LA RICETTA
La mia fabbrica, Chihiro Takeuchi
Sinnos, 2016
ALBI ILLUSTRATI (dai 3 anni)
" È un nuovo giorno di
lavoro...
Si accendono le macchine.
Bastoncini di zucchero, calzini
colorati, caramelle e foglie. Cosa fanno?
Serpenti!
Mele, bastoncini di zucchero, banane
e ciambelle. Cosa fanno?
Scimmiette!"
La fabbrica
continua a produrre nella sua catena di montaggio. E a ogni
ingrediente che si somma ad altri corrispondono ogni volta ricette
diversissime. Per fare un leone occorrono insospettabilmente gomitoli
di lana, biscotti, scope, arance e spazzole.
La fabbrica non
produce solo animali ma anche bambini, nella fattispecie il fratello
della piccola protagonista che ci ha introdotto alla grande fabbrica
e qualcun altro di piuttosto importante.
Un complesso e
articolato ingranaggio nero, con stantuffi, ruote, manopole, snodi,
rubinetti occupa per intero la copertina che preannuncia allo sguardo
qualcosa di davvero insolito. Una sorta di trina asimmetrica nera su
cui si muovono elementi colorati, pochi e piccoli, riconoscibili
questi, per forma: mela, macchinina, dinosauro...bambino.
La mia fabbrica,
il titolo, allude a una fabbrica che appartiene a un bambino o a un
fabbrica che ha prodotto un bambino? Se dovessimo valutare dalla
copertina penseremmo che il bimbetto che occupa l'angolo in basso sia
il prodotto di tutti quegli ingranaggi...ma la certezza non c'è. Che
la produzione della suddetta sia improntata a generare infanti,
parrebbe però dimostrato dai risguardi in cui si avvicenda un
multicolore repertorio di bambine e bambini, messi in bell'ordine e
in fila.
Ed è proprio
l'ordine il criterio che attraversa le inconsuete immagini costruite
da questa giovane illustratrice giapponese. Mai simmetriche, le
singole fabbriche di creature viventi sono frutto del certosino
lavoro di paper cut che caratterizza la sua, seppur acerba,
produzione editoriale.
In
entrambi i titoli che vanta al suo attivo (a questo si aggiunge Can
you find my robot's arm?)
domina sempre il gusto per la meccanica. E ulteriormente il gusto per
la forma, potrebbe dirsi per la silhouette, degli ingranaggi, ma
ancor di più delle forme geometriche in sé. Anche nel suo primo
titolo in lingua inglese si gioca sulla forma del braccio perduto del
suo robot. E di ogni oggetto che si incontra la prima cosa che ci sia
abitua a notare è proprio il profilo.
Il gioco e il
valore di questo strano libro sta proprio nel tentativo di far
mettere testa al lettore sulla forma degli oggetti, che può
alludere - ed è qui il colpo di genio - a una loro composizione
multipla e ulteriore che dia risultati terzi.
In questa
prospettiva i gomitoli di lana, se disposti simmetrici sulla testa,
diventano grandi orecchie, mentre scope e spazzole possono alludere
alla criniera. Le arance, ovvio, sono un richiamo e una allusione
cromatici: ed ecco la ragione degli ingredienti per creare un leone.
Così come i lecca lecca e le ciliegie sono necessari nella coda a
ruota di un pavone.
Scoperto questo
primo criterio, il libro diventa miccia per accendere innumerevoli
altre possibilità di creazioni zoologiche. Tuttavia nelle ultime due
pagine il libro sterza ancora una volta e da esercizio di costruzione
per inventori di animali, diventa libro per la costruzione di sé.
Ulteriore fattore interessante. La scelta degli ingredienti non è
più solo connessa ad aspetti formali, ma si muove - se così si può
dire - nella direzione della consapevolezza di ciò che ognuno di noi
è o sarà, o vuole o vorrebbe essere.
Per intenderci: per costruire
un fratello occorrono dinosauri, trenini e navi, perché con quelli
lui gioca, coleotteri perché quelli li osserva e li studia, le
caramelle semplicemente perché è un bambino...
La mia fabbrica
costringe al ragionamento, all'attenzione alla sensibilità.
Il libro quindi si
conferma bello sotto il profilo strettamente estetico, con quella
pagina tanto bianca su cui scarrellano ordinati i vagoncini di
ingredienti e con quei colori accesi degli ingredienti; insolito per
il tipo di tecnica utilizzata, un traforo sapiente; ma soprattutto
efficace per il 'fattore ricetta', che tanto ci appassiona.
Solo, si fa per
dire, cinque mesi fa ho visto come un libro del genere possa
'funzionare': ho sentito chiedere a bambini e bambine di forme ed età
anche molto diverse, cosa sarebbe stato necessario loro per costruire
se stessi e ho visto bambini e bambine accendere la propria miccia
dell'immaginazione per ragionare in modo così trasversale su se
stessi.*
E' stato
emozionante. E lo portà essere ancora, volendo, tutte le volte che lo si riaprirà per leggere e ragionare.
Carla
*A cura di Laboratorio d’arte–Palazzo delle Esposizioni
Nessun commento:
Posta un commento