CREDERE PER VEDERE
Nove braccia spalancate,
Benny Lindelauf, (trad. Anna Patrucco Becchi)
(illustrazioni Isabella Labate)
San Paolo 2016
NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni)
"'Allora?' disse Pap. 'Allora?'
Dinanzi a noi si ergeva, mezzo
nascosto tra alberi e cespugli, un largo muro di mattoni rossi. In
cima c'erano due piccoli abbaini non più grandi di uno strofinaccio
da cucina. Poi per un bel po' più niente. Ma in fondo, tra l'erba
incolta, si intravedevano ancora due sfiatatoi dello scantinato.
Alcuni mattoni nel muro erano scalcinati e messi tutti storti.
'Allora?' insistette Pap."
Fuori
le mura della piccola città, in fondo a una strada sabbiosa e
battuta dal vento, c'è la casa dove i Boon si stanno trasferendo.
L'ennesimo trasloco.
Nove
braccia spalancate è il suo nome perché in lunghezza essa misura
tre bambine con le braccia spalancate: le tre bambine Boon: Jes,
Muulke e Fing, la maggiore e voce narrante. Quattro fratelli maschi,
già ragazzi, a tirare la carriola con le masserizie insieme a Pap,
entusiasta sognatore e scansafatiche. A chiudere il gruppo, nonna
Mei. Con un piede (e mezzo) nella fossa, con un occhio da civetta che
rotea da destra a sinistra, è lei che tiene le redini di questa
famiglia. E' lei che si prende cura di genero e nipoti e la fa dal
giorno in cui Mam, Cuore di Burro, è morta. E lo fa con polso fermo.
Questa
è la loro storia. La storia di tre sorelle, tra loro molto diverse,
ma inseparabili, di un papà che cambia sempre lavoro, di tre
fratelli in cerca di fortuna, di una nonna custode di un passato
segreto ai più e racchiuso in una valigia, detta il Coccodrillo,
piena di vecchie fotografie e ricordi. Per ogni foto, un racconto che
si snocciola spesso la sera. E assume spesso i toni della leggenda.
Questa
però è anche la storia di una intera comunità e di un passato
ormai quasi dimenticato che riaffiora qua e là, intorno a quella
strana casa che ha la porta d'ingresso sul retro.
Le
case sono luoghi vivi, sono scrigni che contengono le storie di
coloro che le hanno abitate. Nove braccia spalancate non fa
eccezione: piena di storture, di oggetti misteriosi, di grandi
difetti di costruzione si rivela interessantissima agli occhi curiosi
di Muulke che ne esplora ogni angolo, in cerca di indizi che
permettano di avvalorare le sue ipotesi di continue tragiche
tragedie. Le tragiche tragedie che la sua fervida fantasia produce
con lo scopo primario di atterrire la piccola e fragile Jes.
Per le
prime centocinquanta pagine dietro a Muulke collezioniamo stranezze,
fatti misteriosi, passeggiate al vicino cimitero, incursioni nelle
siepi, frasi sbocconcellate tra le assi del pavimento, cercando di
trovare un senso logico alla magia che avvolge questo luogo. Ma
brancoliamo nel buio. Nel contempo però ci costruiamo una idea più
solida di chi siano i Boon e riflettiamo con loro su un po' di grandi
questioni. Scopriamo che il Cuore di Burro, come quello che aveva
Mam, non dura mai tanto e non è d'aiuto per mandare avanti una
famiglia. E' più efficace il cuore di pietra di nonna Mei.
Scopriamo che Pap ha in mente di diventare, con l'aiuto dei quattro
figli maschi, sigaraio affermato. Conosciamo la sua filosofia di vita
che ribalta il celebre 'vedere per credere' in un molto più poetico:
'credere per vedere'. Scopriamo che Jes ha il problema della
spostola, ovvero una schiena troppo fragile che la costringe a essere
sempre un passo indietro rispetto alle altre. E in fondo, scopriamo
altri personaggi che solo in apparenza possono sembrare marginali...
E poi
il Coccodrillo, finalmente, dopo un lungo silenzio, si apre di nuovo
e nonna Mei comincia il lungo racconto, che dura una notte intera e
cinquanta bellissime pagine che sono il cuore pulsante del libro, e
che scioglie ogni mistero. O quasi. Cinquanta densissime pagine che
raccontano un meraviglioso quanto difficile primo amore e un scontro
tra culture.
Se i
nodi più grossi sono sciolti e se il passato adesso appare meno
oscuro, tuttavia rimangono irrisolte alcune questioni. A questo si
dedica la terza parte, catartica, del romanzo. Cercare a tutti i
costi la verità significherà per Fing il doloroso ma necessario
superamento dell'età dell'infanzia: un confronto spietato con nonna
Mei, una sfida improrogabile nei confronti del mondo adulto. Uno
scossone forte che però ha il merito di dissolvere la nebbia.
Con
l'intervento di un misterioso e insospettabile deus-ex-machina ognuno
finalmente trova il proprio posto nel quadro d'insieme. A chi
desiderava essere angelo arrivano ali leggere da sopportare, a chi
voleva sedersi al caffè con il re dei sigari viene concesso il
privilegio, e a chi voleva il diritto di porre domande vengono date
risposte.
Una
storia che non può e non deve passare inosservata.
Un
romanzo corposo, coerente nell'intreccio molto articolato, che
oscilla tra presente e passato con grande disinvoltura. Vivace nel
suo alternarsi di registri: dal comico che caratterizza le storie
delle tre sorelle, al lirico delle pagine centrali, al drammatico
delle pagine finali. Insolito per contesto ed ambientazione, quindi
scevro da facili scelte editoriali, Nove braccia spalancate
ha il ritmo e la complessità
di un romanzo classico. Costruito intorno a un grande mistero, tiene
vigile l'attenzione del lettore e nello stesso tempo gioca con essa,
solleticandola ad un continuo esercizio di memoria al fine di tenere
insieme tutte le parti della storia.
Movimentato
nella lettura, grazie ai molti dialoghi, è nello stesso tempo
saldamente ancorato ad alcuni nodi importanti su cui focalizzare una
riflessione condivisa. Cosa significa veramente amare? E quanto è
importante ricordare per capire? Quanto le vite di ciascuno si
intrecciano con quelle degli altri?
Da non
perdere.
Carla
Noterella
al margine. Conosco la qualità di stile della traduttrice che anche
in questo libro si riconferma. Resto tuttavia dubbiosa sulla scelta a
mio avviso un po' abusata di lasciare in lingua originale un gran
numero parole che, in originale, sono nel dialetto del Limburgo.
Immagino sia frutto di una lunga riflessione e quindi sia una scelta
dettata da rigore e fedeltà nei confronti del testo, ma ciò
nonostante avrei preferito un 'tradimento' più prepotente.
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