lunedì 17 marzo 2025

ECCEZION FATTA!

CRESCERE


Questo è proprio il caso di dirlo: una grande eccezione alla regola che vige, ossia un libro, una recensione. 
A distanza di sette anni dalla sua prima uscita e dalla recensione, in occasione del suo trentacinquesimo compleanno (in Svezia è stato pubblicato nel 1990), il Barbagianni pubblica in una nuova edizione questo magnifico libro, complice anche la festa del papà imminente. 
Le cose che lo differenziano dalla sua prima uscita sono queste: la traduzione, il titolo, il formato, la carta, il font e una breve introduzione dell'autrice. 
Tutti questi cambiamenti,  a mio parere,  sono sintomo di una maturazione, una crescita, da parte dell'editore. 
Alla sua prima edizione la casa editrice era agli inizi e pubblicava libri tra loro poco in sintonia: alcuni di questi interessanti e singolari, altri meno. 
Con il tempo si è cominciato a distinguere un profilo editoriale più definito e più coerente. 
Per esempio, accanto alla pubblicazione della serie di Hilo, di Nate, di Ramona, sono arrivati vari e bei romanzi di Beverly Cleary, gli albi illustrati da Daniela Pareschi. Così facendo, nel lettore si è creata una bella affezione e in qualche modo una piacevole sensazione di sentirsi a casa in una casa editrice. Che non è mai un male. 
Ma accanto a questi, in catalogo compaiono anche libri che "viaggiano da soli": penso a Piangete bambini, con le poesie di Alberto Masala e le tavole di Daniela Pareschi o, appunto, Else-Marie e i suoi sette papà
All'epoca, Pija Lindenbaum era qualcosa che spiccava per singolarità in quel catalogo ancora un po' incerto. Ma se avevi un po' di occhio non potevi non notare quanto questa autrice svedese avesse da dire. 
Già notata nel 2007 con le illustrazioni per Mirabell, di Astrid Lindgren e uscito con Motta Junior, in cui si raccontava di una bambola piuttosto orgogliosa e consapevole, nata come un cespo di insalata, nel giardino di una bimbetta, in seguito la Lindenbaum era uscita quasi del tutto dai radar. 
Ma con il libro di Else-Marie riappare e si riconferma la sua vena un po' folle che ha fatto del tutto è possibile un vero e proprio credo. 
Lei stessa ha sempre voluto ribadire che dietro quei sette papà non c'è nessuna interpretazione da cercare, se non quella che le sembrava molto buffo che una bambina potesse avere un tot di papà in miniatura al posto del consueto papà unico, ma formato standard. E a conferma di ciò spiega, nella nuova introduzione,  che il numero sette è dipeso solo dal fatto che su quella poltrona disegnata il numero giusto di papà seduti a leggere il giornale era sette: non uno di meno non uno di più. 
Per una volta almeno tutti rimettano dentro la cabala e accettino di buon grado il fatto che l'arte di narrare non ha confini stabiliti. 
Evviva, autori e autrici che così la pensano. Partono da una follia e intorno ci costruiscono il resto...


Cominciamo dalla traduzione. 
La cosa che succede quando a tradurre è Samanta K. Milton Knowles è la seguente: tutto si illumina e vibra un po' di più. Le va dato merito di saper trovare sempre il tono giusto da dare al pensiero e quindi alle parole dei bambini e bambine dei libri che traduce: un normale pezzo di torta, nelle sue mani diventa quello che è, ossia una treccia danese con la crema gialla. Secondo questa logica i nomi delle persone, i toponimi delle strade e dei luoghi, i titoli dei libri e dei fumetti letti in bagno diventano qualcosa di molto preciso e circostanziato e nulla va perso del nitore originario, sacrificato in nome di una lingua più universale, ma di certo meno efficace. 
Rimane da chiedersi perché se si fa una scelta del genere, coraggiosa e molto condivisibile, si senta poi l'esigenza di mettere nelle mani di una bambina svedese che mangia aringhe fritte una copia in italiano del Piccolo Principe e sul suo letto penda un diploma, ad evidenza, conseguito da noi. 
Passiamo al titolo: i papà non sono più sette, o meglio lo sono ancora ma non viene esplicitato già nel titolo. Questo significa ben due cose: una già detta, il numero dei papà (come pure il loro nome di battesimo) ha importanza relativa, e la seconda attesta che in un libro illustrato il testo, e ancora di più il suo titolo, non dovrebbe mai essere eccessivamente informativo, esplicativo e, possibilmente, rassicurante. Infatti nel titolo originale il numero dei papà non è per nulla citato. 
Riguardo al formato c'è poco da dire: è lievemente più piccolo rispetto alla prima edizione e a guardarlo ricorda di più l'edizione originale in svedese. 
Sulla scelta della carta invece è stato fatto un passo notevole: è stata abbandonata la carta lucida in favore di una patinata opaca che al tatto e alla resa finale del colore è molto più adatta. 
Sul font è stata fatta una scelta diversa. I pacchetti di testo sono tanti e hanno un grande impatto visivo. Non siamo di fronte a una quantità di testo tipica di un albo illustrato. Qui Pija Lindenbaum si è presa tutto il tempo necessario per raccontare la sua storia, quindi la scelta di utilizzare un font più elegante oltre che ad alta leggibilità e con un corpo lievemente più piccolo e quindi proporzionato al formato è stata proprio una bella idea!
Si cresce e si diventa grandi.

Carla

Pija Lindenbaum, "Else-Marie e i suoi Piccoli Papà" (trad. Samanta K. Milton Knowles), Il Barbagianni 2025

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