IL BINOMIO FELICE
Che bravo cane!,
Meg Rosoff (ill. Grace Easton)
(trad. Stefania Di Mella)
Rizzoli, 2019
NARRATIVA PER MEDI
(dagli 8 anni)
"'Quindi sì'
continuò 'si può dire che mi sono licenziata. Per il momento. Mi
prendo un periodo di pausa per ritrovare la mia pace e la mia
serenità. D'ora in avanti l'unica persona della quale mi
occuperò...sarò io.' E così dicendo, diede a Betty un bacio sulla
testa e andò a infilarsi i suoi pantaloni da yoga."
Mamma
Peachey ha appena preso una decisione importante che lascia
interdetti gli altri membri della sua famiglia: un marito e i tre
figli. Da questo momento in poi nessuno di loro potrà più contare
sul suo aiuto. Niente pranzi o cene o colazioni, niente spesa, niente
lavatrici o panni stirati, niente sveglia la mattina, niente pulizia
della casa. Niente di niente. Le sue ore libere dal lavoro le
passerà a perfezionare le sue posizioni yoga e a coltivare i propri
sogni. Se al principio tra i familiari si diffonde un certo qual
senso di liberazione da obblighi e doveri - cene da asporto, nessuna
cura della casa e ritardi su ritardi a scuola e sul lavoro - con il
passare dei giorni soprattutto a Betty, la piccolina di casa, vien su
un certo qual senso di mancanza di affetto. Urge un rimedio. Spetta
ancora a Betty il compito di trovare una soluzione. A quattro zampe.
Un
cane preso da un canile può sostituire una mamma e una moglie,
almeno temporaneamente?
Se
si pone questa domanda a un bambino, la risposta non sarà affatto
univoca.
Meg
Rosoff sembra saperlo molto bene e su questo costruisce una storia
che lavora su un binomio felicemente armonico: cani e bambini.
Non
esattamente una novità, in questi ultimi anni, se pensiamo per
esempio a Jutta Richter o Eva Ibbotson.
Secondo
il canone, sebbene il cane arrivi in una famiglia composita, è solo
con Betty che instaura un rapporto affettivo degno di questo nome.
Tanto il cane quanto la bambina sono piuttosto originali e tra loro
in buona sintonia. Betty ha un'onestà intellettuale molto
sviluppata, è l'unica che sa leggere i sentimenti e ha una buona
capacità progettuale che abbina a una discreta manualità.
Al
contrario Meg Rosoff disegna il resto della famiglia, come
problematica e tutto sommato accessoria. Tutti sono costruiti secondo
un repertorio di stereotipi umani: un padre poco autorevole e molto
distratto, una sorella maggiore con velleità revansciste e
intellettuali, e un fratello pigramente in cerca di autoaffermazione.
Per la madre, invece, la simpatia è immediata. Incontrovertibile la
sua scelta.
Il
cane, Mc Tavish (ispirato a un cane in carne e ossa conosciuto dalla
Rosoff a cui lei stessa dedica il libro), è come già accennato il
perno della questione. Tutta la vicenda è filtrata attraverso il suo
sguardo e anche la risoluzione del problema originario la si deve
principalmente al suo ingegno.
Se
da un lato si sente tanto il bisogno della Rosoff di fare luce sulla
questione 'cani abbandonati' (due paginette a fine libro sulla Blue
Cross for Pets), come pure sull'impegno che richiede tenere un cane
in famiglia 'un cane è per la vita, non solo per Pasqua',
dall'altro il lato migliore del libro è di fatto lo sfondo.
Ovverosia le dinamiche interne di una famiglia con un problema.
Sebbene tutti i personaggi siano piuttosto peculiari, è ben
possibile che molti lettori possano riconoscere nel ménage
di questa famiglia, affinità con le proprie. E che ci ragionino
sopra. Questa qualità, unita a una scrittura davvero felice che le
ha fatto guadagnare l'Andersen di recente, assegna al libro un valore
ulteriore che, per paradosso, è diverso da quello stringente sul
'tema' in sé.
Quando
la differenza la fa la capacità di concepire una buona storia...
Carla
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