venerdì 30 dicembre 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL SENTIERO DI CONCHIGLIE

C'è una tribù di bambini, Lane Smith (trad. Beatrice Masini)
Rizzoli 2016


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

"C'era una tribù di bambini.
C'era una COLONIA di PINGUINI.
C'era uno SCIAME di MEDUSE.
C'era un BANCO di BALENE.
C'era uno SGARBO di CORVI."

Un piccolino, dai capelli a spazzola e dall'abito e dalle scarpe di foglia, è in giro per il mondo. Un mondo primordiale. 
Incontra cuccioli di capra di cui imita la postura e le cornina, ma non l'agilità nel salire sulla roccia, incontra una colonia di pinguini che scivolano sul ghiaccio e ne imita l'andatura, senza poter evitare il tuffo nell'acqua gelida. 


Dello sciame di meduse in acqua imita la nuotata. Dalle balene in banco si fa trasportare, dai corvi si fa maltrattare. Dalla torre di rocce su cui lo depositano ruzzola in una pila di pietre per atterrare in un groviglio di piante. Si insinua in un corteo di elefanti, mettendosi due grandi foglie sulle orecchie e va avanti e avanti nella sua esplorazione. Viene cacciato dalla band di gorilla per aver stonato con le sue noci di cocco. Di luogo in luogo, di gruppo in gruppo, procede verso una destinazione che rimane segreta fino all'ultimo giro di pagina. Quando, davanti ai suoi occhi, appare un sentiero di conchiglie...


Tre costanti nel percorso: gli animali che incontra sono sempre in gruppo, branco, banco, sciame. E qui entra la seconda costante, ovvero una divertente declinazione, talvolta anche molto immaginifica, della parola gruppo (o se preferite famiglia) che diventa corteo, drappello, trenino, truppa. La terza costante, fondamentale filo rosso che tiene insieme tutto, è la tensione verso un obiettivo finale: l'appartenenza. A ogni incontro il bambino prova a trovare punti di contatto con i suoi interlocutori, ma ogni volta viene smentito, deluso, allontanato, cacciato dalle circostanze sfavorevoli. Il suo percorso di ricerca alla fine trova una sua ragion d'essere che, attraverso indizi sempre più evidenti, si delinea in un'ultima illustrazione e in una ultima frase che dichiara, attraverso un dettaglio testuale, il suo essere traguardo definitivo.

Un libro dall'andamento orizzontale (a parte il tuffo in mare), lineare. Orizzontale, nel suo formato, finanche nella postura dei due personaggi di copertina, affrontati e, in qualche modo, assimilabili. Lineare nel suo procedere, pagina dopo pagina, con un andamento di una qualche regolarità: incontro, imitazione, allontanamento, definizione. Il bambino si imbatte in gruppi di animali di cui imita la postura per verificare di essere come loro e nella pagina successiva viene allontanato da quelli stessi o dalle circostanze avverse. In perfetto sincrono, di quel gruppo di animali si scopre, in un magnifico gioco letterario (applausi alla grande sensibilità della Masini nel tradurlo), il nome che li tiene insieme:

C'era una COLONIA di PINGUINI.
C'era uno SCIAME di MEDUSE.
C'era un BANCO di BALENE.


Questo ritmo cadenzato si incrina con lo 'sgarbo dei corvi' e si cambia registro, dagli animali si passa agli oggetti - rocce, pietre, piante.
Come in un pezzo di musica jazz, su un 'tema' dato si improvvisa: Lane Smith, sul tema cui ci ha abituato, innesta l'improvvisazione e nella sequenza di elefanti, rinoceronti, scimmie e gorilla, tartarughe, bruchi e farfalle è possibile riconoscere ancora la melodia, ma le variazioni sul tema sono molteplici e diverse. Il ritmo cambia: accelera, si moltiplica, rallenta. Anche e soprattutto a livello di composizione figurativa delle singole pagine.


Tutto questo, per preparare il lettore al gran finale. Per questo ultimo tratto di strada fatto da quel bambino in cerca, occorre far scendere la notte, far brillare le stelle adatte, mettere la luna piena e creare il necessario pathos.
Solo al mattino successivo, davanti a lui appare il sentiero di conchiglie che ha tutta l'aria di essere preparato da qualcuno che la sa lunga in fatto di bambini...
Che dire? E' Lane Smith con la sua designer di fiducia (l'ha anche sposata) Molly Leach. Un altro suo libro che lascia il segno per sensibilità narrativa, per capacità di lettura dell'infanzia, per originalità di prospettiva, per accuratezza linguistica, per dimestichezza con l'ironia.
In una intervista, con grande onestà, Lane Smith evita di fare dichiarazioni di intenti a proposito del libro. Spetta a chi legge trovare nessi, riferimenti, significati. Lui si trincera dietro il fatto che si tratta semplicemente di un libro su molti animali. Naturalmente non è solo questo. Ne riconosce, tuttavia, il merito di stimolare la discussione, in particolare su due punti fondamentali di una narrazione: l'inizio e la fine. Entrambi lasciati nell'ambiguità che permette chiavi di lettura molteplici. Quel bambino da dove arriva? Cosa trova in fondo alla sua strada? E, di conseguenza, cosa va cercando nel mezzo?
Un libro che genera questioni, che solletica l'immaginario con disegni non convenzionali e con un lessico che al tempo stesso si rivela ricercato, puntuale, ma anche visionario, un libro capace di giocare su un grande tema con una trama narrativa più leggera di una farfalla, beh, un libro così deve essere un gran libro. 



E infatti lo è.

Carla


mercoledì 28 dicembre 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


DI RITORNO A CASA

È ora di andare a nanna, Timothy Knapman, Helen Oxenbury
(trad. Chiara Carminati)
Mondadori 2016



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

"Jack e Alice stavano giocando in giardino quando udirono un suono che sembrava Suuu uuu osss eshhh sssaa oooottee.
'Cos'è questo rumore?' chiese Jack.
'Viene dal bosco' disse Alice.
'Andiamo a vedere!'
'E se fosse il Lupo Cattivo?' disse Jack.
'Voglio andare a casa.'
Non preoccuparti, andrà tutto bene' rispose Alice, e prese Jack per mano."

Fratellino piccolo e sorella maggiore. Giocano a palla nel giardino della loro casa, al limitare di un bosco. Un giovane corvo li osserva da un ramo e il ragno ha tessuto la sua tela. Le foglie degli alberi sono verde chiaro. Siamo in una bella giornata di primavera.


Il loro gioco è interrotto da un suono indecifrabile che genera in Jack un po' di paura e molta curiosità in Alice. Andare a vedere significa addentrarsi nel bosco che diventa sempre più scuro e sempre più intricato. Il suono udito si trasforma e continua a spaventare il piccolo Jack e a incuriosire Alice. A ogni suono diverso il bambino aggiunge particolari sempre più spaventevoli per descrivere il Lupo Cattivo: zampe feroci, zanne voraci...Alice non molla e lo trascina sempre più in là, ripetendo ogni volta, come un ritornello, la solita frase: non preoccuparti, andrà tutto bene! dobbiamo essere coraggiosi....


Eppure quando entrambi scoprono l'origine di quei suoni è proprio Alice a tirare il fratello verso casa, ma è Jack che la ferma perché scopre che le zampe non sono feroci e le zanne non sono voraci...almeno non lo sono ora, in questo momento di affettuosa intimità di una mamma lupa con i suoi tre cuccioli da addormentare.

Costruito su un topos diffuso nella letteratura illustrata per la prima infanzia, ovvero l'immaginazione che genera un pericolo che poi si rivela infondato, È ora di andare a nanna spicca per equilibrio, ritmo e accuratezza formale. 
D'altronde, tra i molti libri di Knapman, sono sorattutto le illustrazioni a determinare la differenza. 
Va detto che Knapman, autore poliedrico e prolifico, in alcune circostanze più che in altre, è in grado di raggiungere un perfetto equilibrio di composizione. E' ora di andare a nanna è, fortunatamente, uno di questi. L'altro esempio è Soon, la storia di un elefante che scopre il mondo accanto alla propria mamma. 
In entrambi i casi Knapman costruisce i testi basandosi su un ritmo cadenzato di narrazione che ha al suo interno una sorta di ritornello, che rende entrambi i racconti estremamente adatti a una lettura ad alta voce con piccoli e piccole. 


Naturalmente la qualità del testo di base è lì, ma il plusvalore lo conferisce il tono che la Carminati sa imprimere, ancora una volta, al testo, così come ce lo siamo goduto mille volte nelle mille letture fatte di A caccia dell'Orso: una musicalità semplicemente perfetta.
Qui come lì occorre una sensibilità particolare per quelle sonorità, che contemporaneamente abbiano a che fare con il rumore che deve diventare suono e quindi testo poetico. Non tutti la hanno. Lei sì.
Il medesimo taste che dimostra Chiara Carminati nell'ambito delle parole, ha una sua precisa corrispondenza nelle immagini della Oxenbury. Anche lei contribuisce sensibilmente a fare la differenza nei libri che illustra, nobilitandone la qualità di partenza.
Cosa io pensi del suo modo di illustrare l'ho detto molte volte e finora non mi è mai capitato di dovermi smentire.
Anche in questo caso riconosco la cifra stilistica, e anche la sua poetica, assolutamente intatta.
A partire dai risguardi che sono una gioia per gli occhi, con un repertorio di verdi di un bosco di primavera alla luce del giorno che filtra tra le foglie e nella penombra che distingue il folto dei rami che, al contrario, non lasciano trasparire nessuna luce. Per finire all'uso del monocromo che fa da contrappunto narrativo alle grandi tavole a colori.
Piccoli dettagli non esplicitati nel testo accompagnano la lettura delle immagini - il piccolo corvo, l'intrico sempre più fitto dei rami, il gioco espressivo e gestuale dei due fratellini, gli occhi aperti del piccolo Jack che, invece di dormire, ripercorre con il pensiero le emozioni della giornata - e costituiscono altresì anch'essi un ulteriore valore dell'opera nel suo insieme.


Come nella maggioranza dei libri illustrati dalla Oxenbury si assiste all'avvicendarsi di avventura, ignoto, paura a quotidianità, consuetudine e rassicurazione. In questo senso il brusco cambio di prospettiva dell'ultima pagina che anche dal punto di vista cromatico è tutt'altro rispetto al resto, ha la fondamentale funzione di ricondurre tutto a un unico traguardo finale: creare quella atmosfera calda, di protezione, di intimità casalinga, la stessa che vede tutti i protagonisti di A caccia dell'Orso, raggomitolati sotto il grande piumino rosa. Ma anche Valdo, oppure il piccolo Henry abbracciato al suo nuovo cucciolo Charlie. 


Di ritorno a casa, insieme e salvi.

Carla


venerdì 23 dicembre 2016

ECCEZION FATTA!

BLOG IN PAUSA 
causa 
PANETTONI, BISCOTTI DELL'ALBERO, 
 RIMPATRIATE IN FAMIGLIA 
E
MERITATO SILENZIO 
(di riposo ancora non ce n'è traccia)

 Si torna 
tra Natale e Capodanno...forse




mercoledì 21 dicembre 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL SEME DELLA FELICITA'
Un nuovo orizzonte, Rebecca Young, Matt Ottley (trad. Sara Ragusa)
Terre di mezzo 2016


ILLUSTRATI

"Un tempo, un ragazzo fu costretto a lasciare la propria casa e a cercarne una nuova.
Nello zaino mise un libro, una bottiglia e una coperta.
Nella sua tazza da tè, la terra del prato dov'era solito giocare."

Prese il mare a bordo di una piccola barca a remi. Con il mare tranquillo riusciva a dormire, mentre quando c'era burrasca stringeva a sé la sua tazza da tè. Un minuscolo corpuscolo in un mare di acqua e di cielo.


Il suo sguardo vagava alla ricerca di un puntino che diventasse qualcosa di grandioso ma nessuna traccia di terraferma. L'unica cosa che lo mandava avanti erano i ricordi: il volo degli albatros gli faceva tornare alla memoria gli aquiloni che faceva volare a casa; il sale sulle labbra gli faceva tornare in mente la brezza del mare quando si arrampicava sul suo albero preferito; il canto delle balene la voce di sua madre.


 Mentre lui è assorto nelle sue memorie qualcosa sta cambiando nella sua barca. Nel pugno di terra che la sua tazza contiene è germogliata una piantina che con il tempo cresce fino a diventare albero da frutto. E' lui a dare ombra e cibo al giovane navigatore che continua a sperare nel puntino all'orizzonte. Un tonfo inaspettato annuncia l'approdo. La felicità di aver trovato il proprio posto nel mondo lo spinge a mettere radici, accanto al suo albero, su quella terra vergine.
Costruire e aspettare... aspettare il sussurro che tutto cambia. E quel sussurro arriva e ha le sembianze di una ragazza. Una ragazza navigatrice con un portauovo rotto pieno di terra....Terra fertile.



Un filo di testo che colpisce per essere racconto universale di un viaggio. Forse metafora di un percorso di vita, o forse più semplicemente viaggio di fuga. Di certo il bagaglio è leggero ma pieno di senso: un libro, una coperta, una bottiglia. Ma è quella tazzina da tè con un pugno di terra intorno a cui ruota l'intera vicenda. Un pugno di terra che alimenta ricordi e che contiene in sé la forza vitale, il futuro di quel ragazzo. Non a caso il titolo originale è proprio Teacup, di potente forza evocativa. Che bello se fosse rimasto anche in italiano...
Un libro pieno di luce e di spazio. Entrambi elementi che portano all'origine australiana di questo libro, appena premiato con il Patricia Wrightson Prize for Children’s Literature (NSW Premier's Literary Awards).
Matt Ottley, uno dei più celebri illustratori dell'emisfero australe, è in realtà anche musicista che ama fondere le due espressioni d'arte. Un interessante progetto che si intitola in modo eloquente The sounds of picture books mostra come immagine e suono possano dialogare in modi non convenzionali, ovvero non solo come colonna sonora l'una dell'altra, quanto piuttosto come generatrici di ritmi e segni che si tramutano in suono nelle mani e nella sensibilità di un musicista illustratore.
Spiega Ottley che comporre musica e immagini sono aspetti di un medesimo processo creativo e che spesso è la musica che lui ha in testa a trasformarsi in immagine. Di Teacup non mi pare esista ancora niente di musicalmente codificato da Ottley (cosa che invece si trova per la maggior parte dei suoi libri precedenti), ma tanto il tema quanto la grandiosità degli scenari mi pare siano terreno fertile per quintetto d'archi che spesso lo segue nelle sue performances.


Decisamente sensibile alla raffigurazione dei grandi spazi -l'oceano, le spiagge infinite- ma anche e soprattutto della luce: quella pulita di un'alba o quella cupa del buio di una tempesta in mare. La rappresentazione della forza di una natura nuova di zecca, almeno agli occhi del ragazzo, che nonostante tutto si impone e pervade di sé anche un pugnetto di terra, è terreno su cui Ottley si muove sicuro. Lo è meno nelle raffigurazioni dei personaggi umani, in particolare quelle di libri precedenti come Parachute, che hanno sempre un che di parodistico che agisce su sfondi ad olio che tanto sembrano avere in sé della lezione dei paesaggisti francesi dell'Ottocento, come Corot o come i maestri di Barbizon.

Camille Corot, Mulino a vento in Picardie vicino a Versailles 1835-1840 part.

Insomma là dove Ottley può rappresentare la potenza di un mondo primigenio, disabitato, ancora vergine e selvatico, là dove può occuparsi di orizzonti sconfinati, là in particolare si dimostra grandioso. Come è giusto che sia.

Carla

Noterella al margine. L'ultima immagine, senza parole, conferma che quei due lunghi viaggi verso una terra comune ha dato i suoi frutti, che non sono solo mele e pere... La vita va avanti.

lunedì 19 dicembre 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


TEREM TEREMOK IN 'TECHNICOLOR'

La casa nel bosco, Christopher Corr (trad. Daniela Gamba)
Gribaudo 2016


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni)

Nel folto del bosco c'era una piccola casa di legno. Era dipinta di un bianco brillante, aveva nove belle finestre e una porta rossa. Un giorno un topo passò davanti alla casa di legno. 'Sembra il posto perfetto per un topolino come me' si disse e si intrufolò dentro.


Il topo, una volta insediatosi, la pulisce e la lustra. Da lì a poco sente bussare ed è il bel ranocchio che chiede ospitalità per sé. Il topo lo fa entrare e così ora sono in due nella piccola casa di legno. Dopo il ranocchio sono molti altri a bussare: un coniglio carino, un castoro affaccendato, una volpe, un gallo, un cervo fulvo e uno scoiattolo. Poi arrivano i pennuti, anche loro attirati dalla bellezza di quella casa nel bosco. Per tutti loro c'è posto. Vivere tutti insieme e in armonia dà grande felicità, tanto da organizzare una grande festa di inaugurazione della casa. 


Suoni e balli arrivano alle orecchie potenti dell'orso che, avvicinatosi, chiede di poter partecipare e, naturalmente, di entrare.


Come prevedibile, la sua mole non è adatta per quella piccola casa già stipata di animali di ogni forma e misura. Al suo arrivo, essa esplode in mille pezzetti. Sono due le cose possibili: o piangere tutti assieme sulla bella casa distrutta o tentare di ricostruirne un'altra che possa essere grande a sufficienza per accogliere ogni amico che lo desideri...


Fiaba della tradizione russa, Terem Teremok, appare qui in un rimaneggiamento di Christopher Corr, indiscusso maestro del colore.
La fiaba ha una struttura perfetta nel suo ripetersi di un modulo narrativo unico, fino al climax, animale dopo animale in un crescendo di dimensioni, che si raggiunge con l'orso che non riesce ad entrare e, nel tentativo di farlo, distrugge la casetta nel bosco. In una prospettiva insolita, invece di scappare tutti, sotto la guida del mortificatissimo orso, gli animali si alleano e danno vita a un nuovo cantiere per la costruzione di una dimora che si dimostri accogliente per ciascuno di loro.
Adatta a una lettura condivisa anche con i più piccoli, La casa nel bosco, dimostra un'attenzione particolare al lessico utilizzato; la maggior parte degli animali che entra in scena consta di una caratteristica distintiva: un bel ranocchio, un coniglietto carino, un castoro affaccendato e un scoiattolo fulvo; gli uccelli sono riuniti sotto l'appellativo comune di pennuti.
A questo si aggiunge l'altro elemento di una narrazione ritmata, che, come in un filastrocca, appare scandita dall'entrata susseguente di animali sempre più grandi e sempre più numerosi.
E su tutti questi elementi di godibilità di racconto si innesta un vero e proprio gioco pirotecnico rappresentato dalle illustrazioni di Christopher Corr. 


In perfetta sintonia con la sua arte 'pop' che ben si conosce, La casa nel bosco è una gioia per gli occhi fin dai risguardi che, prudentemente, Gribaudo non ha avuto il coraggio di 'profanare' con il colophon, che appare infatti in quarta di copertina.
Come di norma, Corr gioca con un segno solo apparentemente naive, affastellando figure, animali piante in un unico tappeto figurativo senza soluzione di continuità e con un discreto horror vacui. E lo fa utilizzando una gamma di colori molto anarchica, ma che contiene in sé un'armonia profonda e un continuo solletichio verso insolite scelte cromatiche, accostate tra loro per il puro gusto di creare stupore. Il rosso della porta non è il solito rosso, ma è attraversato da un tono fluo, lo stesso può dirsi per l'arancio dell'orso, o per i colori utilizzati per il bosco che solo una volta appare colorato di verde. Un insegnamento, una sorta di manifesto silenzioso, che suggerisce di utilizzare la tavolozza in base alla propria personale sensibilità, sganciandosi del tutto dall'uso convenzionale del colore che, invece, troppo spesso si pretende da pittori e pittrici in erba.

Carla

Noterella al margine. Meno di dieci minuti per una versione russa del 1971 di Terem Teremok

 

venerdì 16 dicembre 2016

ECCEZION FATTA


COME UN BUCANEVE

Ecco ritornare, implacabile come ogni anno, la resa dei conti delle vendite natalizie. Se l'anno ha avuto alti e bassi, dicembre non si è annunciato nei migliori dei modi, calato in un'atmosfera sospesa da giorno del giudizio universale.
Roma, in particolare, mi sembra soffrire un'aria triste, spenta che dalla città si riflette anche negli umori dei consumatori.
Eppur bisogna festeggiare, ovvero reiterare il rito delle festività di fine anno. Nonostante non mi sia mai piaciuto il clima da consumismo sfrenato che contraddistingue questa parte dell'anno, non posso che invitare tutte e tutti voi a comprare un libro, e magari anche tanti di più, come regalo natalizio. E vi invito a comprarlo nelle librerie fisiche, quei luoghi, dai più considerati obsoleti, in cui le persone i libri li possono prendere in mano, sfogliare, possono chiedere suggerimenti a quei dinosauri, a mala pena sopravvissuti, dei librai e delle libraie che quei libri li scelgono, li espongono, li propongono.
Si dice che la modernità sia fatta di velocità, di acquisti online, di negozi virtuali che nascondono, dietro la modernissima cura del cliente (custumer care) l'antichissimo sfruttamento del lavoro, di marxiana memoria. Quegli sconti che i colossi dell'e-commerce regalano a voi sono possibili grazie alle condizioni di lavoro primordiali cui sono costretti moltissimi giovani.
La professionalità è obsoleta, la competenza, che si costruisce nel tempo con anni di duro lavoro e di pensiero, è inutile? Troviamo tutte le informazioni che ci servono nel mondo della Rete? Ma per favore! Quanti consumatori e consumatrici hanno il tempo di confrontare e di verificare quanto propone il mondo più incontrollabile e incontrollato della comunicazione virtuale?
La realtà è che molti libri, per essere venduti, devono quanto meno essere presentati, se non altro per motivare il senso di un costo che non corrisponde alle esigenze del lettore: parlo, in primo luogo dei libri con le figure, che siano albi illustrati o libri di divulgazione. Motivare la peculiarità di un libro non è un gioco da ragazzi, richiede quella professionalità che viene considerata da tanti un costo inutile. E' invece indispensabile per inventare, pubblicare, distribuire e proporre libri che hanno uno specialissimo contenuto di ricerca, di pensiero, di immagini non eguagliabili.
D'altra parte, esiste un nesso evidente fra indici di lettura e sviluppo economico, come si è sottolineato in un convegno alla Fiera della piccola e media editoria; e non crescono gli indici di lettura se non c'è la presenza di strutture, biblioteche e librerie, che la promuovano. Fulgido esempio, a questo riguardo, il lavoro svolto in Sardegna da librerie e biblioteche organizzate in rete.

Per questo, per sostenere gli autori, gli editori e i librai che consentono di valorizzare il meglio della produzione editoriale, andate a scegliere i vostri regali, quelli per bambini e bambine, ma non solo quelli, in una libreria: grande, piccola, specializzata, di quartiere, con un grande marchio alle spalle o con una piccola insegna, dove troverete persone in grado di aiutarvi a fare la scelta migliore.
Nell'inverno dello spirito*, arrivato ormai da tempo, i vostri libri saranno come bucaneve in un prato innevato, capaci di annunciare una primavera che ancora non si vede.

Eleonora


*'Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire', Memorie di Adriano, M. Yourcenar

mercoledì 14 dicembre 2016

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


DOPO TUTTO, DOMANI

a Giovanni e al suo nuovo viaggio

Per mare, Riccardo Bozzi, Emiliano Ponzi
Lapis 2016


ILLUSTRATI

"La nave non ha un nome né un capitano.
La ciurma è molto fiera di queste due mancanze.
I marinai si alternano al timone, alle sartie,
al secchio delle pulizie, alla cucina, alla coffa.
A tutti prima o poi tocca tutto."
 

Pare un vascello fantasma quello che cavalca le onde in tempesta, che silenziosamente taglia la superficie di un mare liscio per assenza di vento. E il suo equipaggio, ovvero la sua ombra, si manifesta solo all'imbrunire. Prima un solo uomo sulla coffa, quindi l'intera ciurma arrampicata sulle sartie e sui pennoni. E con gli uomini campare anche la grande domanda circa il tesoro.
A lui si pensa sempre, il tesoro tiene occupate le menti nei momenti di inquietudine. Il tesoro non è il rum, né il rollio e nemmeno la scoperta di terre sconosciute.
Una volta trovato, che ne faremo? si chiede una parte dell'equipaggio, raccolta intorno a un fuoco notturno sull'isola in cui sono sbarcati.
La risposta arriva con il nuovo chiarore del giorno...

Insolito. Per diverse ragioni Per mare colpisce l'immaginario di chi lo sfoglia.


Se si parte dal testo occorre notare che ci si trova, appena salpati, in una grande metafora che ci accompagna per tutta la navigazione. Sebbene non sia esattamente originale il tema del viaggio per raccontare il percorso di una vita, tuttavia il suo potere evocativo continua a essere forte. Ben venga, tra ragazzi e ragazze, la naturale riflessione sul loro essere lungo questo percorso. E allora torna utile mettere a fuoco che la nave non abbia capitano, e non abbia nome. Questo la rende universale. Tutti coloro che la abitano sono accomunati da un destino condiviso: devono, a turno, imparare a svolgere ogni tipo di mansione. Non è forse anche questo un consiglio utile per la vita? Tutti, durante la navigazione, avranno le loro bonacce e le loro tempeste e per alcuni saranno spaventose e per altri eccitanti. Tutti puntano a un obiettivo finale che è il tesoro, finché qualcuno non si alza e fa la domanda necessaria: ma è davvero il tesoro ciò che dobbiamo raggiungere a ogni costo alla fine del nostro percorso? Non è più sano forse riconoscere che il succo dell'intera faccenda risiede molto di più nella ricerca piuttosto che nel ritrovamento?


Duro far digerire questo concetto a ragazzi e ragazze che, in mezzo al guado, si focalizzano, quelli che ne hanno la forza e la capacità, inevitabilmente sul loro obiettivo, sul loro 'tesoro' piuttosto che star lì a filosofeggiare sulla bellezza della ricerca a oltranza.
Eppure qualcuno glielo deve dire. Nei libri per l'infanzia, fortunatamente, questo talvolta accade. Da un classico della letteratura in cui la navigazione è metafora di un percorso di crescita, L'isola del tesoro, fino al più recente ma altrettanto classico Alla ricerca del pezzo perduto (S. Silverstein,Orecchio acerbo 2013, The missing piece, Harper Collins 1978).
Se il senso di sospensione del testo e del contesto è percepibile a occhio nudo, altrettanto si può dire per le illustrazioni di un vero maestro del genere: Emiliano Ponzi. Le riconosciute e acclamate capacità evocative dei suoi disegni 'di ghiaccio', perfetti per le copertine di libri e per i magazine americani (e non solo) qui si ripropongono a ogni giro di pagina. 


Rigorosa e necessaria è la separazione con il testo che corre come titolo corrente al di sotto nella fascia bianca. Il grande respiro di un mare rotondo su cui troneggia in primo piano quello scoglio, vero memento mori da tenere presente fin dalla partenza per il lungo viaggio, si ripete in tutte le tavole diurne, mentre la notte è tutta abitata da ombre di pirati robusti. Ai cieli bui (uno dei quali purtroppo cede alla didascalia del tesoro rappresentato come costellazione) si oppone il rosso dilagante per alludere al 'dopo tutto, domani è un altro giorno...'
Banchise, distese di acqua, atmosfere rarefatte riprese dall'alto o zoomate fin nel dettaglio, navi o velieri apparentemente deserti sono tutti temi che fanno parte del repertorio di Emiliano Ponzi: ultimo bel riferimento è il libro creato come omaggio alla storica casa editrice Penguin Books, dal titolo The Journey of the Penguin (2015). 

E. Ponzi, The Journey of the Penguin, Penguin Books 2015

Ritrovarli è sempre un piacere.

Carla

lunedì 12 dicembre 2016

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


UN LIEVE DIFETTO


Uscito da pochi mesi, Il Club degli strani, pubblicato da Notes edizioni, è un piccolo libro che Jordi Sierra i Fabra dedica a tutti i bambini e le bambine con un qualsiasi difetto o problema. Il libro, candidato al Premio Strega, racconta della brillante idea di Ugo, bambino balbuziente perseguitato dal bullo della classe.
Stanco delle vessazioni, decide di fondare un club, molto esclusivo, almeno all'inizio, insieme all'amico Bernardo, dislessico. Il club degli Strani, inutile dirlo, si basa sul mutuo soccorso e accoglie tutti i ragazzini e le ragazzine che per un motivo o per l'altro si sentano esclusi dal gruppo dei 'perfetti'.
Il Club vede aumentare in fretta i suoi aderenti: chi per le troppe lentiggini, o il naso a patata, o i chili di troppo, buona parte della classe si sente in qualche modo 'diversa'. Tanto che alla fine anche i 'perfetti' scopriranno i loro punti deboli, pur di entrare a far parte del club degli strani.
Messaggio molto chiaro, oserei dire fin troppo, tanto è evidente e sottolineata la 'lezione' che l'autore cerca di trasmettere ai suoi giovani lettori: ciascuno ha diritto di essere se stesso e ciascuno è portatore di particolarità che lo rendono unico. Quello che chiamiamo diversità è una grande ricchezza, che andrebbe riconosciuta e valorizzata.
Ma quello che mi sembra più interessante è l'osservazione finale che l'autore veicola attraverso il suo alter ego narrativo, uno scrittore che incontra i ragazzi della classe di Ugo. Questo scrittore svela di essere stato, e di essere, anche lui balbuziente e di aver compreso presto, da ragazzino, quale potesse essere la strada per gestire le sue difficoltà espressive. E questo è successo quando ha imparato a prendere le distanze dal suo 'difetto' e ha cominciato a ridere di se stesso.
Sapersi guardare allo specchio, accettarsi e vedere di sé e dei propri difetti il lato comico, grottesco è una grande medicina, sconosciuta ai più. Non so quanti adulti che conosco e frequento avrebbero bisogno di un po' di autoironia, per relativizzare limiti, ma anche doti, vere o presunte.
Detto a un pubblico di lettori intorno agli otto, nove anni, il messaggio può risultare forse un po' astratto, soprattutto se si è presi dall'assolutezza di un'ossessione di perfezione. Ma è vero che si può imparare a non prendersi troppo sul serio e a relativizzare pregi e difetti propri e altrui.
Sierra i Fabra racconta nella postfazione di aver vissuto proprio questo percorso e di portare queste tematiche negli incontri con i suoi lettori. 


E' uno scrittore spagnolo molto prolifico, conosciuto in Italia soprattutto per il fortunato Kafka e la bambola viaggiatrice, romanzo breve dedicato a un episodio, forse, realmente accaduto nella vita di Kafka.
Il libro, che ha avuto un meritato successo, è stato da poco ristampato nella collana degli Istrici dell'editore Salani e mi sembra questa un'ottima iniziativa che permette di riproporre un bel libro; è, in fondo, una favola moderna, che racconta l'incontro di due solitudini, quella del grande scrittore e quella della bimba che perde la sua bambola preferita. Da non perdere.

Eleonora

“Il Club degli Strani”, J. Sierra i Fabra, Notes edizioni 2016
“Kafka e la bambola viaggiatrice”, J. Sierra i Fabra, Salani 2016

domenica 11 dicembre 2016

LETTERE DI SCOIATTOLO A FORMICA (idee a due teste)

Cara Formica...
Non ho saputo tenere a freno la mia curiosità e non posso aspettare per scriverti.
Odaer è finalmente riuscito a realizzare il suo sogno di bellezza.
Nessuna regola della Creazione è stata violata. “È un fiore che vola!”, dice Asum. “È un piccolo uccello", dice Rotnip.
È una farfalla, ti dico io. Eccola lì, che vola e palpita, incerta e vibrante, ondeggia nell’aria, con la dignitosa fiducia della vita appena nata. E fremendo, palpitando, ignara della sua bellezza e della sua fragilità, batte le ali per abbandonare la testa di Odaer e andare a sfarfallare in cima al suo antennino.
Hai ragione: le cose belle sono fragili, e a volte possono sembrare anche effimere e inutili, ma per Odaer la sua farfalla è tutto.
Anche lui freme e palpita.
Hai visto quanto movimento c’è nel libro? I corpi di Erlbruch sono davvero buffi, così molli, quasi senza ossa, completamente snodabili e privi di rigidità. 




Assieme alle mani, che sono consistenti e disegnate con tratti sintetici e svelti, non rinunciano a essere espressivi fino all’ultima falangetta.
Ad esempio guarda come braccia e gambe di Odaer siano disponibili a diramarsi in tutte le direzioni così come lui è stato disponibile a ogni cambiamento di rotta necessario per il suo progetto? Sai cosa mi ricorda? Mi ricorda un neurone che allunga le sinapsi per svilupparsi ed evolversi... 
E Odaer è stato davvero capace di evolversi per la sua farfalla, ed ora è arrivato il momento di mostrarla a tutti quanti!
Odaer fa grandi progetti: vuole chiedere un Laboratorio solo per lui e per i suoi amici. E mentre loro si chiudono lì  a disegnare farfalle, Odaer convince la Grade Custode a convocare in udienza tutti i Disegnatori Maggiori, che arrivano e sono davvero una moltitudine: ci sono Disegnatori di Grandi Animali e i Disegnatori della Vita Marina, i Disegnatori di Cani e quelli di Gatti, i Disegnatori degli Alberi e le Disegnatrici dei Fiori, i Disegnatori di Metalli e le Disegnatrici di Mondi e di Astri. E sono così importanti che occupano tutta la pagina, come se oltre loro non ci fosse spazio per niente altro.


Non c'è da stupirsi se Odaer e i suoi compagni siano nervosi.
In effetti, anche se si sono tanto preparati stanno per compiere un salto nel vuoto.


Ed è proprio così che ce li mostra Erlbruch, mentre con le grandi casse piene di meravigliose farfalle percorrono un tappeto che sembra un pericoloso trampolino.
Formica, io a stare in alto ci sono abituato, eppure questa immagine mi dà il capogiro: vanno, sorridenti e fiduciosi, sì, contro il procedere naturale della scrittura, vanno contro il procedere della pagina, contro il procedere della storia.
Questo è il movimento del nuovo che chiede l’approvazione a ciò che è già codificato.
È il movimento del bambino che prima di fare un passo si gira e cerca lo sguardo della madre.
Già, Formica ... forse la Creazione procede come il camminare...se un piede vuole alzarsi dal terreno per portarsi avanti l’altro deve rimanere fermamente piantato al suo posto...
Ma ora basta, non voglio toglierti il piacere , non voglio svelati il finale...
Piuttosto, come mio solito, invitarti ad alzare lo sguardo dalle parole che ami tanto e guardare, guardare, guardare....


Scoiattolo


Ps. A volte la libreria mi restituisce libri che non sapevo di avere...figurati che ne ho trovato uno dove un buffo animale con un lungo naso viene esortato a fare il suo primo passo fuori casa proprio quando vede un milione di farfalle...1




Caro Scoiattolo
 arriva il gran finale e tu mi chiedi di alzare lo sguardo. A me non viene tanto naturale: io sono una formica, e le formiche lavorano sodo e guardano sempre davanti a loro. Non possono far troppo girare gli occhi in qui e in là perché distrarsi non è nella loro indole....
Il gran finale ora vola variopinto nel cielo, ma è anche radicato nel profondo buio della nostra anima.
E a tal proposito, una cosa l'ho chiara in testa: Odaer è stato capace di essere allo stesso tempo caparbio come una formica e visionario come uno scoiattolo che fa concerti.
A dirla tutta, è stato un caparbio visionario. Ha saputo tenere la testa bassa sul foglio e la testa tra le nuvole per immaginare.
Tutto sta convergendo verso il gran finale: le finestre del Salone delle Udienze sono state chiuse, una enorme quantità di farfalle vola in alto, costruendo attraverso il diverso colore delle loro ali, un arcobaleno.
Quello stesso arcobaleno che è stato proprio il nonno di Odaer a creare per la prima volta.
Come lui, anche il giovane nipote ha dato vita a qualcosa di effimero, ma dalla forma audace, dai colori indimenticabili.
E questo è la prova provata che noi siamo il frutto di ciò che altri sono stati prima di noi...
Per tutti coloro che sono riuniti in quel salone, vedere i cieli del mondo pieni di quelle farfalle meravigliose è una gioia per gli occhi e per l'anima.
Anche Odaer è felice, ma lui - al contrario di altri - sa quanta fatica tutto questo è costato.
I sogni sono materia leggera, realizzarli è lavoro pesante. 


E per non dimenticare mai il suo sforzo e per avere sempre a mente che il raggiungimento della bellezza costa fatica decide che ogni nuovo esemplare di meravigliosa farfalla nascerà da una larva bruttina.
Una cosa di certo Odaer la ha imparata: inseguire i propri sogni richiede impegno e perseveranza. Talvolta essere 'inguaribili' sognatori porta alla solitudine e talvolta arriva l'incomprensione degli altri. Ma sta alla costanza di ciascuno, alla fiducia che ciascuno ripone in sé stesso, superare tutto questo per arrivare a vedere realizzato il progetto tanto sognato.
E noi, caro Scoiattolo, noi cosa ci portiamo a casa dopo questo fitto dialogare, dopo aver guardato a fondo ogni figura di questo vecchio libro?
Che Erlbruch ama Dürer e ama le donne come le ama Gioconda Belli; che la sapienza dei vecchi si riverbera sull'utopia dei giovani, che la vita va vissuta intensamente, che anche le cose piccole e fugaci possono portare grande e duratura letizia.
Ma soprattutto che nella vita bisogna crederci!


Formica


"L’importante, me ne rendo conto ora, non è vedere tutti i propri sogni realizzati, ma continuare ostinatamente a sognarli."2



1 Edward van de Vendel, Carll Cneut, Un milione di farfalle (trad. S. De Waal), Adelphi 2007 
2 Gioconda Belli, Il paese sotto la pelle (trad. M. D'Amico), Edizioni E/O 2002