giovedì 21 giugno 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


LA RAGIONE LO FARÀ CROLLARE

GLI STRANIERI, Armin Greder
Orecchio acerbo, 2012

ILLUSTRATI PER GRANDI (dai 10 anni)


"Era una terra di sabbia e poco altro.
Ma era la patria di un popolo.

Su questa terra la gente si occupava
delle proprie capre
e aspettava il maturare delle olive 

e la sera i vecchi raccontavano
le loro storie ai giovani,
così che potessero ricordare chi erano."

Così bello a leggersi, che sembra una poesia.
Per raccontare la storia che ha luogo su quel terreno fatto di pietre e sabbia, Greder usa parole così lucide, così nitide e perfette, e allo stesso tempo così pesanti e dense, che potrebbero davvero appartenere a una poesia.
Una poesia che racconta di come una tempesta un giorno portò su quella stessa terra gli stranieri che la rivendicarono come propria. Siamo tornati per restare, dicono e sono molti, molti di più del popolo.
E così, è la guerra. Una guerra vinta da chi lotta per conquistarsi una patria e persa da chi quella terra non la vuole abbandonare. E così, al principio sono solo le tombe di chi era caduto in guerra ad occupare quel terreno, ma poi arrivano le bandiere e i campi coltivati. Gli stranieri, ormai padroni, cominciano a prosperare e a spingersi con i confini sempre un po' più in là. Nulla vale protestare o pretendere giustizia: nessuno ascolta il popolo. Alla rabbia dei forconi che imbracciano rispondono i potenti cannoni dei carri armati stranieri. Ancora morti e ancora tombe. Così gli stranieri costruiscono il muro, un muro che li protegga, dicono. E questo muro da quel giorno non ha mai smesso di crescere per poi diventare per il popolo prigione e moritficazione.


Gli stranieri hanno il muro dalla loro, hanno il potere e la forza ma il popolo, dalla sua, ha il tempo e la consapevolezza che un giorno la ragione lo farà crollare, come accade a tutti i muri, prima o poi.

E nel frattempo continuano
a oliare le chiavi delle loro case
che li aspettano dietro il muro

Testo e immagini asciugati entrambi fino all'osso, fino al nocciolo del tema. In un continuo togliere, la complessità si fa semplicità (Calvino ce lo ha insegnato nella sua prima lezione americana sulla Leggerezza) e la storia che ci racconta Greder diventa allo stesso modo la storia del popolo palestinese e della sua terra sottratta da Israele e una storia dai toni molto più profondamente universali. Greder ci ha abituato a questo suo particolare modo di leggere il mondo. Penso all'Isola (Orecchio acerbo, 2008), vera e propria icona per raccontare il pregiudizio e l'emarginazione, o alla Città (Orecchio acerbo, 2009), emblema del tema della fatica del crescere e del lasciar crescere. I suoi racconti, dunque, si rivelano sempre così emblematici e portatori di valori condivisi e compresibili dall'umanità intera, che diventano all'istante veri e propri manifesti. Ogni parola porta il peso e il dramma del suo significato, ogni immagine riassume un pensiero, contiene le sue mille varianti.
Il muro di separazione israeliana diventa subito tutti i muri che dividono i popoli, il popolo palestinese è nel contempo tutti i popoli oppressi, i territori diventano la patria, il suolo d'origine, per antonomasia.
Ecco dunque che un libro in prosa che racconta la cruda realtà israelo-palestinese diventa, nel suo continuo essere allegorico, metaforico e iperbolico, a tutti gli effetti poesia dai toni universali.
E come solo la poesia sa esserlo, anche i libri di Greder ci appaiono sempre così drammaticamente urgenti che, dopo averli avuti in mano, non si può più far finta che non esistano, impossibile ignorarli, perché al loro passaggio nulla può essere più come prima.

Carla

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