venerdì 11 luglio 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

IL PUNTINO DI CONTATTO

Fin qui tutto bene!, Quentin Gréban 
Babalibri 2025 



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 6 anni) 

"SULL’ARANCIA ERA POSATA UNA FARFALLA BLU. 
QUANDO IL FRUTTO CADE, LA FARFALLA VOLA VIA... 
«FIN QUI TUTTO BENE» DIRETE VOI... SÌ, MA ASCOLTATE IL RESTO! 
LA FARFALLA BLU ATTERRA POCO LONTANO, SUL MUSO DI UN TOPOLINO CHE DORME DELLA GROSSA. CON IL SUO DELICATO BATTITO D’ALI, GLI SOLLETICA IL NASO... ED ECCO CHE IL TOPO INIZIA A STARNUTIRE, E NON RIESCE PIÙ A FERMARSI. 
«FIN QUI TUTTO BENE» DIRETE VOI... SÌ, MA ASCOLTATE IL RESTO!" 

Chiaro il gioco? 
Il topo cerca un posto più tranquillo per poter smettere di starnutire. Così quando vede l'asino ci salta sopra, ma uno starnuto fa sobbalzare l'asino che, imbizzarrito, comincia a correre e a sballottare il mercante che ha in groppa, per poi schiantarsi su una pacifica mandria di cammelli che partono all'impazzata in tutte le direzioni. Compreso il mercato che mettono a soqquadro... babbucce spaiate, spezie rovesciate e tappeti a brandelli. 
Qui bisogna intervenire. La cittadinanza infuriata si rivolge al gran sultano che - nella sua infinita saggezza - emette una sentenza nei confronti dei cammelli che si scagionano facilmente, indicando l'asino come il vero colpevole che a sua volta fa il nome del topo.
Questa è la storia di una povera arancia che non poté discolparsi.


Ma poi diventa la storia di 10 pesanti cocomeri da regalare a un'innamorata che alla fine si ridurranno al nocciolo (!), pur mantenendo la loro attrattiva...

La frase Fin qui tutto bene! a me fa venire in mente il film francese L'odio, in cui si racconta che un uomo, precipitando dal 50 piano, per farsi coraggio, a tutti i piani ripeteva a sé stesso fin qui tutto bene... Il film francese, di Kassovitz, è un film durissimo quanto bellissimo. Un film dove davvero precipita. Quindi vedere questa frase che mi riporta a quella periferia parigina in bianco e nero e grigio in un Superbaba tutto rosa fa il suo bell'effetto. 
A separare immediatamente i due contesti ci pensano gli acquerelli sempre così luminosi di Gréban e il fatto che la storia, al suo interno, allude evidentemente all'effetto farfalla, quello di Turing e poi di Edward Lorenz, sul battito d'ali di una farfalla che potrebbe essere la causa di un uragano altrove... 
Ma per un puntino Gréban, Kassovitz e Lorenz sembrano proprio toccarsi, ossia in tutti i casi il senso ultimo della frase: sperare che le cose possano migliorare. 
Anche nel libro di Gréban l'appoggiarsi di una farfalla che poi diventa un precipitare rocambolesco di topi su asini e poi di asini su cammelli e quindi di cammelli su banchetti del mercato ha una sua ineluttabilità: tutto sta precipitando verso il peggio.
 

Ma siccome siamo in un libro per bambini e non in un film sull'emarginazione di una banlieue francese, e non stiamo discutendo di modelli matematici, tocca dare una seconda possibilità al destino e trovare una soluzione che rimetta tutto in ordine.
Gréban, che ambienta la storia in un Medio Oriente non meglio identificato - ma cammelli, suk, fez e sultani, scimitarre, archi e cupole islamici e teiere di metallo inciso farebbero oscillare tra Marocco e Turchia - affida al sultano il compito di far tornare tutto a posto, individuando il colpevole. 
E così come era andato crescendo il parapiglia sempre più grande, dalla metà in poi del libro si va a ritroso fino a tornare alla magnifica arancia di partenza. 
A voler proprio cercare il pelo nell'uovo, l'arancia, come tutti gli altri personaggi coinvolti, è frutto (!) di un meccanismo ineluttabile e più grande. 
Lei come gli altri sono concause. Il famoso concorso di colpa... 
Ma tant'è è lei sola a farne le spese. 
E perché? Perché è l'unica che non può difendersi al tribunale del gran sultano e quindi tanto meno prendersi la sua responsabilità, solo in quota parte.
 

La seconda storia, anche questa, ma per motivi diversi, andrebbe ben discussa. Come la precedente, anche qui è intorno a un frutto che si ruota: il cocomero. 
E, simmetrica al precedente crescendo, qui si assiste a un diminuendo dei cocomeri e a un crescendo delle dimensioni degli aiutanti del giovane innamorato. 
La grazia di queste due piccole storie sta proprio in questo loro essere circolari, nel loro interno ripetersi, nell'essere movimentate, ma pur sempre tiritere, utilissime per chi sia alle prime armi con la lettura.

Per entrambe però, a lettura fatta, si potrebbe aprire un bel dibattito. Discutere sulle responsabilità con la prima e con la seconda ragionare ed eventualmente ribellarsi all'idea che le ragazze siano tutte golose, sensibili, romantiche e con il cuore tenero e i maschi tutti... timidi.
Tzè.

Carla

mercoledì 9 luglio 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

L’AMICA MIGLIORE DI TUTTE


“Non ci saremmo mai dimenticate l’una dell’altra ovvio, ma la mancanza si sarebbe affievolita e le cose non sarebbero mai tornate come prima, perché quel periodo era finito.” 

Marie ha concluso la scuola primaria, l’aspetta un nuovo ciclo che coinciderà anche con un trasloco in un’altra città, sua madre infatti per ragioni lavorative si sposta con la famiglia in un paese in fase di costruzione e per l’esattezza in un quartiere in cui molti lotti di case sono ancora da realizzare e gli abitanti attendono anche la costruzione di un primo supermercato. 
La prospettiva di un cambiamento di vita così importante spaventa Marie soprattutto perché significa allontanarsi dalla sua migliore amica, Zoe, con la quale ha condiviso fino ad ora giochi e pensieri da quando erano alla scuola di infanzia. Zoe per lei è la migliore amica quasi sorella, per lei che non ne possiede una di sangue. 
Ma la frustrazione e la tristezza per questo distacco forzato sembrano essere presto dimenticati quando Marie conosce un’altra ragazzina poco più grande di lei, Yente, che abita a pochi passi dalla sua nuova abitazione e che dimostra sin da subito di possedere una personalità molto diversa da quella di Zoe; il rapporto che instaurerà con Marie sarà turbolento, laddove quello con l’altra amica era segnato da momenti soprattutto di condivisione e gioco sereno. D’altro canto tra le due ragazzine ci sono tre anni di differenza che in questo momento della vita possono essere davvero tanti: se da un lato si vive ancora molto forte il desiderio del gioco scanzonato e sfrenato, dall’altro l’affacciarsi di nuove inquietudini e curiosità possono compromettere la tenuta di un rapporto. 
Yente è intrepida e coinvolge Marie in situazioni e giochi spesso anche molto pericolosi, il suo rapporto con i genitori è burrascoso e gli adulti si trovano nella difficile situazione di contenere una ragazzina vulcanica che spesso è preda di crisi di rabbia e accetta mal volentieri qualsiasi tipo di regole e limitazioni. Marie di contro proviene da un contesto familiare completamente diverso, i suoi genitori non si sono mai arrabbiati, lei si è sempre dimostrata attenta e rispettosa. Eppure la ragazzina minuta e dallo sguardo tagliente esercita sulla protagonista una forte attrazione. La relazione che si instaura è tutt’altro che rassicurante, Marie è continuamente messa alla prova, tanto che in più di un’occasione si chiede se debba continuare ad incontrarla. Ma i pomeriggi trascorsi in giochi e corse a perdifiato hanno tramutato un’estate che si prevedeva noiosa e vuota in una vacanza entusiasmante, Marie non riesce ad allontanare quella che è diventata di fatto la sua nuova migliore amica. Ma fino a quando questo avviene nei limiti della loro relazione esclusiva Marie non ne assume consapevolezza e i turbamenti vissuti vengono presto dimenticati e soppiantati da altri di grande allegria. 
Tutto cambia quando il cerchio del gioco si allarga, quando non sono più due bambine a confrontarsi con i fumetti e le caramelle consumate in una buca di esclusiva conoscenza e frequentazione. I nascondigli, che in infanzia rappresentano il baluardo contro il mondo esterno e rispetto al quale delimitano i confini di un tempo e di una vita speciale e fantastica, perdono completamente la loro eccezionalità quando vengono violati e una buca allora torna a essere semplicemente una zona scavata nel terreno che può essere svelata e aperta a tutti. 
Il patto tra amici si rompe, il mondo esterno irrompe gli amici non bastano più a sé stessi. 
L’equilibrio perfetto del gioco si incrina e allora per la prima volta si soffre davanti a un tradimento e l’esclusività di una relazione non è più possibile. Yente è una ragazzina inquieta, per sua natura instabile e che ora si affaccia su un momento della vita che di per sé coincide con la riscrittura della propria persona. E così oscilla tra un mondo infantile rappresentato da Marie (i giochi, le confidenze ingenue) e uno in cui vorrebbe riconoscersi come grande e frequentare anche ragazzi che la considerino come tale.
La sua irruenza non le consente trapassi morbidi, ma solo strattoni improvvisi che creano subbuglio e sofferenza. Ha bisogno di rilanciare continuamente la sfida, non abbassa mai la guardia. 
Sebbene questo personaggio riesca a coinvolgere il lettore e a tenere alta la tensione rispetto a quello che deciderà di fare e o di dire, la qualità più alta della scrittura di Enne Koens mi pare si misuri proprio nell’escludere qualsiasi forma di psicologismo. In un altro tipo di romanzo probabilmente assisteremmo a descrizioni che prendendo per mano il lettore con l’esplicito intento di condurlo verso una riflessione (commiserata) delle inquietudini adolescenziali rispetto alle quali val bene godersi le spiegazioni che in qualche modo vanno per la maggiore al momento.
Niente di tutto questo invece in un romanzo nel quale lo sguardo e la valutazione di un adulto riesce a tenersi a debita distanza, accostandosi e misurandosi invece con quello della protagonista che è stata opportunamente pensata più giovane dell’altra di qualche anno, giusto quello che occorre per godere di una fascinazione inevitabile e al contempo di una complicità ancora possibile. 
L’argomento affrontato è delicato e non esclude nella sua narrazione anche aspetti meno superficiali, tuttavia sceglie di rimanere un passo indietro rispetto a qualsiasi discorso conclusivo e lasciando invece al lettore il grande piacere di assistere a una costruzione della storia lacunosa nel senso buono del termine. 
 

Vale la pena annotare anche una scelta non comune, quella cioè di inserire un breve componimento in versi a introdurre ognuna delle tre parti in cui il romanzo è diviso che, stampata su una pagina di colore giallo (unico colore oltre al grigio), apre il sipario sul racconto di un’estate della quale introduce gli aspetti salienti senza anticiparne alcuno. Romanzo che farà piacevolmente compagnia a lettrici e lettori a partire dai dieci anni. 

Teodosia 

"Quell’estate con Yente" Enne Koens, Maartje Kuiper, (trad. Olga Amagliani), Camelozampa 2025 

lunedì 7 luglio 2025

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)

ARTISTS ARE TO WATCH 

"Puoi scrivere libri su qualsiasi cosa. Ad esempio, la frutta. La prima pagina potrebbe essere una banana, la seconda un'arancia e la terza delle ciliegie, e così via. Se non sai ancora scrivere, potresti semplicemente disegnare. Allora il libro potrebbe essere adatto soprattutto a qualcuno che non sa ancora leggere. 
Oppure potresti scrivere un libro per qualcuno che sa leggere solo una parola. Potresti disegnare un cavallo sulla prima pagina e scrivere CIAO, e la seconda pagina potrebbe essere un orso e scrivere CIAO, e la terza pagina potrebbe essere un gattino e scrivere CIAO, e la quarta potrebbe essere una scimmia e scrivere CIAO, fino a quanti ne vuoi. Alla fine forse potresti scrivere ADDIO, solo per divertimento..." 


Questo scrive Ruth Krauss, nel capitolo su come si scrive un libro, in How to make an Earthquake, illustrato da Crockett Johnson e pubblicato nel 1954 da Harper. 
A me pare illuminante per 'fare luce' su due libri, che segnano il principio e la fine della sua collaborazione con Maurice Sendak: A hole is to dig, 1952 e Open House for Butterflies, 1960. 
Entrambi pubblicati all'epoca da Harper, sotto l'occhio vigile di Ursula Nordstrom, e ora usciti in Italia per Adelphi come Un buco è per scavare e Una casa per le farfalle, entrambi tradotti da Sergio Ruzzier. 
I due libri si rassomigliano molto: hanno lo stesso formato, lo stesso tipo di disegno a china, lo stesso passo. Entrambi parlano di quel qualsiasi cosa con cui ho aperto il ragionamento. 
Entrambi sono adatti per chi non sa ancora leggere, infatti brulicano di disegnini, e sono entrambi pensati anche per chi sa leggere anche una sola parola. Per esempio la parola buca, la parola farfalla, la parola bebè, la parola montagna. 
Il criterio che ha guidato Ruth Krauss è il medesimo, non a caso il titolo provvisorio era Definitions. L'idea di partenza è dello psicologo Arnold Gesell che osservando un bambino di 5 anni lo definisce un pragmatico, ossia il bambino di ogni oggetto coglie immediatamente l'uso, lo scopo. A horse is to ride, A fork is to eat. E a tal proposito, non si può non pensare al libro di Margaret Wise Brown The Important Book che va esattamente nella medesima direzione. 
Entrambe condividono una radice comune e una comune fonte di ispirazione : la pedagogia della Bank Street School (entrambe la frequentano ed entrambe prendono spunto dall'ascolto diretto dei bambini che sono tra i banchi di quella magnifica scuola). 


Dal 1950 al 1951 Ruth Krauss raccoglie il materiale, ossia annota frasi autentiche di bambini autentici e quando ne ha a sufficienza propone a Ursula Nordstrom di farne un libro. Lei ne è entusiasta. Ancora una volta è sotto i suoi occhi la straordinaria abilità di Krauss di tradurre poeticamente il parlato (e quindi il pensiero) dei bambini. 

 "Una faccia è per fare le facce. 
Una faccia è una cosa da avere sul davanti. 
I cani ci sono per baciare la gente.
Le mani ci sono per tenersi per mano. 
Una mano è da alzare quando vuoi che sia il tuo turno. 
Un buco è per scavare." 

In particolare quest'ultima frase è la risultante di un fulmineo dialogo sulla spiaggia tra Ruth Krauss e due bimbetti cinquenni che stanno lì a scavare, come se non ci fosse un domani. Alla domanda diretta della Krauss il primo dei due si allontana, guardandola come se fosse matta a fare una domanda tanto ovvia, mentre il secondo, più accomodante, le risponde lapidario: un buco è per scavare. 
Per Nordstrom, Krauss è l'autrice ideale, un amalgama insuperabile di umorismo, intelligenza, intuizione, anticonformismo, raffinatezza, grazia, sapienza, rigore. Un occhio infallibile che ha il dono di avere la misura esatta dell'infanzia e il senso dell'età adulta. 


Così comincia a pensare a un illustratore adatto. 
Lo propone a Nicolas Mordvinoff che però rifiuta l'offerta, trovandolo “frammentario ed elusivo” . Ed è a questo punto che Nordstrom pensa a Maurice Sendak, ventitré anni che ha già all'attivo qualche libro, uno dei quali con Harper. 
Sendak ama immediatamente quel testo che trova congeniale al suo spirito. 
 E sebbene si sia presentato all'incontro con Krauss molto nervoso, fra i due nasce subito un'intesa profonda e un rapporto molto complesso: Sendak è pieno di timore reverenziale e Krauss lo 'adotta', diventa la sua maestra severa ed esigente perché a fiuto ne percepisce l'enorme talento. Tutti i fine settimana, Sendak si carica i suoi disegni per andarli a sottoporre all'inflessibile giudizio di Ruth. Per sua fortuna, di Sendak, Crockett Johnson è sempre lì a tranquillizzarlo e a portarselo a fare un giro in barca rilassante, quando lei appare troppo critica sul suo lavoro settimanale. 
La Krauss ha capito che i disegnini di bambini un po' selvatici di Sendak sono perfetti per i suoi testi.
 

Al centro dei suoi libri lei mette sempre i bambini: mucchi, cataste, montagne di bambini; bambini sempre in movimento, in quella condizione assai indaffarata che è l'infanzia. 
Bambini che fanno cose, come scavare buchi, mangiare purè, ballare, viaggiare, andare in slittino, costruire castelli di sabbia, soffiarsi il naso, fischiare, volare a cavallo di un uccello, fare picnic, impilare sassi, guardare un libro, sedere su un gradino, baciarsi, scuotere uova di Pasqua, gridare, invitare farfalle a una festa notturna, essere identici al proprio amico del cuore, rimirarsi allo specchio, imitare cani (e gatti), fare angherie a fratelli piccoli, pensare assurdità, abbracciare fratelli piccoli, cantare bumpety bump, osservare facce, immaginare di essere un leone, regalare la propria coda a un scimmia, ascoltare un ruscello, parlare con un unicorno, porsi quesiti felicemente irrisolvibili, aspettare un amico, perdere sbadatamente il proprio elefante, mangiare insieme minestra di pollo, avere una gemella, correre, diventare un cavallo, litigare con sei fratelli, riparare dal freddo una bambola vestita leggera, andare dappertutto, ridere al telefono, gironzolare, filosofare, essere felici e molto altro. 
Va da sé che A Hole is to dig diventa subito un fenomeno culturale. Un libro epocale. 
La freschezza e l'ironia così come la falsa percezione sia un libro dolce e sentimentale sono tutti fattori che hanno contribuito al suo successo. 
Nel suo piccolo è un libro radicale in cui gli impulsi 'incivili' dei bambini sono preservati. Essere bambino voleva dire non avere potere, non avere voce, corretto nel parlare e costretto nell'agire. 
In A Hole is t dig si assiste alla garanzia di rispetto dei bambini, del loro fare e del loro parlare. 
Alla fine del 1957 la Nordstrom sancisce la sua stima nei confronti dei due organizzando un'edizione commemorativa del libro che a cinque anni dalla prima edizione ha venduto in totale 80.000 copie! 


Ma se così è andata, perché Open House for Butterflies - Una casa per le farfalle - esce solo nel 1960? Tutti e tre, Sendak Krauss e soprattutto Nordstrom patiscono la sindrome della seconda prova. 
Sendak, quando legge il testo, percepisce una sorta di seconda puntata di un capolavoro irripetibile. Avverte una certa mancanza di spontaneità che smentisce la vivacità del libro a cui ha lavorato alacremente tutto il 1951. 
I suoi personaggini non hanno più quella spontaneità, quella goffaggine, quella silliness. Ora gli sembrano come irrigiditi rispetto al primo libro. Inoltre percepisce la sempre maggiore fatica di Krauss a confrontarsi con i propri illustratori. 
 Anche Nordstrom dubita che il nuovo progetto, dal titolo provvisorio New Words for Old, possa dimostrarsi all'altezza del primo. 
Non le sembra che abbia la stessa freschezza (effettivamente...) e quindi suggerisce alla Krauss di continuare a lavorarci. 


Lei, piccata, sostenendone la medesima autenticità delle fonti e sei mesi di duro lavoro sul campo, lo difende. Ma tant'è. Il libro esce solo a otto anni di distanza. 

 "Nonsucco è una bella parola per quando hai un bicchiere di non succo. 
Canecane è una bella parola per quando vedi un cane che vedi anche allo specchio 
Io ho un bi-ciclo Io ho un tri-ciclo Io ho un rotto-ciclo. 
Rotto-ciclo è una bella parola da sapere." 

E nel frattempo, accade l'imprevedibile: Ruth Krauss, con il tempo che passa, smette di considerarsi un'autrice di libri per bambini. 
Ora, nel 1960, dice di sé di essere poeta, e come tale dichiara di non essere più sicura di nulla...
I guess I like Open House for Butterflies. I'm not sure, of course! 

 Carla 

Un buco è per scavare, Ruth Krauss, Maurice Sendak (trad. Sergio Ruzzier) Adelphi 2025 
Una casa per le farfalle, Ruth Krauss, Maurice Sendak (trad. Sergio Ruzzier) Adelphi 2025 
How to make an EarthquakeRuth Krauss, Crockett Johnson,  Harper 1954 
Crockett Johnson and Ruth Krauss: How an Unlikely Couple Found Love, Dodged the FBI, and Transformed Children's Literature, Philip Nel, University Press of Mississippi 2012

venerdì 4 luglio 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA GRANDE DOMANDA 

Troppo lunga, Nikola Huppertz, Regina Kehn, (trad. Claudia Valentini) 
Emons raga 2025 


NARRATIVA PER GRANDI (dai 12 anni) 

"'E tu che hai fatto oggi?' mi ha chiesto a un certo punto papà, non trovando più nulla da dire su Malve. Io mi sono stretta nelle spalle. Ho ripensato a Joël e alla Carina, al signor Krekeler che deve sforzarsi di andare a fare jogging (forse), a Snow che mi ha tirato in bici per otto chilometri lungo il canale, con una piccola pausa in mezzo in cui ci siamo seduti sulla riva e io per ringraziarlo gli ho sussurrato delle storie nell'orecchio appuntito e gli ho accarezzato il pelo morbidissimo che ha sotto il muso, e ho subito capito che mamma e papà non avrebbero saputo che farsene di questo racconto." 

Genitorialità consapevole, medico lui, insegnante lei, una sorella maggiore, Malve, sorella maggiore perfetta ed egocentrata, ora alle soglie della maturità, ma con tutt'altro in testa che mettersi sui libri a studiare. Per ora è attratta dalla meditazione, ma non durerà. 
Questo è il piccolo nucleo familiare di Magali Weill, tredicenne piuttosto alta (con la sua statura, 1.82, si colloca al 97esimo percentile) e piuttosto convinta che con questa statura esagerata nessuno avrà mai il coraggio di innamorarsi di lei, figuriamoci di baciarla, magari mettendosi in punta di piedi o, peggio, chiedendole di chinarsi per essere raggiunta... 
I suoi le hanno appena regalato un diario perché ci scriva di sé. Ma lei decide che quel diario è molto più utile per annotare tutto quello che le succede intorno: le vite degli altri.
Magali capovolge lo sguardo e sulle pagine riporta, giorno dopo giorno, quello che accade all'interno della sua piccola comunità condominiale. A parte le litigate tra genitori e figlia maggiore, Magali racconta delle sue passeggiate con Snow, l'husky dei vicini che per lui non hanno mai tempo, visti gli innumerevoli marmocchi che zampettano per casa. 
Magali racconta del suo elegantissimo vicino di casa che, novantottenne, ha ancora voglia di fare jogging ogni mattina. 
Magali racconta del suo amore nascosto per il suo vicino sedicenne, Joël, che non la degna di uno sguardo e trova solo il tempo di litigare sempre e solo in francese, con sua madre che, a sua volta con i gessetti, decora ad arte i marciapiedi intorno al palazzo. 
Questa routine che si ripete grossomodo ogni giorno con poche varianti si inceppa quando il signor Krekeler decide che è arrivato il momento di smettere di fare passeggiate salutari e incominciare a prepararsi alla morte (98 sei fürs Leben zu Lang, così in tedesco, da cui il titolo del libro). 
Con l'eleganza e il garbo di sempre convoca la sua famiglia, ovvero quel che ne resta: suo figlio Louis (tante compagne, molti figli e attualmente abitante in una comune) e il di lui figlio, ossia il nipote del signor Krekeler: Kieran, da adesso in poi KK, poco meno di un metro e sessanta, mingherlino e tutto cerotti. Louis ha il compito di ubbidire al padre in tutto e per tutto, con lo scopo di mettere ordine tra carte e oggetti, prima della prossima dipartita del vecchio. KK invece deve fare solo il nipote. E lo fa magnificamente. 
Questa è la cronaca di un paio di settimane di vita (e di morte) di tutta questa gente: dal 29 marzo al 12 aprile: una settimana di Pasqua indimenticabile. 

Andrebbe letto e poi riletto. Oppure andrebbe ascoltato e poi letto, oppure letto e poi ascoltato. La cosa necessaria da fare è entrarci più e più volte dentro per poterne apprezzare le tante qualità - dalla sceneggiatura - così ben costruita in cui si incastrano a perfezione le molte singole vicende: un piccolo capolavoro di cesello, come spesso sono le storie condominiali - alla scrittura garbata ed elegante che va - tra filosofia e vita di tutti i giorni - a passo sicuro. 
Ogni tanto ci si commuove e ogni tanto si sorride. 
Nonostante il libro abbia un titolo che fa l'occhiolino ai turbamenti di un'adolescente che non ha fatto pace con il suo corpo e la sua crescita, mette nero su bianco anche qualcosa di molto più universale, passeggiando tra grandi domande, grandissime domande. 
In questo l'originale tedesco gioca di più sull'ambiguità di questa lunghezza... le gambe di Magali o la vita del vecchio Krekeler? 
Torniamo alle domande. 
Una su tutte: qual è il senso della vita? Troviamolo e poi possiamo morire con dignità. La grande questione è lì che si affaccia nel momento in cui il signor Krekeler decide che basta: tocca prendere in considerazione l'idea di andarsene. Come ci si deve comportare di fronte alla morte? O per meglio dire, come ci si può organizzare per accettare l'evento con la necessaria naturalezza e dignità? E per chi resta? Quali sono i pensieri che chi vive si vede balenare in testa? Visto che la morte è qualcosa che inevitabilmente a un certo punto busserà alla porta, come ci si può organizzare per non farsi trovare impreparati, ossia quali sono le cose da fare per potersi dire al momento di aver vissuto una vita degna di questo nome? In fondo, la morte non è forse l'ultimo pezzetto della vita? Sì, lo è! 
Tra Seneca e i trenini di legno; tra Rimbaud e le uova da dipingere; tra Stravinskij e le tute da ginnastica; tra Uchermann e il verde pallido di una cameretta è un continuo e piacevolissimo rimbalzo tra la vita vera, quella apparentemente fatta di poco o niente, tra la quotidianità e i massimi sistemi. 
Uno dei libri sulla Grande Domanda, citando Elrbruch, più belli e intelligenti che mi sia capitato di leggere. 

Carla

mercoledì 2 luglio 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

A QUATTRO A QUATTRO 


Escono quattro alla volta queste piccole storie di Pension Lepic per la Collana Parole per Posta. 
È da poco arrivata in libreria la seconda quartina: La tovaglia bianca di Françoise Legendre, Colla e io di Mathis, Charly di Sarah Turoche-Dromery e Pensa a mangiare! di Mikaël Ollivier. 
I titoli sono mutuati dalla Collection Petite Poche dell’editore francese Thierry Magnier e propone dei brevissimi racconti, da leggersi in meno di quindici minuti. Sono stampati in un (piccolo) formato che gli consente di essere inseriti in una normale busta da lettera: l’invito infatti è quello di condividerli una volta letti e le ultime pagine sono predisposte per tracciare il viaggio che ogni storia farà, di lettore in lettore.


Le copertine sono bellissime (e molto diverse da quelle francesi): per la prima quartina, firmate da Katy Couprie, per la seconda quartina da Tiziana Romanin la quale ha pensato bene di collegarle in un unico disegno che tiene insieme i quattro titoli, suggerendo l’idea che le storie sono sempre tutte tessute insieme in un unico grande affresco che è quello dell’esperienza di vivere. 
Allora proviamo a seguire questo affresco. 
E cominciamo dalla storia di una tovaglia. Siamo nel 1910 e Jeanne sta ricamando un tessuto per confezionare la tovaglia del matrimonio della nipote Anne. I capitoli seguono gli anni, la storia e la Storia, passando di generazione in generazione, di guerra in guerra fino a tornare a Jeanne, una piccola Jeanne che nel 2014, dopo 70 anni e 4 generazioni ascolterà la storia di quella tovaglia che nella sua trama e nel suo ordito ha trattenuto le vite e gli eventi, ed è arrivata fino a lei. Poiché da questa parte del mondo siamo abituati a far scorrere la lettura da sinistra verso desta pure quando leggiamo le immagini, arriviamo a raccontare la seconda copertina. 
Qui troviamo una volpe immobile, rannicchiata sulla riva di quello che potrebbe sembrare un corso d’acqua, ed è la volpe che Lucas e il suo fratellino Colla (così soprannominato perché, come spesso accade, non si scolla mai dal fratellone più grande) incontreranno durante una passeggiata. La volpe effettivamente è morta stecchita già preda di mosche voraci. Dunque è una storia di fratellanza, di infanzie che si tengono allacciate per far fronte ad eventi più grandi di loro, ché quando la vita non scorre proprio liscia c’è bisogno di coraggio. 
La leggerezza della scrittura di Mathis dà a Lucas e a Colla la capacità di guardare la vita così com’è, di attraversarla pure quando le risposte non ci sono, e di incrociare le dita quando pare che…dai, potrebbe funzionare. 
Continuiamo a seguire l’affresco in senso orario e arriviamo alla terza copertina che raffigura due uccelli in volo tra cielo e terra, insieme e liberi. Il titolo è Charly . Il narratore è Sam, un ragazzino che per questa estate sta lavorando alla pensione estiva della sua famiglia. Tutto scorre come sempre, i soliti anziani ospiti rendono le sue giornate abbastanza routinarie ma va molto meglio quando, insieme a dei nuovi ospiti - la famiglia Dupont - arriverà Charly, un ragazzino della sua stessa età con il quale scoprirà di condividere davvero tante passioni: i Lego, Dungeons & Dragon, le passeggiate nella natura estrema. Le giornate passano piacevolmente, la condivisione crea una bella e sincera amicizia… peccato che le apparenze a volte ingannino, e i pregiudizi pure! Alla partenza dei Dupont, Sam farà una scoperta che lo obbligherà a rivedere la sua visione del mondo…e ne sarà capace. 
La quarta copertina raffigura una bambina seduta coi gomiti sulle ginocchia e il mento poggiato sulle mani: osserva e pensa. È Emma che pensa al nonno che è stato appena calato in una grande buca. E la domanda si impone imperiosa e grande: ma che si vive a fare se poi bisogna morire? Il padre, la madre, la maestra, la nonna, tutti saranno interrogati, e l’indagine esistenziale della piccola Emma non si placherà con nessuna delle risposte che gli adulti proveranno a formulare. 
Emma pensa e domanda, gli adulti sono sfiniti, le loro occhiaie si fanno sempre più visibili; le diverse risposte vengono vagliate, messe a confronto, generano altre domande. Ma Emma pensa e osserva, e un giorno di pioggia, quando un arcobaleno appare per poi scomparire, la piccola grande pensatrice riuscirà a chiudere il cerchio dei suoi pensieri. 
Negli otto racconti fin qui pubblicati troviamo sempre storie di grandi domande, di infanzie colte in frangenti che rivelano la loro forza fragile e salda al tempo stesso, la capacità indomita di fare esperienza della vita e di costruire autonomamente senso e significato, di non dare niente per scontato: è questo che fa di questa collana una miniera di piccole perle. 


Ne leggiamo di ancor più belle nella prima quartina pubblicata nel 2024: Vedi alla voce felicità di Mathis, Appena un tocco di Hanno, Il grande mistero di Mikaël Ollivier, e L’uomo senza un orecchio, una storiella che pare fare eccezione: nessuna infanzia a raccontare ma un uomo burlone a cui manca un orecchio e che per tutta la vita, alle domande dei conoscenti sul come e perché di orecchie ne ha una sola, risponderà ogni volta con una storia diversa, avventurosa e incredibile ogni volta di più. 
La firma è di Jean-Claude Mourlevat, che conosciamo per la grande capacità immaginativa e per lo spirito ironico e burlone di uno che di clownerie ne sa un bel po’. 
Allora ci affidiamo a queste brevi storie di Parole per Posta confidando nel fatto che ci faranno pensare e sorridere (che è il modo più interessante di attraversare i giorni), e che potranno viaggiare e contagiare da vicino e da lontano senza grossi limiti di età, da 8 a 108 anni. 

Patrizia 

La tovaglia bianca di Françoise Legendre, trad. Livia Rocchi, Pension Lepic, 2025 Colla e io di Mathis, trad. Livia Rocchi, Pension Lepic 2025 
Charly di Sarah Turoche-Dromery, trad. Ettore Malotti, Pension Lepic 2025 
Pensa a mangiare! di Mikaël Ollivier, trad. Angelo Petrosino, Pension Lepic 2025 


lunedì 30 giugno 2025

FAMMI UNA DOMANDA!

ENTOMOLOGHE DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!


La nostra specie combatte da sempre una guerra contro le zanzare. 
Una guerra che, a tutt’oggi, stiamo perdendo: ogni estate questi insetti ci pungono, e in tante parti del mondo iniettano microrganismi patogeni. 
Se da una parte, infatti, i nostri schiaffi, le bonifiche e gli insetticidi sono armi poco efficaci, dall’altra le zanzare si difendono e ci attaccano con sistemi biologicamente avanzati elaborati in milioni di anni di selezione naturale. Attenzione però: l’entomologo olandese Bart Knols ha messo a punto l’arma definitiva, quella che cambierà le sorti di questa guerra infinita e che ci porterà alla vittoria. L’esercito delle zanzare verrà sconfitto da un’arma potente e pestilenziale: l’odore dei nostri piedi! 

Il punto di partenza di questo libro è un accorato j'accuse nei confronti della società civile che si è dimenticata fino a oggi degli entomologi: neanche una strada, o anche solo un vicoletto, intitolati a qualcuno di loro. 
Ma adesso è giunto il momento di dire basta. E a dirlo, va da sé, è un entomologo. 
Gianumberto Accinelli si è preso la rivincita di pubblicare un libro in cui 14 tra entomologi ed entomologhe hanno cercato di dimostrare al mondo il valore delle loro ricerche e il più delle volte il mondo si è girato dall'altra parte... 
Si parte da una storia che, invece, dovrebbe interessare tutti: le zanzare. 
Bart Knols, quando si accorse che durante la notte le zanzare andavano solo da sua moglie, ignorando lui decise di capire quale fosse la differenza 'olfattiva' tra la sua pelle e quella della moglie. Ma prima di partire con la ricerca, decise di delimitare il campo di odori che emettiamo nelle diverse parti del corpo. Scoprì, dopo essersi fatto rinchiudere in una campana di vetro con molti esemplari di zanzare comuni, che esse si fanno guidare dal nostro respiro, e amano pungere nella parte superiore del nostro corpo, mentre le molto più pericolose Anopheles (altra campana di vetro e altri esemplari) sono attratte da un odore particolare che emettiamo dai piedi, possibilmente sudati e poco puliti: l'acido butirrico. E amano caviglie e gambe. 
Produrre l'acido butirrico in laboratorio è troppo costoso, in particolare per i paesi poveri colpiti dall'Anopheles. 


Fortunamente Knols era olandese e riconobbe che un famoso formaggio, costoso, ma non quanto l'acido butirrico sintetico da laboratorio, il Limburger, si distingue per l'ottimo sapore e il pessimo odore... così portò a termine il suo esperimento in vitro, attirando un enorme numero di zanzare anopheles intorno al suo pezzo di formaggio... 
La cosa che colpisce di tutto il racconto è lo spirito di sacrificio che ha contraddistinto l'operato di Knols. Credo che non tutti si sarebbero immolati per la causa, facendosi rinchiudere per del tempo in una campana di vetro con centinaia di esemplari di zanzare, solo femmine in cerca di proteine per le larve e per questo letteralmente fameliche... 
Le altre tredici storie si concentrano su altrettanti uomini e donne di scienza che hanno avuto, per la maggior parte, il compito di aver trovato una soluzione a una sempre più difficile convivenza tra uomo e insetto: uno troppo ingombrante rispetto all'altro molto più numeroso, ma decisamente più piccolo... 
La storia delle coccinelle è un altro bel racconto. 
Anche i bambini piccoli sanno, ammesso che qualcuno abbia letto loro almeno una volta nella vita La coccinella prepotente di Eric Carle, che le coccinelle sono ghiotte di afidi e pidocchi delle piante! Sono le antagoniste naturali di un gran numero di parassiti che decimano intere coltivazioni. L'allevamento di coccinelle è diventato ben presto un metodo di trattamento in agricoltura, ossia rappresenta la risposta naturale a molti dei problemi di infestazioni da parassiti. 
Ma il mondo è una roba complessa così l'allevamento delle coccinelle aveva delle controindicazioni. Nel loro periodo di allevamento, essendo loro molto voraci, arrivavano persino a cannibalizzarsi, con grosse perdite e costi che lievitano per gli stessi allevatori e di conseguenza degli agricoltori che provano a non usare i pesticidi. 
Fino al giorno in cui, di nuovo un entomologo, il cui nome è segreto, ha scoperto, quale sia il loro cibo preferito e ne ha venduto la ricetta, a carissimo prezzo, a una biofabbrica, perché lo produca. ricchissimo lui, ricchissima la biofabbrica. e noi che siamo in fondo alla filiera, un po' più tranquilli di non avvelenarci ogni volta che mangiamo una pera. 
Insomma 14 storie che, anche se non tutte colpiscono il nostro interesse allo stesso modo, possono essere lette per vedere in trasparenza anche come si sono mossi e si muovono- umanamente parlando - gli uomini e le donne che hanno fatto della scienza il loro mestiere. 
Per esempio sarà facile notare quanto le donne siano ancora e da sempre in minoranza rispetto ai loro compagni uomini, oppure verificare con piacere che tra scienziati, seppure dell'Ottocento, potesse esistere una deontologia e un grande fair play reciproco. 


Comportamenti del genere oggi stupirebbero molti. 
Per esempio, stupisce il fatto, nonostante l'importanza dei propri studi, si può essere dimenticati dall'intera comunità accademica per interi decenni. 
Si colgono le delusioni, la caparbietà, il coraggio, le intuizioni, i colpi di fortuna, la fiducia, la solidarietà tra colleghi, il sostegno tra allievi e docenti, insomma - alla fine delle 14 storie - si ha una bella panoramica della complessa rete di relazioni che tengono insieme, o separano irrimediabilmente, uomini e donne di scienza.
 

Una riflessione che dovrebbe ronzare nelle orecchie... 

 Carla

Storie di ordinaria entomologia, Gianumberto Accinelli, Cristina Trapanese 
Nomos 2025

venerdì 27 giugno 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

PIROTECNICO

Rosalie sogna... Nikolaus Heidelbach (trad. Valentina Vignoli) 
#Logosedizioni 2025 


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni) 

"Rosalie sogna... ...di avere dei genitori diversi. 
Mamma elefantessa marina, invece, sogna un sub che si innamora di lei. 
Il piccolo polpo in basso a destra sogna di essere un supercattivo che spaventa i bimbi piccoli. L'impavida ragazzina sogna di essere una cantante d'opera." 

Ed effettivamente, da che era in acqua con la sua ciambella si ritrova, su un palcoscenico a cantare la sua aria wagneriana accanto ai due giganti. Uno di questi vorrebbe tornare a essere piccolo ma in compenso avere una fidanzata grande. La quale, a sua volta, sdraiata nel letto, sogna di non fare più errori nel mandare gli inviti per il suo compleanno. E infatti eccoli arrivare, tutti muniti di pacchetto con il fiocco, quattro grandi pinguini. Uno di loro porta un regalo speciale: un porcellino d'India che a sua volta sogna di andare a vivere in una famiglia terrificante. A ben vederli sono davvero terrificanti con quel loro teschio al posto di un viso paffuto, ma a loro poco importa del porcellino d'india perché hanno mire ben più elevate: dominare il mondo. Ah, il mondo, figuriamoci se anche lui non ha un suo sogno... che ne conservi la forma ma ne stravolga del tutto il percorso e il destino... 

Quelle che sono le qualità che rendono Heidelbach Heidelbach qui ci sono tutte. 
La qualità estetica. La capacità di costruire congegni esatti e perfetti e semplici. La qualità dalla sua ironia, a cui si lega il piacere del gioco visuale. Il suo gusto di indagare il lato oscuro del pensiero: è di raccontarlo per quello che è, con la sua consueta onestà, sogno dopo sogno. La sua capacità di mettere in dialogo immagine e testo per farli deflagrare. 

© Nikolaus Heidelbach

La qualità estetica non si scalfisce. 
Ogni tavola è una composizione in cui nulla è fuori posto, ogni superficie è trattata con la proverbiale cura che la rende percepibile anche al tatto. Le simmetrie, la palette dei colori, la resa dei volumi e dei corpi, la resa maniacalmente esatta dei dettagli: dagli sfondi con i suoi insoliti parati fino ai primi piani dei personaggi, tutto dalla presa elettrica al mostro che domina la pagina merita la stessa cura e attenzione, per lui. 
Il congegno narrativo che qui Heidelbach monta funziona così: c'è qualcuno che sogna, il sogno si materializza nel disegno successivo e nello scenario che lo accoglie c'è un particolare, diciamo così, marginale che a sua volta innesca il sogno successivo. Quindi succede che da un sogno si passa a una realizzazione che a sua volta dentro di sé contiene un altro sogno. 

© Nikolaus Heidelbach

In questa sequenza virtuosa, il libro in quanto tale ha i suoi giri di pagina, e di questo Heidelbach si serve per accentuare l'effetto sorpresa, perché rende inevitabile che ogni due sogni il lettore non sappia minimamente cosa lo aspetti. Non sappiamo nulla di che genitori desideri la piccola Rosalie, niente delle fattezze del supercattivo, né della fidanzata grande o ancora della famiglia terrificante. 
In Rosalie sogna... l'ironia, che in ogni tavola lascia traccia di sé, come succede anche negli altri suoi libri, è tutta nei dettagli. E dove altrimenti? 
Per citare un esempio: la piccola cantante lirica, ossia la piccola che sognava di diventarlo, si è portata dietro la sua ciambella per nuotare (che ovviamente non ha la solita testa di cigno o di paperella...) e la indossa con noncuranza sopra il costume di scena, cosa che effettivamente nella tetralogia dell'Oro del Reno potrebbe tornare utile... 
In ogni tavola c'è almeno un dettaglio che cattura la nostra attenzione e accende connessioni interessanti: la canalina passa fili, le carte da parati, il cerchietto della sirena... 
Qui, fin dal titolo, è dichiarata la direzione che la storia prende: si parla di sogni e quindi si entra a pieno titolo nel mondo onirico, nella sfera del desiderio, si vanno a esplorare gli angoli più reconditi. 
Come sempre accade, Heidelbach non si tira indietro, anzi -con la sua consueta onestà- mette giù sogni autentici. 
Esordisce, non a caso, come a mettere sul chi vive il mondo degli adulti, con il sogno della protagonista, Rosalie. E ci va giù dritto: Rosalie sogna dei genitori diversi (sul finale se ne intuisce anche il perché). 
E questo lo si apprende ancora nel frontespizio... Ma la sequenza dei sogni successivi continua a non essere zuccherina: mostri che stanno lì per spaventare, squali, pesci pilota parecchio dentuti, ma anche folletti che cercano chi li ama per quel che sono. Non mancano i diavoli, persone intelligenti, né i polpi, animali intelligenti, e i mostri giganti in film di mostri... 
Nonostante questo sia già moltissimo, la qualità che fin da subito Heidelbach aveva dimostrato di saper sfruttare, è il suo modo esplosivo di mettere insieme parola e immagine. 
Nel dialogo, o sarebbe meglio parlare di scontro aperto, che costruisce tra il poco testo e la grande tavola c'è un mondo intero che si spalanca. 

© Nikolaus Heidelbach

Già questo lo avevamo notato, parlando di Cosa fanno le bambine? , libro in cui Heidelbach appunto crea di nuovo quel bell'attrito tra ciò che lo scarno testo recita e la sua declinazione visuale. Antraut mangia un panino, nell'immagine che le corrisponde, lei affettivamente addenta un panino, ma tutto quello che le ruota intorno fa la differenza. 
Qui succede esattamente la stessa cosa: Rosalie sogna...dei genitori diversi. Ma si può? Ma quali? Anche qui c'è lo spazio vuoto (Sophie Van Der Linden ha scritto pagine memorabili su questo) in cui il lettore è chiamato a entrare. Si stupirà? Riderà? Avrà magari anche fatto una sua ipotesi, prima di girare la pagina? Penserà che desiderare genitori diversi non è cosa disdicevole, anzi? Quali avrebbe scelto per sé? O semplicemente si scandalizzerà? E a questo punto si potrebbe ipotizzare che un ragazzino ci andrebbe a nozze con detto sogno, un grande un po' meno. Ma questa è un'altra storia che ci porterebbe lontano. La relazione che tiene insieme questo testo e queste immagini è esplosiva, appunto. Nel senso che fa esplodere mille altri ragionamenti (il che è sempre un bene), ma fa scintille anche nel merito dei singoli sogni e soprattutto nella scelta visuale che ha previsto una direzione piuttosto che un'altra. E naturalmente nella sua concatenazione di soluzioni che superano ogni possibile previsione.

© Nikolaus Heidelbach

Piccoli che sognano di essere cattivi, il mondo che sogna di essere una palla da bowling, un rinoceronte si immagina squalo... 
E quindi il cerchio si chiude, perché è nel contesto, in ciò che è marginale, lateralerispetto al fuoco centrale, che avviene lo scarto. Qui addirittura è il dettaglio, il più delle volte totalmente out of topic, che diventa la scintilla ulteriore. 
Proprio come i fuochi d'artificio che, quando li vedi esplodere pensi è così bello che sarà l'ultimo e invece no. Qualcuno nel buio, nascosto, ha acceso la miccia del successivo! 
Lo stesso fa Heidelbach. 

 Carla

mercoledì 25 giugno 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

WHERE ARE YOU? 

Tra le figure magiche del folklore europeo, lo gnomo è quella con cui l’umano condivide di più: certo è molto piccolo e vive molto a lungo, ma ha una struttura corporea simile alla nostra, analoghe strutture familiari, cammina eretto, non dispone di arti magiche ma utilizza tecnologie e collabora con gli animali. Questa rassomiglianza, pur essendo la base del suo fascino, rischia anche di renderci insensibili a quei particolari che ce lo farebbero conoscere davvero. Succede questo, quando le differenze sono sottili: si tende a non vedere, a semplificare, a ricondurre tutto a ciò che conosciamo meglio. 


Con “Tutto quello che c’è da sapere sugli gnomi da città” ci troviamo di fronte a una versione più attuale del classico “Gnomi”. Apparso nel 1976, “Gnomi” si presentava come un vero e proprio trattato enciclopedico (il primo in età moderna, stando alle fonti!) che restituiva un’approfondita ed esauriente ricerca sugli gnomi: dimensioni, cenni storici, aree geografiche di diffusione, aspetto fisico e fisiologico, usi e costumi. Questi gnomi – accuratamente osservati, descritti, misurati, rendicontati - erano quelli della foresta, un contesto oltre-soglia che li confinava in un altrove immaginario. La loro esistenza, pur prendendo corpo e sostanza grazie alle spettacolari illustrazioni iperrealistiche, rimaneva (e rimane) magica e fatata proprio grazie alla sostanziale impossibilità di verifica. 


In “Tutto quello che c’è da sapere sugli gnomi da città” l’illustratrice Loes Riphagen adotta lo stesso taglio fanta-divulgativo e la stessa minuziosa attenzione per documentare tutti gli aspetti che caratterizzano la vita quotidiana di queste piccole creature: tecnologie, strumenti, struttura familiare e abitudini domestiche; la quotidianità insomma, i rapporti con gli insetti e i piccoli animali, gli spostamenti, i pericoli e le strategie per evitarli. Ma visto che il piccolo popolo, quello che un tempo viveva nei boschi, si è spostato nei paesi e nelle città, è lì che l’albo ci porta: tra case, strade, giardini. Posti che frequentiamo abitualmente, che crediamo di conoscere e magari persino di controllare. 


In più, a fare da guida non è – come nel caso di “Gnomi”- un illustratore adulto in avanscoperta per conto degli umani e a sua volta condotto da un autorevole gnomo altrettanto adulto. Per noi c’è la piccola Kik, è una gnometta ragazzina esperta della propria realtà quel che basta per raccontarla, ma ancora dotata della necessaria meraviglia per farci davvero entrare, aprire bene gli occhi e vedere. 


Ad esempio la faccenda delle mani: sembrano tanto simili alle nostre, eppure gli gnomi di città hanno quattro dita. E la questione del cranio: quello degli gnomi cresce per tutta la vita all’interno del noto berretto rosso, finendo per assumerne la stessa forma conica. E per quanto riguarda l’ombelico: se a noi sembra ovvio che stia sul davanti, per Kik, ecco è altrettanto ovvio averlo sulla schiena. Più cose veniamo a sapere sulla vita degli gnomi di città più aumenta anche la consapevolezza di non conoscere del tutto quei luoghi che consideriamo “nostri”.


Non è facile per nessuno vedere davvero la realtà di ogni giorno. Distinguere come specifico quello che appare come scontato, realizzare quanto sia sorprendente quello che si ripresenta ogni giorno uguale, e misterioso quello che tende a essere fatto rientrare nell’ordinario. E intendo: la propria stanza da letto, la propria tazza della colazione, il tragitto casa scuola, gli insetti che evitiamo (chissà poi perché?). Anche le minutaglie in cui ci imbattiamo in ogni momento del giorno: i bastoncini del gelato, i frammenti di elastico, i tappi a corona delle bottiglie: forse sono molto di più che semplici rifiuti da scostare con la punta del piede. 


Questo albo lavora in direzione contraria: informa per moltiplicare i possibili accessi allo stupore, accumula particolari per indebolire il confine dell’oggettività delle cose reali, fornendo attraverso il linguaggio pur preciso della gnoma narratrice gli strumenti per esercitare attivamente la meraviglia. Perché tutte le cose potrebbero non essere solo quello che sembrano. Ogni frammento potrebbe essere un tesoro. Tutti i pertugi e gli angoli inaccessibili potrebbero essere soglie. E chissà poi cosa succede davvero, sotto i gradini e tra gli interstizi dei muri, oltre le pareti di casa e sotto i pavimenti. 


Stando a Kik, gli gnomi sono reali e vivono tra noi, dove noi non riusciamo ad arrivare, utilizzano lo spazio che è anche nostro ma ad altezze diverse, con altri strumenti e altre sensibilità. Ed è nell’esperienza straniante di questo spazio prossimo che esula dal nostro dominio, che si amplifica la possibilità di ricominciare a osservare le cose con uno sguardo più attento. Cosa ne è di una semplice passeggiata quando si viene a sapere che tombini e grondaie potrebbero essere l’ingresso di una dimora degli gnomi di città? Cosa diventa una scala, una volta saputo che sotto i gradini potrebbe abitare un’intera famiglia di gnomi? E quanto a lungo è necessario osservare un uccello che sfreccia nel cielo, se si ha il sospetto che sulla sua groppa potrebbe starci un minuscolo scolaro?


Particolare attenzione viene data ai travestimenti e alle metodologie che consentono di passare tra gli umani senza farsi vedere. Che sia da topo o da corvo, il travestimento viene annoverato tra le dotazioni di uso quotidiano. È qui che l’albo si sdoppia: raccontando di fatto la necessità dei piccoli – gnomi o bambini - di attuare un mascheramento a salvaguardia della propria integrità in un contesto di convivenza così prossima.
 

Non sarà un caso che, in mezzo alle dettagliate informazioni rese per buone e definitive da Kik, l’illustratrice consegni al lettore con apparente leggerezza l’unica domanda di tutto l’albo, la più trasversale: where are you? Dove sei? Una richiesta di collocazione che non riguarda soltanto gli gnomi, poiché la risposta, la definizione del nostro posto nel mondo procede di pari passo con l’individuazione puntuale e accurata degli altri, quelli che non fanno parte della quotidianità individuale ma che la percorrono assieme a noi, fianco a fianco, lontani eppure vicinissimi. Basta pensare agli animali delle città, alle diverse etnie che della stessa città fanno un uso diverso, basta pensare ai bambini, all’inaccessibilità di quel mondo piccolo che scorre assieme a tutti gli altri, dappertutto, con i propri usi e costumi e tradizioni trasmesse tra pari. Un mondo parallelo, forse davvero troppo simile al nostro, che presenta sottili differenze e che per nostra fortuna, conserva un carattere indomabile capace ancora di mettere in discussione chi crede un po’ troppo di aver visto tutto. 


Giorgia

 “Tutto quello che c’è da sapere sugli gnomi di città”, Loes Riphagen, (Trad. Valentina Franchi), Terre di mezzo 2025
“Gnomi”, Wil Huygen, Rien Poortvliet, (Trad. Maria Duca Buitoni), Mondadori 2018