I FIORI DELLA PICCOLA MURGIA
I fiori della
piccola Ida, Hans Christian Andersen, Daniela Iride Murgia
Edizioni corsare 2018
ILLUSTRATI PER MEDI
(dai 7 anni)
"'Quando tutti
dormono e fuori è buio, i fiori si svegliano e saltano allegramente
dappertutto e ballano per un tempo che sembra eterno'. 'E può un
bambino andare a questo ballo?' 'Certo!' replica lo studente. 'Tutti
quei bambini che sono come piccole margherite e mughetti.' 'E dov'è
che ballano i fiori?' chiede Ida."
La
piccola Ida si interroga sul perché i fiori del suo mazzolino fino a
ieri avevano le corolle alzate e ora invece hanno i petali avvizziti.
Seduto
sul divano, lo studente, al quale la bambina vuole molto bene perché
ritaglia per lei figurine meravigliose di carta, le racconta che i
fiori ballano nel castello estivo del re e della regina: sul trono si
dispongono le rose e nella grande sala al loro cospetto ci sono
violette, giacinti e crochi, tulipani e gigli gialli. E tutti
ballano.
Ballano
tutta la notte, continua il racconto, e Ida se lo vorrà, potrà
vederli dalle grandi vetrate. Nonostante il Cancelliere, amico di
famiglia, sostenga che ciò che lo studente ha appena raccontato
siano tutte sciocchezze, la piccola Ida ha creduto a ogni parola. E
se davvero i fiori il giorno seguente sono stanchi per aver danzato
tanto a lungo, sarà gentile - pensa la bambina - dar loro un
confortevole lettino: quello della sua bambola Sofie che viene
momentaneamente relegata in un cassetto.
Arriva
la notte e Ida va a letto, ma nel silenzio sente suonare una musica e
di soppiatto, al buio, apre una porta e davanti agli occhi assiste a
una grande meraviglia. Nel salotto di casa sua, a danzare non ci sono
solo i suoi fiori, ma anche quelli del castello reale, appena
arrivati: violacciocche garofani, campanule, bucaneve e pratoline.
Con loro danzano anche la bambola Sofie, il pupazzo di cera e l'omino
brucia incenso.
Tuttavia,
alla luce del giorno seguente, a Ida non resta che constatare che i
suoi fiori sono definitivamente appassiti. E' giusto che sia così e
alla piccola non rimane che dare loro regale sepoltura con anche
l'onore delle armi. Lei sa, in cuor suo, che a primavera tutti loro
ricresceranno più belli che mai.
Tra
le prime cinque fiabe che Andersen vede pubblicate nel 1835, c'è
I fiori della piccola Ida. La
fiaba, con tutta evidenza non si lega alla tradizione popolare
danese, ma è piuttosto il frutto della sua invenzione, o per meglio
dire, trova l'ispirazione di partenza da un episodio realmente
accaduto al giovane Andersen.
A
contribuire alla definizione di un contesto tutto ottocentesco, a lui
contemporaneo, compaiono lo studente, quel barbogio del Cancelliere,
e i moltissimi oggetti citati, che erano arredo consueto della
maggior parte delle case signorili. Ancora di più circoscrive
l'ambito quell'allusione all'arte del ritaglio della carta di cui
Andersen in prima persona era maestro. Di lui si racconta girasse
sempre con un paio di forbici in tasca, con grave rischio di
incolumità per i suoi vestiti e per le sue natiche e ancora oggi più
di mille dei suoi magnifici ritagli sono conservati nel museo di
Odense.
I fiori della
piccola Ida, in questa bella
traduzione libera di Daniela Iride Murgia, appartiene a uno dei
filoni più fecondi e originali della grande produzione di Andersen:
quello che racconta la poesia degli oggetti. Le anime, le vite
silenziose e nascoste dell'ago da rammendo, del soldatino di stagno,
della trottola e della vecchia palla di cuoio. Un mondo quotidiano,
fatto di giocattoli, utensili, oggetti comuni che si animano:
parlano, soffrono, vivono una loro esistenza che sfugge agli occhi
dei più. Andersen, in questo caso rappresentato da uno studente, e
con lui i bambini, in questo caso rappresentati dalla piccola Ida,
immaginano che tutto ciò che 'abita' il mondo possa (e debba) vivere
di vita propria: da una monetina a un pisello che, chiusi in una
tasca o in un baccello, si sentono soffocare, ai fiori che ogni sera
amano sfiorire ballando.
Devo
dirlo, è il mio Andersen preferito questo, il più moderno, il più
interessante, il più fecondo e originale. E anche il più libero.
La
stessa fecondità, originalità e libertà che si leggono nella fiaba
hanno un preciso riscontro nell'illustrazione.
In
un solco ben preciso che rende i libri della Murgia stranianti e per
questo riconoscibili a grande distanza, non si può non notare che
qui la cifra si arricchisce di un qualcosa che ha il tono
dell'omaggio, del debito di riconoscenza. Su un tessuto
'lussureggiante' non necessariamente nordico con agavi, cactus e
palmizi che spuntano ovunque il primo omaggio è al tema della fiaba: un albo di botanica.
Ma non basta: a questo si aggiunge quello diretto all'arte del
ritaglio di Andersen, ma anche quello alla terra di Danimarca, dalle
bandierine alle torri poligonali e alle guglie del castello di Kronborg. E,
ancora, alle Fiandre. E più in dettaglio alla pittura fiamminga di
botanica di matrice marreliana, in quel tulipano solitario, il semper
Augustus, come pure nelle conchiglie e nei molti insetti che
punteggiano le pagine, ma anche nelle tipiche facciate a gradoni di
Bruges.
C'è
anche molto altro, va da sé.
Daniela
Iride Murgia complica, allude, mischia, confonde, nasconde e mette in luce cose sempre
diverse con linguaggi espressivi altrettanto diversi. Dall'incisione
ai pastelli, dalle silhouette ai tessuti e ai parati. Passa dalle
complesse architetture di un bovindo all'incisione di facciate di
palazzi medievali o rinascimentali, dalla luce radente che filtra da
un vetro al giallo puro sull'intera pagina (che torna quando meno te
lo aspetti), dal profilo di una carta tagliata, a una porta che
allude al coperchio di uno scrigno.
E
mentre fa tutto questo, lo sguardo -inconsapevole di un bambino- si
nutre e, facendolo, si abitua alla complessità e al bello.
Carla
Noterella
al margine. Detto tutto questo, potrebbero assumere senso anche i
risguardi dove si legge in trasparenza, come su ogni pagina di
quaderno di computisteria, una colonna per Avere e una colonna per
Dare.
Nessun commento:
Posta un commento