La mia morte gloriosa col botto, Jenny Jägerfeld (trad. Laura Cangemi)
Iperborea 2022
NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)
"Quando Sixten e Karl-Johan ti rivolgevano la parola, ascoltavi. Si piazzarono vicinissimi a me, uno su ciascun lato, e in qualche strano modo riuscirono a farmi allontanare dal campo di gioco solo premendo e spingendo leggermente. Mi conficcai le unghie nei palmi e sentii accelerare il battito mentre un vago senso di nausea mi risaliva in gola.
Era l'ansia. Cos'avrebbero fatto? Cosa potevano fare?"
Gemelli, uguali come due gocce d'acqua, considerati da tutti i reucci della classe: agli occhi di Sigge avevano qualcosa che li rendeva superiori alla media, e non solo per come si vestivano e per i loro cellulari costosi.
Sigge, che vive a Skärblacka nella casa-albergo della nonna dove si è trasferito con sua madre, le sue sorelle e il cane Einstein già da 4 mesi, ha un ristrettissimo gruppo di amici: una sola, in verità, Juno.
Di certo i gemelli, pensa lui, non è roba per me, per lui che ama la 'penombra' sociale, lui non è al loro livello e non può essere di nessun interesse per loro.
A meno che non siano lì per maltrattarlo e prenderlo in giro, come faceva Budde e gli altri a Stoccolma.
Sigge è totalmente fuori strada; al contrario, loro sono lì perché lo vogliono con loro: il terzo elemento della nuova band. Loro sono convinti di essere due rapper di grande talento, ma Sigge è abile in un paio di cose che loro non sanno fare e che hanno bisogno assoluto di imparare, da qui la necessità di averlo nella crew.
Due cose necessarie per un rapper: saper andare sullo skate (in realtà Sigge è un appassionato pattinatore artistico che si è appena comprato un ciondolo per il collo con un pattino d'argento, ma di skate non ne sa nulla e nemmeno lo possiede) e seconda cosa, sa disegnare da dio (non esattamente fare graffiti, ma sono sottigliezze). E - per di più - lui viene dalla grande città (in realtà dalla periferia, che è meglio ancora se sei un rapper della old school, e i gemelli lo sono).
Comincia così questo strano e imprevisto sodalizio e nello stesso momento un ineludibile conto alla rovescia per Sigge dei giorni che mancano alla loro esibizione sul palco durante spettacolo natalizio della scuola.
Sullo sfondo, il progetto con Juno di un app per animali in cerca di compagnia, una app di incontri che si sarebbe chiamata FortunaBestiale, una sorella scritturata - e molto in parte - come Gesù nella recita di Natale, la solita nonna anticonformista, la solita madre schiacciata dal superlavoro per raggiungere una propria indipendenza economica, il solito Krille Meringa che, accantonata per il momento la regia, è stato scritturato per recitare in un paio di spot pubblicitari.
Di nuovo, all'orizzonte, una nuova conoscenza: Adrian.
Questo, il racconto di poco più di 60 giorni dell'imperdibile tredicenne Sigge, sempre più consapevole e determinato a trovare un posto 'comodo per sé' nel mondo.
Seconda parte di tre (in Svezia è uscito un mese fa: Min storslagna kärlek) romanzi che hanno in Sigge il loro perno.
I tre titoli parlano chiaro, la vita, la morte e l'...
Tutto quello di bello e interessante che è stato notato nel primo romanzo si riconferma con puntualità anche qui: qualità della scrittura (e della traduzione), leggerezza nel raccontare cose importanti, un plot a prova di botto, ironia e comicità, come se non ci fosse un domani.
A tutto questo si aggiunge, nella complessità delle relazioni che legano i singoli personaggi, una sua capacità di far maturare le situazioni: si assiste infatti a uno scatto ulteriore che Sigge fa verso la ricerca della propria identità e verso una consapevolezza personale sempre più solida. Per non parlare della sua amicizia con Juno, ancora una volta a rischio.
Messi in riga tutti pregi, seppur brevemente visto che se ne è già parlato, si riconferma uno dei valori più grandi che Jenny Jägerfeld dimostra di avere (lei e una nutrita schiera di altri scrittori del Nord): la capacità di non essere mai retorica, o didascalica, e men che meno prescrittiva (nonostante o forse grazie alla sua formazione), di essere capace di mettersi sempre in un'ottica che è quella dei più piccoli, cercando di non far prevalere il suo ruolo di adulta, pur mai dimenticando di esserlo.
Per fare un esempio, si guardi con quanta grazia e sapienza Jenny Jägerfeld modelli i caratteri delle due sorelle di Sigge nel loro essere rispettivamente amanti del silenzio a oltranza e della parola ad alto volume e soprattutto si noti come metta questi due caratteri a confronto con il mondo degli adulti e di come questo mondo sia capace di mettersi in relazione con loro in modi tanto diversi.
Tra parentesi, la varietà e complessità di sfumature che caratterizzano i singoli adulti di riferimento di questi ragazzini è davvero magnifica e fruttuosa, a partire dal sognante Krille che, in questo caso particolare, condivide con Sigge un vecchio consiglio ricevuto da Charlotte "pretend that you're good at it".
Tornando alla prospettiva di osservazione della Jägerfeld, sembra quasi che il suo pensiero adulto le permetta, sia capace anche di pensare con testa e parlare con voce di bambino: l'invettiva di Majken - tutta in maiuscolo, come sempre, visto il volume consueto della sua voce - a proposito del croccante mancato per Bobo durante il rinfresco per la festa di Santa Lucia può essere considerato un paradigma del valore cui si alludeva poche righe fa.
Si guardi anche con quanta sana distanza metta in scena il pensare e l'agire di Charlotte da una parte e quello della figlia Hannah dall'altra: i teatrini tra madre e figlia su come vestire Bobo e sulle candele vere a Santa Lucia sono emblematici. Due modi opposti di essere adulti, eppure due modi di amare altrettanto efficaci.
E ancora, quanto sia brava, anche solo attraverso dettagli come dei regali di compleanno, a creare per i piccoli un 'porto' sicuro e conosciuto, seppure molto poco convenzionale, in cui approdare ogni sera dopo aver navigato in acque nuove e sconosciute per tutta la giornata.
Ma brava, you're good at it!
Carla
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