lunedì 24 febbraio 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

OF BEARS AND MEN 

Il viaggio di Oregon, Rascal, Louis Joos (trad. Tommaso Gurrieri) 
Edizioni Clichy 2025 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Finite le mie pagliacciate, lo riaccompagnavo nella sua gabbia. 
Una sera Oregon mi ha parlato. Come nelle fiabe... 
'Portami nel grande bosco, Duke'. Lì per lì non sono riuscito a rispondergli niente. 
Ma dopo, solo nella mia roulotte, ho capito che il suo posto era in mezzo a quelli come lui, in un bel bosco di abeti rossi. 
Chi lo sa? Magari avrei pure incontrato Biancaneve..." 

Duke e Oregon lavorano sotto lo stesso tendone. Uno è l'orso del circo, l'altro è il clown. Nano. 
Infelici entrambi, perché esibiti, come fenomeni, semplicemente per la loro natura.
Non lasciandosi bei ricordi alle spalle, i due partono per un lungo viaggio. 
Prima stazione, la fuliggine di Pittsburgh. Da lì si mettono in cammino con pochi soldi in tasca che finiscono presto. Dopo aver fatto tappa a Chicago e dopo aver mangiato un bel numero di hamburger, i due si rimettono in marcia verso ovest. Un passaggio sul camion di Spike diretto nell'Iowa e poi tanta strada a piedi: con ogni tempo, in mezzo alle grandi distese di mais e avanti lungo il fiume Platte, attraversano il Nebraska fino ad arrivare alle Montagne Rocciose.
 

Lì un po' di autostop e poi il 'cavallo di ferro' per fare l'ultimo tratto. 
E poi, al mattino al loro risveglio nel carro merci, appare ai loro occhi, proprio come nel sogno, L'Oregon, le sue montagne, le sue foreste. 
L'orso è finalmente a casa, adesso tocca a Duke trovare la propria. 
Come è bene che sia.

Non sembra possibile che Rascal e Joos, insieme così tante volte nei libri illustrati, abbiano potuto fare qui un brutto libro.


E infatti, in questo, che ha più di trent'anni e lo si può considerare un classico, magicamente ancora una volta accade. 
In questa lunga fuga, dall'est all'ovest degli Stati Uniti, da parte di due personaggi perdenti in cerca di riscatto, rivediamo un viaggio che ne richiama alla memoria tanti altri, visti in grandi film, letti in grandi romanzi. 
Si ritrova intatta, nel testo e nelle immagini, l'atmosfera della provincia americana: le grandi strade deserte, le distese a mais, le fattorie e i mulini a vento, la pompa di benzina nel nulla, tipologie umane consuete - attricetta, commesso viaggiatore e indiano ormai senza piume - il treno merci interminabile che attraversa flemmatico le lunghe distanze, e infine lei, la grande natura. Selvatica e magnifica. 


Qui le foreste dell'Oregon con il monte Hood sullo sfondo. E altrettanto inviolata è l'iconografia del viaggio. Una partenza di due che non hanno più niente da perdere andandosene. Anzi, è in libertà che ci guadagnano. Niente denaro in tasca, contano solo sul buon cuore di altri come loro, ossia persone che non hanno niente da perdere nel dargli una mano... 
Fatto salvo tutto questo che fa da scenario, che non è affatto poco (per la rievocazione di un immaginario già consolidato nei grandi e per la costruzione di un nuovo immaginario per i piccoli, che magari Steinbeck o Thelma e Louise non sanno chi siano, ma chissà che in un domani potrebbero goderne), Il viaggio di Oregon è capace di attraversare una grande questione ma sa anche trovare il suo senso in alcune piccolezze, che quasi quasi rischiano di passare inosservate. Quasi quasi. 
La grande questione è quella che muove un orso e un clown a cercare la propria felicità.
Le piccolezze, invece, qui di seguito, solo alcune. 


La costruzione di questa improbabile coppia, uno enorme e l'altro minuscolo. Così piccolo che lo si potrebbe paragonare a un bambino, cosa che Rascal peraltro, lieve lieve, fa più di una volta. 
Così grande eppure così fragile e sperduto, così piccolo eppure così determinato e sollecito. Solo a me tornano alla mente Lennie e George di Uomini e topi
La geografia solida dell'itinerario di cui ogni tappa è segnata. Sorge spontaneo il desiderio di seguire con il ditino sulla carta geografica il loro lungo percorso. 
Messi come punteggiatura una serie di riferimenti alle grandi questioni che negli anni hanno segnato e segnano tuttora la cultura americana: i nativi, gli afroamericani, le minoranze, i diversi.
Sia nel testo, per esempio con il breve dialogo tra il camionista nell'Iowa, con cui Duke discute di bianco e di nero, sia nelle immagini con il film nel motel e l'insegna stessa del motel. 
L'idea, spesso ormai considerata fuori moda, che una promessa è sempre una promessa. E come tale va mantenuta. I bambini e i clown lo sanno bene. 
E poi arriva il finale. 
Il finale è un buon finale perché è aperto verso un altro pezzo di strada da fare e ha un lieve sapore di malinconia. 
Come è bene che sia. 

Carla

Nessun commento:

Posta un commento