VICOLO CIECO
Tra le tante proposte editoriali che
cercano di raccontare il mondo giovanile, l’ultimo romanzo di
Gabriele Clima, ‘Black Boys’, pubblicato da Feltrinelli, credo
abbia più di un motivo per essere segnalato.
Com’era già avvenuto con ‘La stanza del lupo’, si ha a che fare con la materia incandescente del disagio giovanile,
comunque lo si voglia definire, riuscendo a evitare i rischi delle
storie ‘a tema’, spesso intrise di retorica.
Se è interessante l’intento, va
detto che anche questa volta l’autore riesce nella difficile
impresa di tenersi alla larga dai facili moralismi e dagli happy end
scontati. Si tratta, infatti di una storia molto dura, che descrive,
e qui un altro merito del libro, la galassia dei gruppi dell’estrema
destra che si formano fra le curve degli stadi e i raid razzisti
contro gli immigrati.
In breve la trama: il protagonista,
Alex, è ossessionato dall’incidente automobilistico in cui è
morto il padre e di cui ritiene responsabile un uomo di colore. Alex
è stato due mesi in coma e quando si riprende vuole farsi in qualche
modo giustizia e si mette sulle tracce di Moussa. Per aiutarlo,
l’amico Teo lo fa incontrare con Ferenc, capo di una banda di
neonazisti, ossessionato dagli immigrati e cultore della violenza
politica. Alex un po’ per la sua ossessione, trovare il nero che
reputa responsabile della morte del padre, un po’ per inerzia, si
trova coinvolto con le azioni criminali del gruppo dei Black Boys. E’
proprio con la sua iniziazione che si apre il romanzo, e questo è un
altro merito del libro, farci entrare direttamente nel dramma: il
ragazzo deve dare una ‘lezione’ a un immigrato che dorme in un
vecchio birrificio, ma le cose non vanno per il verso giusto, l’uomo
rotola giù per un pendio proprio mentre un barca passa lì vicino e
illumina col proprio faro il terzetto di teppisti.
Cosa muove realmente questo ragazzino
tramortito dal lutto e dalla difficoltà a prendere atto di ciò che
è realmente successo? Penso che qui Gabriele Clima riesca
nell’obbiettivo più difficile, dar conto di quel mix, di
potenziale drammaticità, che nella testa degli adolescenti mescola
rabbia, solitudine, incapacità di comunicare col mondo adulto. Il
dolore per la perdita porta Alex a perdere il senso del limite fra
ciò che accettabile e ciò che non lo è, la dimensione etica viene
distorta nella chiave della subalterna partecipazione a un gruppo,
che fornisce identità e motivazioni a chi non riesce a costruirsele
da sé.
Di bande criminali di ragazzi si sente
parlare sempre più spesso nella cronaca nera, più o meno rivestita
di motivazioni politiche. Mi è capitato di assistere, agghiacciata,
alla conversazione di due giovani che parlavano di una spedizione
punitiva contro un ragazzo di colore, colpevole solo di esistere,
così come sono assurti agli onori della cronaca romana i ‘bangla
tour’, i raid perpetrati contro persone provenienti dal Bangladesh,
garantiti, i criminali, dalla certezza che le vittime non avrebbero
sporto denuncia. Questo è quanto.
In questo putrido terreno di coltura
può smarrirsi il ragazzo che, come il protagonista del romanzo, ha
perso punti di riferimento e insegue confusamente un’idea personale
di giustizia.
Il finale chiarisce e mette in ordine
una storia che, raccontata in soggettiva dal protagonista, oscilla
fra ricordo e ossessione e non fornisce, ed è un gran merito,
soluzioni consolatorie. I personaggi sono tutti tragicamente
credibili ed è di particolare intensità al figura della madre del
protagonista, che incarna un’idea di forza del tutto diversa dalla
muscolarità perdente di Ferenc e compagni.
‘Black Boys’ è certamente una
lettura impegnativa, che può dire molto sul nostro presente a
ragazze e ragazzi a partire dai quattordici anni.
Eleonora
“Black Boys”, G. Clima, Feltrinelli
2020
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