GIUNGLA METROPOLITANA
Professione coccodrillo, Giovanna
Zoboli, Mariachiara Di Giorgio
Topipittori 2017
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)
"Una storia senza parole di
Giovanna Zoboli e Mariachiara Di Giorgio"
Un coccodrillo nella notte nuota.
Nel cielo scuro sovrastante, palme e
fuochi d'artificio. Nell'acqua chiara sottostante, pesci e alghe. E
il coccodrillo abita entrambi gli spazi ed è diviso anche lui: verde
cupo sulla schiena all'aria, rosa pallido il ventre in acqua.
E questa è solo la copertina.
Superati i risguardi lussureggianti, la
sua storia comincia in una luminosa camera di un appartamento al
quarto piano di un palazzo.
Sono le sette del mattino quando suona la
sveglia e il sogno di un bagno nell'acqua scura di una giungla si
interrompe. Il coccodrillo con il pigiama a righe ha abitudini umane:
apre gli occhi, poi la finestra, a seguire fa pipì, un po' di igiene
orale, sceglie con cura cravatta intonata all'abito, fa colazione con
la radio accesa, pane e marmellata, quindi indossa cappello, sciarpa
e paltò ed esce dal palazzone di fronte alla rumorosa tangenziale.
Siamo a Roma, ve lo confermo. Resta da capire se Pigneto o San
Lorenzo, ma sono sottigliezze. Tratto di strada a piedi per
raggiungere la metro, breve sosta davanti al negozio di profumeria e
poi giù, in un fiume di persone, arriva alle scale mobili e al
treno. Il tragitto prosegue tra i portici di Piazza Vittorio con
breve sosta dal fioraio e dal rosticciere accanto alla pasticceria di
Regoli e poi via di corsa attraverso i giardini fino ad arrivare al
grande cancello del suo posto di lavoro. Mazzolino di fiori alla
giovane portinaia e quindi, dopo essere passato negli spogliatoi, il
coccodrillo prende posizione alla sua consueta postazione di
lavoro...che non va svelata neanche sotto tortura.
Colpisce fin dal primo sguardo questo
silent book, per utilizzare il termine che meglio di altri definisce
un libro senza parole. Un formato che asseconda quello del
protagonista coccodrillo. Una copertina divisa in due dal passaggio
silenzioso e incurante del protagonista che da sinistra a destra ci
invita ad entrare nel libro stesso. A un primo sfogliarlo si coglie
subito l'assenza di parole e la potenza delle immagini. E viene
subito in mente che per produrre un libro senza parole di parole ne
devono essere state dette se gli autori, in questo caso autrici, sono
due. Il silent book, salvo eccezioni, è spesso frutto di un'unica
mente (penso a Shaun Tan, a Iela Mari, Suzy Lee, Wiesner solo per
citare i maggiori) che concepisce un racconto attraverso il codice
iconico invece che verbale.
Qui è diverso: Giovanna Zoboli elabora
una sorta di sceneggiatura, un soggetto, racconta una storia a
Mariachiara Di Giorgio che ha il compito di darle forma. Devono
essersi parlate, le due, ma non so dire se poco o tanto. Avranno
cercato assieme un tono? Un ritmo? Un contesto? O la prima ha dato
alla seconda solo (si fa per dire) la sostanza della storia,
lasciando a lei carta bianca sulla forma del discorso per
raccontarla?
Già tutto questo domandarsi rende ai
miei occhi il libro interessante. Non è la prima prova felice di
Giovanna Zoboli nella creazione di un silent book a quattro mani. C'è
l'insuperato Chiuso per ferie (2006) con la grandissima Maja
Celjia.
Ci siamo di nuovo. Ho come il sospetto
che anche in Professione coccodrillo si ritrovi la medesima
qualità e valore.
La bellissima idea di partenza: un e
se...gigantesco che ribalta la
prospettiva di lettura della realtà e che nel disegno diventa
discorso, prende forma, in quei coccodrilli, leopardi, scimmie,
giraffe, ippopotami e cammelli mescolati a una folla distratta e
assorta nella lettura di libri, di giornali o di messaggi al
cellulare (attenta al mariuolo...).
E chi meglio di Mariachiara Di Giorgio
per raccontare tutto questo? Se c'è una capacità che mi pare
doveroso riconoscerle è quella di essere grande narratrice di città,
architetture e luci metropolitane. Già notato in Due ali, il
felice acquerello qui si sbizzarrisce in un racconto di vita
quotidiana che le calza a pennello.
Si muove sicura tra scale mobili,
interni giorno, esterni cittadini, scorci di parchi e di tangenziali
trafficate. A saper guardare ci si vede Roma e ci si vede Parigi. E
in mezzo a mille dettagli di cui punteggia l'intero libro (manifesti,
insegne, visi che richiamano altro, citano, rimandano) seguiamo il
tragitto del coccodrillo da casa al lavoro con inquadrature sempre
diverse, sempre mosse, dall'alto, dal basso, frontali, scorci e primi
piani. In un susseguirsi così movimentato da dare alle immagini il
medesimo ritmo del passo affrettato di una città che si mette in
marcia in un mattino feriale. Tavole divise da un margine bianco che
ricorda il fumetto o il succedersi di singoli fotogrammi o fotografie
di un giorno di una giornata in una grande città. Un ritmo che è
fin da subito vivace, scandito, e che arriva all'ultima tavola a
passo svelto per poi fermarsi di botto per dare spazio allo stupore.
Questo per dire, o meglio ridire, che
chi crede che il silent book sia una variante semplificata del libro
con le parole, è ben lontano dalla verità.
E brave, le due.
Carla
Noterella al margine. Un ringraziamento
personale per aver raccontato una Roma che, nonostante tutto, riesce
ancora a farsi riconoscere in alcuni suoi angoli sopravvissuti.
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