TANTA ROBA [parte prima]
Zoolibri 2023
ILLUSTRATI
"Otilla si avvicinò alla casa. Sembrava abbandonata ma, quando cercò di aprire il portone, lo trovò chiuso a chiave. Bussò forte per vedere se c'era qualcuno all'interno, ma nessuno si affacciò.
'C'è qualcuno?', chiamò. 'Salve' rispose qualcuno.
Otilla alzò lo sguardo verso il punto da cui proveniva la voce.
Da una finestra in alto sopra al portone un teschio la fissava."
Otilla, una ragazzina, nel cuore di una notte, scappa. Finalmente.
Attraversa una foresta e per tutta la notte corre. Fino a quando, stremata, sente delle voci che la chiamano. Forse. O è solo il vento tra gli alberi sempre più fitti?
Cade nella neve e non ha la forza di rialzarsi. Piange e quando finisce di piangere si rialza e ricomincia a scappare.
Ed è a questo punto che vede la grande casa che le sembra disabitata.
Invece al suo interno vive un teschio che gentilmente le apre la porta a patto che lei lo trasporti. Per un teschio non è poca cosa camminare...
Otilla lo fa e lui le mostra l'intera casa. La sala del camino, fino su in cima alla torre e fino alle prigioni in basso. La grande serra, o giardino di inverno, dove assaporano delle ottime pere e la sala da ballo dove i due danzano, mascherati. E quando si fa sera lo scheletro, invitatala a passare lì la notte, le confessa il grande segreto dello scheletro che lo insegue perché lo vuole per sé.
Puntuale come la morte, lo scheletro arriva, ma la coraggiosa Otilla non si fa intimidire e se ne sbarazza in modo definitivo, bevendoci su un buon tè.
In fondo il teschio con lei è stato così gentile che sarebbe proprio di cattivo gusto non prendere le sue difese.
Tra una gentilezza e una galanteria, tra una premura e un rispettoso silenzio, i due si tengono compagnia. Almeno per un po'.
Tutti, ma proprio tutti, sono saltati sulla sedia, nel leggere l'ultimo libro di Jon Klassen. E nessuno si è preso la responsabilità di non dirne un gran bene. C'è chi ha pianto, c'è chi ne vende copie a rotta di collo, c'è chi non può fare a meno di dire al mondo del web quanto Klassen sia magnifico...
Proviamo a mettere in elenco le caratteristiche di questo libro diverso dagli altri.
La prima è evidente: il formato.
Non è quello consueto dell'albo, neanche nella sua forma 'ibrida' che avevamo già visto per Un sasso dal cielo, ossia grande come un albo classico, ma con molte più pagine all'interno.
Questo formato da romanzo tascabile c'è da presumere che non sia casuale. Sembra voler dire al lettore: siediti e mettiti comodo perché qui c'è da 'leggere' tanta roba.
Per citare esempi altrettanto programmatici possiamo pensare a quello che ha fatto Blexbolex con Vacanze, un romanzo di sole figure.
Il volersi ispirare a un modello letterario preciso lo si coglie anche in un altro aspetto caratterizzante: la scansione in capitoli, ossia in parti.
Già vista in Un sasso dal cielo (ma anche già in Toh, un cappello!), con la precisa funzione di scandire la narrazione e focalizzare l'attenzione. Ma se nei precedenti c'è solo un numero e un titolo qui il passo è ulteriore.
Come spesso accadeva nel romanzo ottocentesco, a introdurre il testo vero e proprio compariva un breve riassunto dei fatti principali. E siccome Klassen è un drago nel ridurre tutto all'osso (!), adesso compaiono, per fare un esempio, dopo Parte Prima, La foresta, Le tenebre, La casa.
Verrebbe da pensare che la stessa ambientazione della storia, così ombrosa e misteriosa, abbia bisogno per valorizzarsi al meglio di un contenitore siffatto.
Lo stesso Klassen mette in appendice due pagine in cui spiega l'origine della storia che peraltro traspare nel sottotitolo in inglese: The Skull: a Tyrolean Folktale.
Il fatto che Klassen citi la sua fonte, un libro preso in biblioteca, letto e poi rimasto nella sua testa per del tempo, da un lato ne certifica la sua onestà intellettuale, ma dall'altro mette a fuoco una questione molto interessante che è la seguente.
La fiaba tirolese è piuttosto diversa da quella di Klassen. Nel finale in particolar modo, ma anche altrove. Come mai?
Questa circostanza, dice Klassen, deriva dal fatto che è passato del tempo dalla sua originaria lettura al momento di farne una storia illustrata e in questo tempo la sua testa ha modificato il racconto, consegnandone uno diverso alla sua memoria.
A parte tutte le implicazioni neuronali che questo comporta, sembra interessante notare come la nostra testa sia in grado di trasformare a nostra misura ciò che non ci corrisponde poi troppo.
Con questo si può ragionare sul fatto che Klassen il tessuto della fiaba tirolese lo abbia tagliato e cucito per farne un abito che, indossato, lo facesse sentire a proprio agio.
E proprio così è andata.
Se la fiaba prende la direzione del riscatto, attraverso l'apparizione di una donna trasformata in teschio sotto incantesimo, una creatura che arriva dal passato e scompare nel futuro, lasciandola erede di tutti i suoi averi, il castello, la servitù obbediente, a cui aggiunge - in un afflato materno - altri bambini con cui giocare e anche un principe azzurro, fatto arrivare a tempo debito. Potevano questi essere i panni adatti a Klassen?
Ovviamente no.
Così la sua storia va in tutt'altra direzione.
Colpito certamente dall'unica illustrazione a china di Robin Jacques, geniale illustratore britannico (le assonanze con Riddell fanno venire i brividi) in cui lo scheletro tiene per le braccia la piccola orfanella fuggita di casa e la solleva dal letto e la scuote per benino per farle mollare il teschio - i suoi occhi sono sgranati e pieni di terrore - a colpire Klassen è una serie di dettagli della fiaba riscritta da Ruth Manning-Sanders. Primo fra tutti il ritornello dello scheletro: Give me that skull! I want that skull! ripetuto come un mantra. Ma anche: il coraggio della ragazzina, certa determinazione nell'agire, la gratitudine nei confronti del teschio che la ospita, la condivisione di un menage casalingo, dai pancake mangiati assieme all'andare a dormire nello stesso letto, la frantumazione di qualche osso e certa difficoltà oggettiva nel deambulare e fare le scale in salita da parte di un teschio.
Conseguenza di tutto ciò: la sua ostinazione a non lasciare che il teschio venga preso dallo scheletro che lo pretende.
E allora quali sono le bolle d'invenzione tutte di Klassen?
[continua]
Carla
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