mercoledì 8 settembre 2021

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA MADELEINE

Tutte storie, Nadia Al Omari, Richolly Rosazza
Kite Edizioni 2021



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)


"Bussavo una volta. Niente. Bussavo una seconda volta. Niente. Zia Chapiquita non rispondeva mai, perché i ragazzi del paese le facevano sempre gli scherzi, bussavano e poi scappavano via. Allora picchiando i pugni sul legno gridavo: 'Zia Chapiquita, sono io, sono venuta a comprare le uova!' Sentivo i suoi passi in lontananza, aspettavo che si mettesse lo scialle di lana sulle spalle e poi clak-clak, due giri di chiave e la porta si apriva. La paura veniva a prendermi appena sentivo la sua voce stridula che mi invitava a entrare: - Vieni bella! ."


Tutti i mercoledì la mamma la manda a comprare le uova dalla zia Chapiquita. Che non è la sua vera zia, ma una vecchina che i ragazzini prendono in giro e che lei, come molti altri compaesani, crede una strega, perché ha la voce stridula, si veste quasi di stracci e passa il suo tempo a raccogliere erbe che poi appende in casa per fare le sue pozioni. Nonostante la vecchietta la riempia di sorrisi e caramelle - sebbene al rabarbaro -, le offra ogni volta una buona merenda con il pane caldo, agli occhi di questa bambina la vecchia signora senza denti è avvolta nel mistero e quell'aria gelida che sbuffa quando scompare dietro una porticina per andare a prendere le uova, non fa che accrescere le sue paure.
 

Se da un lato la spaventa, dall'altro la incanta per quei suoi gesti lenti e sempre uguali nell'incartare le uova, due a due, nei vecchi giornali.
E poi c'è il momento della merenda: seduta al tavolo, la bambina beve una delle tisane profumate e sbocconcella il suo panino fragrante, mentre Chapiquita con le sue mani nodose fa il suo strano lavoro: mette i capelli alle bambole. 
 


Quelle stesse bambole che la bambina vede ogni volta che passa davanti alla vetrina del negozio di Franchino...


Un libro costruito intorno a un fatto piccolo piccolo, ma pieno di atmosfera, proprio perché raccontato con uno sguardo di una bambina che non smette di esercitare la propria meraviglia, anche quando si tinge di sospetto. Nella sua testa continua a suonare la voce di sua madre che le ripete che sono tutte storie quelle che si raccontano sulla vecchia Chapiquita, ciò nonostante il farsi un po' paura da soli, il cedere alle suggestioni, l'essere nel contempo attirata e intimorita dal mistero, che poi tanto mistero non è, si può riconoscere come un'altra caratteristica del sentire durante l'infanzia.
Ed è in questo che mette radici la qualità di questo racconto: nell'essere autenticamente ad altezza di bambino, anzi di bambina. Questa percezione di sguardo prende corpo e spessore grazie a una serie di dettagli che pescano nell'immaginario comune di chi per quell'infanzia ci è passato e non la ha dimenticata. Dettagli come le caramelle al rabarbaro, quelle che mangiano i nonni, di cui torna in bocca il sapore un po' amarognolo, o come il metro di legno per tagliare lungo una linea precisa e retta il pezzo di giornale che quasi si riesce a percepirne il suono dello strappo lento ma esatto. 
E poi le due uova affiancate, mai tre, che scompaiono dentro il giornale, delicate ma se ben manovrate anche capaci di resistere. Quindi, accanto a questo repertorio di oggetti che affiorano dal passato, ci sono le percezioni del freddo delle porte che si chiudono, del caldo della tisana e del panino scaldato alla stufa, dei suoni secchi, degli gli odori buoni che sprigionano le erbe infuse nell'acqua. Insomma, qualcosa di molto affine al valore di una madeleine di Proust...
 

Su tutto questo si innesta un altro dei topoi infantili: le bambole e i loro capelli 'veri'. La descrizione si fa precisa, a tal punto che si possono seguire le mani di Chapiquita nell'intrecciare le ciocche di capelli di una lunga treccia che una ragazza le ha donato per farli diventare la capigliatura ordinata che mani di altre bambine un giorno sforeranno, pettineranno e, se non fermate in tempo, potrebbero anche tagliare.
Ed ecco qui l'ultimo vero terrore della piccola protagonista, quello che la fa correre a casa senza riprendere neanche fiato... Capelli e forbici.
Assolutamente all'altezza l'immaginario 'abitato' di Richolly Rosazza, in cui lo scorcio diventa necessario, in cui il brulicare di uccellini e insetti intorno alle azioni della bambina si confermano un suo marchio di fabbrica. Scelta necessaria quella di non mostrare mai la Chapiquita, a eccezione delle sue mani operose e della sua schiena curva. Come sempre accurati e colti alcuni dettagli come il foglio di giornale preso dalla rivista di Ella V. Banes, the Woman Florist, datato al 1901. 
 

 

Un po' come la citata 'madeleine', mi pare di risentire il sapore della fiaba illustrata da Rébecca Dautremer  - l'indimenticata e inarrivabile Babayaga - disegnata sul testo del suo compagno Taï-Marc Le Thanh.


Carla

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