lunedì 14 luglio 2014

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)


STAY HUMAN* 
DEDICATO AI BAMBINI DI GAZA.


Due libri, pubblicati da poco da Lapis, della stessa autrice francese Yael Hassan, vissuta a lungo in Israele, sono un ottimo spunto per parlare anche ai ragazzi di temi davvero difficili.

Il primo s'intitola Albert il toubab, ovvero il bianco: ha i toni della favola moderna, è ambientato in una periferia parigina, con il protagonista, che vive ad un passo dalle case popolari, ovvero dalle banlieu. Con questo termine s'intende periferia degradata di una grande città, vale per la Francia, ma potrebbe essere ovunque sorga un agglomerato urbano denso di povertà, a fianco o a pochi chilometri dall'agio, se non dalla ricchezza. Il protagonista Albert, originariamente Alberto, è un immigrato portoghese che nel tempo è riuscito a raggiungere un certo benessere, vive da solo in una villetta, è vedovo e molto chiuso in se stesso; la moglie andava ad insegnare francese agli immigrati ammassati nelle case popolari e, prima di morire, affida la gestione di casa a Zaina, immigrata senegalese. A causa di un malore Zaina viene ricoverata in ospedale ed affida ad Albert la figlia di nove anni, Memouna. Grande scompiglio, svariate avventure, l'ingresso di Albert nel mondo e nella vita degli immigrati; finalmente Albert/Alberto apre il suo cuore, lasciandosi alle spalle pregiudizi e solitudine. Se la trama è fin troppo chiara nel suo intento pedagogico, ha comunque il merito di descrivere una situazione che, in tono minore, anche noi viviamo non solo nelle grandi città; il libro, scritto nel 2008, a pochi anni dalla prima rivolta nelle banlieu francesi, risente evidentemente dell'urgenza di raccontare, di mettere ordine in un ambito in cui spesso la disinformazione alimenta il razzismo, esclusione e violenza.
 


Ancor più ambizioso il secondo romanzo, Finché la terra piangerà, dedicato al conflitto israelo/palestinese. Parte come la storia dell'amicizia di due ragazzi 'francesi': Samy, ebreo, e il suo grande amico Kamal, di origini marocchine. Tutto sembra filare liscio nella loro vita di quindicenni fino a che Samy, dopo un'aggrassione da parte di alcuni fanatici anti-semiti, decide di partire per Israele. La sua storia, a questo punto, si intreccia a quella di Intissar, giovane palestinese aspirante kamikaze, e delle rispettive famiglie. La speranza di pace, l'aspirazione ad una vita normale sono costantemente frustrate dal groviglio inestricabile di rancori contrapposti, ragioni irriducibili, mezzi di lotta che, ben lungi dal risolvere il problema della convivenza di due popoli sullo stesso territorio, lo alimentano all'infinito, lasciando sul terreno una scia di sangue e future vendette.

Le vittime il più delle volte sono proprio quelli che non hanno possibilità di scelta, i più deboli, proprio quelli che magari la violenza la ripudiano o che ne sono le vittima sacrificali, i bambini.

Le storie della Hassan cercano di rendere conto di questo intrico di ragioni e di torti, creando storie 'esemplari', con tutte le inevitabili semplificazioni. E' comunque un onesto e salutare tentativo di raccontare a ragazze e ragazzi, dai dodici anni in su, il senso di quello che magari di sfuggita vedono raccontato nei telegiornali.

All'inizio di Finché la terra piangerà viene riportato un celebre brano del Qohelet, nella traduzione di Ceronetti; ne riporto alcune righe:


Tutto ha sotto il cielo una sua ora
Un tempo suo
Il tempo di nascere e il tempo di morire
Il tempo di piantare e il tempo di spiantare
Il tempo di uccidere e il tempo di curare
Il tempo di demolire e il tempo di costruire
Il tempo delle lacrime e il tempo delle risa
Il tempo di amare e il tempo di odiare
Il tempo della guerra e il tempo della pace.




Ma il tempo della pace in Palestina sembra non arrivare mai, come se fosse impossibile interrompere questa catena di inarrestabile violenza.



Eleonora



Albert il Toubab”, Y. Hassan, Lapis 2014

Finchè la terra piangerà”, Y. Hassan, Lapis 2014





*E' la frase con cui Vittorio Arrigoni, giornalista e pacifista italiano trasferitosi a Gaza, chiudeva i suoi reportage. Restiamo umani.

Nessun commento:

Posta un commento