DEL DNA E DELL'EREDITARIETA'
La Nuova Frontiera 2022
NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)
"Mio padre è nato così, con una gamba e mezzo. 'Cattivi geni' dice sempre. 'Già Arie aveva dei problemi, ma i miei genitori non se ne sono resi conto, finché non sono nato anch'io. Altrimenti non avrebbero neanche provato ad avere un secondo figlio'. 'Ma allora non ho anch'io un po' gli stessi geni?' ho chiesto una volta. A scuola avevamo parlato del DNA e dell'ereditarietà. 'Sì, eppure sei venuto straordinariamente bene. Per questo ci siamo limitati a te. Avevamo paura che i geni buoni fossero finiti'. Questo lo faceva ridere un sacco e anch'io in effetti ho riso.
Mia madre mi aveva avuto a quarantacinque anni. Una grande sorpresa, la chiamava."
Ole, che ora ha tredici anni, ha una famiglia piccola piccola: il padre Piet che di anni ne ha sessantotto e che adesso è in pensione, gira in bici e in tandem, una madre di cinquantotto che sta per partire per il suo viaggio lungo tre mesi, in Tibet, e lo zio, Arie, che non "è come tutti gli altri, ma puoi benissimo passarci del tempo insieme", e che ha un anno più del padre, ma la testa di un bambino di circa sette anni. Lui vive in un istituto con un bel giardino, ride come un Muppet e porta sempre giacca e cravatta.
Nella normalità delle loro vite arriva una telefonata che annuncia la morte del nonno di Ole, il padre di Piet e Arie. Un nonno della cui esistenza Ole non sapeva nulla.
Dalle poche parole che riesce a scucire al padre, Ole capisce di aver avuto un nonno terribile e che è stato meglio per tutti essersene tenuti alla larga e che di questo nonno è arrivata in eredità la vecchia casa di famiglia in Brabante, isolata e nascosta in un bosco, a poca distanza dal confine con il Belgio. Affidatane la vendita a un agente immobiliare 'in gamba', anche la casa del nonno sembra sparire dai pensieri dei suoi genitori (ma da quelli di Ole, no) Tuttavia, una sfavorevole congiuntura finanziaria li obbliga a cambiare i piani.
Padre e madre, di comune accordo, decidono che l'unica possibilità di risparmio sia il trasferimento - temporaneo - nella vecchia casa del nonno.
E così, a inizio estate, Ole e suo padre, non volendo che la madre rinunci al viaggio in Tibet per trovare se stessa, si occupano del trasloco e di far ripartire le loro vite da lì. Da Orpel, paesino del Brabante da cui, a sedici e a diciassette anni, Piet e Arie andarono via senza ritorno.
In un contesto storico piuttosto dettagliato, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, scopriamo quale fosse la vita dei piccoli contrabbandieri di burro.
Il nonno di Ole era uno di loro. Uno dei peggiori, un uomo senza scrupoli che contrabbandava in prima persona, ma anche truccava i mezzi per il carico e soprattutto, come fabbro, produceva i temibili 'piedi di corvo', marchingegni in ferro che con la loro punta rialzata e affilata avevano la funzione di squarciare le ruote delle macchine dei doganieri, durante gli inseguimenti.
La sua casa cadente avvolta nella vite americana, le rimesse fatiscenti che la circondano, le mezze frasi sentite in paese, le chiacchiere con il medico condotto, danno modo a Ole di ricostruire una fetta di storia del paese e anche, in parte, il pezzo mancante della sua personale storia di famiglia, su cui suo padre ha sempre taciuto.
Questo è lo scenario in cui Annet Huizing colloca una seconda storia, più intima e nello stesso tempo più universale e potentissima, che costituisce il grande valore del libro.
Sono almeno cinque le cose che colpiscono.
La prima: l'autenticità nel racconto della complessità delle relazioni che tengono insieme - o dividono - i membri di una stessa famiglia. Per intenderci quella connessione che ha a che fare da un lato con la sfera delle emozioni, della ragione, della cultura e dall'altro con la chimica di un codice genetico. Su questo si potrebbero scrivere pagine su pagine.
Sta di fatto che ognuno di noi ha sperimentato sulla propria pelle quanto una relazione familiare sia - salvo eccezioni - un continuo scambio emotivo o intellettuale tra quello che si può chiamare il 'sentire di pancia', e il 'sentire di testa'. E su tutto questo gioca un ruolo definitivo quello che Huizing, per voce di Ole, riassume con il concetto di ereditarietà.
A prescindere da ogni scelta, sembra al contrario imprescindibile per ogni individuo il proprio passato, le proprie radici.
Per tutto il libro Piet e in qualche modo anche Ole con questo si confrontano, e in particolare Piet combatte una difficile battaglia personale.
La seconda: l'originalità e la coerenza dei personaggi che la Huizing mette insieme a comporre un coro intorno alla voce narrante di Ole. Nel bene e nel male, tutti questi - da Anastazja, la compagna di classe polacca, anche lei appena arrivata che con Ole fa subito squadra, a Gary, l'irlandese hippie che si intende di edilizia e di saper vivere, da Pola la ceramista 'materna', all'orribile agente immobiliare, dalla saggia Agnes che fa i gelati in casa, al marito di lei, Sjef che sa perdonare - arrivano dritti a colpire l'anima di chi legge.
La loro bellezza letteraria, ma anche umana, sta in una di quelle regole d'oro che nel suo romanzo precedente la Huizing aveva insegnato ai propri lettori: show, don't tell.
Tutti i suoi personaggi li conosciamo attraverso gli atti che compiono: dal viaggio in Tibet della madre, al taglio della cipolla per il padre, dai pensieri su cancro e separazione che fa Ole precipitandosi a casa, alla gita in farmacia con il dottor Oie, dalle cene messe su in quattro e quattr'otto e dai continui bicchieri di vino rosso di Pola, dallo studio dell'agente immobiliare alla casa di Anastazja.
Ma il loro principale merito forse sta in altro: nel rappresentare, ognuno per la propria parte, un punto di vista differente da quello di Ole e di suo padre che, protagonisti principali, offrono al lettore che in loro si immedesima, inevitabilmente, una linea di pensiero dominante.
La terza: la qualità di un plot che si dimostra robustissimo. Come vuole un'altra regola d'oro, anche qui tutto nasce da un contrasto, da qualcosa che non va come dovrebbe andare.
Pieno di colpi di scena e fili narrativi, anche frutto di una accurata documentazione da parte dell'autrice, che poi vanno a tessersi l'uno con l'altro per comporre un tessuto di grande efficacia e spessore letterario. Su tutto, un grande mistero da svelare. Un vero giallo in cui i tasselli che lei sparge qua e là poi vanno a ricomporsi in coda.
La quarta: a proposito di valore letterario, la scrittura della Huizing che è sempre molto scorrevole (forse anche grazie alla traduzione di Anna Patrucco Becchi) convincente e avvincente.
La quinta: i registri che variano e si alternano. Dall'ironia che in una storia del genere non era per niente scontata alla drammaticità di alcune pagine finali, che andrebbero lette e rilette, e ancora lette.
Gran libro, davvero.
Carla
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