NON TI SCORDAR DI ME
Orecchio acerbo editore 2022
NARRATIVA ILLUSTRATA
"Conoscevo poco i nomi di piante e insetti, riconoscevo a stento il canto di tre o quattro uccelli comuni. Nel corso degli anni, la mente altrove, avevo finito per non prestare più attenzione all'ambiente che più mi era vicino. Dovevo rimediare.
Nel marzo seguente ho cominciato a dedicarmi al giardino, con l'obiettivo di repertoriare tutto ciò che contiene. Dopo un mese di indagine, mi sono reso conto che il moto perpetuo della natura e l'infinitezza del minuscolo rendono il compito illusorio.
Ho capito che il mio giardino di trecento metri quadri, per un osservatore attento, è vasto come la Cina."
L'obiettivo si rivela immediatamente troppo alto, così l'autore decide di frequentare il proprio giardino, che appartiene alla sua famiglia da più generazioni, per due anni della sua vita e di osservarne gli abitanti, quelli vegetali e quelli animali.
Forse complice anche una sorta di confinamento coatto, quello che avrebbe potuto essere una prigionia si trasforma in una grande opportunità: e quello che poteva essere un recinto si trasforma in una sorta di luogo di pace, un paradiso.
Il tempo veloce che aveva contraddistinto la sua vita di prima, vita di artista in giro per il mondo per scoprirne i luoghi, anche più remoti, per poi trasformarli e restituirli dentro le pagine di bellissimi libri illustrati (dal Giappone, alla Finlandia, dalla Cina alle foci del Nilo) ora cambia.
Diventa un tempo lento, dove al camminare da homo erectus si sostituisce quell'andatura primordiale dell'andare a carponi, a quattro zampe come fanno ancora oggi le nostre sorelle scimmie. La ragione di questo piegare la schiena è dettata dalla volontà di osservare, per minuti, ore e giornate, piccole creature che solcano il prato o si arrampicano sui tronchi degli alberi, oppure osservare il volo e il comportamento degli uccelli. Ma anche di veder spuntare un nuovo germoglio, veder maturare un piccolo pomodoro o sbocciare un iris.
Due anni a osservare la natura che cambia, la natura che cresce, le piante che arrivano o si spostano e quelle che pare siano lì da sempre; il via vai degli animali; il dialogo con alcuni di loro, più socievoli di altri; due anni a registrare piccoli successi nel giardinaggio e nell'orticoltura e molti clamorosi fallimenti.
Due anni di osservazione e ragionamento che dimostra l'intelligenza della natura, dai più piccoli insetti alle piante che sono in grado di scegliere, all'interno di quei trecento metri quadri, dove crescere (Stefano Mancuso docet).
Il ripetersi delle stagioni con una loro cadenza tutto sommato consueta, si intreccia con una storia che è invece lineare, anche se in costante trasformazione verso qualcosa che è sempre diverso ma che conserva, così come accade alle piante e agli animali, memoria del proprio passato.
Si tratta della storia del luogo che questo giardino occupa. Una storia, questa ultima, che attraversa più di un secolo e che non è solo la storia di un posto, ma di varie persone e di sei generazioni di una medesima famiglia.
La casa e il giardino di Nicolas Jolivot appartiene alla sua famiglia dal 1919. Ed è diventata poi parte importante nella sua memoria di bambino, il quale - molti anni dopo il 1919 - in quel giardino, a casa dei nonni, ha passato ore felici della sua infanzia.
E come accade in natura, anche questo libro, questa esperienza di vita ha la capacità di ibridarsi nelle sue parti: alcune pagine sono dedicate all'osservazione del presente, del quotidiano e altre invece attraversano gli anni, un bel po' di anni e diventano il racconto di più di un secolo: dal 1821 quando il magnifico giardino attuale era solo campagna, quando poi è stato chiuso da alti muri di confine e al suo interno è nata la prima casetta, per ospitare chi lavorava la vigna appena recintata.
A questa prima rudimentale costruzione con una sola stanza con il camino si è sostituita una casa padronale su due piani, molto austera, ma funzionale a farci abitare una famiglia.
Persone che si avvicendano fino ad arrivare al 1936 quando il taciturno nonno di Nicolas, nonno Jacques, all'epoca un ragazzetto, viene ritratto nel suo giardino, vestito da calciatore, con l'immancabile berretto in testa che non lo avrebbe più abbandonato.
Nel 1947 è lui a comprare da sua madre la casa, ma soprattutto il suo giardino, che per quarant'anni non smetterà di frequentare, amare e curare quotidianamente, per poi trasformarne una porzione in rigoglioso e fruttuoso orto, fino al momento che le forze glielo hanno concesso.
Poi, negli ultimo periodo della sua vita, nel 1985, si è limitato a guardarlo dal secondo gradino della scala di accesso alla casa.
Quando anche la nonna Jolivot morì nel 1996, Nicolas e la sua compagna decisero che quella casa, quella della sua infanzia di bambino lasciato spesso dai nonni, era perfetta per loro e il loro primo figlio.
Nella scelta a guidarlo non è stata la nostalgia, ma un sano bisogno di avere una casa del genere.
E così il cerchio si è chiuso e la lunga e grande storia e le brevi storie animali e piante sono diventate questo libro.
Le bellezze che il libro contiene sono diverse.
La più evidente è la qualità del disegno che, nonostante Jolivot non si ritenga un disegnatore naturalista, tuttavia colpisce e cattura lo sguardo in queste ariose pagine, brulicanti di piccoli animali, dalle larve di cetonia, alle cornacchie sul camino e ai picchi che becchettano il tronco peloso della palma.
Ciascuno di loro è ritratto sempre tra una vegetazione che può oscillare dalla pianta invasiva (di cui Jolivot per scelta non si vuole liberare) alla spettacolare alchechengi o la esotica emerocallide citrina che arriva dalla Cina.
Contemporaneamente una gioia per gli occhi e per l'anima, qualcosa di analogo all'incontro di Jolivot con un convolvolo in fiore, che lui stesso definisce il suo primo choc estetico.
La seconda cosa è la capacità di questo libro di tenere viva la curiosità e lo spirito di osservazione.
La terza cosa che colpisce è l'idea che ne è alla base. Intrecciare le storie: una più grande intorno a cui ne ruotano moltissime altre, molto più piccole e brevi, per fare di questo unico volume contemporaneamente quattro libri diversi: uno di storia, contenente le vicende di un luogo, di un territorio, di una famiglia; uno di botanica per naturalisti in erba - scusate il facile gioco di parole - e di giardinaggio per principianti; uno di etologia per lettori curiosi; un diario di viaggio.
O forse sarebbe più corretto dire di viaggi. Perché qui si dimostra che a spostarsi non sono solo gli uccelli migratori, ma sono anche le piante (Stefano Mancuso docet). Viaggi di cui lui è testimone attivo, in alcuni casi addirittura vettore: i viaggi delle piante e degli insetti e degli uccelli che abitano il giardino.
Quello di Jolivot, un viaggio di esplorazione in un mondo che per i più - soprattutto coloro che non se ne occupano per professione e coloro che non superano il metro di altezza - non è di nessun interesse. Quanti sono gli adulti che notano le erbe spontanee e vagabonde, come per esempio la piantaggine o la romice, o delle minuscole cimici del nocciolo o la coccinella del melone e di quanti punti abbia sulle sue elitre? Non parliamo del distinguere un esemplare comune da una arlecchino.
In un legame forte, fatto di attenzione e rispetto, legame stabilito con questi abitanti, ossia le piante e gli animali, Nicolas Jolivot costruisce anche qualcosa di ulteriore: un quinto libro, un piccolo saggio di filosofia dove si mettono a fuoco e si nobilitano alcune attitudini che tendiamo a dimenticare, prima fra tutte la curiosità e l'attenzione per mondi diversi e anche infinitamente più piccoli del nostro, la pazienza, la cura, la lentezza, il rispetto, la capacità di comunicare con altro da noi, la consapevolezza di essere poca parte di qualcosa di molto più grande che ci sopravvivrà e soprattutto che non ci appartiene, se non per una manciata di anni, il nostro passaggio sulla terra.
Carla
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