mercoledì 29 febbraio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


DA PERDERE LA TESTA...
 
LA BELLA GRISELDA, Isol
Logos, 2012

ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni)

"La principessa Griselda era talmente bella che faceva perdere la testa a chiunque. E non solo per modo di dire. Ai balli di corte, solo a vederla, le teste di principi e cavalieri rotolavano ai suoi piedi, sospirando d'amore. a Griselda la cosa sembrava molto divertente. Forse per noia, o perché li aveva lì a disposizione, Griselda iniziò a collezionare teste."

E fu così che ogni mobile del castello si riempì di teste racchiuse in sottili campane di vetro e su ogni parete campeggiò il capo mozzo di qualche sfortunato spasimante. Griselda, da principio, le classificò per luogo di provenienza o per colore dei capelli. Quindi, con lo scopo di ampliare ogni giorno la sua macabra collezione, Griselda si impegnò molto per essere al massimo del suo splendore. Bagni gelati, depilazione accurata e completa, dieta ferrea e molta ginnastica erano le incombenze per chi vuole apparire perfetta. Ma si sa, chi bella vuol apparire un bel po' deve soffrire.
La sofferenza, però, stava anche altrove.
Griselda dovette tristemente constatare che in tutto il regno lei non era amata, bensì temuta. Al suo passaggio, finestre e usci venivano sprangati perché le teste si mantenessero serrate ai colli. Nessuno la invitò più ai balli e men che meno alle incoronazioni. Griselda rimase sola: sola come un cane. No, sola con un cane. Troppo poco per lei.
Per vincere noia e solitudine alla bella principessa non rimase che invitare a corte il principe più miope dell'intera provincia, che riuscì a resisterle per alcune ore...tempo comunque sufficiente perché dopo nove mesi Griselda potesse mettere al mondo una bambina che le rassomigliava molto, anzi troppo...

Isol, come ho sempre sperato in cuor mio, sta finalmente arrivando in Italia. E apparentemente sta radicando nella casa editrice Logos, che ha già pubblicato Il palloncino e ora, in contemporanea con La Bella Griselda, anche Sorpresa! (sulla forza 'dirompente' che hanno le storie sui loro lettori).
Griselda ha tutte le caratteristiche dei migliori titoli di Isol, ovvero è crudele, ironica, dissacrante e intelligente. Sebbene essa possa sembrare solo una storia divertente sulla crudeltà di questa principessa un po' vanesia, in realtà la cosa che si racconta veramente è ben altra. Ancora una volta, si dimostra che i piccoli sono la salvezza del mondo.
Chi, se non una bambina poteva essere l'antagonista ideale alla potenza distruttrice della bella Griselda? E questa bambina, ancora una volta come già ne Il palloncino, è la figlia della stessa. Bambini che amano i loro genitori, ma che ne sanno anche riconoscere limiti o difetti e che sono in grado di opporvisi e di sconfiggerne la forza; in altre parole, di superarli e di andare oltre. Ma questo non dovrebbe essere il mestiere di tutti i figli (e dei genitori dovrebbe essere quello di farsi serenamente superare?).


Andare oltre i propri genitori, pur ricordandoli e riconoscendone i meriti e il valore, così come fa la piccolina di Griselda che ha impagliato sulla parete come un trofeo la testa coronata della sua bellissima mamma, è cosa buona e giusta. 
Anche se, qui da noi, non mi pare pratica così diffusa...

Carla
Noterella al margine. Vi segnalo, emerso dalle nebbie di mie antiche letture, un ulteriore esempio di buona letteratura che questo tema affronta con altrettanta ironia: Il mostro che disse mamma di Eva Ibbottson (nella collana I Criceti della Salani, 1998), libro questo che andrebbe adottato come testo di narrativa obbligatorio in tutte le scuole elementari dell'orbe.

martedì 28 febbraio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


QUELL'ARIA DI MONTAGNA

SIGNOR ALCE, Davide Calì, Sara Welponer
Emme edizioni, 2012

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Per cena Signor Alce preparò il suo piatto preferito: la zuppa di cipolle. La zuppa era un piatto invernale e, anche se era solo settembre, a Signor alce piaceva la sensazione di sentirsi già in inverno e coccolarsi con una zuppa calda."



In montagna l'estate finisce presto. Signor Alce si prepara, mette via i pantaloni corti e tira fuori i maglioni, sistema la legna per benino in cantina. Beve l'ultima limonata della stagione e prepara la prima zuppa di cipolle della stagione. Nei suoi piani ci sono buone letture davanti al caminetto alternate a un puzzle da comporre. Signor Alce ama la solitudine e il silenzio, le sue abitudini. Ma quando scopre che Bruno il carpentiere si è rotto una gamba ed è bloccato nella sua baita in cima alla montagna decide di prendersene cura. Così le due solitudini, tra partite a scacchi e castagne da condividere, diventano lentamente un'amicizia robusta. Robusta come tutte le cose di montagna.

Abitudini che si ripetono, una predisposizione al silenzio, una passione per le buone letture e i caminetti, una attrazione verso la solitudine, un certo talento verso l'autarchia: questo Signor Alce, montanaro, mi è istintivamente simpatico. Trovo che per certi aspetti mi somigli. Ed è forse per questa ragione che Signor Alce lo trovo un libro semplice ed efficace per raccontare il mondo delle montagne. Un mondo fatto di poche chiacchiere.
Come ogni buon montanaro, Alce e Bruno parlano poco, ma fanno parecchio. Se occorre, sanno rammendare i maglioni dai buchi delle tarme, sanno potare gli alberi prima dell'inverno, oppure stirare un monte di panni, e sono molto esperti nel preparare la zuppa di cipolle.
Nel nostro mondo occidentale che va avanti a chiacchiere, nel nostro mondo in cui tutto è illuminato, nel nostro mondo in cui tutti parlano con tutti in una grande piazza virtuale, mi piace pensare di poter andare in direzione ostinata e contraria e raccontare ai bambini di città che la vita può essere vissuta anche in modo diverso.
Sono naturalmente attratta da tutto ciò che ha a che fare con i monti -eccetto scalarli, perché soffro di vertigini- forse per il sangue piemontese che mi scorre nelle vene o forse perché vivo in una grande città circondata solo da tondeggianti colline...Mi piace l'aspro di ciò che ti circonda, la ruvidezza della vita e delle persone di montagna, mi piace il loro senso pratico che si fa spesso e volentieri necessità. Sono attratta dalla loro iniziale ostilità congenita che, con il tempo e la conoscenza, diventa accoglienza e amicizia profonda.
Davide Calì mi pare che racconti tutto ciò alla perfezione, senza ammiccamenti o scimmiottamenti nei confronti dei suoi piccoli lettori. E' una storia piccola, ma autenticamente costruita su un'atmosfera. Adatti e perfettamente in sintonia sono i disegni di Sara Welponer (già notata per i suoi pupazzetti di Evviva Zorba!) , evidentemente illustratrice 'di montagna'.
La seconda ragione che mi fa amare Signor Alce sta nella sua capacità di descrivere quegli attimi, quelle impercettibili sensazioni che puntellano la vita di ognuno: per quel che mi riguarda, mi riferisco per esempio all'impareggiabile piacere che provo all'improvviso una mattina dell'anno, annusando l'aria. 


E capisco, facendomi il primo tè caldo della stagione: ecco, è arrivato l'autunno...

Carla

domenica 26 febbraio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


E ANDARONO INSIEME INCONTRO ALLA SERA...

UNA NONNA TUTTA NUOVA; Elisabeth Steinkellner, Michael Roher,
Terre di Mezzo, 2012

ILLUSTRATI per MEDI (dai 6 anni)
"La vecchia nonna aveva sempre da ridire sulla mia pettinatura. 'Chicca, cosa hai fatto questa volta ai tuoi bellissimi capelli?' sospirava scuotendo la testa senza capire. Poi mi infilava un berretto e mi portava al parco. Davamo da mangiare alle anatre e sognavamo paesi lontani. la vecchia nonna era sempre in viaggio e mi mandava una cartolina da tutti i posti che visitava. E quando tornava a casa mi cucinava sempre dei piatti esotici."


Ricevere le cartoline, andare al parco, dar da mangiare alle papere, cucinare assieme, sentir raccontare di luoghi lontani: tutte queste cose Chicca le faceva con la sua vecchia nonna. Ora quella stessa nonna è diventata un'altra: non va più a fare lunghi viaggi e in cucina accende i fornelli, ma non ci mette nessuna pentola sopra...la nonna di Chicca non ha più tanta memoria, fa cose buffe durante il giorno e sorride a tutti con gli occhi che, ogni giorno che passa, sono sempre più sognanti. A Chicca, sebbene sia un compito troppo complicato per una bambina, viene affidata la cura della nonna. Ma Chicca alla sua nonna può dare affetto ed attenzione, ma non altro e difatti spetta alla nuova tata della vecchietta, la dolce Agata, il suo accudimento. Chicca ora non sente più il peso ma solo la leggerezza di accompagnare la sua nonna verso una serena e inconsapevole vecchiaia.


Storiellina lieve fatta di poesia e di realtà, di piccole cose e di grandi problemi. Bambini e vecchi stanno bene assieme, di solito. Il loro legame affettivo, con il fatto che salta di una generazione, sembra essere più saldo di altri. I nonni sono spesso e volentieri i custodi dei loro nipoti, sono un punto di riferimento importante nella gestione di una famiglia; ma i nonni invecchiano e non sempre il loro perdere di forza, smalto e intraprendenza è lento e graduale. In taluni, casi, come in questo raccontato nel delicato libro di Elisabeth Steinkellner, tutto accade molto rapidamente e quelli che fino a ieri erano un motore attivo di quel micorcosmo, ora ne sono un freno. Ma l'abilità e la certezza della riuscita sta nella volontà da parte di tutti -piccoli e grandi, inconsapevoli e consapevoli- di trovare nuovi percorsi affettivi. Così capita anche per Chicca e la sua nonna. Se ci si continua a voler bene, i punti di incontro non potranno mai mancare, anche se a poco a poco ci stiamo dimenticando chi siamo...

Carla

venerdì 24 febbraio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


CON TUTTI I SOLI NON SIAMO MAI UNO

ROSE NON E' UNA TARTIMOLLA, Colas Gutman
San Paolo 2012

NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni) 

A Adesivo.: amico che ti sta vicino
B Baffo da culo: modo non sempre affettuoso di dire "gatto"
C Confugliato: quando ci si confonde e si dicono cose sbagliate.


Ecco, questo è l'ABC di una bambina dai capelli a caschetto che si emoziona facilmente. Questa bambina, il cui nome davanti è Rose, ha qualche problema con il linguaggio. Le sue difficoltà nell'esprimersi come gli altri, fanno sì che lei, con i suoi genitori, siano sempre in fuga da mille figuracce e il trasfeloco sia sempre in agguato. Ora, per esempio, ha appena traslocato e si ritrova in una scuola nuova. Il maestro sembra a posto, ma legare con i nuovi compagni non è cosa facile e così sul muretto dei solitari, Rose passa le sue ricreazioni a guardare il mondo passargli sotto il naso. Al curioso e divertentissimo linguaggio di Rose ognuno reagisce in modo diverso: la mamma la asseconda, il papà le scrive, i primini la stimano, i grandi la prendono in giro e il suo compagno di banco? Lui è diverso. Lui la ama.
Se le parole non sono il suo forte, tuttavia Rose è molto determinata nell'agire. Quel ragazzino più grande, Hugo o Thomas, che ogni giorno si aggira intorno al grande cancello tra elementari e medie le fa battere il cuore e le dà il coraggio di affrontare un gruppetto di bulletti di I media che ha preso di mira i piccoletti.
Piano piano questa bambina timida ed emotiva diventa una sorta di campione dei più piccoli, degli indifesi nei confronti dei grandi, degli attaccabrighe.. E' il momento di fondare una banda: la banda dei solitari-non siamo mai soli.

Il tema è noto. Loro sono i bambini piccoli, indifesi, timidi e quindi anche solitari gli altri sono i bambini grandi, aggressivi, sfrontati e quindi sempre in gruppo. La lotta si preannuncia impari, a meno che i piccoli non facciano delle loro singole debolezze una forza comune...magari sotto la guida della piccola e audace Rose!
Storia lieve e molto ben raccontata, piena di spunti ironici, primo fra tutti il lessico imprevedibile di questa bimbetta, ma anche di teneri sguardi a quello che è il mondo dei ragazzini. Un amore impossibile per un 'inarrivabile' di III media, un amore nascosto e sommessamente confessato tra gli scaffali di un supermercato e, all'orizzonte, si delinea già l'ennesima espulsione da scuola per contagio manifesto di linguaggio divertente...

" capisco che sono fritta. Bisogna ricominciare tutto da capo. altro trasfeloco. Ventosa e Patata diranno che non è colpa mia, che hanno deciso di cambiare quartiere, ecco tutto. Andrò in una nuova scuola dove non conosco nessuno e non potrò fare altro che chiudermi in bagno, con Cane marcio a tenermi compagnia.
- Andrà bene - mi dice Momo, e sembra che voglia ipnotizzarmi.
-Hai ragione, non mi farò infastinoiare da quei fastinoiosi!"

Carla

martedì 21 febbraio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


LA RANA GRASSA E LA RANA MAGRA

UN RE PER LE RANE, Beatrice Masini, Daniella Vignoli
Arka, 2012

ILLUSTRATI PER MEDI (dai 6 anni)


"C'era una volta uno stagno che ospitava un popolo di rane.
Le rane gracidavano, saltavano, inghiottivano insetti...cantavano la notte. Cose così.
Era una bella vita, per essere una vita da rane, semplice e tranquilla, e libera.
Troppo semplice. Troppo tranquilla. Troppo libera."



E' proprio vero, il mondo è pieno di incontentabili. In quello stagno tutto andava per il meglio: le rane si godevano la vita e potevano fare ciò che volevano. Fino a che una rana grassa, ah, se invece di pensare così tanto avesse fatto un po' di moto, tutto sarebbe andato diversamente...(ma purtroppo la vita sedentaria di quella rana l'aveva portata all'eccesso di adipe e all'arrovellamento mentale), interrogandosi sulla condizione delle rane, decise che alle rane mancava un re per essere veramente felici.
Un re che ci comandi, che decida per noi, che ci dia ordine e sicurezza, che ci dia una legge, una legge che tutti rispettino, una legge basata sul timore. Un re come hanno gli animali nella savana, disse.
Solo la rana magra, spirito critico del gruppo, si fece venire qualche dubbio in proposito, ma tant'è. Zeus, re di tutti, a questa richiesta, non fece altro che dipingere una faccetta sorridente dai grandi occhi su un pezzetto di legno e poi lo gettò nello stagno. Ecco accontentate le rane: un nuovo re, un re Legnetto (Travicello in originale, trasformato da Emma in Travello), capace solo di galleggiare. Ma così non vale. Nulla è cambiato rispetto a prima.
Dopo un primo momento di totale devozione, le rane cominciarono a dubitare che quel re valesse qualcosa, per prima la rana magra che continuava ad esercitare il suo senso critico. Nuova richiesta a Zeus che, ormai spazientito, decise di punirle mandando tra loro un feroce serpente piumato che in un battibaleno se ne mangiò più di parecchie. Vi avevo mandato un re tranquillo e non lo avete voluto, ora tenetevi questo che è crudele!, disse Zeus. Ma la rane ricominciarono a gracidare le loro richieste. Basta! urlò lui, il vostro re sono sempre stato io e lo sarò ancora per molto. Felici, perché finalmente avevano qualcuno cui ubbidire, le rane ricomiciarono la vita di sempre. Peccato che, senza accorgersene, erano tornate di nuovo al punto di partenza...ma si sa le rane non sono delle aquile!


Affiancata dagli ariosi e movimentati disegni di Daniella Vignoli che descrive uno stagno luminoso e popolato da ranocchiette multicolori e sempre molto ben vestite, Beatrice Masini prende spunto dalla favola di Fedro dal titolo Le rane chiesero un re, e costruisce un apologo di gusto più moderno e dal finale più rticolato. In questo nostro mondo occidentale che del desiderio ha fatto la sua forza propulsiva, è utile far ragionare i ragazzini sul fatto che spesso i desideri ci vengono indotti dall'esterno o da una nostra noia interiore e che quindi quando si realizzano ci lasciano delusi. E' importante anche farli riflettere sul fatto che desiderare comporta di per sé dei rischi e che solo provando la mancanza di qualcosa ne possiamo appieno valutare il valore e l'importanza. E, last but not least, che è meglio dare ascolto alle rane magre che a quelle grasse...

Carla

lunedì 20 febbraio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


MENTIRE E' UN'ARTE

VOGLIO IL MIO CAPPELLO! Jon Klassen
Zoolibri, 2012

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)


"Il mio cappello è sparito. Lo voglio indietro.
Hai visto il mio cappello?
No. Non ho visto il tuo cappello.
Ok. Grazie comunque.

Hai visto il mio cappello?
No. Non ho visto un cappello da queste parti.
Ok. Grazie comunque.

Hai visto il mio cappello?
No. Perché me lo chiedi?
Non l'ho visto!
Non ho visto cappelli!
Nessun cappello!
Da nessuna parte!...."

Un orso con la faccia da marmotta gira come un automa nel bosco in cerca del suo cappello perduto. Scusa hai visto il mio cappello? Lo chiede alla volpe, lo chiede alla rana, al serpente, alla tartaruga e anche al leprotto. Nessuno l'ha visto e la risposta è quasi sempre la stessa. No, non ho visto il tuo cappello. Solo il cervo interrompe questo mantra un po' ipnotico e chiede all'orso come era fatto il suo cappello. Era rosso e appuntito..risponde l'orso e solo nel dirlo gli torna alla mente un'immagine che gli farà ritrovare il suo cappello e fare uno spuntino fuori programma...



Albo illustrato di qualità, ma crudele nell'intimo, che sposa la tesi secondo cui vanno puniti in modo esemplare i bugiardi, ladri di cappelli rossi appuntiti. Ma la semplicità estrema, pura essenzialità,  di Voglio il mio cappello! fa di più: mette il lettore in quella particolare e bellissima condizione di suspense che Hitchkock tanto teorizzò e contraddistinse molti suoi capolavori. La suspense, come di certo sapete anche voi, si ottiene mettendo lo spettatore, in questo caso il lettore, a conoscenza di fatti di cui non è a conoscenza il personaggio sulla scena, o in questo particolare caso, un orso un po' alienato (o forse solo molto triste per la perdita del suo cappello); il lettore così si trova in uno stato di ansiosa attesa che lo incita a un dialogo impossibile con il protagonista della storia. 'Scemo di un orso, ma non lo hai visto il tuo cappello, come l'ho visto io???'
Ma il gioco non si esaurisce in questo: c'è una sottile ironia che attraversa tutto il libro e che si focalizza sulle singole risposte asciutte che ognuno dà all'orso in cerca e sugli sguardi reciproci. Divertente e sottile è la chiave di lettura per definire un bugiardo, uno con la cattiva coscienza. Solo chi sa di essere in mala fede e ha, al contrario, bisogno di dimostrare al mondo il proprio candore darà risposte 'stonate' , che appunto nascondono qualcosa.
Bugiardi di tutto il mondo, attenti! C'è ancora molto da imparare: mentire è un'arte sopraffina. Certo, a voler essere crudeli fino in fondo, questo libro potrebbe ben essere utilizzato da grandi e piccoli come manuale o eserciziario, per ottenere senza sforzo la patente del bugiardo o, al contrario, dello scopritore di mentitori.
Bella idea ha avuto Jon Klassen, giovane e talentuoso illustratore canadese (ora importato in California) e realizzatore di belle animazioni, per chiamare dentro i suoi piccoli lettori. Se si pensa che questo è il suo primo libro in cui compare anche come autore di testi, c'è da aspettarsi solo grandi cose da lui!

Carla

Accurata in ogni dettaglio, dal carattere tipografico, alla scelta dei colori con cui è giocato lo script (che si riscontra anche se un po' diversa nella versione americana pubblicata da Candlewick), l'edizione di Zoolibri.

domenica 19 febbraio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL MIO VICINO E' UN CANE, Isabel Minhós Martins, Madalena Matoso
La Nuova Frontiera Junior 2012

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"I vicini si sono affacciati tutti alla finestra e hanno visto entrare scatole, scatoline e scatoloni...alcuni dalla forma proprio strana!
Il giorno dopo, alla fine, è arrivato il nostro vicino..."



Davanti ad un grande palazzo di una grande città si ferma un grande camion. Grande è la curiosità tra il vicinato. Chi verrà ad abitare nell'appartamento vuoto?

Il nuovo vicino è un cane. Un cane dai modi gentili che fuma la pipa, suona il sassofono e ogni giorno porta il giornale agli altri. Alla bambina pare simpatico. Di parere diverso sono i suoi genitori: è strano, lascia il pelo sulle scale e si gratta in modo insolito...Quando, poco dopo, un altro appantamento si svuota, e si affaccia il nuovo arrivato, la storia si ripete. Anche i due elefanti hanno qualcosa che non va: lenzuola troppo grandi e proboscidi intrecciate in modo insolito. Ma alla bambina paiono simpatici e gentili, visto che che hanno messo a disposizione le loro 'pompe' per dare una lavatina alle auto del vicinato. E cosa succede quando scopri che il terzo vicino è un coccodrillo? 
 
Ah, come è difficile essere accoglienti! In un microcosmo come è quello di un palazzo di una grande città si vive gomito a gomito e i nuovi arrivi non passano inosservati. Accanto alla curiosità, nasce subito il sospetto e dopo un minuto il pregiudizio. Vale poco agli occhi dei condomini giudicanti, per chi è nuovo mostrarsi gentile e disponibile. Il marchio di strano, estraneo, straniero è ormai attaccato alla tua schiena e non sarà facile scollarlo.
Accade come nei cerchi concentrici nell'acqua di un lago: la diffidenza nei confronti degli ultimi arrivati la riscontriamo nelle scale del palazzo, nell'atrio o nel cortile, per le strade della città, lungo i confini di un paese, tra il nord e il sud del mondo...
Tra le ali di un palazzone, chi odia i cani critica chi ama i cani, chi detesta lo schiamazzo dei bambini in cortile non capisce chi lo apprezza, chi annaffia la sera non tollera si annaffi al mattino... La chiave sembra essere nella parola vicino. Essere vicini non significa solo essere dirimpettai e condividere 45 secondi di imbarazzo al giorno nel viaggio comune in ascensore, essere vicini dovrebbe voler dire molto di più. Ma se la nostra intolleranza la alleniamo così tanto e lo facciamo quotidianamente essa non fa che irrobustirsi e le conseguenze, purtroppo, le abbiamo sotto gli occhi e le vediamo aumentare ogni giorno.
Va da sè che si può essere a un passo dalla scelta giusta. Basta coglierla in un gesto, in un sorriso, nell'apprezzamento di ciò che non conosciamo, che non ci appartiene (ancora). La soluzione è lì a portata di mano, pare dire la bambina che racconta questa storia. Ma come sempre la difficoltà è nel decidere da che parte stare. Sto dalla mia? o sto dalla nostra? Lei ha scelto.



Carla

Noterella sulla luminosità dei libri di Planeta Tangerina. Chi li conosce lo sa: i loro libri si vedono a distanza siderale e anche dalla Luna si riconoscono. Il loro modo di scegliere i colori, di accostarli e di campirli sempre in modo che almeno da lontano sembrino vivaci macchie indelebili sulla tua retina, è davvero inconfondibile. Un senso del colore così allegramente proposto e così perfettamente e originalmente giustapposto sulla carta, non so se derivi dalla luce del Portogallo o se venga da sapiente scelta alchemica. A me piace pensare da entrambe.

giovedì 16 febbraio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


GATTI E FILOSOFIA
(in memoria del GGB, il Grande Gatto Bito)

MIO MIAO, Sandol Stoddard, Remy Charlip
Orecchio acerbo 2012

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

Gli ho detto
salve gatto
sì gli ho detto così

gli ho detto
ciao mio miao
eccomi qui

gli ho detto
se apri un occhio
mi vedrai

e come sono fatto
scoprirai

E il grande gatto rosso gli occhi li apre ma per scoprire di essere diventato, suo malgrado, un giocattolo nelle mani di un bambino. Un gatto vero è molto più divertente di un gatto di peluche. A patto che ci stia. Eh sì, perché se al tuo gatto di pezza puoi infilarlo nella culla, fargli indossare golfini e cappellini, oppure puoi portarlo in giro sul tuo carrettino,


non hai molte possibilità di fare lo stesso con un gatto vero. Anzi, nessuna possibilità: al gatto rosso perennemente in fuga da giochi che detesta, non resta che chiarire con questo bel bambino come stanno le cose.


Un gatto appartiene solo a se stesso. Fa ciò che vuole e lo fa quando vuole. A un gatto piace esplorare tutto intorno e annusare l'aria e il mondo. Piace nascondersi tra l'erba alta o girare sopra i tetti. E invece a un bambino cosa piace fare? Ridere, fischiare e andare in bicicletta. Ma allora apparentemente non ci sono punti di contatto. O forse, a ben vedere, ci si può incontrar su un letto? 
 

Mio Miao, come già accadde per un altro libro di Charlip, Fortunatamente (Orecchio acerbo, 2011), è di nuovo un libro di filosofia.
In Fortunatamente abbiamo imparato a capire che non sempre tutto va per il meglio, che spesso il futuro può nascondere un imprevisto o un problema da risolvere, che di fronte alle avversità non resta altro da fare che rimboccarsi le maniche per trovare una soluzione che porti un po' più in là.

In quel suo cadenzato alternare pagine bianco/nero e pagine coloratissime sembra ricordare a tutti, grandi e piccoli, che la vita è fatta di cose che vanno diritte e di cose che vanno storte, ma che comunque va vissuta intensamente perché alla fine, se abbiamo usato intelligenza e cuore, tutti in fondo troveremo la nostra festa.
Torniamo a Mio Miao: non si può parlare di gatti senza ritornare a parlare di filosofia. I gatti sono filosofi per indole e per predisposizione. Stare immobile per intere giornate ad una finestra per guardare il passaggio sottostante, oppure dormire in uno scatolino per potersi sentire concentrato in se stesso, oppure ancora camminare sotto il naso di chi legge solo per il gusto di entrargli nei pensieri, tutto questo solo un gatto lo sa fare. Tra gli animali che ci circondano, forse il più indipendente, il gatto può essere un ottimo maestro di vita. Il primo a scoprirlo è proprio il bambino della Stoddard e di Charlip che, su suggerimento del suodisé gatto rosso, capisce che fare ciò che ci piace è una gran cosa, che poter decidere della propria vita è altrettanto bello. L'autonomia e l'indipendenza però non ci nega l'incontro con chi è altro da te, anzi. Essere felici con se stessi, come lo è il grande gatto rosso o il bambino, garantisce che nel loro essere amici potranno dire di essersi scelti l'un l'altro ogni giorno con il gusto e la consapevolezza di entrambi di volerlo fare veramente. E solo allora sarà vero amore.


Carla

Noterella al margine. Va da sé che entrambi i libri sono due albi illustrati di razza. E va da sé che in Mio Miao hanno contribuito alla bellezza del risultato finale persone che amano i gatti massimamente: da una parte Francesca Lazzarato che ci regala, nella sua traduzione e adattamento, un testo di nitore e divertimento fuori dal comune e dall'altra gli 'Orecchi acerbi' che hanno saputo vedere in questo libro, che sta per compiere cinquant'anni, un grandissimo libro anche per i bambini di oggi. Evviva!


lunedì 13 febbraio 2012


APPUNTAMENTO CON LA ZUCCA DELL'ALBERTINA

E’ successo. Anche quest’anno ho scannato la zucca dell’Albertina.
Albertina è una signora contadina nata nel 1920 che abita ad Ameglia, il paese di mia madre in Liguria, e che conosco da sempre. Ad Ameglia ho passato tutte le estati della mia infanzia libera di giocare in un enorme spazio dove si alternavano orti e giardini delle case dei miei zii. Insieme a me tanti cugini che in inverno abitavano in città diverse.
Ogni anno in agosto ritorno in Liguria, per pochi giorni. E’ cambiato tutto e provo sempre un po’ di malinconia in quel luogo. Ma un appuntamento che non voglio mai mancare è quello con l’Albertina.


La vedete in questa foto scattata da Maria (mia sorella): ha un viso scavato da rughe profonde che raccontano la sua storia, gambe forti e braccia che sono ancora in grado di vangare il campo. Chiacchiero con lei che mi aggiorna sulle vicende dei vicini di casa: matrimoni, figli, funerali, litigi. E poi andiamo nel campo delle zucche e insieme ne scegliamo una, quella più bella che porterò a Roma. La zucca è il simulacro dell’Albertina, è lei qui con me e il momento di aprirla è sempre speciale.

Oggi ho pensato di prepararla in una maniera per me nuova, con la base del polpettone di zucca genovese messa a strati con la pasta fillo.

Ho usato:

1300 gr di polpa di zucca
350 gr di patate sbucciate
140 gr di parmigiano reggiano grattugiato
15 gr di funghi porcini secchi
2 uova
10 fogli di pasta filo (o anche qualcuno di più)
maggiorana
aglio
peperoncino
olio extravergine di oliva
sale

Bisogna mettere a bagno i funghi in acqua e lasciarli per almeno mezz’ora.
Nel frattempo mettiamo a bollire le patate intere sbucciate e facciamo a cubetti la zucca.
In padella mettiamo a scaldare un filo di olio, aggiungiamo due spicchi di aglio senza pellicina e un peperoncino piccante aperto.
Aggiungiamo la zucca e facciamola cuocere fino a quando con la forchetta riusciremo a ridurla in poltiglia (circa mezz’ora in base al tipo di zucca). Se la zucca è molto asciutta possiamo aggiungere l’acqua dell’ammollo dei funghi.
Aggiungiamo alla zucca le patate passate nello schiacciapatate, i funghi morbidi tagliati a grossi pezzi, una manciata di foglioline di maggiorana, il parmigiano, le uova e il sale.

Ho usato uno stampo rettangolare di 29 per 24 cm, l’ho unto e l’ho rivestito con due fogli di pasta fillo che ho spennellato con un po’ di olio. Ho messo sopra altri due fogli e ho iniziato a stendervi il composto di zucca per circa un centimetro. Ho continuato ad alternare pasta e ripieno come se si trattasse di lasagne. Ho chiuso con la pasta e ho rimboccato le estremità.
Un filo di olio sopra e poi in forno a 180° C per 40 minuti.


Lunga vita all’Albertina!

Lulli

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


PICCOLO, GRIGIO E CON GLI OCCHI SFAVILLANTI

CHE RAFFREDDORE,ORSO!, Bonny Becker, Kady Mac Donald Denton
Nord-Sud 2012

ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Orso era malato, molto molto malato.
Aveva gli occhi rossi, il muso rosso,
la voce rauca e un gran mal di gola.
Era assolutamente certo di essere il malato
più malato del mondo!

Una mattina, Orso sentì bussare alla porta.'Avanti!' mugugnò."


Eccolo, è tornato! Questa volta in veste di premuroso 'infermiere'. E' lui il topo più simpaticamente invadente che io conosca. Piccolo, grigio e con gli occhi sfavillanti (questo è un vero mantra per chi conosce i due libri che questo hanno preceduto). La coppia topino/orso è già molto collaudata: uno molto esuberante, l'altro molto riottoso. Tutto ebbe inizio nel lontano 2009 quando il topino, con pervicace insistenza, tentò di introdursi nella casa dell'orso che per sua scelta aveva deciso di non avere MAI ospiti tra i piedi. D'altronde non si dice a chi si dimostra forastico: Mamma mia, sei proprio un orso! Non sarà mica un caso?
Come andò a finire tra topo e orso? Così:


l'orso recalcitrante cedette su tutta la linea e non solo in quella occasione lo ospitò per il tè, ma i due diventarono amici. Così, a un anno esatto di distanza, nel 2010 il topino pensò fosse giunto il momento di passare una notte insieme al suo amico orso che, seppur a malincuore -sempre di orso si tratta, non dimentichiamolo- gli offrì un comodo giaciglio nel cassetto del suo comodino. Va da sé che la notte insieme fu piuttosto burrascosa...


e adesso ci siamo di nuovo. L'orso è malato. A voler dare retta a lui, addirittura sul punto di morire Per il topino è il momento di sfoderare tutta la sua baldanzosa amicizia e tutte le sue cure per portare l'amico verso una pronta guarigione. Non serve però leggergli un buon libro, né cantare o suonare per lui. Né tanto meno aiutarlo a coricarsi, rincalzargli le coperte o preparargli una fumante zuppa di ortiche. Orso si sente alla fine, vuole fare testamento, ma è proprio nel momento dell'assegnazione dei suoi beni terreni, dai pattini allo spazzolone per lavare, che il topolino dice una parola di troppo...

Siamo di fronte a una vera e propria 'saga' del topo piccolo, grigio e con gli occhi sfavillanti e del suo amico orso. Tre titoli fanno già una serie (ne esiste un quarto non ancora tradotto).
Tutti e tre i libri sono divertenti, ma con il passare delle puntate mi pare si sia persa l'allegria iniziale. Il primo, Niente ospiti,era davvero geniale: poche scene, una situazione che si ripete a loop (cosa che ai piccoli piace da morire) e che ha sempre un'uscita a sorpresa (altra cosa che fa ridere molto). Bellissimo. Nella seconda puntata, il tormentone prosegue, ma si ingarbuglia l'intreccio e i ruoli non sono sempre così chiari.
Qui, nella terza puntata, è soprattutto il finale ad essere debole e, a mio giudizio, non così di così immediata comprensione per un piccolo lettore.
Ciò nonostante Bonny Becker mi pare molto talentuosa e molto adatta al picture book, se si pensa che è solo da tre anni che scrive libri per bambini.
L'illustrazione è invece sempre all'altezza. A me personalmente, questo tipo di disegno ad acquerello, molto legato alla tradizione anglosassone, piace molto. Ma questo lo sapete già...

Carla

Bonny Becker, Kady Mac Donald Denton, Un topino per amico, Nord-Sud Edizioni 2009
Bonny Becker, Kady Mac Donald Denton, Buonanotte, Orso!, Nord-Sud Edizioni 2010

sabato 11 febbraio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UNA PALLA DI NEVE

IL MAESTRO NUOVO, Rob Buyea
Rizzoli 2012

NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)

Visto il contesto in cui ci troviamo, mi pare necessario parlarvi di questo libro
"Avere dei maestri è una maledizione, ma siccome non possiamo farci niente, speriamo solo di averne uno nuovo di zecca invece di ritrovarci con un perfido vecchio puzzone. I maestri nuovi non conoscono le regole, perciò con loro puoi passarla liscia quando un maestro vecchio ti farebbe a pezzi. Questa era la mia teoria. Quindi ero piuttosto eccitato al pensiero di cominciare la quinta, visto che mi toccava una mezza calzetta di uno, un tipo che di nome faceva Mr. Terupt. E l'ho messo subito alla prova."

E' Peter a parlare così. Uno dei sette bambini protagonisti di questa storia ambientata in una quinta elementare della scuola di Snow Hill, in una cittadina del freddo e nevoso Connecticut.
Accanto a Peter, il 'monello' della classe, ci sono Jessica, appena arrivata con sua madre dalla California che ha un magone nel cuore per la recente separazione dei suoi genitori. Poi c'è Anna, anche lei con una famiglia 'ristretta'; quindi la paffuta Danielle, bersagliata da Alexia che si atteggia a 'bulla' della classe. E poi c'è Jeffrey che nasconde a un dolore interiore che lo allontana da tutti e Luke, il più forte in matematica e non solo.
Peter si sta davvero sbagliando: Mr. Terupt non è affatto una mezza calzetta. E' il loro nuovo e 'magico' maestro. Non ha nulla del maestro tradizionale: inventa giochi bellissimi per studiare la matematica, esperimenti emozionanti per studiare la biologia e poi sa capire tutti, sa leggere nei cuori delle persone, e sa parlare ad ognuno e sa dire sempre la cosa giusta. E' un maestro davvero speciale (ma non dovrebbero essere tutti così?) che ha come obiettivo quello di insegnare, accanto alle materie curricolari, anche a diventare grandi. E diventare grandi significa prima di tutto saper essere responsabili.
E arriva il giorno in cui l'intera classe, che ha saputo migliorarsi giorno per giorno, smussando certe dinamiche interne, viene messa di fronte alla grande prova: una intera giornata 'autogestita', ovvero niente lezioni, ma gioco libero nel giardino della scuola coperto di neve. Una palla di neve, costruita con meticolosa cura, pressando la neve a dovere, diventa un proiettile micidiale nelle mani di Peter. Ecco che di nuovo Mr. Terupt viene messo alla prova...
Un lancio guidato da una rabbia improvvisa e nulla è più come prima.
Ma la prova adesso non è più solo di Mr. Terupt, è un esame collettivo. Questi sette bambini vivono, ciascuno a suo modo, questa nuova realtà difficile, imprevista e dolorosa. E ognuno di loro si trova a dover fare i conti con se stesso e ad assumersi le proprie responsabilità.
L'obiettivo di Mr. Terupt, quello di farli crescere, di farli maturare e diventare grandi, è ultimato, anche se lui, credo, non avesse previsto tutto quello che poi accadde.
Essere bravi maestri a volte accade anche nostro malgrado...

Questo libro ha generato in me un giudizio contrastante.
Partiamo dall'inizio. Fin dal titolo dell'edizione italiana si vede una chiave di lettura che non mi convince pienamente: è tutto troppo descritto. L'originale Because of Mr. Terupt lascia al lettore un punto di curiosità ulteriore che non avrebbe stonato. Ciò nonostante, ho trovato davvero bella la prima parte, anche se in alcuni punti -di nuovo- piuttosto didascalica (d'altronde Rob Buyea è stato lui stesso per diversi anni maestro e un maestro non dimentica mai di essere esplicito nel suo modo di raccontare il mondo: è il suo mestiere. Un maestro deve farsi capire, deve spiegare ogni passaggio del ragionamento). Ho trovato buona e insolita l'idea di raccontare una piccola comunità e una porzione di vita di tutti, attraverso gli occhi di ciascuno. Il romanzo è infatti costruito con le narrazioni alternate dei sette bambini che ogni volta danno versioni personali e punti di vista singoli, intrecciati al loro personale sentire. Costruire un romanzo sulle singole e diverse chiavi di lettura di un fatto è una buona soluzione anche a livello stilistico, a patto che sia fatto con una sapiente capacità di incrocio, con molte cose non dette (a tal proposito vi suggerisco la lettura del bellissimo libro di J.-C. Mourlevat, Il bambino oceano, Rizzoli 2009). Cosa che non mi pare accada ne Il maestro nuovo. Questa alternanza di visioni, se da un lato ci aiuta a delineare i caratteri dei singoli personaggi e a seguirne l'evoluzione, dall'altro diventa più volte noiosa e prevedibile. Ancora una volta mi pare didascalica.
Ho trovato davvero geniale (e questo può valere la lettura del libro) il racconto dell'esperienza didattica di questo maestro: l'approccio trasversale che ha nell'insegnare a questi bambini. Qui davvero si riconosce l'autenticità dello scrivere, si vede l'entusiasmo che ogni maestro che abbia rispetto del proprio mestiere dovrebbe avere. E' in questa parte che mi pare che il maestro scrittore Rob Buyea dia il meglio di sé.
Alla metà del libro, lo avrete intuito, la storia ha una brusca sterzata. Nella seconda parte, mi pare interessante il percorso che ogni bambino fa per trovare in sé una ragione di ciò che è accaduto, anche se trovo esageratamente lungo il girarci intorno e non sempre credibile la soluzione che ciascuno raggiunge. Il ragionare di questi bambini sembra, in più di un caso, uscire dalla testa di un grande e da un maestro scrittore non me lo sarei aspettato...
Trovo, purtroppo, molto autentico invece l'arrovellarsi intorno al senso di colpa, tipico di tutti i bambini, ma anche di molti grandi (su che ruolo giochi la religione su questo modo di interpretare il mondo, non mi pare sia il caso di parlarne in questo spensierato blog). Ciò nonostante, proprio perché penso che i libri abbiano un'importante funzione formativa, avrei trovato più laicamente corretto che alla frequentissima parola colpa, Buyea avesse sostituito la parola responsabilità, se non altro per tentare di intaccare questo nostro vizio pericoloso. E anche in questo caso, scusate se mi ripeto, da un maestro scrittore non me lo sarei aspettato...

Carla
noterella al margine, per restare in tema. Chi mi conosce sa quanto spesso io abbia in uggia i miei concittadini, ma devo riconoscergli talvolta un gusto per la vita (e un senso per gli affari) davvero invidiabile...eccone la prova

giovedì 9 febbraio 2012

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)


LIBERA NOS A MALO

Ecco una novità spiazzante: si tratta di In una notte buia e spaventosa, di Adam Gidwitz; premetto che non lo considero un capolavoro, ma è un libro dotato anche di alcuni grandi pregi. La trama è semplice: il lettore, decisamente grandicello e non troppo sensibile agli orrori, viene condotto per mano attraverso alcune fiabe dei Grimm con la finzione di seguire le vicissitudini di Hänsel e Gretel, che in questo caso fanno da filo conduttore nel passaggio dall’una all’altra storia, collezionando tagli di teste e cotture in forno, senza farsi mancare la trasformazione in una specie di ferocissima bestia. Il sangue scorre a fiumi e a più riprese l’autore interviene per mettere in guardia l’incauto lettore dall’incappare in truculente descrizioni; come si evince l’atmosfera è alleggerita dall’ironia che consente di sghignazzare (chi ce la fa) sulla serie di morti, torture, incontri col diavolo e improbabili riconciliazioni. Ma in questa rassegna un po’ pulp si nascondono delle interessanti considerazioni: intanto l’autore più volte sottolinea come gli adulti, 


in queste fiabe, siano, quando va bene, degli infidi traditori e spesso degli orridi orchi, capaci di tagliare la testa ai figli oppure di mangiare bambini a colazione. E i bambini devono in qualche modo cavarsela da
soli, completare il loro percorso contando sulle proprie forze, un percorso che attraverso il dolore consente di pervenire alla ‘bellezza più abbagliante e alla saggezza più fulgida’. Adolescenti, aprite le orecchie: anche sentendosi traditi dal mondo adulto, si può coraggiosamente pervenire al proprio scopo. E l’adolescenza è senza dubbio una prova di coraggio. In cui magari è importante che ci sia qualcuno in grado di ‘sostenere’, come il fedele Giovanni, enigmatico personaggio di questa storia. Laddove sostenere sta per farsi carico delle pene e dei dubbi di chi si ama. E i ragazzi hanno un gran bisogno di qualcuno (magari non i genitori) che lo faccia. Dunque uno sguardo irridente sia alla tradizione della fiaba, vista nel suo aspetto più inquietante, sia un amaro giudizio sul nostro ‘buonismo’. D’altra parte, quanti e quali delitti vengono quotidianamente perpetrati nei confronti dei più piccoli? Il mondo adulto è realmente ambiguo, contiene in sé il bene e il male, anche se è difficile accettarlo. Vorremmo il mondo perfetto, ma noi stessi commettiamo errori e ingiustizie. 
Si comprende bene il senso della preghiera: ’libera nos a malo’,  


perché il male, a voler chiamare così la violenza che erutta nel mondo, qui come altrove, è fuori di noi, ma è anche dentro di noi. Il concetto è pesante, mi rendo conto, è soprattutto sgradevole, certo non ci identifichiamo in questa carrellata di mostri, ma la cosa sorprendente è che questo libro ci aiuta, con la sua ironia, a guardare in faccia l’inquietante consapevolezza della nostra condizione di adulti imperfetti; e a ridere sopra questo oscuro fiume di sangue (metaforico), che segna il destino dei protagonisti di queste fiabe.
Quale migliore illustrazione a questa metafora del male assoluto, quale è la fiaba di  Hänsel e Gretel, dell’omonimo libro di Mattotti, che gli è valso un meritato Premio Andersen nel 2010? Il rigoroso bianco e nero, direi più nero che bianco, con le sue pennellate di china,


è la giusta rappresentazione dell’oscurità che avvolge questa fiaba, forse una delle più crudeli.

Eleonora


In una notte buia e spaventosa”, A. Gidwitz, Salani 2012
Hänsel e Gretel”, L. Mattotti, Orecchio Acerbo 2010

martedì 7 febbraio 2012

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


HAPPY BIRTHDAY, SIOR DICKIN!* 
 
CAPITAN OMICIDIO, Charles Dickens, Fabian Negrin
Orecchio Acerbo 2006; N.E. 2012

ILLUSTRATI PER GRANDI (dai 12 anni)

"Il primo diabolico personaggio a insinuarsi nella mia pacifica giovinezza fu un certo Capitan Omicidio. Quella canaglia doveva essere un diretto discendente della famiglia di Barbablù. Ma all'epoca non nutrivo alcun sospetto riguardo a tale parentela. E neanche sembrava che il suo nome inquietante lo avesse reso oggetto di pregiudizi, giacché possedeva immense ricchezze e frequentava le migliori famiglie."

E invece...
Capitan Omicidio, come Barbablu, si sposava, non per amore, ma per trasformare le sue mogli in vittime sacrificali e farle diventare pietanze per i suoi succulenti banchetti. La macchia di sangue non compariva sulla chiave dell'incauta di turno, punita per la troppa curiosità, bensì sul dorso dei cavalli candidi con cui Capitan Omicidio andava a corteggiare le future sue spose. Nella sua residenza non c'era alcuna camera segreta, ma un'accogliente cucina per la preparazione rituale, ad un mese esatto dal matrimonio, di un pasticcio salato con ripieno...di carne.
Finché un giorno due bellissime sorelle, gemelle: una bionda e una bruna, divennero il nuovo oggetto del suo desiderio. 


La bionda, che di Capitan Omicidio si era innamorata perdutamente, fu la prima ad essere impalmata. La terribile sorte non le fu risparmiata, ma la sorella, che di Capitan Omicidio non si fidava, spiandone le mosse capì l'agghiacciante verità e decise di vendicarsi...offrendosi in sposa lei stessa. Attento, Capitan Omicidio, quella risata sinistra che hai udito nel farti affilare i denti, ti sarà fatale. Uccidi pure la tua nuova consorte, ma sappi che la vendetta è un pasticcio di carne salato...

Questo geniale e raggelante racconto di Dickens è un vero piccolo gioiello letterario. Pubblicato già qualche anno fa da Orecchio Acerbo nella collana Lampi, una serie di proposte di altissima letteratura accompagnata dalle tavole di grandi maestri dell'illustrazione, viene oggi riproposto in una versione Light, con copertina morbida e rinnovata, corredata da un poster d'autore.
E' importante che esistano libri di questo genere: libri che abbiano la capacità di mettere in contatto la letteratura di grande qualità, gli autori classici, con un pubblico di giovani lettori. Penso a ragazzi delle scuole medie o superiori che di Dickens o di Salgari, di Silvina Ocampo e di Saki hanno solo sentito parlare (e sarebbe già un ottimo segnale). Libri di questo tipo possono segnare a tutti gli affetti il loro ingresso nel mondo della letteratura da grandi. Per come sono concepiti, lo fanno senza intimidirli: attraverso testi brevi, ma di grande impatto, con un apparato illustrativo di tutto rispetto.
Questo lo dico anche per sottolineare ancora una volta quanto la parola scritta possa trarre solo arricchimento ulteriore, qualora sia illustrata. Spesso mi è capitato di far notare ai ragazzi più grandi cui proponevo libri illustrati di questo tipo, il fatto che il libro illustrato non deve essere necessariamente un oggetto pensato per piccoli.
Dirò una banalità, ma l'illustrazione d'altronde, o più in generale l'arte che racconta per immagini, non è forse un imprescindibile modo che ha l'uomo per narrare se stesso e il mondo? Per questo motivo, presumo, in tempi piuttosto recenti, alcuni editori più illuminati -in prima fila Orecchio Acerbo- hanno deciso di non sottrarre ai loro lettori più grandi il piacere di 'guardare le figure'.
Questo breve testo di Dickens è illustrato dagli acquerelli di Fabian Negrin, maestro anch'egli, nell'arte del raggelare. Fanciulle esili e bellissime come farfalle, rivoli rossi che attraversano il bianco della pagina e un Capitano che si circonda di orchidee piene di malia.


Oggi è un importante anniversario: due secoli dalla nascita di Charles Dickens. E' uno di quegli autori che, mi verrebbe da dire, se non avete letto non potete dirvi completi. Non si può essere del tutto felici senza aver letto almeno un suo libro...

Carla

*così lo chiamava la sua padrona di casa, la signora Crupp, quando Dickens era un giovane squattrinato per le strade di Londra (M.-A. Murail, Picnic al cimitero e altre stranezze, Giunti Junior 2012)