mercoledì 12 febbraio 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

UNA QUESTIONE DI ENERGIA 

Quando apriamo un libro è come se inserissimo una spina nella presa e, chiudendo il circuito elettrico, permettessimo all'energia scaturita in un’altra mente di raggiungerci per accendere in noi qualcosa che non avevamo pensato, far riverberare pensieri che mai saremmo riusciti a esprimere, creare connessioni e spazi che non sapevamo nemmeno di contenere. Ma da dove arriva quella energia, quanti chilometri ha percorso, quanti anni separano la sua generazione dalla nostra fruizione? E in che punto del silenzio tra il naso e la pagina questa energia fa scoccare la sua scintilla, qual è il momento in cui un messaggio predisposto dalla mano di un illustratore supera la carta per entrare in noi? 
Renato Moriconi ha mostrato nei suoi albi precedenti di avere la spiccata sensibilità di concretizzare sulla pagina il momento in cui tra un’immagine e l’altra si stabilisce quel senso di continuità prossimo alla fusione. Sfidando l’interruzione tecnica del voltar pagina, e mischiando a questo gesto l’elemento immaginativo del racconto, ci ha fatto sentire la vertiginosa rotazione di una giostra, ha mostrato la contagiosità di uno sbadiglio, estrapolato dal silenzio dei ritratti il sussurro segreto delle parole che passano di orecchio in orecchio con il gioco del telefono.


In occasione de L’opera liquida l’autore chiama in causa la fluidità e si appropria di alcuni elementi del mondo musicale per provare a mettere a fuoco proprio quel punto di contatto tra autore e fruitore, tra intenzione artistica e ascolto, e lo fa fin dalla copertina, dove, moltiplicato e gesticolante, un direttore d’orchestra appare impegnato a muovere le braccia per gestire qualcosa di invisibile. Il suggerimento che arriva dal titolo L’Opera liquida suggerisce che si parlerà di musica, ma a ben vedere, e come si conviene all’autore, si tratta di un parallelo che va ben oltre. 


Tutto ha inizio a bordo di una piscina vuota, quasi a voler suggerire una capienza, uno spazio pronto a contenere e a farsi da cornice per quei movimenti immaginifici provocati dal gesto del direttore. È in queste quattro pareti che viene disposto il gioco sottile di creazione e accoglienza per quello che verrà stimolato dal dialogo tra direttore e acqua.


L’innesco è nel corpo. Il direttore richiama a sé sulla punta della bacchetta tutta l’attenzione per condurci attraverso le qualità intrinseche del proprio gesto verso le metamorfosi e sinestesie che emergono e traboccano da bordo vasca: la tensione sottile dell’attesa al cospetto di una nuvola gravida, il rumore della pioggia, poi la compressa promessa dei rumorosi animali di una giungla fin troppo ordinata… 


Senza mollare mai completamente la tenuta, Moriconi gioca con equilibrio vertiginoso nello spazio sinestesico creato dalla interdipendenza di occhio, orecchio e tutti gli altri sensi, muovendosi liberamente nel campo libero della sovrapposizione millimetrica dei linguaggi. 
Egli conduce con gesto fermo e sensibile lo sguardo fino alla riesumazione del suono sepolto nella memoria: allora, sono subito tonfi sordi dei guantoni, stoppate di caviglie su palloni di cuoio, il tintinnio dei fioretti. 


Non solo di suono però si tratta: quanto è azzeccato infatti l’abbinamento tra lo squalo e la sinuosa inquietudine di certi silenzi? E come è facile sentire l’energia del direttore tramutarsi in inquietudine muscolare quando viene espressa per evocare un polpo, oppure il senso di potenza incombente compresso nell’onda, catturata proprio sul punto di scatenarsi fragorosa, un attimo prima di rompersi a bordo vasca… 


Serpeggia in ogni immagine e tra un immagine e l’altra il riverbero ineffabile dell’energia attraverso cui il suono si propaga. Allo stesso modo dell’onda sonora si muovono le similitudini: impiegano un tempo per svilupparsi, mostrarsi e finire. 
Ed è qui che Moriconi posiziona la sua bacchetta: sul culmine di una suggestione, un attimo prima che cada… 


…quando cade, allora si rompe la quarta parete di silenzio che separa il lettore da ciò che avviene sulla pagina: è in noi che deflagra l’onda, è in noi che brucia il fuoco, è dopo qualche secondo dall’osservazione che da qualche parte, dentro, ribollire in lontananza il vulcano, è in noi che si ristabilisce il silenzio e il senso di fine, quando il direttore fa scendere la bacchetta lungo la gamba per ristabilire la quiete. 


“Parlare di musica è come ballare di architettura” affermava, con provocatorio genio musicale, Frank Zappa, ma se da un lato questa frase sembra voler scoraggiare ogni tentativo di contaminazione di sguardi, a spostarsi leggermente la stessa affermazione pare essere un’indicazione per un sentiero da percorrere per libera associazione di idee, che conduce a territori in cui è possibile intravedere nel gesto minimo del direttore d’orchestra il tramutarsi di intenzione in energia, un flusso invisibile capace di travalicare spazio e tempo, e raggiungerci e continuare in noi. 
Perché quando si chiude un libro, il silenzio che accade è solo apparente. 


Giorgia

“L’opera liquida” Renato Moriconi, Gallucci 2023

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