venerdì 3 settembre 2021

OLTRE IL CONFINE (libri esteri)

DI DOMAN NON C'È CERTEZZA (parte 2)
 
The Rock from the Sky, Jon Klassen
Candlewick Press, 2021

L'intero libro è attraversato da un diffuso e costante riferimento non dichiarato alla transitorietà dell'esistenza e a un certo fatalismo rispetto all'altalenante percorso di un'esistenza (quello che fa da sfondo al viaggio del bambino di Fortunatamente, un altro libro di genio a firma di Remi Charlip). 
 

Forse è un azzardo pensare che Klassen abbia voluto raccontare una catastrofe planetaria, dentro cui a stento stiamo imparando a muovere piccoli passi, usando la metafora del sassone che piomba dal nulla, inaspettato. Forse. Forse, consapevole del fatto che i sassoni possono arrivare quando meno te lo aspetti, potrebbe essere altrettanto un azzardo  pensare che Klassen abbia la consapevolezza che l'atto di guardare avanti possa generare terrore oltre che speranza. Forse.
Forse sembrerà, invece, meno azzardato leggere fra le righe il pensiero di Klassen riguardo al fatto che la vita è meglio prenderla, come suol dirsi, con filosofia, perché - oggi più di ieri - di doman non c'è certezza.
Con la sua consueta assenza di giudizio, Klassen però ci mette davanti due modi molto differenti di affrontare la vita: da un lato una tartaruga rancorosa e aggrovigliata in molte difficoltà (molte delle quali autoprodotte) e dall'altro una talpa/armadillo che di quel poco che ha sa goderne e che è capace di sognare e di vivere in armonia con ciò e con chi ha intorno. E particolarmente interessante si rivela la loro relazione reciproca: l'attrarsi reciprocamente a cui si alterna la gelosia dell'una e la bonomia dell'altro.
 

Formalmente vicino al 'lessico' del Klassen migliore - vicino alla trilogia dei cappelli, e in qualche modo anche alla trilogia scritta da Mac Barnett (Triangle, Square, Circle) - si rinnova qui la sua capacità di sintesi nel testo e nell'immagine: in prima persona, quasi solo dialogo, due colori per distinguere le voci, il maiuscolo e il minuscolo per segnare un timbro giusto nei dialoghi.
A questo si aggiunga la sua scelta programmatica di disegnare tutto solo attraverso il ricorso alle forme pure, essenziali, al limite del simbolico. Così come l'orso in cerca del cappello aveva la forma di un dolmen, e il pesce era così stilizzato come lo avrebbe potuto disegnare un treenne che, per necessità di forme 'economiche' è assoluto maestro.
Qui la tartaruga e il serpente sono ai minimi termini, la talpa/armadillo porta in sé il nucleo di un ibrido, la roccia è un ovale irregolare, il fiore è il simbolo di un fiore, i tronchi degli alberi sono parallelepipedi e l'alieno a sei gambe con il suo grande occhio non deve ispirare troppa tenerezza, vista la fine che gli viene riservata.
Ma dietro tanta semplicità di forme c'è un ragionamento interessante: sono quelle che di più lasciano spazio all'inventiva dell'osservatore. Corrispondono in qualche modo al silenzio 'narrativo' che circonda gli scenari sempre molto scarni e i testi ridotti all'osso. Tutto questo gran vuoto in cui tutto si muove ha la funzione di creare una sorta di rumore di fondo che rende la storia interessante.
Lui stesso parla di immagini 'noiose'  -boring pictures - che hanno la funzione, in contrappunto perfetto con il testo, di generare aspettativa, curiosità. E' sempre il testo che dà il senso alle forme 'noiose'. 
Bravo, accidenti. Bravo.
Se gli scenari sono ridotti ai minimi termini - eccezion fatta per quelli che nel racconto The Future sono più movimentati - non lo sono gli sfondi che attraversano una intera giornata. Sempre con la medesima delicatezza, Klassen passa da un'alba, nel primo racconto, che vede il cielo oscurarsi sempre di più in relazione alla caduta del sassone che oscura un po' il sole, a una giornata di imminente pioggia con un cielo pesante nel racconto The Fall (ideale per schiacciare un pisolino).
 

Un sole che sta per calare, tenue e rosato per lo sfondo del sogno su un futuro migliore. Un capolavoro, come già nel libro Toh! Un cappello! è il suo tramonto, cui fa seguito una notte stellata che dà senso al sonno di talpa/armadillo e serpente e alla relativa gelosia della tartaruga.
In tutte le pagine ricorre la sua insolita, ma per lui consueta, palette di colori.
Mezze tinte, colori per lo più caldi, ma tenui attraversati dall'acqua del pennarello, tutti rielaborati con la tavoletta grafica: unica deroga l'arancio/rosso (niente blu freddo in quel rosso caldo) dell'alieno nel momento della sua massima pericolosità.
Ritorna potente il gioco di sguardi che, sappiamo, è frutto di una rielaborazione lunga e attenta attraverso il computer. Ma questa è storia già conosciuta.
 

Il repertorio di cui si serve per organizzare lo spazio del testo e della figura, quindi dare un ritmo interno alla storia è quello conosciuto nei suoi altri libri: vediamo un testo corrente sopra con le tavole doppie (Questo non è il mio cappello) oppure testo sulla pagina bianca di destra e immagine a sinistra (contraddicendo volutamente un incedere incalzante che vorrebbe la figura nella pagina di destra), solo di rado la tavola singola si allarga di un po' lasciando al testo di destra un po' meno spazio della facciata intera, tavole doppie senza testo che sono dei veri e propri 'ganci' di suspense per il lettore e segnano momenti culminanti come i finali, per esempio. A ogni cambio di capitolo (capitoli anche in Toh! Un cappello!) che occupa ovviamente il piatto di destra si affianca un'immagine 'introduttiva'.
Sotto il profilo dei contenuti, è di nuovo uno dei Klassen migliori: acuto, ironico, comico, profondo, pieno di silenzi per rispetto dei propri lettori.
E soprattutto volontariamente lontano dall'assurdo di Sam e Dave, ma molto più vicino a veri e propri noccioli di senso, questioni che toccano l'etica e la filosofia, come lo era stato in Voglio il mio cappello! e Questo non è il mio cappello, ma soprattutto in Toh! Un cappello!
Lì come qui, ci mette di fronte l'umanità e i suoi diversi modi di stare al mondo, insieme o da soli.
 

Come sempre, è a noi che lascia la scelta, a chi sentirsi più affine. [Fine]


Carla


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