Il libro degli alberi e delle piante da scoprire, Olivier Tallec
(trad. Maria Pia Secciani)
Edizioni Clichy 2022
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"Un giorno vorrebbe diventare un acero canadese, quello dopo un melo della Normandia e poi d'un tratto vorrebbe essere un abete in pieno inverno!
Dato che cambia idea più volte al giorno , ai suoi piedi si possono trovare pere, altre volte arance, e perfino una noce di cocco."
Nel prezioso catalogo delle piante e e degli alberi da scoprire questo albero risponde al nome di Albero Indeciso. Si presenta con un robusto tronco da cui si dipartono rami di quercia, in autunno, di abete, in inverno, di pino e di palma probabilmente in estate e primavera. A coronamento dell'alto e possente fusto, una folta chioma verde. Sul terreno che lo circonda effettivamente sono visibili mele e pere e una singola noce di cocco. Perplessi, e chi non lo sarebbe, un pappagallo sulla palma e un merlotto sulla quercia. L'unico che non pare stupefatto, anzi avvezzo alla raccolta sotto quell'albero, è un ragazzino.
I suoi occhi socchiusi e il gesto sicuro della mano sembrano dire: più ce n'è, meglio è.
Effettivamente i ventiquattro diversi tipi di piante e alberi che si presentano in questo originale catalogo sono tutti da scoprire: il Rovesciato, la Palma Baffuta, il Calziniere, il Pino Spazzolino.
Le belle cose che succedono in questo libro sono quelle che già sono state messe a fuoco tutte le volte che si apre un libro di Olivier Tallec.
La prima: la sua capacità di mettere nei suoi personaggi sempre espressioni o posture precise che ne caratterizzano lo stato d'animo. E di farlo, a volte, con piccolissimi tratti, davvero poco più che un baffo di matita che però ha il pregio di essere perfetto, come chiave di lettura, per attirare il lettore ad entrare in confidenza con lo scoiattolo, il coniglio o il pappagallo, il ragazzino di turno.
La seconda è la ben nota ironia. Ma ci torniamo tra un momento.
La terza è la cura per il dettaglio. Piccole cose come i capelli del bambino che legge sull'Albero capovolto o i fiori dell'Albero Gelato, le mutande del pirata...
La quarta, quella di saper parlare una lingua che tutti - grandi e piccoli - capiscono e apprezzano, anche se magari per aspetti diversi.
La quinta è, ovviamente, la qualità del disegno.
Su questo forse val la pena notare, al di là del segno, la capacità di far parlare il colore, tavola dopo tavola. Per non parlare della luce e dell'ombra.
Sull'ironia, che -visto il tema - per forza troverà un suo canale naturale in alcune affinità formali e sulla grande qualità del disegno Tallec qui fa anche un passo ulteriore.
La sua sottile arte di mettere bonariamente in ridicolo i suoi personaggi per far sorridere il lettore, qui gioca una carta ulteriore che ha a che vedere con 'la forma delle cose', appunto.
Il fatto di aver voluto creare un catalogo di piante e alberi che devono ancora essere scoperti, mette Tallec necessariamente nella condizione di doversi confrontare con la loro forma.
Quindi l'ironia che nei suoi libri precedenti nasceva dalla relazione/scontro tra testo e immagine qui deve seguire una strada ancora più precisa: l'albero, per come lo vediamo, deve offrirsi al nostro sguardo con una forma 'alterata' che però ne conservi la sua riconoscibilità. E così arriva l'Albero Spazzolino, l'Albero Capovolto, la Palma dei Pettini, il Cactus Appendiabiti e il Salice dei Calzini piangenti.
In questo caso il lettore deve per forza pensare e mettere a fuoco per un attimo, diciamo, l'albero originale, e poi riconoscerne la metamorfosi. E solo dopo può ridere.
Per intenderci, un saguaro è davvero molto simile e un appendiabiti. Un albero capovolto è un albero con la chioma a terra.
Uno scatto ulteriore Tallec lo fa, usando il registro dell'assurdo, e così arriva l'Albero Martello, la Quercia Scala e altri. La tipologia dell'albero cui allude è ormai così tanto lontana dal suo omologo originale che il lettore pensa meno, ma ride di più per la stramberia dell'associazione mentale che Tallec gli sta suggerendo.
In qualche modo questi due modi di mettere in relazione l'immagine e la parola sembrano seguire direzioni inverse. Per spiegare: il Pino Spazzolino nasce come immagine e il testo ci gioca. Mentre la Quercia Scala parrebbe piuttosto nascere da un'idea di testo in cui si racconta che al cinquantesimo gradino scappa la pipì per cui, con una certa ansia, tocca scendere. Il disegno, peraltro magnifico, ci gioca andandogli dietro.
Poi però si arriva alla pagina del Pioppo Coperta. E lì succede un'altra cosa ancora: ad evidenza non è la forma del pioppo che suggerisce a Tallec l'idea della coperta, né tanto meno si ride per il paradosso di avere un albero in cui tutti gli animali vogliono andare in letargo, ma scarseggiano i posti.
Qui esce la mano di Tallec, un altro Tallec: il Tallec affettuoso.
Quel Tallec che in ogni suo libro è stato capace di trovare un modo di dimostrarsi accogliente, caldo, confortevole, tenero, ma soprattutto vicino e benevolo nei confronti dei suoi piccoli lettori (e anche un po' dei grandi).
Carla
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