giovedì 31 marzo 2016

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


CERCA E TROVA ECOLOGISTA


Trovata geniale di Barroux, l'illustratore proposto recentemente in alcuni albi illustrati dell'editore Clichy: in questo Dov'è l'elefante?, da pochi giorni in libreria, mette insieme due tipologie di libri solitamente ben distinte: un classico cerca & trova, in cui bisogna rintracciare determinati elementi all'interno delle illustrazioni, e il libro a tema, in questo caso di argomento ecologico.


Il libro, quindi, si apre con tavole in cui vediamo una foresta lussureggiante dove si nascondono abilmente un elefante, un pappagallo ed un serpente; sta al lettore trovarli fra una pianta e l'altra. Solo che, tavola dopo tavola, gli alberi vengono tagliati e sostituiti con strade ed edifici. 


I poveri animali si ritrovano con un ambiente sempre più ristretto, alla fine completamente circondato dalle case. E come succede nella realtà, gli animali vengono rinchiusi nella gabbia di uno zoo, dove gli umani contemplano i superstiti alle distruzioni da loro stessi provocati. Per fortuna, c'è sempre una via di fuga, c'è sempre un'isoletta non contaminata dalla presenza umana.


Storia piccola, leggibile a diverse età, utilizzabile per il gioco e per la riflessione. Spesso è nella semplicità e nell'immediatezza che si ottengono i risultati più efficaci, laddove c'è una tesi da sostenere, senza retorica, senza parole di troppo, soltanto una sequenza di immagini che spiegano con la massima efficacia quello che succede realmente, con la riduzione degli habitat naturali, la deforestazione, gli animali a rischio d'estinzione.
In questo modo viene rivalutato, anche, un genere minore, il libro-gioco del tipo del cerca & trova, il cui capostipite è Dov'è Wally?, citato dallo stesso autore e recentemente ristampato dall'editore L'Ippocampo.
Bella sorpresa, un'idea intelligente ben realizzata, per un libro utilizzabile dai quattro ai sette, otto anni.

Eleonora

“Dov'è l'elefante?”, Barroux, Edizioni Clichy 2016




mercoledì 30 marzo 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


DRIPPING DROPPING NEVER STOPPING
Ciao Cielo, Dianne White, Beth Krommes (trad. poetica Bruno Tognolini)
Il Castoro 2016



ILLUSTRATI PER PICCOLISSIMI (dai 2 anni)

"Nuvole al burro,
Vento di velo
Zucchero azzurro
Su bianco di cielo

Gioca nel giorno, salta su e giù
Sole del mondo sul bianco e sul blu."

Tutti ne approfittano: la mamma stende i panni al sole, i bambini sull'erba le giocano accanto e il babbo lavora i campi. 
Il tempo cambia rapidamente e quelle nuvole bianche e gonfie lasciano presto il posto a nuvole grigie, il vento si è alzato, il freddo fa rabbrividire: sta arrivando il temporale. Lampi e tuoni ed è buio come di notte. Cade una pioggia battente, cade sulla fattoria, gli animali si riparano e in casa i bambini mangiano merenda. Poi l'acqua che prima scrosciava ora scende più piano. Sotto un grande ombrello azzurro quella bambina si affaccia sulla porta di casa e i due cuccioli di cane la seguono. Escono entrambi e sentono la pioggia cessare. Abbandonato l'ombrello, entrambi corrono a giocare. Nel fango come hanno appena fatto i maialini. Al tramonto si deve rientrare, fare un bel bagno e godersi la sera che arriva con il cielo nero e le stelle. Poi, i piccoli tutti a nanna: bambini, puledri, e cagnetti.

Primo libro italiano di Beth Krommes, Caldecott Medal nel 2009, una bella esperienza per gli occhi cui si accompagna un'altrettanto piacevole esperienza per le orecchie, ovvero la traduzione poetica di Bruno Tognolini fatta al testo di Dianne White.
Blue on blue, diventa Ciao Cielo. Perfetta simmetria tra consonanti: le bi che raddoppiano in inglese corrispondono alle ci in italiano. 


Tutto giocato sul raddoppio dei monosillabi in inglese, trova una sua armonica rispondenza nei versi di Tognolini che, fedele a non tradire, gioca sul doppio di grigio e di nero 

grigio su grigio, monta nel cielo
un temporale più nero del nero

E continua con pioggia e acqua che si moltiplica, con regolare cadenza, nel testo almeno quanto nelle figure. Rime per goccioline che iniziano due pagine prima e terminano - Fine! - a temporale passato. Anche il fango raddoppia, ma quando si fa l'ora di tornare a casa il tempo della poesia cambia e diventa più lento e ogni ritmo battente si perde. Non si perdono invece i colori che la attraversano fin dal principio. Arriva la luna che splende, arriva l'argento e arriva l'oro e in ultimo il sonno dei piccoli.


Un libro così contiene una grande novità di progetto. Un testo affidabile anche a orecchie piccolissime, visto che ha un tono quasi da ninna nanna o da filastrocca, un testo che suona talmente bene che può non essere necessario capirne il senso a tutti i costi, si accompagna a un tipo di illustrazione complessa, ovvero stratificata e nel medesimo momento anche molto leggibile.
Tanto il testo, quanto le illustrazioni sono dunque 'leggibili' secondo diversi livelli di comprensione. 


In particolare la scomposizione in parti singole di elementi generali, per esempio l'acqua nello stagno, le onde del mare, certi tessuti, le nuvole in cielo, la campagna vista dall'alto, potrebbe risultare straniante e invece si ricompone sempre in un unicum che ricorda quasi, per spessore dei contorni, la decorazione su stoffa di certi arazzi tardomedievali o fiamminghi, questi ultimi chiamati in causa per la cura e l'attenzione al dettaglio che si ripete e che li rende inconfondibili.


Correttamente, Jules di Seven Impossible Things before Breakfast, definisce il modo di comporre le immagini di Beth Krommes "[e]xquisitely simple and memorable": semplici e indimenticabili. E ancora più correttamente, nel 2009, la motivazione che le fece vincere la Caldecott Medal, mise in evidenza la sua grande sensibilità nel raccontare, attraverso piccolissimi inserti di colore giallo su un fondo in bianco e nero, il calore che evoca il senso della casa, della protezione (il libro premiato, per la cronaca, è The House in the Night). Se all'epoca lo scratchboard -tecnica amatissima dalla Krommes e assimilabile all'incisione su legno- era solo su tre colori, anche adesso con questo abbondante uso ben più vario del colore continua a mantenere il suo segno inconfondibile e altrettanto la sua capacità di rassicurare lo sguardo, seppure con un tratto tanto insolito e peculiare.


Ne aspettiamo altri.

Carla

martedì 29 marzo 2016

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


DEL TEATRO, DELL'AMORE E DEI SOGNI


L'ultima opera di Brian Selznick, che ci aveva stupito soprattutto con la Meravigliosa invenzione di Hugo Cabret, è complessa tanto da rendere difficile raccontarla senza svelare i colpi di scena che contiene.


Il tesoro dei Marvel è strutturato in due parti ben distinte, la prima raccontata per immagini, la seconda scritta, seguite da una illuminante postfazione. Nella prima parte, dunque, si racconta la storia di una dinastia di teatranti, a partire dal primo miracoloso episodio a bordo di un vascello, il Kraken, colato a picco durante una tempesta nel 1766 mentre a bordo si svolge una rappresentazione teatrale. Lì si origina l'avventurosa vicenda dei Marvel, uomini e donne di teatro dalla chioma fulva, che si muovono al di qua e al di là dell'oceano, fra America e Inghilterra, arrivando fino a un personaggio, un ragazzo coraggioso che nella Londra mondana riesce forse a salvare il nonno da un incendio nel teatro in cui vive.


Negli anni '90 del Novecento, quindi parecchio tempo dopo, un ragazzino americano bussa alla porta dell'unico zio, mentre i suoi genitori sono in crociera: Joseph, questo è il suo nome, è in cerca delle sue radici, della sua storia; s'imbatte in un parente scorbutico, bizzarro, che vive in una casa che sembra la perfetta riproduzione di una casa vittoriana, piena di ninnoli e cimeli, apprestata come palcoscenico di una rappresentazione interrotta. Al di là della stravaganza, lo zio sembra depositario di una serie di segreti, che forse possono spiegare al protagonista qualcosa della sua storia. Aiutato da Frankie, una ragazzina che veste come un ragazzo, in memoria del fratello deceduto anni prima, il ragazzo compie le sue indagini.
Aut visum aut non, una citazione latina che ritorna continuamente, e che troverà una spiegazione nella postfazione, mette il lettore sull'avviso che molto cose possono essere diverse da come sembrano e bisogna prestare attenzione ai dettagli e collegarli insieme per capire quello che l'autore ci sta dicendo.


Joseph, in barba a tutte le raccomandazioni, fruga ovunque e trova delle cassette, che raccontano la storia dei Marvel: è lo zio, insieme ad un misterioso interlocutore, a raccontarla, sullo sfondo dei suoni che ancora si avvertono nella casa: rumore di passi, di stoviglie, il canto di un uccellino.
Se tutto sembra riportare al passato, la realtà costringe il lettore a fare i conti con gli anni '90, nel pieno dell'epidemia di Aids. Lo zio ne è colpito, così come tempo prima era accaduto al suo compagno. La leggenda dei Marvel, la storia dello zio e del suo culto per il passato è destinata a finire? Lo scopriranno i lettori alla fine del libro.


Quest'opera di Selznick, forse la più bella, è tante cose contemporaneamente, che meriterebbero tutte di essere approfondite: è un atto d'amore nei confronti del teatro, della sua storia, delle sue leggende; è un atto d'amore nei confronti della città di Londra e delle sue memorie; è un'apologia dell'amore, capace di sopravvivere al tempo e alle ingiurie della malattia. Un amore comunque declinato, fatto di condivisione profonda, di sogni comuni e di grande generosità.
Questo romanzo vale più di decine di storie 'politicamente corrette', volte a rappresentare le diverse facce dell'amore. Più di tutto valgono le testimonianze di vita, talvolta più sorprendenti di qualsiasi invenzione.
Nella lunga postfazione, l'autore spiega a chi si è realmente ispirato, quali luoghi e quali vicende siano stati lo spunto della narrazione.


E' una lettura sicuramente complessa, in cui bisogna comprendere i passaggi di tempo e di luogo, ma è un romanzo avvincente, commovente, istruttivo, necessario ad un'educazione sentimentale lontana dai pregiudizi.
Per lettrici e lettori maturi, dai dodici ai novantanove anni, per riconciliarsi con il tempo presente, che ci regala anche qualche perla, qua e là.

Eleonora

“Il tesoro dei Marvel”, B. Selznick, Mondadori 2016


domenica 27 marzo 2016


Blog in pausa 
per permettere 
la giusta concentrazione 
davanti ai conigli di pasqua, 
alle uova di pasqua
 e alla ciambellomba*



*un po' ciambellone un po' colomba.

venerdì 25 marzo 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


RE PER UN CASO

Luigi I Re delle pecore, Olivier Tallec (trad. Chiara Stancati)
Lapis 2016


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"E fu così che in un giorno di vento, Luigi la pecora divenne Luigi I, re delle pecore.
Un re deve avere uno scettro per governare, PENSÒ per prima cosa Luigi I.
E un trono per amministrare la giustizia, perché è importante, la giustizia..."

La corona è portata dal vento, come molte cose nella vita vera. Luigi, come molti nella vita vera, semplicemente approfitta dell'occasione.
Dall'avere una corona in testa a essere re, nella mente di una pecora, il passo è breve. Così Luigi, incoronatosi, comincia a comportarsi da re. 


Scettro, trono, letto regale sono simboli importanti per poter far crescere tra i sudditi il consenso e il rispetto. Per accrescere il culto della propria immagine sarà necessario riprodurla a ogni buona occasione: nelle statue, nelle siepi dei giardini del palazzo reale. Un buon re, soprattutto di questi tempi, deve essere un buon comunicatore. 


Un buon re coltiva le arti e quindi a palazzo giungeranno i migliori artisti ad esibirsi. Nelle giornate di noia un buon re troverà svago nella caccia grossa e se le prede adatte non sono autoctone, le si dovrà fare arrivare da fuori. La diplomazia è un altro aspetto non trascurabile. Ma ciò che non può essere assolutamente procrastinato è l'ordine nel regno. E per questo serve un esercito compatto che marci unito, a passo di pecora.
Si sa, non è sempre facile mantenere l'equilibrio quando si ha tanto potere, così anche a Luigi scappa un po' di mano la situazione...ma, come molte cose nella vita vera, ci pensa il vento a cambiare di nuovo la prospettiva...


Tallec non sembra voler rinunciare al lupo, ma questa volta l'ombra allungata del suo lungo muso si profila solo qua e là, e il palcoscenico è tutto delle pecore.
Pecore alle prese con il caso, sotto forma di vento, pecore alle prese con il potere, sotto forma di corona.
Se il tema del 'caso' che prende la forma del vento lo ha 'inventato' Pamela Travers con la sua Mary Poppins che arriva e se ne va volando, anche il tema del 're per un giorno' non è esattamente una novità nell'ambito dei libri illustrati (e non solo). E penso alle differenti declinazioni che compaiono in La regina delle rane di Davide Calì e Marco Somà, oppure in C'era tante volte una foresta di Élisa Géhin o ancora in Nuno di Mario Ramos. Tuttavia mi pare interessante, come sempre, la prospettiva dalla quale Tallec osserva la vicenda.
Sembra un po' un assurdo dire che l'autore della vicenda sia contemporaneamente il suo osservatore esterno. Eppure, e questo è uno dei più grandi meriti che va ascritto a Tallec, le cose stanno pressappoco così. Pochissimo della storia sembra essere concesso a quello che potrebbe essere un giudizio, una visione d'autore. Tallec si deve essere piazzato su uno dei tanti alberi sotto cui le pecore pascolano e con un buon binocolo osserva ciò che accade. O forse ha indossato i panni del lupo e solo in un caso, pensando di non essere visto, si mischia alla folla acclamante nel comizio? Forse in attesa che il caso, prima o poi, sfiori anche lui.
Se così è, credo sia utile andare a cercare quel 'pochissimo' che fa di un albo, un albo di Tallec.


Primo dettaglio: il cambio di passo. Da una doppia tavola che 'fotografa' la situazione di partenza si passa a una tavola in cui tutto avviene con una sequenza concitata, quattro collinette che vedono la pecora Luigi diventare Luigi I, quindi si ritorna al respiro della doppia tavola per tutto il libro. Salvo poi riaccelerare per la deposizione di re Luigi I ridiventato pecora comune.
A chiudere, in perfetta simmetria con l'inizio, l'ultima tavola doppia per il coup de théâtre finale.
Secondo dettaglio: l'indifferenza generale dei primi momenti di governo. Essa è frutto della velata ironia di Tallec, che gioca sulla contrapposizione con l'entusiasmo, la passione e certo dover essere del nuovo re.
Terzo dettaglio: il consenso che cresce. Lentamente, ma inesorabilmente le pecore al principio disinteressate, diventano parte attiva. Un caso per tutti: le pecore-cani per la battuta di caccia grossa. Come a dire, sorride Tallec, che il consenso, tra le pecore!, si costruisce attraverso una buona gestione dell'immagine pubblica.
Quarto dettaglio: il lupo qua e là. Lo si nota solo dopo, ma lui è lì fin dal principio, forse a testimoniare che nella vita non si può mai abbassare la guardia. Tallec è grande maestro del finale incompiuto e anche in questo albo la presenza del lupo mi pare contribuisca a lasciare aperto un canale di interpretazione non indifferente.

Quinto dettaglio: l'uso raffinatissimo (assecondato con grazia nella traduzione) della lingua, per dire senza dichiarare. Il passaggio dall'indicativo al condizionale segna una linea di confine tra ciò che è e ciò che ci piacerebbe che fosse. Ma tra desiderio e realtà siamo noi a dondolarci, non le pecore. Ed ecco che il modo e il tempo di un verbo ci suggerisce, senza dirlo, chi si nasconda effettivamente sotto il vello morbido di quel gregge.
Ci siete caduti anche voi: quel pochissimo è in realtà tantissimo.
Un gigante, come al solito,Tallec.

Carla

giovedì 24 marzo 2016

FAMMI UNA DOMANDA!


QUANDO ULULANO I BIOLOGI


E' arrivato, ad un anno di distanza dal riconoscimento ottenuto alla Bologna Children's Book Fair, uno dei migliori libri di divulgazione usciti negli ultimi anni, che meritoriamente viene portato in Italia dalla Mondadori. Sto parlando di Là fuori. Guida alla scoperta della natura, di Maria Ana Peixe Dias e Inés Teixeira Do Rosario, con le illustrazioni, perfette, di Bernardo P. Carvalho. Vanno citati, per l'ottimo contributo dato a questo libro, il traduttore italiano Daniele Petruccioli ed Elena Gatti, che ha svolto un esemplare lavoro di adattamento del testo originale, relativo al Portogallo, al contesto italiano.


Le due autrici sono delle naturaliste appassionate, che si sono date l'obbiettivo di fornire ai ragazzi e alle ragazze uno strumento agile e stimolante per esplorare il mondo di fuori. Ci sono più cose in cielo e in terra che in tutte le connessioni tecnologiche che ci possiamo inventare. Là fuori è uno strumento pratico, denso di informazioni e suggerimenti, ma è in primo luogo un caldo invito a mettere il naso fuori di casa, a guardare con curiosità anche a quei pezzetti di natura che si incuneano nell'ambiente urbano. Tutto sta nel saper guardare, nell'avere l'occhio vigile e la mente aperta agli incontri anche imprevedibili.


La struttura del corposo volume è semplice: si propongono dei percorsi in ambienti diversi, suggerendo le attrezzature necessarie ed esponendo i diversi tipi di animali o di piante che si possono incontrare; contemporaneamente è anche un testo di sistematica, che analizza le caratteristiche delle diverse famiglie animali, di cui si descrivono l'aspetto, la struttura, i tratti distintivi, le tracce caratteristiche. In questo modo, il giovane scienziato/a familiarizza con una metodologia di ricerca, sa cosa guardare e come: dalle impronte agli escrementi, dai suoni alle piume e i peli lasciati, il mondo animale può essere interpretato anche da questi indizi, la cui presenza e il cui significato sfuggono ai più.


Il tutto con un'impaginazione molto agile, efficace, che non annoia mai. Le illustrazioni sono nei toni del grigio, o di un azzurro cielo o di un solare arancione, tranne che nelle pagine centrali, in cui sono concentrate le tavole a colori.
E' un libro che può essere utilizzato in molti modi: come libro di consultazione, per ripassare le caratteristiche di questo o quell'animale; come manuale dell'aspirante naturalista in procinto di organizzare un'escursione; come racconto di molteplici avventure cittadine e non. Può, quindi, essere proposto ai più grandi, fino ai tredici, quattordici anni, come manuale del naturalista in erba, ma può essere apprezzato anche dai più piccoli per l'infinità di informazioni che contiene.


Come dicevo prima, ha un impianto assolutamente innovativo, nel rapporto fra testo e immagine, e si propone come una vera pietra miliare nella produzione di testi divulgativi, dimostrando che anche in questo ambito è possibile innovare, proponendo testi aggiornati e ricchi di informazione in modo stimolante ed esteticamente curato.
E' scontato e banale sottolineare, ma non posso fare a meno di farlo, che di testi così ne vorremmo tanti, superando quell'annosa arretratezza culturale in ambito divulgativo che contraddistingue, con poche eccezioni, il panorama editoriale italiano.


Eleonora

“Là fuori. Guida alla scoperta della natura”, M.A. Peixe Dias e I. Texeira Do Rosario, illustrazioni di B. P. Carvalho, Mondadori 2016



mercoledì 23 marzo 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


SENZA SPIGOLI

In una famiglia di topi, Giovanna Zoboli, Simona Mulazzani
Topipittori 2016



ILLUSTRATI PER PICCOLI

"IN UNA FAMIGLIA DI TOPI CI SI SVEGLIA PRESTO
E CI SI DÀ IL BACIO DEL BUONGIORNO,
MA C’È SEMPRE QUALCUNO CHE SI SVEGLIA
UN PO’ DOPO O UN PO’ PRIMA.
IN UNA FAMIGLIA DI TOPI SI FA UNA BELLA COLAZIONE INSIEME
E OGNUNO FA LA SUA PARTE, ANCHE SE SPARECCHIARE
NON PIACE A NESSUNO. "


La famiglia di topi vive in una casa a misura di topo, con entrata a misura di topo, con arredo e suppellettile a misura di topo. Ma non sono a misura di topo alcuni oggetti che forse vengono dal mondo di sopra, se il mondo di sotto è, convenzionalmente, quello dei topi.
Nella famiglia di topi le cose vanno come in molte altre famiglie, anche di non topi. Si litiga un po', ci si lava, si mangia assieme, qualcuno fa un po' più di cose, qualcun altro ne fa un po' meno. Tutti quanti sanno che durante il giorno si sta lontani: chi a scuola, chi al lavoro, chi a occuparsi dei neonati e chi a far la spesa o a curare il giardino. E questo è un bene perché quando ci si riunisce, la sera, tutti hanno qualcosa da raccontare agli altri. E fa bene anche pensare qualche volta che è bello stare lontano dalla propria famiglia di topi. Così poi, la sera, quando si è di nuovo tutti insieme è bello godere dell'essere di nuovo tutti lì e che è una gran cosa, unico e insostituibile, l'odore della propria casa.
I mezzi di locomozione che la famiglia dei topi usa sono la bicicletta, gli sci se ha nevicato, l'autobus giallo groviera se si vuole risparmiare. Nella casa dei topi magari non tutti hanno la loro stanza personale, ma di certo tutti hanno almeno un angolo riservato e gli altri per accedervi devono chiedere permesso.
Per quanto anche nella famiglia dei topi non manchino occasioni per il battibecco, quando è il momento di sedersi a tavola, tutti si rasserenano perché mangiare insieme è sempre una gran cosa. 


Quando è il momento di andare a letto, chi prima e chi dopo, i gesti sono gli stessi per tutti: si legge una storia per aprirsi la testa per fare entrare aria fresca ché fa dormire meglio e ci si dà il bacio della buonanotte. Quello non può mancare, perché ha il senso di suggellare la fine come l'inizio.

Come può andar male in quella famiglia dei topi se la giornata si apre con un bacio e con un altro si conclude? Certo, come in molte famiglie, ci sono alti e bassi, ci sono litigate e cose un po' noiose da fare, ci sono obblighi e doveri, ma c'è anche tanto gusto nel condividere spazi, cibo, tempo, storie...


E viene da chiedersi di conseguenza: e come può andare male un libro in cui autore e illustratore hanno tanta convergenza di vedute?
Dico un'ovvietà: se c'è una buona intesa tra autore e illustratore, e questo mi pare il caso, le cose poi vengono da sé, con naturalezza.
Una famiglia di topi mi pare che sia un libro senza spigoli, come spesso lo sono i libri di questa accoppiata vincente (penso a Vorrei avere, Al supermercato degli animali, Il grande libro dei pisolini).
Scorre secondo un calendario naturale, che spesso e volentieri chiama dentro le giornate dei bambini e delle bambine, permettendogli di riconoscersi, dietro quei musi grigi. E a sancire questo patto di fratellanza e sorellanza tra la storia dei quattro zampe e quella dei bipedi concorre il disegno. I topi, ma anche l'arredo e il contesto, sono specchio del mondo che ci circonda. Topette in mutande e reggiseno, lampade di stoffa a cilindro, polacchine con le stringhe, pandistelle a colazione. Il contagio è avvenuto. 


Ma a questo si aggiunge quel 'quid' di cui Simona Mulazzani è padrona incontrastata. E alludo a quella sua naturale (anche questa) capacità di intenerire lo sguardo di chi spigola tra i dettagli dei suoi disegni. Una rete fitta di dettagli che vanno dai pattern dei tessuti, agli autobus, i letti e le case con le orecchie, dai gesti sempre composti e gentili al senso della Natura, con la enne maiuscola.
In questa agenda quotidiana di una famiglia di diversi individui è possibile cogliere una buona dose di spunti di riflessione su quelle che sono le nostre abitudini, le nostre idiosincrasie, il nostro modo di metterci in relazione con gli altri, il nostro modo di cercare la felicità...

Carla

Noterella al margine. Resta da capire quanto noi che amiamo Giovanna Zoboli, in veste di autore ed editore, dobbiamo effettivamente cominciare a preoccuparci di questa sua predilezione per i libri che contengono roditori.
Ossessione? O solo stretta ortodossia editoriale? O né l'una né l'altra?

martedì 22 marzo 2016

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


IL VALORE DI UN'ARMONICA


Decisamente originale, il nuovo romanzo di Pam Muñoz Ryan, Echo: il filo conduttore di un'armonica lega i destini fra un mondo fatato, e forse immaginario, e il mondo terreno di tre ragazzi, tre straordinari musicisti la cui vita, alla fine, dipende da un colpo di fortuna, una svolta, un cambiamento che consente loro di ricominciare e realizzare i propri sogni.
Il primo a raccogliere l'eredità di un'armonica speciale è Friederich, un ragazzino che vive nella triste Germania degli anni '30, all'inizio dell'ascesa e del trionfo di Hitler. Cresciuto in una famiglia di musicisti, ha il viso deturpato da una voglia, una grande macchia che lo rende oggetto della pericolosa attenzione delle camicie brune, attente a preservare la perfezione della razza. Se questo non bastasse, il padre viene arrestato per aver difeso un ebreo. Friederich e lo zio tentano di organizzare una fuga in Svizzera, ma è un progetto pericoloso.
Qualche anno più tardi, in America, a raccogliere la preziosa armonica è Mike, il più grande di una coppia di orfani, ospiti di un orribile orfanotrofio, in cui vengono scoperti, e poi adottati, da una ricca signora dal passato infelice. La vita, e i sentimenti umani, sono complicati e quella che sembrava essere una soluzione definitiva viene messa in discussione. Per non separarsi di nuovo e non tornare nel luogo orribile da cui provengono, i due fratelli tentano la fuga.
Passa ancora qualche anno e a entrare in possesso dell'armonica è una bambina di origini messicane, con un fratello militare; c'è stato l'attacco di Pearl Harbor, l'America è in guerra e combatte anche il nemico interno, i giapponesi che vivono sul suolo americano. La famiglia di Ivy lavora nella tenuta di una famiglia giapponese, internata in un campo di lavoro, nonostante uno dei figli sia un valido soldato. E' a lui che Ivy consegna l'armonica, che, come talismano, chiamerà al suo capezzale la presenza salvifica delle tre sorelle origine di tutta la storia.
E' una trama complessa, in cui il filo conduttore, più di qualsiasi presenza fiabesca, che parli di streghe e di incantesimi, è la musica e la sua universalità.
E' la musica, rappresentata da questa armonica a bocca, che passa di mano in mano, a unire ebrei e gentili, a permettere al giovane Friederich di sognare di diventare un giorno un grande direttore d'orchestra. La musica che muove le dita di Mike sulla tastiera di un pianoforte, riportandolo alla sua infanzia felice. La musica che unisce attraverso le diverse condizioni sociali e le appartenenze etniche Ivy e Kenny, il giovane soldato di origini giapponesi, e che farà ammettere lei, giovane ispanica, nella scuola per bianchi dove impara a suonare il flauto.
Si ritrovano tutti e tre, nel finale, in un grande concerto alla Carnegie Hall, dove trovano corpo e realtà le loro speranze, la loro bravura, e la musica sopra ogni altra cosa, sopra i destini avversi, le vicende intricate della vita, i pregiudizi e le violenze.
I ritratti di questi ragazzi, le loro vicende drammatiche sono, secondo me, la parte migliore del libro, scritta con un grande senso del ritmo, con una trama avvincente che è quasi una sceneggiatura e che costringe il giovane lettore/lettrice a chiedersi se davvero il protagonista ce la farà. Efficaci le descrizioni d'ambiente, la collocazione storica e il grande amore per la musica. Meno convincente la cornice fantastica, il bambino che perdendosi in un bosco incontra le sorelle abbandonate e ne raccoglie il messaggio di salvezza, rappresentato dall'armonica.
E' una lettura impegnativa, per la struttura complessa, ma avvincente, della narrazione, che richiede lettori e lettrici di una certa esperienza, dai dodici anni in poi.

Eleonora

“Echo”, P. Muñoz Ryan, Mondadori 2016

lunedì 21 marzo 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


BREAKING THE SURFACE

La regina del trampolino, Martina Wildner (trad. Anna Patrucco Becchi)
La nuova Frontiera 2016


NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)

"Alcuni si chiederanno come si potesse essere amica di una come Karla. Non è che fosse proprio uno spasso stare con lei. Però facevamo tutto insieme e, benché lei sapesse fare tutto sempre un pochino meglio di me, avevo l'impressione che avesse bisogno di me e che fosse così brava soltanto perché c'ero io."

Due ragazzine che stanno facendo 'strada' assieme. Sono parecchie le cose che condividono. Primo fra tutti, lo sport. Entrambe selezionate (o forse si dovrebbe dire visionate) all'età di sei anni come promettenti talenti atletici, finiscono sui trampolini della piscina di tuffi. Sono vicine durante gli allenamenti alla scuola di tuffi, sono nella stessa classe di scuola e continuano ad essere insieme anche nella scuola sportiva. Quest'ultima, contesto e sfondo dell'intera storia che Nadja racconta, è una scuola per talenti sportivi, una sorta di collegio in cui sono ammessi solo ragazzi e ragazze che stanno studiando per diventare campioni.
Lo sport agonistico e la disciplina che esso prevede, sono la routine quotidiana di queste due ragazzine e dei loro compagni e compagne. 
Ma la loro amicizia cresce anche su altro. Entrambe vivono in un medesimo palazzone alla periferia di una città tedesca, entrambe vivono in piccoli appartamenti dalle pareti troppo sottili, entrambe non navigano nell'oro. Se Nadja mal sopporta il fratello maggiore Kirill con cui deve dividere la camera ed è insofferente verso l'eccessivo buon senso di sua madre, troppo spesso farcito di proverbi russi, retaggi della sua infanzia, la situazione a casa di Karla, non pare molto migliore. Orfana di padre, vive con la madre spesso assente per i turni di lavoro da infermiera. Ossessionata dalla presenza del nuovo compagno della madre, che lei identifica con la radice di ogni male, Karla costruisce intorno a sé un muro di silenzio.
Ed è proprio il silenzio la sua arma più tagliente. Nel silenzio Karla fortifica le sue fragilità e nei tuffi, in quei meravigliosi e perfetti salti nel vuoto, cerca di fare i conti con il proprio passato.
Ruvida e piena di talento è Karla mentre Nadja è affettuosa e insicura. L'attrazione tra loro è inevitabile.
In una quotidianità fatta di allenamenti, obiettivi sportivi, piscine coperte e spogliatoi e poco altro, in questo meccanismo piuttosto monotono che vedeva già segnato il destino di molti, campioni e gregari, si introducono una serie di varianti impreviste e la prospettiva cambia.
Chi doveva salire sul podio si ritira e chi pensava per sé un futuro da eterno secondo, vince.

Questa storia a bordo vasca ha, come ogni buon tuffo, il merito di non essere 'abbondante' e nemmeno 'scarsa'. Entra nella testa del lettore con la stessa potenza che hanno i tuffatori nel bucare l'acqua, non facendo troppi schizzi.
Appartiene al filone 'rigoroso' di certa letteratura contemporanea per ragazzi di matrice tedesca, e come tale lascia pochi margini all'immaginazione.
Racconta con quello sguardo analitico, logico (di cui il pensiero tedesco dei primi del Novecento si è nutrito) l'amicizia tra due ragazzine e poco concede alla digressione. E lo fa, breaking the surface, prendendo a prestito il titolo del dvd importante per Karla.
 Resta da chiedersi se la scelta del contesto sportivo in cui la storia si dipana, il rigore, la disciplina, l'autodisciplina e il duro lavoro che c'è dietro ogni giovane atleta che vuole diventare campione, non siano poi in fondo i due elementi che abbiamo favorito elettivamente una scrittura del genere. 
Ma poi in fondo, cosa importa?
Il romanzo vale proprio per questo, per le sue linee di contorno nette, per aver raccontato un mondo che non è di tutti e che non è per tutti, per aver raccontato una Germania con ancora tanto sapore dell'Est. 
Ma soprattutto, ed è qui che arriva il tuffo perfetto, per aver raccontato a ragazzi e ragazze che nella vita è importante concedersi la possibilità di scegliere quando essere gregari o quando campioni.
E magari fermarsi a sedere proprio sul bordo di un trampolino, mentre l'ombra, in piedi, esulta (applauso alla Resmini per l'idea e la sensibilità nel renderla immagine).

Carla