La scena del delitto è già in copertina eppure entriamo in questa storia da un’altra porta.
Più o meno un’ora prima.
Eliott è un ragazzo stravaccato sul divano. È immerso in una sfida al videogioco quando
la madre lo chiama perché si occupi della sorella che vorrebbe uscire. Lui fa poche storie: ama la piccola Thaïs, quattro anni di irresistibile simpatia e ok, la porterà al parco. Una scena talmente insolita tra fratelli di quell’età che la madre stessa si compiace di cotanta intesa. Lo ringrazia e li guarda uscire sorridendo: al loro ritorno saranno pronti i cookies appena sfornati, promesso.
Segue la scena del parco, l’armonia tra fratellone e sorellina risuona con la natura tutt’intorno eppure già una impercettibile tensione si fa strada in chi legge: prima lei si arrampica allegramente su un muretto…attenzione che non cada! Non cade. Poi qualche strana intermittenza nei lampioni. Comunque nessuna conseguenza e allora via verso l’altalena. Ancora una mezz’oretta spensierata e si può tornare a casa dove, contro il profumo dei biscotti ancora in forno si infrange questa incantevole serenità. Fin qui il Prologo.
Il racconto procederà come se a ogni capitolo successivo si entri nella storia da una porta diversa, anzi da una voce diversa: per quanto narrato rigorosamente in terza persona, in ogni capitolo partecipiamo alle vicende attraverso la soggettività di uno degli attori.
Due i principali: Eliott, che ha appena perso la madre che dicono suicida e Lilas sua coetanea che cerca di convivere con i numerosi episodi di allucinazione che la accompagnano da sempre.
Saranno loro due i protagonisti di questo racconto che si traveste di “giallo” ma che in realtà racconta di fantasmi, fantasmi in senso stretto e in senso figurato.
Del resto il titolo originale è proprio Les mots fantomes, Parole fantasma.
Della trama cercherò di dire ben poco restituendo quello stato di spaesamento che effettivamente accompagna il lettore di questa “Doppia indagine per morte sospetta”. Interessante però è soffermarsi sui fantasmi e sulle loro parole, parole mute, che i vivi non possono sentire ma che pure riescono a tessere il filo dell’indagine in cui sono impegnati i due ragazzi: quella di Eliott che pieno di risentimento non crede al suicidio della madre e vuole dimostrarlo; quella di Lilas che mentre cerca di “guarire” dalle sue allucinazioni si imbatte in un terribile segreto di famiglia. Entrambi sono determinati a stanare la verità e guardarla negli occhi.
I due si incontrano nel Centro di Psichiatria infantile, che in effetti è il posto dove a volte ci si ritrova quando si ha un conto in sospeso con i propri fantasmi, e lì succederà che le loro indagini si intrecceranno. Complice qualche fantasma di gente morta con un urgente bisogno di comunicare con i vivi. Solo grazie a loro, veri registi della trama, tutti arriveremo a conoscere la verità.
"Lilas ha improvvisamente l'impressione di non essere sola. L'adrenalina le scorre nelle vene. Scruta ogni angolo della stanza, cercando di squarciare l'oscurità socchiudendo gli occhi. Un maglione steso sulla sedia della scrivania, un cappotto appeso al muro, una borsa mal conservata. Ogni forma indecisa fa sorgere dubbi e accentua la sensazione di essere osservata. Lilas è così fredda che quasi trema. Il suo sguardo cade nell'angolo della stanza. Si staglia un'ombra. Nella strada, si sente il rumore di un motore mentre l'auto passa davanti alla casa, l'alone dei fari che illumina l'angolo da cui Lilas non distoglie lo sguardo.
Lei è lì.
Nella sua stanza."
Dunque c’è brivido come in un horror (ma non troppo), c’è investigazione come in un giallo, c’è mistero come un racconto fantastico, ci sono le difficoltà di infanzie dolenti come in un racconto di attualità.
David Moitet ci porta su un confine interessante che prova a farci attraversare in più punti: tra i vivi e i morti, tra realtà e allucinazione, tra disagio e salute mentale, tra verità e quieto vivere mostrando come, nel bene o nel male, questo confine sia molto più poroso di quanto adulti e istituzioni siano disposti ad accettare. Allora forse è meglio trovare il modo di ascoltare le voci fantasma prima che diventino del tutto incomprensibili.
Un romanzo ben costruito, forse verso la fine la comitiva di fantasmi è un tantino troppo affollata ma tant’è, la storia ha retto bene fin lì. In ogni caso, tutti i pezzi del racconto, tutte le voci in campo vanno a ricomporsi, ma solo a patto di credere che quel confine possa essere attraversato.
Una bella storia per lettori e lettrici adolescenti, dai 12 anni in su.
Patrizia
“Doppia indagine per morte sospetta”, David Moitet trad. Elena Riva,
Pelledoca 2024
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