sabato 29 novembre 2014

UNA BUONISSIMA FRUTTA PALLIDA

Mi ostino a preparare dolci a base di mandorle. Questa settimana, grazie a Susanna, ho sperimentato la pasta di mandorle o pasta reale.
Qualche anno fa proprio lei mi aveva regalato degli stampi in gesso per confezionare i fruttini di marzapane e una settimana fa è arrivato il momento di provarli.

Avevamo una ricetta nella quale si diceva di usare un chilo di polvere di mandorle, un chilo di zucchero a velo e 60 grammi di glucosio, insieme a una fialetta di essenza di mandorle amare, una di essenza di vaniglia…
Mi sembrava una proporzione di mandorle e zucchero veramente esagerata, rischiavamo di ottenere un pasta dal sapore stucchevole.
È bastata una telefonata a Claudia, archeologa siciliana che ogni anno insieme al padre produce dolci agnellini pasquali, per avere le informazioni corrette.
Se si vuole ottenere una pasta di mandorle in cui il sapore predominante sono le mandorle e non lo zucchero, la proporzione deve essere di 260 gr di zucchero a velo per 1 chilo di frutta secca.
Noi avevamo già le mandorle in polvere, ma sarebbe meglio partire dal frutto intero sbucciato e privato della pellicina.
Alla polvere abbiamo aggiunto 200 gr di zucchero a velo e 60 gr di glucosio (che dovrebbe aiutare a mantenere più a lungo umida la preparazione) sciolti in un bicchiere di acqua.
Prima abbiamo impastato con un cucchiaio di legno e poi con le mani fino a ottenere un impasto compatto e untuoso.
Abbiamo poi riempito gli stampi, facendovi aderire sopra un pezzetto di pellicola trasparente per evitare il contatto con il gesso e premendo bene in maniera da riempire tutti gli spazi.



Normalmente i frutti sono colorati, Claudia consiglia di evitare i coloranti artificiali e di usare il caffé, lo zafferano, il cioccolato. A me piacciono di più così, come fantasmi golosi.

Lulli

venerdì 28 novembre 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


UNA FOTOGRAFIA INGIALLITA

Album per i giorni di pioggia, Dani Torrent
Edizioni Corsare, 2014


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"A molti non piace quando finiscono le vacanze, ma io dico sempre che l'ultimo giorno d'estate è il mio preferito. A volte non mi credono, ma ho le mie ragioni.
In questo giorno ci riuniamo a casa. Le mie sorelle mi fanno una corona di carta e la nonna prepara la mia torta preferita."


È il compleanno di questo bambinetto dai capelli ricci, con la corona in testa (è il re della festa!), le guance rosse e due gambe che non possono camminare. Il suo compleanno viene di domenica: una domenica importante. Un giorno di pace, che precede il suo primo giorno di scuola, quello delle sue sorelle e che precede anche il ritorno al lavoro di mamma, di papà e di zio Ramón. Proprio zio Ramón gli ha regalato una macchina fotografica perché lui possa immortalare quella gioia, quella spensieratezza, quell'allegria che di solito anima le giornate di libertà e di riposo. E allora una foto a tutta la famiglia riunita in un abbraccio gigante e stretto stretto, uno scatto per zio Ramón che leggero salta come un ballerino di flamenco con due cozze come nacchere, un clic per le bolle di sapone di mamma, e uno anche per il tuffo di papà.


Il lavoro, i pensieri, le preoccupazioni torneranno ad affacciarsi domani. Oggi godiamoci la bellezza di gesti semplici, godiamoci lo stare tutti insieme lontano dalle paure, dalla fretta e dalle difficoltà.

Quella faccia di bambino-re seminascosto da una macchina fotografica che ti guarda dritto negli occhi non ti può lasciare indifferente. Leggi il titolo del libro e, visto che è novembre, non può non colpirti anche quello: sei in mezzo a quei giorni di pioggia cui allude.
Apri il libro e la cosa che colpisce di più è il tono caldo che avvolge le pagine: un soffuso tono 'ingiallito' che porta verso un tempo lontano, di vecchia foto, guarda un po'. E la stessa nostalgia che di solito proviamo di fronte a una vecchia foto riemersa da un cassetto sembra attraversare l'intero album. 


Una nostalgia per un ritmo di vita che non ci permettiamo più, una nostalgia per un mondo fatto di cose semplici, fatto di buona convivenza sociale, fatto di onestà e rispetto. Tutte cose che sembrano essere lontani ricordi: foto ingiallite, appunto. Eppure questo bambino, nonostante tutto, sa trovare il meglio della vita. Intuisce che quella giornata di festa rappresenta per tutti una boccata d'aria, un respiro a pieni polmoni, tra l'affanno della vita convulsa di tutti i giorni dove, per esempio, suo padre dovrà costruire case 'fortificate', suo zio dovrà 'difendere' il municipio, e sua mamma dovrà far quadrare i conti e risolvere i pasticci che tanti fanno con il denaro.
Per una storia così ben venga l'illustrazione di Dani Torrent, dal tono così onirico, che guadagna in leggerezza, a tal punto che tutti i personaggi fluttuano nell'aria, quasi a volersi tenere distanti dalle cose terrene. Altrettanta leggerezza non trovo nel testo. Un po' meno convincenti, forse complice l'asciuttezza che è richiesta ad un albo illustrato, le parole che, nel raccontare quella bella domenica, sfiorano diversi, forse troppi, temi caldi: la corruzione, la sete di ricchezza, la paura dell'altro, che forse avrebbero meritato  maggiore profondità. Leggerezza e semplicità nascono da lunghe e attente riflessioni da fare, magari, proprio nei giorni di pioggia.


Carla


giovedì 27 novembre 2014

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

GIOCHI AI TEMPI DEL SOVIET


C'è ristampa e ristampa. Spesso ripubblicare testi, o traduzioni, o intere collane per i grandi editori è soprattutto un'operazione finanziaria, che magari va di pari passo con la scelta di far morire titoli non abbastanza efficaci sul mercato, invaso da quantità smisurate di novità.
Qualche volta, però, questo consente di ridare vita a parti di cataloghi importanti, in cui si nascondono titoli interessanti, giustamente riproposti a nuovi lettori . Grandi editori come Einaudi, Mondadori, Rizzoli e altri hanno davvero un grande patrimonio che sarebbe grave perdere definitivamente.


Quindi saluto con piacere la ricomparsa fra gli scaffali di un racconto di Rigoni Stern, illustrato da Angelo Ruta; si tratta di Compagno Orsetto, pubblicato per la prima volta dalle Edizioni E. Elle nel '92 e poi riproposto nelle Storie e Rime della Einaudi Ragazzi, ora nella nuova veste con font facilitato.
La storia è piccina: un orsetto, presto battezzato da una banda di ragazzini Griscia, si avvicina al cortile in cui giocano dei bambini e diventa il loro compagno di giochi preferito. Lo segue a distanza Mamma Orsa.
La voce di questa incursione si spande e presto arrivano scienziati e uomini della forestale che addormentano e catturano la coppia di orsi, per riportarla nel folto della foresta siberiana. Il più piccolo dei bambini, Petja, particolarmente affezionato all'orsetto, ci resta male e coltiva nel cuore la speranza di ritrovarlo.
Storia delicata, che trasmette l'amore e la conoscenza della natura dell'autore
e il ricordo, sicuramente drammatico, delle campagne siberiane innevate, conosciute durante la guerra. Nello stesso tempo, una sorta di fotografia della Russia sovietica, così come la si può raccontare ai bambini.
Certo, c'è un pizzico di amarezza, nel constatare come certi valori, sostenuti allora con forza, per esempio il rispetto della natura, siano stati tradotti in tanta retorica e scelte del tutto contraddittorie, come la recente vicenda dell'orsa Daniza ha dimostrato.


Mi sembra, questa ristampa, un bel regalo per le nostre bambine e i nostri bambini, alle prime armi con la lettura, grazie anche alle illustrazioni che incorniciano e arricchiscono il racconto, con un elegante sapore retrò.
Eleonora

“Compagno Orsetto”, M. Rigoni Stern e A. Ruta, Einaudi Ragazzi 2014

mercoledì 26 novembre 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL SUO MIGLIOR TRAVESTIMENTO

ATTENTI AL GUFO!, Sean Taylor, Jeanne Jullien
Lapis 2014


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Tutti sanno che i gufi sono saggi. Ma oltre ad essere saggio...io sono un vero maestro del travestimento. In quattro e quattr'otto mi faccio un costume.
Guarda... mi travesto da..."


Alla mezzanotte di una notte buia e tempestosa, appare da sinistra e sfreccia nel cielo come una stella cadente, un gufo. Ha fame ed è in cerca di cibo. La sua tecnica di caccia, lo dichiara, è il travestimento. Individuato il potenziale bottino, in un batter d'occhio, riesce a mascherarsi per essere attrattivo nei confronti della preda: una carota per un coniglio, mamma pecora per un agnello, una fontanella per un piccione. Nonostante la buona riuscita del travestimento, tutti questi riescono a scappare e il gufo rimane a bocca asciutta ogni volta. Non perdendosi mai d'animo, prosegue e finalmente arriva ad una preda che le gambe per fuggire non le ha: una pizza (con la salsiccia, irresistibile, con buona pace dei vegetariani...). Il solito buon travestimento, complice certa staticità della pizza suddetta, il gufo finalmente fa cena.



Albo illustrato geniale, per molteplici motivi che provo a snocciolare.
Il personaggio. Di lui non sappiamo nulla. Si affaccia sulla pagina, facendo capolino dall'angolo destro, ancor prima della pagina con il colophon e il titolo stesso. Se ne deduce che sia piuttosto egocentrico. 


Lo vediamo sfrecciare sulle pagine notturne da sinistra a destra vorticosamente, lo sentiamo parlare con tono assertivo e veloce. Se ne deduce che si senta 'onnipotente'. Talmente potente e di corsa da non avere il tempo e la voglia di registrare come sconfitte i numerosi tentativi di predazione falliti: sono solo piccoli incidenti di percorso su cui non perdere altro tempo. 
Cerca di convincerci, ed è lui il primo ad esserlo, della sua pericolosità e della sua bravura nel travestirsi, senza considerare l'ipotesi che qualcuno non ci caschi. Se ne deduce che sia un ingenuo.
Ha due occhi grandi (i gufi li hanno per contratto, ma questi sono perforanti) che per tutto il libro ci guardano intensamente, soprattutto per convincerci della sua ineffabilità nei diversi travestimenti. Se ne deduce che il gufo sa che con quegli occhi grandi catturerà, se non la preda, almeno la nostra attenzione e simpatia.
Riassumendo: il gufo è egocentrico, si ritiene invincibile, ha capacità di dimenticare facilmente la sconfitta, è ingenuo e ci guarda con i suoi occhioni. Chi è? Chi si nasconde davvero dietro le sue piume? E questo è il suo travestimento più riuscito: dietro di lui si nasconde un bambino, o meglio, Il bambino.
Ed è forse questa la principale ragione che fa emergere la bellezza di questo albo. L'aver saputo raccontare il pensiero e l'azione di un cucciolo.
I bambini, per poter sopravvivere in un mondo di grandi, sono egocentrici, economici (non si fanno fermare dalle sconfitte, ma vanno dritti all'obiettivo da conquistare), sono ingenui e hanno grandi occhi con cui ci guardano per conquistarci.


Il ritmo. Una storia incalzante, che non lascia respiro. Perfetta in ogni suo tempo. Spinto dalla fame e dal piacere di essere un abile trasformista, convinto di averci convinto, il gufo va a mille e lo fa non solo con il corpo, saltando di qua e di là nella pagina, ma lo fa con la mente sempre in cerca di qualcosa di nuovo. Una sorta di ritornello ci accompagna fino a bordo pagina e ci convince che lui sia davvero il migliore e, girando il foglio, ogni volta scopriamo che cosa lui abbia escogitato: la risata è irrefrenabile. Nella pagina successiva cìè sempre un divertissment che ci deve distrarre dal suo temporaneo fallimento.
Il segno: incisivo, semplice e molto comunicativo. Poche grandi pennellate per disegnare un gufo, il suo vorticare nella notte e per definire i travestimenti.


Proprio bravi! Tutti. L'autore, Sean Taylor che, ad ogni libro che fa, prende un premio. L'illustratore, Jeanne Jullien, geniale all'ennesima potenza (andatevi a vedere qui) e l'editore, Lapis, che fa delle grandi scoperte nel campo dell'albo illustrato e porta in Italia autori come Olivier Tallec, Jason Chapman, Chris Haughton e adesso Sean Taylor e Jeanne Jullien.
Lunga vita a loro e al gufo!

Carla

martedì 25 novembre 2014

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


IL RITMO DELLA TRAGEDIA


Premetto che questo romanzo, Io sono la neve, di Elizabeth Laban, è decisamente dedicato ai ragazzi e alle ragazze delle superiori, non solo e non tanto perché le tematiche sono quelle proprie della piena adolescenza, ma perché a fare da filo conduttore è qualcosa di squisitamente letterario, la tragedia.
L'oggetto di studio che ossessiona gli studenti protagonisti delle due storie che si intrecciano nel romanzo, è appunto la tragedia, soprattutto nella versione shakespeariana. E le riflessioni che i ragazzi svolgono su questo tema si intrecciano alla vita reale.
A Duncan, studente dell'ultimo anno, viene assegnata la stanza che l'anno precedente ha ospitato Tim; in essa è nascosto un tesoro, lasciato dal precedente occupante, secondo la tradizione del college. In questo caso si tratta di alcuni cd, in cui Tim, ragazzo albino pieno di problemi, ha lasciato incisa la storia del suo quarto anno; e un mazzo di chiavi, il cui senso si capirà solo alla fine.
Duncan viene catturato da questa storia, in cui in realtà era coinvolto in prima persona.
E' a questo punto che la narrazione prende la struttura della tragedia: delineati i personaggi, dai nomi e cognomi evocatori, il lettore sa che dalle scelte del protagonista Tim non possono che derivare guai; vede quello che lui non vede, immagina lo sbocco drammatico, teme che il triangolo fra Tim, la ragazza di cui è innamorato, Vanessa, e il suo boy friend, atletico e ottuso come si conviene, non possa che portare sventure. E poi c'è l'evento scatenante, il Grande Gioco, anche questa una tradizione della Irving, che coinvolge tutti gli studenti del quarto anno.
Duncan, e noi con lui, segue tutti i passi di Tim verso il Dramma, l'evento che sconvolge le vite di tutti i personaggi, di cui lui stesso è stato testimone e, in parte, responsabile. Ordine-caos-ordine, secondo una struttura logica inoppugnabile.
In questo c'è molto della tragedia in senso letterario, il destino spietato che costruisce le sue trame ben al di là della volontà dei singoli; ma c'è anche la descrizione abbastanza realistica di come le dinamiche interpersonali fra gli adolescenti aiutino il destino a compiersi: ci sono le scelte sbagliate, lo sfidare la morte, la malattia, i propri limiti per dimostrarsi uguale agli altri, ci sono i momenti di paura e quelli in cui si affrontano coraggiosamente gli eventi.
Ci sono i primi amori, le amicizie vere e quel po' di saggezza che fa raddrizzare le cose, nei limiti del possibile. Gli adulti sono sullo sfondo, distanti in tutti i sensi, con l'eccezione di qualche insegnante, a sottolineare la solitudine, in quel passaggio così doloroso, nel diventare adulti.

Eleonora

“Io sono la neve”, E. Laban, Rizzoli 2014



lunedì 24 novembre 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


IL VIZIO DELL'AMORE
Adesso scappa, Patrizia Rinaldi, Marta Baroni

Sinnos 2014



FUMETTO PER GRANDI (dagli 11 anni)



"INGHIOTTICI MURO, PENSO COME UNA PREGHIERA, MA IL MURO NON CI INGHIOTTE. ROBERTA, MAURIZIA, GIOVANNA E ZAGO, IL CAPO, SANNO CHE NON POSSIAMO ANDARE VIA. IL MURO NON SOLO NON CI INGHIOTTE, MA DIVENTA COMPLICE DEL NEMICO. LE GAMBE MI DICONO: ADESSO SCAPPA, ADESSO SCAPPA, ADESSO SCAPPA. MA È INUTILE."



Maddalena, schiacciata contro un muro dalla violenza e dall'arroganza di quattro bullette, rimane inchiodata lì. La paura le blocca le gambe ed è subito vittima. Loro sono in quattro, un branco, lei è da sola e inerme. La umiliano, la prendono in giro per l'apparecchio ai denti, per il colore dei capelli e la minacciano di violenza se non riferirà nel dettaglio ogni mossa di Alessandro, il 'maschio' di Zago. Anche lui ha da scontare lo stesso debito in latino che hanno dato a lei.



L'unico amico su cui può contareMaddalena è Giorgio, un altro che come lei è stato marchiato a fuoco: un altro sfigato.

La situazione è pesante, l'aria irrespirabile, nessuna luce all'orizzonte perché Alessandro piace anche a lei, ma pare irraggiungibile, lui è 'cosa' di Zago.

Ma smettere di pensare a lui non è possibile, ogni pezzo della testa e ogni pezzo dello stomaco immagina e così il corso di recupero si rivela una punizione ma anche una benedizione. Non solo è la chance di poter incontrare Alessandro quotidianamente, ma è anche la possibilità di scoprire che è proprio lei a piacergli. Tra loro c'è 'corrispondenza sentimentale'. E allora la contentezza parte e nessuno la ferma più.

Sparisce il grigio e torna la gioia che esiste, nonostante tutto.



Dall'altra parte della cattedra il prof. Reggilli sta facendo un percorso altrettanto difficile: sta cercando una nuova motivazione per la sua professione che ha tradito, il giorno in cui ha chiuso gli occhi di fronte a un'ingiustizia, di fronte alla violenza, alla legge del più forte che domina i rapporti.

Sullo sfondo di un liceo qualsiasi si muovono personaggi molto diversi tra loro: da una parte un branco di ragazze violente ed arroganti, professori distratti e conniventi e dall'altra ragazzi che vogliono vivere la loro felicità fatta di panini mangiati insieme, di tenerezze, di apparecchi per i denti che spariscono e professori che non dimenticano l'importanza del loro compito di educatori.

Una bella storia a fumetti che parte tagliente, dura, che lascia senza fiato per la sua crudezza e che con il passare del tempo e lo scorrere delle pagine si arrotonda e si addolcisce nel racconto di una bella amicizia e di un primo amore che nasce a scuola.

Amore tra i banchi: quello di due ragazzi e quello di un professore per il proprio lavoro.



La forza generata dalla passione, la sicurezza che nasce dal non sentirsi più soli dissolvono le paure di Maddalena da una parte e di Reggilli dall'altra. Entrambi trovano, dopo un percorso pieno di ostacoli, il coraggio di dire no. Per potersi guardare ancora nello specchio ogni mattina.

Adesso scappa: una frase che segna l'inizio e la fine di questa storia, ma che ha un tono molto diverso: il primo fatto di paura, il secondo fatto di libertà.



Carla



Noterella al margine: un filo rosso lega Adesso scappa a Cattive Ragazze e a Pesi massimi: graphic novel, ribellione e font facilitato sono una bella costante.


sabato 22 novembre 2014


POLVERE DI MANDORLE

Sono in una fase di passione per le mandorle. Le mangio la mattina a colazione, produco dolci a base di questo frutto buonissimo.
Dal libro dal quale non finisco mai di attingere da una ventina di anni, Il Larousse dei dolci (traduzione di Larousse des desserts), Sperling & Kupfer Editori, 1986, ho tratto la ricetta di oggi.
Si chiama Amandin.

Sono necessari:
200 gr di zucchero (secondo la ricetta 250, ma per me è eccessivo)
4 uova
200 gr di polvere di mandorle
2 arance
2 cucchiai di gelatina di arance
50 gr di mandorle tritate grossolanamente per decorare (io invece ho usato arance candite)



Separare i tuorli dagli albumi e batterli con lo zucchero per almeno 10 min o finché il composto diventerà bianco e molto morbido.
Unire la polvere di mandorle, la scorza di un’arancia, il succo delle due arance.
Montate a neve ferma gli albumi e incorporateli al tutto.
Imburrate una tortiera di 2cm di diametro.
Copritene il fondo con carta da forno e imburrate anche questa.
Versatevi l’impasto.
Mettete nel forno a 180 °C e dopo un quarto d’ora aumentate la temperatura a 200 °C.
In totale fatelo cuocere per 50 min.

Quando il dolce sarà freddo spalmatelo con gelatina di arance e rivestite i bordi con le mandorle tritate oppure, come ho fatto io, con fette di arance candite (trovate la ricetta al 5 gennaio 2014).

Lulli

venerdì 21 novembre 2014

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


PORTE SEGRETE E LANTERNE MAGICHE



Già Saniay Patel aveva prestato il suo talento di animatore Pixar ad un libro illustrato, Ramayana; ora anche Aaron Becker, disegnatore della Disney e della Pixar, affronta la sfida con il primo libro di una trilogia, che meritoriamente Feltrinelli porta in Italia: Viaggio, un suggestivo album senza parole, dedicato al potere dell'immaginazione.


Una bambina si annoia, gli adulti sono sempre impegnati e non possono dedicarle attenzione. Cosa può ridare colore alla sua giornata grigia? Disegna con il gessetto rosso una porta sulla parete e la apre: ecco apparire un bosco pieno di colori, di lanterne misteriose e luci fatate; sulla sponda di un fiume, basta disegnare una barchetta rossa e salirci sopra per arrivare ad un regno incantato, un immenso palazzo che è costruzione e città insieme. 


Qui vive un meraviglioso uccello del paradiso, di colore viola; il cattivo imperatore lo imprigiona, ma la nostra bambina, munita di mongolfiera, riesce a liberarlo, perdendo però il suo indispensabile gessetto. Le verrà in soccorso il volatile dalla lunga coda e insieme, su un tappeto volante, continuano a viaggiare fin quando non incontrano chi ha usato quel pastello viola. Anche l'uccello del paradiso, infatti, nasce da un sogno, dall'immaginazione di qualcuno con cui continuare a vivere il viaggio.


Come si vede, è una storia semplice, dal messaggio lineare e chiaro; quello che colpisce è la realizzazione, raffinata e intensa nello stesso tempo. E' un libro da guardare e riguardare, denso di dettagli, di segnali, di colori guida che raccontano più di quanto sembri, direi anche di citazioni cinematografiche.
Un intenso elogio dell'immaginazione infantile, dell'intima libertà che essa produce, la possibilità di essere altrove e di potersi creare il proprio altrove. La solitudine, il silenzio possono anche far pensare ad una dimensione malinconica, triste, ma sono anche il punto di partenza per dare espressione alla creatività, per trovare in se stessi quelle grandi risorse che spesso la routine e lo stordimento quotidiano, così pieno di cose da fare, nascondono.
Mi sembra un esordio davvero interessante, e un messaggio di certo condivisibile.
Se volete farvi un'idea più precisa, questo è il booktrailer.


Eleonora

Viaggio”, A. Becker, Feltrinelli 2014



giovedì 20 novembre 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


COME PANE E BURRO

Rico, Oscar e la Pietra Rapita, Andreas Steinhöfel, Peter Schössow
Beisler 2014


NARRATIVA PER GRANDI (dagli 11 anni)

"Orsi è stato il nostro primo morto, per questo eravamo un po' agitati. Era sdraiato su un fianco, con le gambe piegate di fronte alla porta chiusa del suo appartamento, vestito con il suo puzzolente pigiama blu a righe grigie. aveva gli occhi chiusi. Per fortuna. Mi sarei preso una gran strizza se il suo cadavere mi avesse fissato."

Esterno berlinese. Piove. Uno sparuto gruppo di persone si è riunito di fronte a una fossa aperta, nel cimitero della città. È il funerale del signor Orsi. Quel vecchio scontroso che abitava al quarto piano di un palazzone berlinese, è stato trovato morto stecchito da due ragazzini, Rico e Oscar.
Così comincia la terza e ultima, ahinoi, avventura di questi due curiosi amici: uno, lungo lungo e lento di cervello (sempre meno, a dir la verità) l'altro, basso basso basso pieno di inventiva e di fobie (sempre meno, a dir la verità). Perfetti, insieme: come pane e burro.
Le trame delle loro avventure sono complesse e avvincenti. Qui basti sapere che i due sono all'inseguimento, fino sulle coste del Baltico, di due ladri di sassi. La mitica collezione di pietre da allevamento che riempiva la solitudine dello scontroso Orsi ora è diventata oggetto del desiderio da parte di una presunta ereditiera e del suo poco raccomandabile fidanzato. La meravigliosa 'pietra vitellina' che il vecchio ha lasciato per testamento a Rico è sparita e con lei un altro paio di altri sassi 'interessanti'.
Per il ponte di Pentecoste, complici una serie di circostanze favorevoli i due ragazzi partono (in verità a partire sono in parecchi, come al solito).
Direzione: Costa d'Ambra, Prerow. E poi tornano e, come dopo ogni viaggio che si rispetti, al loro rientro sono cambiati, sono cresciuti. E noi con loro.


L'intreccio serrato della storia non permette sosta nella lettura e fa sudare il blogger che cerca invano di raccontarla. Succede a un mucchio di personaggi un mucchio di cose che vanno a posizionarsi ordinatamente come pezzi un puzzle per ricomporre un quadro di insieme che non ha sbavature o cedimenti. Tutto torna alla perfezione. Neanche per un momento perdiamo il gusto di seguirli, tanto è robusta la costruzione e non dubitiamo mai neanche un momento che quello che leggiamo non sia potuto accadere davvero. E così finiamo per essere 'complici' di questi due ragazzini così speciali. Ma se questo è quello che ci succede nella testa, scoprendoci a ragionare con loro su cosa sia meglio fare per arrivare prima a Berlino a smascherare la ladra, o su cosa sia meglio fare per evitare che il controllore sul treno si accorga dei due clandestini, ben altro succede nel nostro cuore, leggendo quello che Steinhöfel infila tra le righe. Sottilmente, siamo attratti a livello emotivo dalle ingenuità di quei due, dalle loro paure, dalle loro insicurezze, in sistesi dal loro essere bambini in un mondo di adulti. Inevitabilmente prendiamo le distanze da alcuni personaggi, ci leghiamo ad altri, ne apprezziamo o ne critichiamo le scelte, in sistesi diventiamo parte di quella comunità sulle pagina. Questo variegato e meraviglioso intreccio di diversissima umanità che nei libri di Rico e Oscar mi ha sempre molto colpito e affascinato è di nuovo qui. Esso, nella sua poliedricità, rappresenta una rete a maglie più o meno strette su cui questi due bambinetti cercano di arrampicarsi per diventare grandi.
Ci riusciranno, ve lo anticipo.
Ma non saranno i soli a dover fare strada. Come nella vita vera, anche molti adulti devono arrampicarsi per arrivare a trovare la loro personale felicità. Così andrà per il fragile Lars, così per la bella madre di Rico e per il magnifico Celli, così per la dolce signora Dolci e il goffo signor De Brocchis, o ancora per il seducente Rubini.
Solo Mommsen continua ad affogarsi nell'alcol, ma va bene anche così.

Carla

Noterella al margine: lo sospettavo e oggi ne ho avuto la conferma. Le pietre preziose, nella realtà come nella finzione di un libro, si nascondono. Mai fidarsi delle apparenze. Lo stesso si può dire per i personaggi di questa storia. Opachi all'esterno, preziosi dentro. 

Altra noterella al margine: chiudo il libro con gli occhi lucidi (non faccio testo perché sono una dalle lacrime in tasca) e disperatissima realizzo che di quel palazzo e dei suoi abitanti non potrò sapere più niente. Steinhöfel, d'altronde, ha dato un futuro a tutti, pietre comprese, e ora, leggero, gira lo sguardo altrove.

mercoledì 19 novembre 2014

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


ANCORA METAMORFANDO


Che sia difficile venire al mondo, è cosa nota, ma non a tutti capita di dover lottare contro le congiure di una dea, Giunone, offesa dall'ennesimo tradimento di Giove; è quello che capita ad Ercole, figlio del dio e della sfortunata mortale Alcmena, le cui doglie sono rese interminabili dall'intreccio di braccia e di dita imposto dalla dea. A consentire la nascita dell'eroe, sarà, come spesso accade in queste storie, un'astuzia. Queste divinità, infatti, non solo sono preda di incessanti passioni, ma qualche volta si distraggono, ed ecco là, il nodo si scioglie e il pargoletto velocemente viene alla luce. Quello di Alcmena forse non è il mito più conosciuto, ma è stato più volte analizzato proprio per il simbolismo legato al parto.
Questo è uno dei dieci miti, scelti da Piumini per dare ai ragazzi e alle ragazze un'idea di quel meraviglioso incastro di storie rappresentato dalle Metamorfosi di Ovidio.


Avevo già segnalato due precedenti riduzioni.
Le Metamorfosi. Storie di mitologia, pubblicato da Mondadori, raccoglie, dunque, dieci racconti collegati fra loro da una sorta di cornice, un racconto ambientato nel nostro presente e che vede due ragazzini greci alle prese con la scoperta di un'antica grotta in cui sono rappresentati, sulle pareti, guarda caso dei miti.
Sia la cornice che i dieci capitoli dedicati ad altrettanti storie mitologiche sono accompagnati dalle tavole di Sanna, in bianco e nero quelle relative al racconto presente, a colori quelle che affiancano i miti, alternando dunque il grigio e il nero di un'avventura avvolta di mistero, ai colori delle storie del mito.
Intelligente la scelta di mettere insieme miti molto conosciuti, come Apollo e Dafne o Dite e Proserpina, ad altri meno noti; storie d'amore, anzi di amori diversi, innamoramenti travolgenti, corteggiamenti astuti e atti di violenza, si alternano. Ma diverse storie vedono il ruolo centrale della hybris, l'arroganza umana che spinge i diversi personaggi a sfidare gli dei, per esempio le Muse, consegnandosi ad un destino tragico. Numerose le trasformazioni, magiche, divine, salvifiche o punitrici, dove l'immaginazione sembra non avere limiti.
Le storie d'amore erano state il filo conduttore del libro di Mussapi: anche qui svolgono un ruolo centrale e sono spesso la narrazione delle infatuazioni che coinvolgono una divinità, con esiti spesso tragici per le incaute mortali che respingono l'ardore divino o che causano la gelosia e la vendetta di altre divinità. Piumini generosamente chiude il volume con una storia a lieto fine, quella di Vertumno e Pomona, a mostrare che talvolta la felicità è possibile, che anche il cuore più duro può aprirsi all'amore.


Questa riduzione di Piumini è sicuramente, per capacità di sintesi, per il linguaggio poetico e nello stesso tempo immediato, per la scelta delle storie, più vicina ai bambini di quanto non lo fosse quella di Mussapi; la lettura è indicata a partire dai dieci anni.
Ma se avete tempo, lo ripeto, riprendete in mano l'originale, non spaventatevi per la mole imponente e immergetevi in quei versi, solo apparentemente lontani.

Eleonora

Le Metamorfosi. Storie di mitologia”, R. Piumini, Mondadori 2014



martedì 18 novembre 2014

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


"IL CATALOGO È QUESTO"
 
Robot, Bruno Tognolini, Marco Somà
Rizzoli 2014



ILLUSTRATI PER MEDI (dagli 8 anni)

"Sono Tatanko, l'antico primo dio Bisonte Bianco.
Con grandi corna curve sulla testa, sapessi che mal di testa!
Ti parlo da un mondo futuro, che è la tua Terra tornata alla selva.
Ah, sì, solo immense foreste coprono la vecchia palla!
E steppe, deserti e ghiacciai.
Vedessi, è più bella che mai!"


Bambino che leggi, ascolta la parola di Tatanko: Niente città, niente case o casipole (la lingua di Tatanko è colta). Tutto è stato cancellato. Sulla Terra tutta nuova girano solo due branchi di scimmioni armati di bastoni. E animali piccoli e grandi. Tatanko ti racconta di aver trovato qualcosa sfuggito alla distruzione: un taccuino che raccoglie l'elenco degli attrezzi che l'umanità aveva inventato per sé. È un catalogo di robot. Sfoglialo, è molto interessante. Di robot ce n'è per ogni esigenza: per portare a passeggio i cani gli uomini avevano progettato Rescican®, per le questioni legate all'apprendimento c'era Sekkio®, Fiokko® per allacciarsi le scarpe, Griffo® per consigliare l'abbigliamento più adatto, e Kunto® per leggere una fiaba la sera. Per ognuno di loro, in detto catalogo, sono elencate le caratteristiche tecniche, le abilità e le precauzioni da osservare nell'uso, nonché gli optional e gli accessori.


Certo che per Tatanko, che esiste dall'inizio dei tempi, deve essere stato appassionante seguire l'evoluzione del genere umano. Al principio gli umani erano scimpazoni e avevano solo l'ingegno dalla loro eppure di strada ne hanno fatta parecchia: dal bastone come prolunga del braccio, alla scheggia di ossidiana che taglia e ferisce si arriva, per tappe, alle macchine per fare quello che le mani non vogliono più fare. Si dimezza la fatica e si arriva alla costruzione delle macchine che generano altre macchine. E il tempo sembra correre più veloce. Milioni di anni per evolversi da scimmione a uomo, e un giorno per trasformare il mondo con macchine che non hanno un freno. Attenti, uomini, che vanno più veloci dello stesso cervello che le ha pensate.
Troppe macchine, troppo veloci, distruggono la Terra e Tatanko ha detto basta. Con un bel Diluvio si ritorna al Via. L'onda è partita, e il mondo è andato sotto.
Niente più macchine, niente più gente. Sulla Terra ora ci sono di nuovo solo gli scimmioni. Chissà che questa volta abbiano imparato la lezione!


Tognolini e Somà, l'umanità e il suo catalogo.
Il punto di partenza è un topos caro a molta letteratura:il mondo dopo la fine del mondo. Un dio originario, Tatanko o Bisonte, preso a prestito dalla cultura dei nativi americani, con il giusto distacco di spazio e tempo osserva l'umanità e la sua evoluzione. Vede e punisce i grandi errori che essa ha commesso, ma nello stesso tempo, affettuosamente, come un buon padre, le offre una seconda possibilità. Gli uomini hanno esagerato, hanno superato il limite di guardia, hanno distrutto per sete di progresso tutto ciò che di buono era stato loro affidato. E allora, per salvare il salvabile, occorre cancellare il passato e ripartire da zero.
Questo il suo racconto, dal principio alla caduta. E in esso, intrecciato sapientemente, si insinua il catalogo delle macchine che l'uomo ha creato per il suo benessere. Attraverso le sue invenzioni, l'uomo racconta di sé.

Un enorme tema, che ci facciamo qui?, teso come una rete, su cui poggia un elenco ordinato e sistematico -un catalogo, appunto- di cosa sia l'uomo, 'letto' in chiave meccanica.
Un elenco geniale, immaginifico, allusivo e sommamente arguto.
E così, robot dopo robot, ridendo, ci si rivolge a un bambino ideale, un bambino che è tutti i bambini, parlandogli di amicizia, di solitudine, di doppio, di apparenza, di egoismo, di affetto e di molto altro ancora.
In una lingua che suona.
Marco Somà, all'altezza della grande sfida, le dà magnifica forma. Pieno di riferimenti e citazioni, il disegno cattura lo sguardo nell'accuratezza del dettaglio. La consonanza tra il racconto e le immagini mi fa supporre che i due abbiamo lavorato, in fase creativa, gomito a gomito. E se lo hanno fatto si sono contaminati l'uno con l'altro, al punto di risultare coincidenti.
Il risultato finale è denso di senso.


Se fossi maestra, lo porterei in classe e, giorno dopo giorno, passerei in rivista un robot dopo l'altro. Si riderebbe sui processori Mentina®, sugli optional, sui niconomi e nel contempo, come ogni buon catalogo, ci aiuterebbe a sistematizzare la conoscenza. Solo cose buone ne uscirebbero.
E Tatanko, che ora danza lontano, approverebbe.

Carla