mercoledì 2 marzo 2022

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

A SCATOLA CHIUSA

Una vacanza da unicorni, Gilles Bachelet (trad. Eleonora Armaroli) 
Terre di Mezzo 2021 


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni) 

"A prima vista, la mia nuova casa non è così male. Oltre ai miei compagni unicorni, arrivati insieme a me questa mattina, accoglie una folla di animali che, in un certo periodo, hanno conosciuto il loro momento di celebrità. Non ho ancora visitato tutto, ma nei corridoi ho già incrociato un panda, un delfino, un lama, un fenicottero, un tirannosauro e qualche kipatchu... 
Le mie giornate sono molto piene." 

L'unicorno Puffy, come tutti gli altri suoi simili, è appena arrivata in torpedone a Villa Tranquilla, che non è una casa di riposo, ma un luogo confortevole e gradevole di soggiorno per tutti quegli animali che non sono più considerati dai bambini 'animali carini'. Gli unicorni sono stati appena spodestati dai loviuciù, sorta di toponi candidi dalle smisurate orecchie rosa. 
All'interno dell'Istituto, recita la lettera che è appuntata sul cuscino della sua camera, agli ospiti tutto è concesso tranne visitare il seminterrato. 
Le attività a Villa Tranquilla sono molteplici e tutte molto piacevoli, apparentemente. Oltre alle diverse possibilità di mantenersi in forma: dal fitness al footing e all'aquapony, nel pomeriggio i corsi per gli ospiti sono vari e innumerevoli: dallo yoga alla maglia, ma il preferito da tutti è quello di pasticceria. 
Piscina, aperitivi, qualche puntatina consentita sui social per tenersi in contatto con gli ultimi sparuti affezionati: le giornate scorrono in tranquillità apparente. 


C'è anche un salone di parrucchiere messo su dall'intraprendenza di due ospiti, Marcel ed Edith. La sera è dedicata ai giochi di società e a commentare le ultime sui loviuciù. 
E la notte si sta... sereni. 
Tutto sembrerebbe andare per il meglio, compresa la soddisfazione di vedere dopo un po' di tempo arrivare in massa anche i loviuciù, anche loro in pullmann, e anche loro caduti in disgrazia agli occhi capricciosi e volubili dei bambini... 
Ma come spesso accade, non è sempre pajette tutto quello che luccica, e non è sempre rosa il tramonto... 

Sebbene in Italia non abbia un editore 'stabile' - Rizzoli, Il Castoro, Motta Junior e adesso Terre di Mezzo - i suoi libri si riconoscono da lontano per almeno due caratteri che li assimilano gli uni agli altri: sono grandi, a parte uno che è pensato per mani minuscole, e hanno la copertina con il fondo candido, per far risaltare il disegno, come se ce ne fosse bisogno. 
Il terzo elemento che si coglie, avvicinandosi un po' di più, è l'incredulità che generano le sue copertine: un titolo che allude a un gatto è mostra invece un cucciolo di elefante, un imperatore a cavallo che invece è un fungo, un'armatura medievale in piena regola che contiene una lumaca, una coniglia 'vittoriana' che spignatta per casa con una creatura in braccio mentre il marito, in giacchetta, le sfreccia davanti alla finestra... Ma quando mai si è vista la moglie del Coniglio Bianco di Alice? E se si sconfina oltre le Alpi, si possono vedere due guanti Mapa che si amano al di qua e al di là di una tavoletta, ossia un tavolino, di cioccolato o ancora uno struzzo che ha appena fatto a pezzi una carrozza di zucca... (finché avrò fiato e forza di scriverne, continuerò a chiedermi perché questi ultimi due non ce li meritiamo in italiano). 
E così, ancora prima di aprire il libro, entriamo in sintonia con la comicità, o per meglio dire con la parodia che ogni volta Bachelet mette in scena nei suoi libri. 
Qui c'è tutta la possanza di un unicorno in piedi, rampante, che si stempera un po' nei suoi grandi occhioni perplessi che ci interrogano, un accenno di linea curva all'altezza del torace, lievemente sovrappeso (e poi capiremo perché) mentre tiene - nella piega della zampa anteriore - un borsone Louis-unicorn-Vuitton e con lo zoccolo destro una valigetta rosa, forse un beauty e sotto l'ascella una cornice che poi si scoprirà essere una foto-ricordo che la ritrae all'apice del suo successo, ormai tramontato.
 

Già questo sarebbe sufficiente perché un adulto qualsiasi dotato di almeno un cincino di sense of humor comprasse il libro, a scatola chiusa, ma la sfumatura rosa sul ventre e sul muso e criniera e coda multicolor sono il gancio irresistibile per ogni bambino o bambina che almeno una volta nella vita abbiano disegnato un cuoricino. 
Come tutti i giganti, Bachelet sa che i libri possono (o forse devono) parlare a pubblici differenti, devono far ridere o piangere grandi e piccoli, perché nella lettura condivisa sono proprio queste due categorie umane a essere in gioco. 
La prima vera storia, complessa e articolata (quindi fa eccezione Il mio gatto è proprio matto & co.), che Bachelet ha scritto e concepito senza appoggiarsi a storie già esistenti, è Une historie d'amour (2017), che è un assoluto capolavoro, poi viene XOX e OXO (2018), che è meno ispirata. 
Questa è la sua terza prova, che in effetti non gioca così tanto sulle forme degli oggetti, come era avvenuto con l'amore tra i due guanti di gomma, ma è ben più intrigante delle precedenti riguardo alla questione che sottilmente pone: la volatilità e la transitorietà della fama, del successo, il passare di moda. E in questo chiama in causa, in modo sempre molto spiritoso ma crudelmente onesto, proprio i bambini che sembrano essere gli artefici occulti di questa altalenante condizione degli 'animali carini', - anche se poi in manette Bachelet mette solo se stesso, vittima anche lui del crudele meccanismo del consumismo e del voler essere come illustratore perennemente à la page


Mi pare che anche in Una vacanza da unicorni possano riconoscersi tutti quei caratteri che fanno di Bachelet un genio assoluto e che mi limito ad elencare, in modo che poi ognuno possa ritrovarli sparsi qui e lì sulla pagina. 
In primo luogo la coerenza del testo e delle immagini (come sono le pantofoline di un unicorno?) e naturalmente l'ironia che scaturisce dalla loro reciproca relazione. 
Lo scarto tra immagine e testo che rende permeabile il confine tra la logica e l'assurdo, tra la realtà e l'immaginario. 
Il gusto per la parodia, che proprio non riesce a tenere a freno: il suo cambiare qualcosa, mettersi da una parte, e vedere l'effetto che fa. 
Il gusto per rendere eroi degli antieroi o, come in questo caso, dei non più eroi: e addirittura farne il perno intorno a cui ruota l'intera storia. 
La parsimonia del testo dovuta a una sua scarsa fiducia in se stesso come inventore di storie e dall'altra una qualche pigrizia per cui è famoso nella sua casa editrice francese, Seuil. 
L'amore per il disegno accurato e per il dettaglio, una valanga di dettagli. 
L'amore per l'accumulazione, per la citazione e per l'autocitazione. Si potrebbero occupare pagine su pagine a mettere tutto ciò che lui utilizza prendendo a prestito immagini del nostro immaginario comune: dall'uccellino di Twitter sulla poltrona, agli emoticon sulla tenda...


L'amore per il rendere omaggio: qui per esempio ad André Franquin e al gruppo di Spirou e poi all'amico Philippe Mignon che grazie a Bachelet ha pubblicato uno dei suoi magnifici libri, Éléphasme, Rhinolophon, Caméluche et autres merveilles de la nature (Les Grandes Personnes, 2012) e ancora a Luigi Serafini e al suo Codex Seraphinianus, per Franco Maria Ricci. 
Il continuo richiamo all'intertestualità, i loviuciù e i kipatchu (applausi all'Armaroli) e all'intericonicità, che chiama dentro i lettori che non possono smettere di scrutare come segugi, naso a terra, i suoi disegni pieni pieni pieni.


Imperdibile, come di solito è Bachelet.

Carla

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