LA GALLINA NON E' UN ANIMALE...
(trad. Elena Montemaggi)
Caissa Italia Editore 2023
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)
"Ogni giorno, pioggia o sole, Peggy fa colazione, gioca nell'aia e osserva i piccioni.
Un giorno tempestoso una forte folata di vento squarcia le nuvole e si porta via foglie, ramoscelli e... Peggy.
Peggy atterra con un tonfo sordo.
È lontana da casa.
Si alza, arruffa le piume e si incammina.!"
Ed è così che una gallina nera comincia a zampettare per le strade trafficate di una città.
La gente sembra non notarla. Ma lei invece nota tutto quello che vede: la sua immagine moltiplicata per il numero di televisori esposti in quella vetrina, gli animali - veri o finti che siano - assaggia anche gli spaghetti e il pop corn al cinema. E quando è stanca riesce anche a trovare un angolino tranquillo dove riposare, anche se non è esattamente come a casa.
Ecco, è proprio di casa che sente la nostalgia, ma anche se chiede in giro come tornarci, nessuno la capisce e la sa essere d'aiuto.
Deve fare tutto da sola, facendo appello al proverbiale buon senso di cui è dotata ogni gallina.
Decide di seguire quelle poche tracce che le possono ricordare casa: dei girasoli, per esempio. O dei piccioni...
Le storie con le galline dentro, di solito, sono interessanti a prescindere. Davvero è difficile che passino inosservate. Tanto le galline, nella nomea che le precede, sono considerate animali stupidi, tanto invece nelle storie che le riguardano di solito si riscattano con onore. Non bisogna credere alla canzone di Cochi e Renato: la gallina non è un animale intelligente, lo si capisce lo si capisce da come guarda la gente...
Peggy non fa eccezione.
La sua storia nasce dall'osservazione diretta della gallina di casa Walker che, importunata dal cane Sunshine, non si dava mai per sconfitta: svolazzava un po' più in là e ricominciava a farsi i fatti suoi in tutta serenità. La Peggy letteraria fa altrettanto: non si scompone, tutt'al più si arruffa, ma poi riprende con passo sicuro il suo cammino. Anche in una grande città, per lei campagnola, un'assoluta novità.
Ci sono almeno tre cose belle in questo albo: la prima è la qualità del disegno, la seconda è l'alternanza e il buon equilibrio tra la lingua scritta e quella disegnata, la terza è il finale.
La qualità del disegno e una certa grazia diffusa si percepiscono fin dalla copertina di questo libro che arriva dall'Australia, dove è stato pubblicato una dozzina di anni fa. L'impronta australiana si percepisce anche se con l'altra grande autrice Freya Blackwood le differenze si percepiscono.
Anna Walker, dalla sua parte, ha sempre dimostrato una grande versatilità nell'uso delle diverse tecniche, anche se è appunto l'acquerello il medium in cui raggiunge i risultati più interessanti.
E' un fatto innegabile che lei dimostri sempre di sapere molto bene scegliere, a seconda della direzione che la storia prende, la tecnica da usare: dal monotipo alla grafite, dal collage alla guache.
E anche Peggy non fa eccezione: nella dominanza dell'acquerello - che le permette di raggiungere ottimi risultati per gamma di toni e per trasparenze - si prende lo sfizio di 'punteggiarlo' con più di un collage di fotografie. Piacevole scoprirle qui e lì.
E a proposito di acquerello, forse è il caso di notare come Anna Walker usi solo lo stretto necessario il pennino a china per ripassare i contorni delle figure, ma invece sfrutti al meglio il naturale tono lievemente più scuro che si crea sui contorni laddove la pennellata ha inizio o termina (Oxenbury e Wiesner rule!).
Rispetto al rapporto tra i due modi di narrare, Walker dimostra di saper calibrare molto bene quando sia il momento delle parole e quando invece a 'parlare' sia il disegno. In questo caso, sembra prenderci gusto e moltiplicare le occasioni di ripetere lo stesso soggetto, Peggy, in una sequenza che ha un ritmo bello serrato. Una piccola frase come Peggy osserva, zompetta, saltella, volteggia e assaggia le offre la possibilità di moltiplicare le singole scene per ben quattordici volte all'interno della doppia pagina.
Il disegno, spesso nel più assoluto silenzio, le dà anche modo di essere ironica.
Di nuovo una piccola frase come Peggy vede cose che non ha mai visto prima è un buon assist per il disegno nell'angolo destro della doppia tavola con uno scenario di città.
Sa sfruttare i giri di pagina per i suoi piccoli coup de théâtre, compreso il finale, ed è brava a creare una sorta di circolarità nel racconto, che tra inizio e fine parrebbe davvero essere speculare, tranne per due piccoli dettagli, che sembrano essere il nocciolo di senso di tutta la storia.
In cauda venenum: a mio gusto, un paio di virgole in più e un sottotitolo in meno.
Carla
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