DODICI COSE BELLE, ANZI TREDICI
trad. Lucia Barni)
Beisler 2023
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)
"'È ora della nanna, Bo.'
Bo si regge in equilibrio su un piede solo.
'Ma sto già dormendo.'
'Cosa vuoi dire?' chiede la mamma.
'Sono un pappagallo, io' dice Bo.
'Il pappagallo dorme in questa posizione, con una zampa alzata', spiega.
'È vero, la nasconde sotto le piume così così non prende freddo agli artigli', conferma la mamma."
Ma non si era detto che era ora della nanna? La conversazione tra i due ha preso una direzione inaspettata, e tutt'altro che soporifera. Si parla di animali, di loro abitudini, poi si propongono addirittura spuntini prima di fare il bagno, di lavarsi i denti e di infilarsi il pigiama.
Tutto questo avviene tra un andirivieni di animali veri, un cane e un gatto, animali di pezza, di cui il preferito sembrerebbe un serpentone di lana a strisce, e animali evocati che assumono via via le sembianze di un bimbetto e di una mamma con gli occhiali: dagli orsi alle lontre, passando per due pipistrelli.
Però evidentemente la chioccia conosce i suoi polli e quindi sa che tutto questo vivace via vai di bestie alla resa dei conti stancherà Bo e soprattutto lo farà passare dalla veglia al sonno con un bel sorriso in faccia.
Che poi è la cosa migliore che possa capitare a chiunque.
Almeno una decina di cose belle che capitano in questo libro e in mezzo due ragionamenti su.
La prima sta nel ritratto della vita vera e nel suo disordine. Senza parere c'è una madre che ha appena preso il contenuto da una lavatrice e lo sta stendendo, e ha appena ritirato quelli asciutti, mentre Bo sul divano si confronta con il cane e il gatto si attacca con le unghie ai pantaloni appena stesi.
Il testo in proposito è assolutamente muto.
Sempre in assoluto silenzio quella mamma va avanti con la routine della sera, ovvero raccoglie, con mani e piedi, il delirio di pupazzi che sono in giro, e già che è lì mette a posto anche il giornale (!).
Si potrebbe scrivere molto sulla piacevole sensazione che si prova a mettere a posto prima di andare a letto, ma porterebbe lontano e comunque è rivolta agli adulti lettori.
Nel frattempo, essendo multitasking come tutte le donne, parla con il ragazzino e avvia la routine dell'andare a dormire.
E qui partono la seconda e la terza cosa bella, ossia il gioco che nasce tra i due, ossia di come quel ragazzino lanci ami a sua madre - il pappagallo, il leone dietro il water e cose così - e lei abbia sempre voglia di abboccare e addirittura di rilanciare, come farebbe un vero professionista della pesca.
Ogni esca di Bo diventa complicità, ovvero intesa, e nello stesso tempo diventa modalità condivisa. Anche su questo si potrebbe scrivere molto sui criteri educativi, piuttosto diffusi e consolidati nel Nord Europa, che molto lentamente stanno diventando patrimonio comune.
E qui entra in gioco la quarta cosa, ossia le promiscuità con cui in quella casa si vive con gli animali.
A partire dai mirtilli al gatto, e la sgocciolatura del bagno al cane, da entrambi sul piumino, al muso sul tavolo.
Anche qui si potrebbe dire molto su quanto diversa sia per un bambino l'infanzia passata con un animale e un'infanzia senza, ma anche questo porterebbe lontano.
Che il mondo animale sia la spina dorsale anche del testo è evidente, tuttavia le continue occasioni che si dà Mari Kanstad Johnsen creano un tessuto così robusto e interessante che è proprio difficile ignorarlo: dalle foto di famiglia sulle scale, all'acquario sul tavolo, alla vista dall'alto della camera di Bo con i suoi poster (che peraltro potete comprare dal suo sito) e la sua collezione di pupazzi.
E qui entrano in ballo la quinta e la sesta cosa, ossia i tagli prospettici e il continuo muoversi da una dimensione reale a una immaginata, ma anche un continuo muoversi di corpi e cose che rendono il disegno e la storia ancora più agitati di quello che già sono. Animali che escono dallo specchio e scorrazzano in corridoio, lampade vere e gufi finti, primi piani, panoramiche a volo di uccello, e a volo di rondine, profondità di campo, animali o mamme che sono troppo grandi per poter entrare nel foglio, l'arrampicata sulle scale da parte di Bo, ripreso dal basso, o il suo bagno visto dall'alto sono una gioia.
La gamba ritratta per assecondare la forma aerodinamica di una rondine. Le schiene che si curvano, le mamme che si accucciano, i gatti che si accoccolano sono tutte piccole bellezze che informano di quanto questo sia disegno solo apparentemente ingenuo.
E qui entrano la settima e l'ottava cosa, ossia il segno e il colore. Nella tradizione scandinava che sta dando davvero grande prova di sé entrambe le cose dimostrano la loro modernità assoluta, lontane mille miglia dal canone classico, in nome di una ricerca di comunicazione molto "espressionista" del disegno. Davvero Mari Kanstad Johnsen non si è data limitazioni in questo senso ed è un piacere constatarlo: pagine scure scure, ombre illuminate, soggiorni coloratissimi.
Confusione di segni che a prima vista paiono scarabocchi. Ma mai lo sono.
Le ultime due cose belle sono dettagli, ma come tali in grado di dire parecchio e di spostare il pensiero.
Gli occhiali: far indossare alla madre gli occhiali è proprio una bella idea, non importa se consapevole fin dal principio, perché permette di capire all'istante in grande gioco di immedesimazione che è in atto. Brava.
I risguardi: quelli iniziali funzionano, si potrebbe pensare, da ginnastica di riscaldamento per tutte le sinuosità interne che poi segneranno i contorni di personaggi e oggetti. Quelli finali sono quella cosa a cui si alludeva in principio, ossia quello di saper e voler parlare anche ai grandi. Alla giusta distanza, raccontare in silenzio, di quel mettere tutto a posto e di prendersi due minuti di pace tutti per sé, leggendo il giornale. Oppure di stramazzare sul tavolo da disegno, a tavola finita. Oppure... oppure. Bestie, ovunque.
Per arrivare alla dozzina quindi direi che è cosa bella aver costruito un libro in grado di parlare molti linguaggi diversi, tenendo bene in conto che questi strani oggetti fatti di parole e disegni sono anche e forse soprattutto territori da condividere.
E ultima, ma forse la principale, è l'aver dimostrato a tutti che si possono ancora fare libri così tanto belli su una questione così tanto battuta.
Carla
Noterella al margine.
Nel frattempo di cosa bella se ne è aggiunta anche una tredicesima. Ma non spetta a me dirla.
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