LA MADELEINE
Tutte storie, Nadia Al
Omari, Richolly Rosazza
Kite Edizioni 2021
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"Bussavo una volta. Niente.
Bussavo una seconda volta. Niente.
Zia Chapiquita non rispondeva
mai, perché i ragazzi del paese le facevano sempre gli scherzi,
bussavano e poi scappavano via.
Allora picchiando i pugni sul legno
gridavo: 'Zia Chapiquita, sono io, sono venuta a comprare le
uova!' Sentivo i suoi passi in lontananza, aspettavo che si mettesse
lo scialle di lana sulle spalle e poi clak-clak, due giri di
chiave e la porta si apriva.
La paura veniva a prendermi appena
sentivo la sua voce stridula che mi
invitava a entrare: - Vieni
bella!
."
Tutti i mercoledì
la mamma la manda a comprare le uova dalla zia Chapiquita. Che non è
la sua vera zia, ma una vecchina che i ragazzini prendono in giro e
che lei, come molti altri compaesani, crede una strega, perché ha la
voce stridula, si veste quasi di stracci e passa il suo tempo a
raccogliere erbe che poi appende in casa per fare le sue pozioni.
Nonostante la vecchietta la riempia di sorrisi e caramelle - sebbene
al rabarbaro -, le offra ogni volta una buona merenda con il pane
caldo, agli occhi di questa bambina la vecchia signora senza denti è
avvolta nel mistero e quell'aria gelida che sbuffa quando scompare
dietro una porticina per andare a prendere le uova, non fa che
accrescere le sue paure.
Se da un lato la
spaventa, dall'altro la incanta per quei suoi gesti lenti e sempre
uguali nell'incartare le uova, due a due, nei vecchi giornali.
E poi c'è il
momento della merenda: seduta al tavolo, la bambina beve una delle
tisane profumate e sbocconcella il suo panino fragrante, mentre
Chapiquita con le sue mani nodose fa il suo strano lavoro: mette i
capelli alle bambole.
Quelle stesse bambole che la bambina vede ogni
volta che passa davanti alla vetrina del negozio di Franchino...
Un libro costruito
intorno a un fatto piccolo piccolo, ma pieno di atmosfera, proprio
perché raccontato con uno sguardo di una bambina che non smette di
esercitare la propria meraviglia, anche quando si tinge di sospetto.
Nella sua testa continua a suonare la voce di sua madre che le ripete
che sono tutte storie quelle che si raccontano sulla vecchia
Chapiquita, ciò nonostante il farsi un po' paura da soli, il cedere
alle suggestioni, l'essere nel contempo attirata e intimorita dal
mistero, che poi tanto mistero non è, si può riconoscere come
un'altra caratteristica del sentire durante l'infanzia.
Ed è in questo che
mette radici la qualità di questo racconto: nell'essere
autenticamente ad altezza di bambino, anzi di bambina. Questa
percezione di sguardo prende corpo e spessore grazie a una serie di
dettagli che pescano nell'immaginario comune di chi per
quell'infanzia ci è passato e non la ha dimenticata. Dettagli come
le caramelle al rabarbaro, quelle che mangiano i nonni, di cui torna in bocca il sapore un po' amarognolo, o come il metro di legno per
tagliare lungo una linea precisa e retta il pezzo di giornale che
quasi si riesce a percepirne il suono dello strappo lento ma esatto.
E poi le due uova affiancate, mai tre, che scompaiono dentro il
giornale, delicate ma se ben manovrate anche capaci di resistere. Quindi,
accanto a questo repertorio di oggetti che affiorano dal passato, ci
sono le percezioni del freddo delle porte che si chiudono, del caldo
della tisana e del panino scaldato alla stufa, dei suoni secchi,
degli gli odori buoni che sprigionano le erbe infuse nell'acqua.
Insomma, qualcosa di molto affine al valore di una madeleine di
Proust...
Su tutto questo si
innesta un altro dei topoi infantili: le bambole e i loro capelli
'veri'. La descrizione si fa precisa, a tal punto che si possono
seguire le mani di Chapiquita nell'intrecciare le ciocche di capelli
di una lunga treccia che una ragazza le ha donato per farli diventare
la capigliatura ordinata che mani di altre bambine un giorno
sforeranno, pettineranno e, se non fermate in tempo, potrebbero anche
tagliare.
Ed ecco qui
l'ultimo vero terrore della piccola protagonista, quello che la fa
correre a casa senza riprendere neanche fiato... Capelli e forbici.
Assolutamente
all'altezza l'immaginario 'abitato' di Richolly Rosazza, in cui lo
scorcio diventa necessario, in cui il brulicare di uccellini e
insetti intorno alle azioni della bambina si confermano un suo
marchio di fabbrica. Scelta necessaria quella di non mostrare mai la
Chapiquita, a eccezione delle sue mani operose e della sua schiena curva. Come sempre accurati
e colti alcuni dettagli come il foglio di giornale preso dalla
rivista di Ella V. Banes, the Woman Florist, datato al 1901.
Un po'
come la citata 'madeleine', mi pare di risentire il sapore della fiaba illustrata da Rébecca
Dautremer - l'indimenticata e inarrivabile Babayaga - disegnata sul
testo del suo compagno Taï-Marc Le Thanh.
Carla
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