GRUPPO DI FAMIGLIA
Quattro ragazzi
per due papà, Dana Alison
Levy, (trad. Aurelia Martelli)
EDT
Giralangolo 2015
NARRATIVA
PER GRANDI (dagli 11 anni)
"Eli sedeva
sugli scalini di legno della veranda, pigiato tra i fratelli, mentre
papà Jason armeggiava con la macchina fotografica. Alla sua destra
sedeva Frog, il più piccolo che fremeva di eccitazione. alla sua
sinistra i due fratelli più grandi, tutt'altro che entusiasti.
'Scatta. 'Sta. Foto' grugnì Sam a denti stretti. Evidentemente la
sua pazienza per il rituale della Foto del Primo Giorno di scuola si
era esaurita, ora che stava per cominciare le medie."
Gruppo di famiglia in
un esterno. Quattro fratelli, dai 6 ai 12 anni, tutti adottati e
provenienti da diversi angoli del mondo. Loro sono i giovani
Fletcher, e qui sono ritratti in uno dei tanti rituali di questa
movimentata famiglia, che prevede anche due padri, un gatto e un
cane. A vederli non sembrano fratelli, tranne per il particolare
delle ginocchia sempre verdi di erba. Vivono in una bella villetta
alla periferia di una cittadina di provincia con il mare vicino (è
importante avere il mare vicino...) e oggi sono tutti schierati ai
blocchi di partenza per il loro nuovo anno scolastico. Frog
(all'anagrafe Jeremiah, ma nessuno lo chiama mai così), il più
piccolo, un fisico da quattrenne e una volontà da seienne al
quadrato, non vede l'ora di cominciare la sua nuova avventura. Eli,
esile e biondino, geniale a tal punto da voler frequentare una scuola
per ragazzini superdotati, è un po' tremante all'idea dell'impegno
che lo aspetta. Jax, sempre all'ombra del suo fratello grande Sam, di
cui coltiva il mito, ha davanti a sé un anno difficile perché il
suo amico del cuore ha deciso di tenerlo a distanza e un compito
scolastico piuttosto impegnativo lo attende al varco. E in ultimo c'è
lui, Sam che in questo nuovo mondo della scuola media scoprirà un
suo talento, una nuova passione e una inaspettatata determinazione
nel perseguirla.
Questi sono i piccoli
Fletcher. Le quasi trecento pagine di questo romanzo sono occupate da
loro. Gli adulti si muovono ai margini o, per meglio dire, nel back
stage. Dei due padri, Jason e Tom, sappiamo poco, ma li conosciamo
attraverso il regolamento che hanno stabilito per governare questa
piccola comunità in crescita. Il misterioso e burbero vicino di
casa, il signor Nelson, scompare spesso dietro la porta di casa sua e
il più delle volte, sbattendola in faccia ai suoi vicini. Le zie,
meravigliose, vanno e vengono: sono meteore luminose. Dunque tutto il
tempo sono loro, i quattro ragazzi Fletcher, a prendersi la luce
della ribalta. La loro quotidianità fatta di sport, ricerche
scolastiche, amicizie che nascono o che sembrano finire, amici reali
e immaginari, paure, conquiste, insicurezze, ingenuità, sincretismi
religiosi, campeggi autunnali, in sintesi è il felice racconto del
loro stare insieme in armonica e rumorosa baruffa.
Quattro ragazzi per
due papà ha due grandi forze
e una lieve debolezza.
La sua forza consiste
proprio nel racconto complesso, attento e sensibile di quattro
diverse infanzie, raccontate - e qui sta la bravura della Levy - nel
loro intrecciarsi, ma soprattutto nel loro essere prese singolarmente
come diversi gradini di un unico percorso di crescita. La scelta di
raccontare gli entusiasmi di un ragazzino di 6 anni, le prime
insicurezze di due ragazzini di 10 anni, seppure molto diversi tra
loro, e la nascente consapevolezza di sé di un ragazzo di 12 anni, è
una scelta complessa coraggiosa che ha meritato, evidentemente (si
leggano le due pagine di ringraziamenti dell'autrice), una lunga
gestazione e un approfondito lavoro di analisi psicologica, di
limatura dei testi e di ricerca di equilibri nella costruzione del
plot. Quest'ultimo è l'altro grande pilastro su cui poggia il libro:
convincente, mai incongruente, mai ripetitivo, coerente nei
personaggi e divertente nel susseguirsi delle azioni e dei dialoghi,
davvero esilaranti (e qui va anche il plauso alla traduttrice
italiana).
L'incrinatura, la lieve
debolezza, sta invece nel titolo scelto per l'edizione italiana.
Testimonia una, purtroppo, diffusa esigenza di dover
dire/dichiarare/spiegare tutto e subito. Penso che sarebbe stato
meglio non dichiarare fin dal titolo la omogenitorialità di questa
famiglia, non per nasconderla (e magari puntare a un pubblico anche
di meno vedute meno larghe), ma per renderla 'normale', così come
accade in tutte le pagine del libro. Tom e Jason sono due padri
grandiosi, così come lo sono le due madri di Coccinella Li che
arrivano in fondo al racconto, ma non c'è nemmeno una riga che
alluda ai perché e per come del loro essere genitori dello stesso
sesso insieme.
Credo che la
costruzione del pensiero di un giovane individuo (anche di uno
adulto, in verità) passi attraverso la presa di coscienza che è
normale che al mondo coesistano vari e diversi modi essere,
di sentire e di amarsi. Trovare un titolo più fedele all'originale,
The misadventures of the Family Fletcher, sarebbe stata una
scelta più coerente, più coraggiosa, più condivisibile e, a mio
modo di vedere, più efficace per la causa comune.
Carla
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