FARE LA COSA GIUSTA
Parafrasando un film di Spike Lee del 1989, il romanzo ‘Dear Martin’, di Nic Stone, pubblicato da Giralangolo, gira intorno proprio al dilemma espresso da un giovane afroamericano: qual è la cosa giusta da fare se il mondo che ti circonda ti discrimina (ed è un eufemismo).
Il protagonista, Justyce, è un brillante studente liceale, apprezzato dalle ragazze, con grandi ambizioni per gli studi universitari. Ma. Il suo problema è essere nero e come tale presunto colpevole in qualunque situazione.
Viene infatti ammanettato brutalmente da una coppia di poliziotti che mal interpretano un suo gesto durante un controllo.
Questo episodio apre gli occhi a Jus, spalleggiato da Sarah-Jane, detta SJ, una ragazza ebrea, segretamente innamorata di lui. Durante le discussioni in classe Jus deve affrontare il vero nocciolo della questione: quando si è neri, non basta essere bravi, rispettare le leggi, fare una vita normale. Il colore della pelle è di per sé una motivazione alla presunzione di colpevolezza.
Per affrontare questo problema Justyce scrive una sorta di diario, sotto forma di lettere dirette al reverendo Martin Luther King: a lui si rivolge per capire cosa deve fare, come deve comportarsi.
Accanto a lui, l’amico Manny frequenta senza turbamenti un gruppo di amici bianchi e sembra non comprendere le inquietudini dell’amico. D’altra parte, un cugino dello stesso Manny fa parte di una gang di afroamericani decisi a prendersi con la forza quel rispetto che nessuno sembra voler riconoscergli.
La vicenda prende una piega drammatica e la non violenza di Martin Luther King sembra un’arma spuntata nei confronti della sopraffazione sistematica e violenta che i neri subiscono.
La tematica è di strettissima attualità e riguarda non solo gli Stati Uniti, con gli scontri violentissimi fra comunità afroamericana e polizia, ma anche l’Europa, laddove l’apparente integrazione copre segregazioni non scritte eppure efficientissime.
Attraverso il corollario dei personaggi secondari, che circondano il protagonista, si rivela uno spaccato della realtà americana che vede differenze anche forti all’interno delle comunità afroamericane: chi è più integrato, chi sceglie la strada, chi a fatica cerca un proprio percorso di vita, che sarà sempre e comunque condizionato dal colore della pelle. Il protagonista a un certo punto confessa: ‘Non riesco a capire qual è il mio posto’. E questo non avere un posto naturale da occupare nella società è la condizione straniante di chi appartiene a minoranze, di chi non ha un percorso già scritto all’interno della comunità dei pari.
Questa complessità è vista, nel romanzo, con gli occhi di un adolescente che vorrebbe avere solo problemi da adolescente, le ragazze, gli amici, la futura università, e invece deve confrontarsi con la violenza della polizia o farsi affascinare dal potere delle gang.
Nic Stone descrive tutto questo con realismo, cui si attiene anche la traduzione di Anna Rusconi, che cerca di rendere lo slang dei rapper, il gergo delle gang.
Strutturalmente semplice, ‘Dear Martin’ racconta la straordinaria complessità del nostro presente.
Probabilmente per questo è stato premiato quest’anno dalla giuria di Mare di Libri.
Consiglio la lettura a ragazze e ragazzi in cerca di risposte non banali a un tema quanto mai urgente, quello delle discriminazioni, la cui sedimentazione non può che produrre rabbia e violenza.
Lettura matura adatta a lettrici e lettori con almeno quattordici anni.
Eleonora
“Dear Martin”, N. Stone, trad. A. Rusconi, Giralangolo 2022
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