LA LINEA È UN PUNTO CHE VA A CAMMINARE
Salani 2025
POESIA
"Spazi e luoghi.
All'inizio c'è lo spazio. Lo spazio è geometrico e silenzioso. Punti, linee, superfici.
Lo spazio è sempre aperto. Come una casa senza porte. Ma è disabitato. Come certe piazze di De Chirico.
Lo spazio è una vigilia che sogna di riempirsi di uomini, donne, bambini. Di vita.
Lo spazio dorme. Come le parole nella pagina, come un palcoscenico prima che si apra il sipario.
Lo spazio è un muto che aspetta il mutamento.
Quindi arriva l'uomo e dentro vi mette il suo respiro, i suoi sogni, le sue paure, i suoi incontri, i suoi abbandoni.
Quando arriva l'uomo lo spazio diventa luogo, la crisalide diventa farfalla."
Sette sale che sono abitate dallo spirito di sette artisti diversi: Kandinskij, Vermeer, Hopper, Klee, Monet, Chagall, De Chirico.
Ciascuno di loro, o meglio la loro arte, diventa guida ideale attraverso tipologie di spazi e di luoghi differenti.
A Kandinskij il compito di aprire e in qualche modo di misurare lo spazio. Anche e forse quello della pagina e della scrittura: punto, linea e superficie. Sala piccola, dunque, ma necessaria.
A Vermeer gli spazi della vita domestica: case, soffitte, stanze proibite. Ovviamente, ad Hopper il compito di condurci all'interno degli spazi pubblici: bar - chi meglio di lui? e poi chiese con campanili come matite e poi la scuola, raccontata alla lettera (!)
A Klee le strade e le piazze e i giardini.
A Monet, l'aria aperta, boschi, fiumi. A Chagall, un doppio compito: lo spazio del cielo ma anche quello del Quartiere Sottosopra. E l'ultimo, la Sala De Chirico ospita rime sui paesaggi interiori.
Cinquantadue componimenti poetici, tutte quartine rigorosamente in rima baciata, ossia aa bb...
Catalogare, suddividere, ordinare sono attività che attirano la mia attenzione.
E qui Gianluca Caporaso ha impostato tutto lo spazio per le sue poesie, secondo un'architettura molto organizzata. Ovviamente l'idea di rendere il percorso una sorta di passeggiata in un museo di pittori meravigliosi colpisce almeno altrettanto.
Così come non può passare inosservato il fatto che tutto abbia un ritmo cadenzato.
L'ultima cosa che colpisce è che per essere un libro di poesia c'è molto scritto in prosa: ben quattro pagine iniziali in cui si spiega per benino perché e come si sono formate le affinità elettive tra luoghi e pittori. Interessante legame, anche se forse Hopper avrebbe preferito condividere un po' dell'aria aperta -e della luce su cui tanto aveva lavorato- che invece è tutta di Monet... ma questo è un fatto di sensibilità personale e poco importa.
Intorno a tutte queste rime che raccontano di porte da calcio e di giardini e di orizzonti c'è Sergio Olivotti in una veste abbastanza insolita.
Un passo indietro rispetto alle sue fantasmagorie da albo illustrato. Qui decide di chiudersi in una bellissima scala di grigi, adatta alla porosa carta Salani, decide di seguire anche lui il gioco dell'affinità elettiva con l'arte visuale, alludendo, citando e lasciando andare libero l'architetto che è in lui. Davvero interessante per quanto insolito.
Così come Caporaso gioca con le parole, così Olivotti gioca con le forme, con i pieni e i vuoti che si incastrano, con le figure che si scompongono...
E quale è la relazione che stabilisce tra testo e immagine?
Deve temporaneamente dismettere i panni dell'illustratore di albi e deve giocarsi tutto con una sola figura. Si sostiene magari a un'unica parola del testo e poi da lì comincia a girarci intorno per costruire, dare forza e senso al suo disegno: un caso su tutti La capanna, un magico guscio. O ancora dà una sua personale lettura quando le rime vagabonde, senza fissa dimora, hanno accanto una donna-chiocciola.
Come sempre accade, delle poesie non andrebbe detto niente: se non il suggerimento di leggerle - queste soprattutto ad alta voce - e godersele nelle loro rime così cadenzate.
Ma almeno un paio, anzi tre, preferenze le devo segnalare: La scala verso il cielo. Storia di bambino curioso che non avendo elica o ala per andare a vedere nell'oltrecielo si costruì una scala. Mise in fila una scopa, una conca, un anello, una scarpa, una corda e un vitello. In realtà l'oltrecielo non lo vide mai, ma da lassù - con le gambe nel vuoto - poté scorgere il mondo.
Mentre nel Quartiere sottosopra l'alba è alla sera, il cielo è verde e il prato è giallo. Gli uomini enormi hanno cuori come castagne, mentre i piccoli ce l'hanno che è infinito. Siccome lì va tutto alla rovescia: il cane migliore è un gatto e quando qualcuno rifiuta, urla Sììììì.
Ultima, dedicata ai punti cardinali, per orientarsi internamente:
A nord del cuore si trova la gola
rampa di lancio per ogni parola
A sud del cuore si trova la pancia
cupola, circolo, tondo d'arancia...
A est e ovest ci sono i polmoni
chi ha fame d'aria la mangia a bocconi
chi si emoziona la prende a pezzetti
chi sta volando la beve sui tetti...
Carla
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