole, umanizzarli, raccontarne le storie con largo uso della fantasia; ma questa non è divulgazione.
Questo vale per tutti gli ambiti che vanno dalla storia all’arte, dalle biografie alla scienza. Si è già detto molto sulle lacune che la produzione editoriale continua a lasciare, soprattutto in ambito storico, che vede una produzione puntiforme, schiacciata sostanzialmente sui programmi scolastici della scuola primaria.
Una notazione va fatta: i testi che riguardano la produzione artistica di questo o quell’autore hanno una libertà d’interpretazione molto ampia, a meno che non si scelga la riproduzione fotografica, come avviene in ‘Entrate nel quadro!’, oppure ‘Piccolo Museo’, editi rispettivamente da L’Ippocampo e Babalibri.
Un esempio di resa efficace della tematica di un’artista è rappresentato dal testo dedicato a Yayoi Kusama. Qui davvero c’è la capacità di dare l’idea della produzione dell’artista giapponese, utilizzando i suoi stessi stilemi per interpretarli a uso illustrativo.
Ancor più interessante è la produzione dei libri d’arte ‘da fare’, che non a caso collimano con i taccuini naturalistici, in cui si invita il giovane lettore a farsi naturalista in prima persona: esempio di questa contiguità, espressione di un comune punto di vista, sono le collane PIPPO (Piccola Pinacoteca Portatile) e PiNO (Piccoli Naturalisti Osservatori), collane prodotte da Topipittori. In entrambi i casi, non è l’esaustività dell’argomento trattato, quanto la metodologia operativa che, sulla base dell’esempio, invita giovani lettrici e lettori a farsi attori in prima persona di una visione estetica del mondo.
Ma veniamo al cuore della questione: la divulgazione scientifica. Temo che ci siano molti fraintendimenti proprio sul modo di intendere la scienza: spesso si contrappone una visione ‘estetica’ a una visione ‘fredda’ della conoscenza scientifica. Si parla di meraviglia e di stupore come se la si introducesse nell’ambito divulgativo grazie alla suggestione delle immagini. In realtà non è così: ogni ricerca scientifica, ogni scelta individuale di avviare nuovi percorsi di studio nascono da un insieme di fattori che coniugano ‘lo spirito del tempo’ (Weltauffassung) alle domande che ciascuno di noi e i ricercatori per primi si pongono di fronte all’immensità del reale.
Lo diceva Platone, lo dicono le biografie di moltissimi scienziati e scienziate, basta leggersi i testi divulgativi di Rovelli e Parisi per rendersene conto. Ma ci sono delle differenze che rendono specifico il metodo scientifico: un linguaggio universale che accomuna le comunità scientifiche di tutto il mondo e la riproducibilità delle esperienze, per cui quello che si sperimenta qui può essere riprodotto e verificato in un laboratorio di Tokyo. Sono le ‘sensate esperienze e necessarie dimostrazioni’ di Galileo, che discriminano la scienza dalle opinioni. Per farsi un’idea del funzionamento della comunità scientifica a livello internazionale, dei suoi limiti e della sua forza, basta leggere ‘Senza respiro’ di Quammen.
La meraviglia nei confronti del cosmo, di cui conosciamo forse una parte infinitesimale, si traduce in pratiche scientifiche, esperimenti, formalizzazioni; spesso, in fisica, l’esistenza di determinate particelle o di corpi celesti è stata postulata ben prima che ve ne fosse la prova sperimentale.
Questo è il fascino della scienza, nel suo continuo cercare risposte a domande che nel frattempo si moltiplicano.
Naturalmente si può e si deve trasmettere questa curiosità e nello stesso tempo il metodo con cui la curiosità diventa acquisizione di nuovi pezzetti del sapere.
Quando si parla di divulgazione rivolta ai più giovani, ho spesso l’impressione che si abbia in mente qualcosa che non esiste più da tempo: le grandi enciclopedie , i volumi per le ricerche scolastiche. Non che le raccolte enciclopediche non esistano più, hanno semplicemente preso la forma delle ricerche in rete e non so se questo sia un bene.
Da almeno trent’anni la divulgazione scientifica ha preso l’aspetto del libro monografico, in cui l’illustrazione ha un ruolo centrale.
Esistono diversi tipi di illustrazione, che hanno funzioni diverse nella divulgazione. Da una parte l’infografica, in cui l’intera impaginazione è concentrata sull’illustrazione, mentre il testo è ridotto a poco più di una didascalia: per estremo, ha un’impostazione di questo genere il volume ‘Mappe’, che ha rivoluzionato l’impianto del vecchio atlante geografico. Un altro esempio è ‘100 cose da sapere sulla scienza' , dove concetti astratti hanno adeguata rappresentazione nell’immagine.
Il ‘colpo d’occhio’ o l’acquisizione per ‘insight’, ovvero un’acquisizione di informazioni per intuito, rappresenta una modalità di apprendimento ben sperimentata e funziona benissimo nell’illustrazione a scopo divulgativo. Un esempio? Il Big Bang come lo rappresentano Neal Layton in ‘Grande Storia Universale’, o Philip Bunting in ‘Come sono arrivato qui?’, ovvero immagini che pur non spiegando la complessità del fenomeno, a questo ci pensa il testo, ne danno un’immagine di immediata comprensione. Un altro esempio di come l’illustrazione copra con l’immaginazione dei vuoti è data dai volumi di Duprat, autore dotato di una precisione maniacale: ‘Il libro delle terre immaginate’, ‘Universi’ e ‘Zoottica’ sono la dimostrazione della perfetta sintesi fra un testo complesso, soprattutto in ‘Universi’, e di immagini che grazie all’insight consentono l’acquisizione di informazioni; questi libri sono l’esempio di una divulgazione per ‘grandi’ che utilizza efficacemente le immagini.
Ma anche la divulgazione che utilizza l’immagine fotografica, come avviene in una parte della produzione anglosassone, tuttora ai vertici della produzione mondiale, ha completamente cambiato impostazione, sia quando utilizza gli strumenti della cartotecnica, in genere per lettrici e lettori più piccoli, sia quando si rivolge a ragazze e ragazzi più grandi, utilizzando un’impaginazione efficace delle riproduzioni fotografiche.
In alcuni casi, i testi di divulgazione hanno una veste più discorsiva e un dialogo stretto con le immagini; penso ad esempio a Nicola Davies e i suoi libri sull’evoluzionismo e la biodiversità, mentre trovo che l’uso di espedienti narrativi, raccontare una storia sul cui sfondo si riconoscono temi divulgativi, in realtà non riesca a essere efficace.
Se l’aspetto della correttezza dei testi è decisivo, e ne sono spia le revisioni sia del testo originale che della traduzione, c’è un altro aspetto che spesso è sottovalutato: la congruità del linguaggio utilizzato rispetto al fruitore del testo. Ogni età consente maggiore o minore astrazione, maggiore o minore approfondimento. In particolare, è necessario che vengano spiegate le parole di uso specialistico, che si chiariscano i concetti, senza dare per scontato il lavoro di ‘traduzione’ dell’adulto. Capita di trovare imprecisioni così come l’esposizione di concetti astratti che richiedono una maturità di lettura superiore.
Un bell’esempio in questo senso è ‘Il linguaggio dell’universo’, dove si affronta con grande chiarezza il tema dell’universalità del linguaggio matematico.
Trovo di grande interesse il fatto che nuovi editori si affaccino nel panorama della divulgazione, sia con la traduzione di testi stranieri, sia con la produzione di testi originali.
C’è comunque ancora molto da fare: nella divulgazione non scientifica, nella saggistica per ragazze e ragazzi sopra i dodici anni, nel miglioramento degli standard qualitativi nella produzione editoriale di divulgazione, magari anche nell’attenzione a libri che sono sempre piaciuti a bambine e bambini, anche se i grandi non se ne sono accorti.
Eleonora
Nessun commento:
Posta un commento