lunedì 30 giugno 2025

FAMMI UNA DOMANDA!

ENTOMOLOGHE DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!


La nostra specie combatte da sempre una guerra contro le zanzare. 
Una guerra che, a tutt’oggi, stiamo perdendo: ogni estate questi insetti ci pungono, e in tante parti del mondo iniettano microrganismi patogeni. 
Se da una parte, infatti, i nostri schiaffi, le bonifiche e gli insetticidi sono armi poco efficaci, dall’altra le zanzare si difendono e ci attaccano con sistemi biologicamente avanzati elaborati in milioni di anni di selezione naturale. Attenzione però: l’entomologo olandese Bart Knols ha messo a punto l’arma definitiva, quella che cambierà le sorti di questa guerra infinita e che ci porterà alla vittoria. L’esercito delle zanzare verrà sconfitto da un’arma potente e pestilenziale: l’odore dei nostri piedi! 

Il punto di partenza di questo libro è un accorato j'accuse nei confronti della società civile che si è dimenticata fino a oggi degli entomologi: neanche una strada, o anche solo un vicoletto, intitolati a qualcuno di loro. 
Ma adesso è giunto il momento di dire basta. E a dirlo, va da sé, è un entomologo. 
Gianumberto Accinelli si è preso la rivincita di pubblicare un libro in cui 14 tra entomologi ed entomologhe hanno cercato di dimostrare al mondo il valore delle loro ricerche e il più delle volte il mondo si è girato dall'altra parte... 
Si parte da una storia che, invece, dovrebbe interessare tutti: le zanzare. 
Bart Knols, quando si accorse che durante la notte le zanzare andavano solo da sua moglie, ignorando lui decise di capire quale fosse la differenza 'olfattiva' tra la sua pelle e quella della moglie. Ma prima di partire con la ricerca, decise di delimitare il campo di odori che emettiamo nelle diverse parti del corpo. Scoprì, dopo essersi fatto rinchiudere in una campana di vetro con molti esemplari di zanzare comuni, che esse si fanno guidare dal nostro respiro, e amano pungere nella parte superiore del nostro corpo, mentre le molto più pericolose Anopheles (altra campana di vetro e altri esemplari) sono attratte da un odore particolare che emettiamo dai piedi, possibilmente sudati e poco puliti: l'acido butirrico. E amano caviglie e gambe. 
Produrre l'acido butirrico in laboratorio è troppo costoso, in particolare per i paesi poveri colpiti dall'Anopheles. 


Fortunamente Knols era olandese e riconobbe che un famoso formaggio, costoso, ma non quanto l'acido butirrico sintetico da laboratorio, il Limburger, si distingue per l'ottimo sapore e il pessimo odore... così portò a termine il suo esperimento in vitro, attirando un enorme numero di zanzare anopheles intorno al suo pezzo di formaggio... 
La cosa che colpisce di tutto il racconto è lo spirito di sacrificio che ha contraddistinto l'operato di Knols. Credo che non tutti si sarebbero immolati per la causa, facendosi rinchiudere per del tempo in una campana di vetro con centinaia di esemplari di zanzare, solo femmine in cerca di proteine per le larve e per questo letteralmente fameliche... 
Le altre tredici storie si concentrano su altrettanti uomini e donne di scienza che hanno avuto, per la maggior parte, il compito di aver trovato una soluzione a una sempre più difficile convivenza tra uomo e insetto: uno troppo ingombrante rispetto all'altro molto più numeroso, ma decisamente più piccolo... 
La storia delle coccinelle è un altro bel racconto. 
Anche i bambini piccoli sanno, ammesso che qualcuno abbia letto loro almeno una volta nella vita La coccinella prepotente di Eric Carle, che le coccinelle sono ghiotte di afidi e pidocchi delle piante! Sono le antagoniste naturali di un gran numero di parassiti che decimano intere coltivazioni. L'allevamento di coccinelle è diventato ben presto un metodo di trattamento in agricoltura, ossia rappresenta la risposta naturale a molti dei problemi di infestazioni da parassiti. 
Ma il mondo è una roba complessa così l'allevamento delle coccinelle aveva delle controindicazioni. Nel loro periodo di allevamento, essendo loro molto voraci, arrivavano persino a cannibalizzarsi, con grosse perdite e costi che lievitano per gli stessi allevatori e di conseguenza degli agricoltori che provano a non usare i pesticidi. 
Fino al giorno in cui, di nuovo un entomologo, il cui nome è segreto, ha scoperto, quale sia il loro cibo preferito e ne ha venduto la ricetta, a carissimo prezzo, a una biofabbrica, perché lo produca. ricchissimo lui, ricchissima la biofabbrica. e noi che siamo in fondo alla filiera, un po' più tranquilli di non avvelenarci ogni volta che mangiamo una pera. 
Insomma 14 storie che, anche se non tutte colpiscono il nostro interesse allo stesso modo, possono essere lette per vedere in trasparenza anche come si sono mossi e si muovono- umanamente parlando - gli uomini e le donne che hanno fatto della scienza il loro mestiere. 
Per esempio sarà facile notare quanto le donne siano ancora e da sempre in minoranza rispetto ai loro compagni uomini, oppure verificare con piacere che tra scienziati, seppure dell'Ottocento, potesse esistere una deontologia e un grande fair play reciproco. 


Comportamenti del genere oggi stupirebbero molti. 
Per esempio, stupisce il fatto, nonostante l'importanza dei propri studi, si può essere dimenticati dall'intera comunità accademica per interi decenni. 
Si colgono le delusioni, la caparbietà, il coraggio, le intuizioni, i colpi di fortuna, la fiducia, la solidarietà tra colleghi, il sostegno tra allievi e docenti, insomma - alla fine delle 14 storie - si ha una bella panoramica della complessa rete di relazioni che tengono insieme, o separano irrimediabilmente, uomini e donne di scienza.
 

Una riflessione che dovrebbe ronzare nelle orecchie... 

 Carla

Storie di ordinaria entomologia, Gianumberto Accinelli, Cristina Trapanese 
Nomos 2025

venerdì 27 giugno 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

PIROTECNICO

Rosalie sogna... Nikolaus Heidelbach (trad. Valentina Vignoli) 
#Logosedizioni 2025 


ILLUSTRATI PER MEDI (dai 7 anni) 

"Rosalie sogna... ...di avere dei genitori diversi. 
Mamma elefantessa marina, invece, sogna un sub che si innamora di lei. 
Il piccolo polpo in basso a destra sogna di essere un supercattivo che spaventa i bimbi piccoli. L'impavida ragazzina sogna di essere una cantante d'opera." 

Ed effettivamente, da che era in acqua con la sua ciambella si ritrova, su un palcoscenico a cantare la sua aria wagneriana accanto ai due giganti. Uno di questi vorrebbe tornare a essere piccolo ma in compenso avere una fidanzata grande. La quale, a sua volta, sdraiata nel letto, sogna di non fare più errori nel mandare gli inviti per il suo compleanno. E infatti eccoli arrivare, tutti muniti di pacchetto con il fiocco, quattro grandi pinguini. Uno di loro porta un regalo speciale: un porcellino d'India che a sua volta sogna di andare a vivere in una famiglia terrificante. A ben vederli sono davvero terrificanti con quel loro teschio al posto di un viso paffuto, ma a loro poco importa del porcellino d'india perché hanno mire ben più elevate: dominare il mondo. Ah, il mondo, figuriamoci se anche lui non ha un suo sogno... che ne conservi la forma ma ne stravolga del tutto il percorso e il destino... 

Quelle che sono le qualità che rendono Heidelbach Heidelbach qui ci sono tutte. 
La qualità estetica. La capacità di costruire congegni esatti e perfetti e semplici. La qualità dalla sua ironia, a cui si lega il piacere del gioco visuale. Il suo gusto di indagare il lato oscuro del pensiero: è di raccontarlo per quello che è, con la sua consueta onestà, sogno dopo sogno. La sua capacità di mettere in dialogo immagine e testo per farli deflagrare. 

© Nikolaus Heidelbach

La qualità estetica non si scalfisce. 
Ogni tavola è una composizione in cui nulla è fuori posto, ogni superficie è trattata con la proverbiale cura che la rende percepibile anche al tatto. Le simmetrie, la palette dei colori, la resa dei volumi e dei corpi, la resa maniacalmente esatta dei dettagli: dagli sfondi con i suoi insoliti parati fino ai primi piani dei personaggi, tutto dalla presa elettrica al mostro che domina la pagina merita la stessa cura e attenzione, per lui. 
Il congegno narrativo che qui Heidelbach monta funziona così: c'è qualcuno che sogna, il sogno si materializza nel disegno successivo e nello scenario che lo accoglie c'è un particolare, diciamo così, marginale che a sua volta innesca il sogno successivo. Quindi succede che da un sogno si passa a una realizzazione che a sua volta dentro di sé contiene un altro sogno. 

© Nikolaus Heidelbach

In questa sequenza virtuosa, il libro in quanto tale ha i suoi giri di pagina, e di questo Heidelbach si serve per accentuare l'effetto sorpresa, perché rende inevitabile che ogni due sogni il lettore non sappia minimamente cosa lo aspetti. Non sappiamo nulla di che genitori desideri la piccola Rosalie, niente delle fattezze del supercattivo, né della fidanzata grande o ancora della famiglia terrificante. 
In Rosalie sogna... l'ironia, che in ogni tavola lascia traccia di sé, come succede anche negli altri suoi libri, è tutta nei dettagli. E dove altrimenti? 
Per citare un esempio: la piccola cantante lirica, ossia la piccola che sognava di diventarlo, si è portata dietro la sua ciambella per nuotare (che ovviamente non ha la solita testa di cigno o di paperella...) e la indossa con noncuranza sopra il costume di scena, cosa che effettivamente nella tetralogia dell'Oro del Reno potrebbe tornare utile... 
In ogni tavola c'è almeno un dettaglio che cattura la nostra attenzione e accende connessioni interessanti: la canalina passa fili, le carte da parati, il cerchietto della sirena... 
Qui, fin dal titolo, è dichiarata la direzione che la storia prende: si parla di sogni e quindi si entra a pieno titolo nel mondo onirico, nella sfera del desiderio, si vanno a esplorare gli angoli più reconditi. 
Come sempre accade, Heidelbach non si tira indietro, anzi -con la sua consueta onestà- mette giù sogni autentici. 
Esordisce, non a caso, come a mettere sul chi vive il mondo degli adulti, con il sogno della protagonista, Rosalie. E ci va giù dritto: Rosalie sogna dei genitori diversi (sul finale se ne intuisce anche il perché). 
E questo lo si apprende ancora nel frontespizio... Ma la sequenza dei sogni successivi continua a non essere zuccherina: mostri che stanno lì per spaventare, squali, pesci pilota parecchio dentuti, ma anche folletti che cercano chi li ama per quel che sono. Non mancano i diavoli, persone intelligenti, né i polpi, animali intelligenti, e i mostri giganti in film di mostri... 
Nonostante questo sia già moltissimo, la qualità che fin da subito Heidelbach aveva dimostrato di saper sfruttare, è il suo modo esplosivo di mettere insieme parola e immagine. 
Nel dialogo, o sarebbe meglio parlare di scontro aperto, che costruisce tra il poco testo e la grande tavola c'è un mondo intero che si spalanca. 

© Nikolaus Heidelbach

Già questo lo avevamo notato, parlando di Cosa fanno le bambine? , libro in cui Heidelbach appunto crea di nuovo quel bell'attrito tra ciò che lo scarno testo recita e la sua declinazione visuale. Antraut mangia un panino, nell'immagine che le corrisponde, lei affettivamente addenta un panino, ma tutto quello che le ruota intorno fa la differenza. 
Qui succede esattamente la stessa cosa: Rosalie sogna...dei genitori diversi. Ma si può? Ma quali? Anche qui c'è lo spazio vuoto (Sophie Van Der Linden ha scritto pagine memorabili su questo) in cui il lettore è chiamato a entrare. Si stupirà? Riderà? Avrà magari anche fatto una sua ipotesi, prima di girare la pagina? Penserà che desiderare genitori diversi non è cosa disdicevole, anzi? Quali avrebbe scelto per sé? O semplicemente si scandalizzerà? E a questo punto si potrebbe ipotizzare che un ragazzino ci andrebbe a nozze con detto sogno, un grande un po' meno. Ma questa è un'altra storia che ci porterebbe lontano. La relazione che tiene insieme questo testo e queste immagini è esplosiva, appunto. Nel senso che fa esplodere mille altri ragionamenti (il che è sempre un bene), ma fa scintille anche nel merito dei singoli sogni e soprattutto nella scelta visuale che ha previsto una direzione piuttosto che un'altra. E naturalmente nella sua concatenazione di soluzioni che superano ogni possibile previsione.

© Nikolaus Heidelbach

Piccoli che sognano di essere cattivi, il mondo che sogna di essere una palla da bowling, un rinoceronte si immagina squalo... 
E quindi il cerchio si chiude, perché è nel contesto, in ciò che è marginale, lateralerispetto al fuoco centrale, che avviene lo scarto. Qui addirittura è il dettaglio, il più delle volte totalmente out of topic, che diventa la scintilla ulteriore. 
Proprio come i fuochi d'artificio che, quando li vedi esplodere pensi è così bello che sarà l'ultimo e invece no. Qualcuno nel buio, nascosto, ha acceso la miccia del successivo! 
Lo stesso fa Heidelbach. 

 Carla

mercoledì 25 giugno 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

WHERE ARE YOU? 

Tra le figure magiche del folklore europeo, lo gnomo è quella con cui l’umano condivide di più: certo è molto piccolo e vive molto a lungo, ma ha una struttura corporea simile alla nostra, analoghe strutture familiari, cammina eretto, non dispone di arti magiche ma utilizza tecnologie e collabora con gli animali. Questa rassomiglianza, pur essendo la base del suo fascino, rischia anche di renderci insensibili a quei particolari che ce lo farebbero conoscere davvero. Succede questo, quando le differenze sono sottili: si tende a non vedere, a semplificare, a ricondurre tutto a ciò che conosciamo meglio. 


Con “Tutto quello che c’è da sapere sugli gnomi da città” ci troviamo di fronte a una versione più attuale del classico “Gnomi”. Apparso nel 1976, “Gnomi” si presentava come un vero e proprio trattato enciclopedico (il primo in età moderna, stando alle fonti!) che restituiva un’approfondita ed esauriente ricerca sugli gnomi: dimensioni, cenni storici, aree geografiche di diffusione, aspetto fisico e fisiologico, usi e costumi. Questi gnomi – accuratamente osservati, descritti, misurati, rendicontati - erano quelli della foresta, un contesto oltre-soglia che li confinava in un altrove immaginario. La loro esistenza, pur prendendo corpo e sostanza grazie alle spettacolari illustrazioni iperrealistiche, rimaneva (e rimane) magica e fatata proprio grazie alla sostanziale impossibilità di verifica. 


In “Tutto quello che c’è da sapere sugli gnomi da città” l’illustratrice Loes Riphagen adotta lo stesso taglio fanta-divulgativo e la stessa minuziosa attenzione per documentare tutti gli aspetti che caratterizzano la vita quotidiana di queste piccole creature: tecnologie, strumenti, struttura familiare e abitudini domestiche; la quotidianità insomma, i rapporti con gli insetti e i piccoli animali, gli spostamenti, i pericoli e le strategie per evitarli. Ma visto che il piccolo popolo, quello che un tempo viveva nei boschi, si è spostato nei paesi e nelle città, è lì che l’albo ci porta: tra case, strade, giardini. Posti che frequentiamo abitualmente, che crediamo di conoscere e magari persino di controllare. 


In più, a fare da guida non è – come nel caso di “Gnomi”- un illustratore adulto in avanscoperta per conto degli umani e a sua volta condotto da un autorevole gnomo altrettanto adulto. Per noi c’è la piccola Kik, è una gnometta ragazzina esperta della propria realtà quel che basta per raccontarla, ma ancora dotata della necessaria meraviglia per farci davvero entrare, aprire bene gli occhi e vedere. 


Ad esempio la faccenda delle mani: sembrano tanto simili alle nostre, eppure gli gnomi di città hanno quattro dita. E la questione del cranio: quello degli gnomi cresce per tutta la vita all’interno del noto berretto rosso, finendo per assumerne la stessa forma conica. E per quanto riguarda l’ombelico: se a noi sembra ovvio che stia sul davanti, per Kik, ecco è altrettanto ovvio averlo sulla schiena. Più cose veniamo a sapere sulla vita degli gnomi di città più aumenta anche la consapevolezza di non conoscere del tutto quei luoghi che consideriamo “nostri”.


Non è facile per nessuno vedere davvero la realtà di ogni giorno. Distinguere come specifico quello che appare come scontato, realizzare quanto sia sorprendente quello che si ripresenta ogni giorno uguale, e misterioso quello che tende a essere fatto rientrare nell’ordinario. E intendo: la propria stanza da letto, la propria tazza della colazione, il tragitto casa scuola, gli insetti che evitiamo (chissà poi perché?). Anche le minutaglie in cui ci imbattiamo in ogni momento del giorno: i bastoncini del gelato, i frammenti di elastico, i tappi a corona delle bottiglie: forse sono molto di più che semplici rifiuti da scostare con la punta del piede. 


Questo albo lavora in direzione contraria: informa per moltiplicare i possibili accessi allo stupore, accumula particolari per indebolire il confine dell’oggettività delle cose reali, fornendo attraverso il linguaggio pur preciso della gnoma narratrice gli strumenti per esercitare attivamente la meraviglia. Perché tutte le cose potrebbero non essere solo quello che sembrano. Ogni frammento potrebbe essere un tesoro. Tutti i pertugi e gli angoli inaccessibili potrebbero essere soglie. E chissà poi cosa succede davvero, sotto i gradini e tra gli interstizi dei muri, oltre le pareti di casa e sotto i pavimenti. 


Stando a Kik, gli gnomi sono reali e vivono tra noi, dove noi non riusciamo ad arrivare, utilizzano lo spazio che è anche nostro ma ad altezze diverse, con altri strumenti e altre sensibilità. Ed è nell’esperienza straniante di questo spazio prossimo che esula dal nostro dominio, che si amplifica la possibilità di ricominciare a osservare le cose con uno sguardo più attento. Cosa ne è di una semplice passeggiata quando si viene a sapere che tombini e grondaie potrebbero essere l’ingresso di una dimora degli gnomi di città? Cosa diventa una scala, una volta saputo che sotto i gradini potrebbe abitare un’intera famiglia di gnomi? E quanto a lungo è necessario osservare un uccello che sfreccia nel cielo, se si ha il sospetto che sulla sua groppa potrebbe starci un minuscolo scolaro?


Particolare attenzione viene data ai travestimenti e alle metodologie che consentono di passare tra gli umani senza farsi vedere. Che sia da topo o da corvo, il travestimento viene annoverato tra le dotazioni di uso quotidiano. È qui che l’albo si sdoppia: raccontando di fatto la necessità dei piccoli – gnomi o bambini - di attuare un mascheramento a salvaguardia della propria integrità in un contesto di convivenza così prossima.
 

Non sarà un caso che, in mezzo alle dettagliate informazioni rese per buone e definitive da Kik, l’illustratrice consegni al lettore con apparente leggerezza l’unica domanda di tutto l’albo, la più trasversale: where are you? Dove sei? Una richiesta di collocazione che non riguarda soltanto gli gnomi, poiché la risposta, la definizione del nostro posto nel mondo procede di pari passo con l’individuazione puntuale e accurata degli altri, quelli che non fanno parte della quotidianità individuale ma che la percorrono assieme a noi, fianco a fianco, lontani eppure vicinissimi. Basta pensare agli animali delle città, alle diverse etnie che della stessa città fanno un uso diverso, basta pensare ai bambini, all’inaccessibilità di quel mondo piccolo che scorre assieme a tutti gli altri, dappertutto, con i propri usi e costumi e tradizioni trasmesse tra pari. Un mondo parallelo, forse davvero troppo simile al nostro, che presenta sottili differenze e che per nostra fortuna, conserva un carattere indomabile capace ancora di mettere in discussione chi crede un po’ troppo di aver visto tutto. 


Giorgia

 “Tutto quello che c’è da sapere sugli gnomi di città”, Loes Riphagen, (Trad. Valentina Franchi), Terre di mezzo 2025
“Gnomi”, Wil Huygen, Rien Poortvliet, (Trad. Maria Duca Buitoni), Mondadori 2018 


lunedì 23 giugno 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

DA LUNEDÌ A LUNEDÌ, PASSANDO DA VENERDÌ

gatto qui gatto là
, Stéphane Servant, Marta Orzel (trad. Irene Scarpati) 
Biancoenero 2025 



NARRATIVA PER MEDI (dai 7 anni) 

"Insomma, il giorno in cui quel gatto è entrato dalla finestra, l’ho chiamato Lunedì. 
Perché i gatti sono brutti come il lunedì. Sono furbi, ladri e infidi. Li vedo nel mio giardino, scavano la terra, strappano i miei fiori, e fanno i loro bisogni tra i miei porri. Sono insopportabili! 
Insopportabili quasi quanto la ragazzina bionda della casa accanto. Ma io aspetto comunque Lunedì. Perché non è un gatto come gli altri. Non appartiene a nessuno. È un randagio." 

Il gatto Lunedì arriva e, si piazza sulle ginocchia della vecchia signora che ha una gamba ingessata e sta aspettando anche la sua fisioterapista. 
Lui, come fa di solito, le si accoccola sulle ginocchia e, facendo le fusa, si addormenta. 
Quando un gatto ti si acciambella addosso e ti si addormenta in grembo, puoi essere anche la persona più malmostosa del mondo, puoi detestare tutti (di certo i gatti e le bambine rumorose), ma prima o poi cedi. Ed è quello che è capitato anche a lei, Loretta. 
Temporaneamente bloccata a casa dalla sua gamba ingessata - un ragazzino in bici l'ha stesa per strada vicino a casa - vede solo la fisioterapista, il dottore per la visita di controllo e le sue amiche che da lei vanno a giocare a scarabeo e a mangiarle tutte le torte. Un vicino di casa anziano come lei e quella bambinetta che canta sempre sono per lei tutto il suo mondo che sbircia dai vetri della finestra. 
Finestra che, per l'appunto, è la via d'accesso del gatto nero. 
Oggi è lunedì, ma nel gatto omonimo c'è qualcosa di diverso: ha un nastrino intorno al collo da cui pende un guscio di noce che contiene un brevissimo messaggio, anzi una domanda: come va? 
Il classico granello di sabbia nell'ingranaggio che fino a oggi aveva funzionato sempre allo stesso modo. Nella solitudine della vecchia Loretta si è appena affacciato qualcuno... per di più sconosciuto. 
Vista l'indole, ma anche l'inevitabile curiosità, la signora non resiste e risponde, ma con una rispostaccia perché in cuor suo ha già "capito" chi potrebbe essere: quella impertinente della bambinetta vicina di casa. 
Si sbaglia, lo sconosciuto dichiara di chiamarsi Sofian... 
O forse allora è il vecchio signore che annaffia con amore le sue piante sul balcone?
Comincia così un fitto scambio di bigliettini ed equivoci, alcuni anche molto poetici, che il gatto si premura di recapitare nel corso di una settimana. 
Il lunedì, nel pomeriggio, a gesso tolto, i due, Loretta e Sofian, si incontreranno...Forse. 

L'unico gatto che ho avuto nella mia vita era un siamese "nero" che mia madre odiava perché un gatto nero nella casa di una signora superstiziosa non era proprio l'ideale. Come antidoto al malocchio lo aveva battezzato Venerdì. Ha campato felice e cattivo per 17 magnifici anni! 
Questo è per dire che questo libro mi ha proprio cercato e, finalmente, trovato. Mi si è accucciato sulle ginocchia e ha cominciato a fare le fusa. 
A parte la contingenza di aver avuto un gatto di nome Venerdì, a parte la passione per storie di gatti con più case (dai Sei pranzi di Sid in poi), questo libro colpisce anche per ragioni più generali, che provo a elencare. 
Va subito chiarito che il libro è rigorosamente diviso a metà, come suggerisce il titolo.
C'è un gatto che fa la spola tra due (o forse più) case: di sicuro visita le case dei due interlocutori misteriosi, che "al buio" si stanno scrivendo e si stanno anche un po' raccontando, con le domande e le risposte che viaggiano nella noce. Cosa ami? Ci incontriamo? Facciamo assieme uno spuntino? 
Sebbene sia necessario tacere qui sulla seconda versione della storia, quella di Sofian... è invece utile sottolineare, quelle ragioni più generali. 
Prima fra tutte l'idea, la scintilla che mette in moto tutta la storia. 
Bello e perfetto, il meccanismo a orologeria che ticchetta per tutto il libro, ossia lungo le sue due metà tra loro simmetriche. 
Una grande armonia le tiene insieme, salvo poi "scoppiare" in un fuoco d'artificio finale, inaspettato. Anzi, due. 
Piacevole la leggerezza e contemporaneamente la profondità di scrittura, la sottile ironia che sa stare tutta racchiusa in poche frasi. 
Devi essere un bravo scrittore, e Servant ha dimostrato più volte di esserlo: non è da tutti raccontare un personaggio, anzi due, solo attraverso scambi telegrafici da mettere in un guscio di noce. 
E ancora, in quelle poche frasi che sono i testi dei reciproci bigliettini, Loretta e Sofian sono entrambi affetti dalla stessa "malattia", entrambi un po' troppo soli. 
Argh, la solitudine potrebbe essere un bel tranello, che ti fa cadere nella retorica sul tema. Qui no. 
Bello il modo che Servant ha scelto per raccontare la solitudine, peraltro da due punti di vista anche parecchio distanti. 
Bello è anche il modo - non detto, ma lì sotto gli occhi di ogni lettore attento - in cui i nostri pensieri funzionano nei confronti degli altri: i  preparativi di entrambi, Loretta e Sofian, per arrivare al meglio di sé all'incontro di persona, sono un concentrato di tenerezza. 
A ragion veduta si può parlare di concentrato: in sole 64 pagine, 32 a testa, succede tutto. 
Evviva! 

 Carla

venerdì 20 giugno 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

PAN PER FOCACCIA

L'aeroplano blu, Silvia Borando 
Minibombo 2025 


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 3 anni) 

"'Guarda come vola in alto quell’aeroplano blu!' 'Chissà dove starà andando, da dove viene, cosa starà trasportando...' 
'Ma scusa un po’...' '... quell’aeroplano non è blu, è rosso!' 
'Ma no, guarda bene, è blu!'
'Aaah! Dici quello là, vicino alle due nuvolette bianche?'" 

Padre e figlia su un prato, forse per un picnic. Passa sulle loro teste un aeroplano. È blu. 
Crik. Si incrina qualcosa tra i due. 
Parte così un dialogo del miglior Ionesco. 
Da una parte il padre, che riguardo all'aereo blu si interroga su rotta e carico (si vede che ha un pensiero strutturato), e dall'altra sua figlia che lo sta "perculando", nel sostenere che è rosso. 
Lui, dall'alto del suo essere grande, non molla. 
Lei dal lato del suo essere piccola, tanto meno. 
Si sfiora quasi lo scontro fisico, fino al momento in cui lui, per poter sopravvivere, cede ed è in questo preciso momento che lei scopre le sue carte... stava scherzando (un eufemismo da libri per piccoli, perché il verbo perculare non sarebbe ammesso). 
A questo punto, in pochi secondi il padre elabora e mette in pratica la sua piccola vendetta. 
Ma come sempre, e come è giusto che sia, finisce tutto a tarallucci e vino. 

Breve premessa. 
A me di Minibombo piacciono in particolare i libri in cui muore qualcuno, o almeno qualcuno mette a serio rischio la propria pelle. Se vanno diversamente, li trovo carini, ma non mi colpiscono e presto li dimentico. Fortunatamente Silvia Borando spesso imbocca la 'cattiva strada', ossia costruisce la storia intorno a una cattiveria. Spesso, fatale. Lunga vita ai cattivi, ai cattivi pensieri e alle cattive strade. E naturalmente alle storie cattive (che son ben altra cosa dalle cattive storie, anzi). 
Qui in verità nessuno ci lascia le penne, tuttavia dal punto di vista della morale, mi pare interessante lo stesso. 


La cosa che succede in questo piccolo libro che passa dal blu al rosso in una sorta di crescendo cromatico, in questo piccolo libro in cui il volume dei toni aumenta (se letto ad alta e poi altissima voce fa il suo bell'effetto), in questo piccolo libro succede che qualcuno è un bugiardo per il solo gusto di esserlo, ossia per il piacere impagabile di prendere in giro il proprio interlocutore. 
Insomma, si tratta di un bugiardo temporaneo, giusto il tempo di vederne gli effetti. 
La seconda cosa che succede è l'entrata in crisi di un adulto. In sostanza come un adulto possa incrinarsi e, in nome del quieto vivere (condizione ideale per ogni adulto), arrivare anche a negare l'evidenza. 
Da queste due cose che accadono nella storiellina piccina di Silvia Borando si possono ricavare altrettante verità, utili per la vita: i bambini sanno (o meglio, possono) prendere per il naso gli adulti, gli adulti non sono invincibili. 
Entrambe le verità è meglio introiettarle il più in fretta possibile, se siete adulti. I bambini questa verità già la sanno.


Ammirevole la freddezza di questa bambina che non si scompone, tutt'al più gioca con le sue sopracciglia, e si limita ad alzare il tono di voce nel momento in cui lo alza anche il padre. Non un minuto prima. 
Altrettanto ammirevole è la sua totale assenza di argomenti per sostenere la propria verità. Lei non ne ha bisogno, al contrario del padre che, essendo adulto e strutturato, ha necessità di portare argomenti di prova, razionalità e logica, per sostenere le proprie ragioni. Dallo zainetto, al cielo, al mare al suo maglione... Anche su questo ci sarebbe da dire un bel po'. 
Molto interessante è anche la iniziale condiscendenza del padre che nel giro di poche battute diventa rabbia e poi crolla e diventa cedimento e arrendevolezza. Spirito di autoconservazione. 
Ciò nonostante, da parte sua si prende una piccola libertà, una piccolissima vendetta. 

Il libro - sotto il profilo morale - poteva chiudersi serenamente con quel bel "vecchia volpona, me l'hai fatta anche stavolta!" E poi finire tutto in merenda. 
Ma no, in cauda venenum, come accade sempre tra i miei preferiti di Minibombo. 
Chi è stato monello, merita di ricevere dal turlupinato - e qui è proprio il caso di dirlo - pan per focaccia!

Carla

mercoledì 18 giugno 2025

FAMMI UNA DOMANDA !

UNO SGUARDO SGHEMBO 


Ultimo arrivato in casa Cocai Books, Fuori luogo rappresenta una nuova tappa di un cammino intrapreso dai due autori Valentina Gottardi e Maciej Michno (fondatori anche della casa editrice) e costituito da una di una serie di cinque albi divulgativi. Gli aspetti della natura presi in considerazione in tutti e cinque i titoli sono quelli più semplici e, in Fuori luogo in particolare, si racconta di quella parte di flora e fauna che abita le nostre città, ma della quale non abbiamo sufficiente consapevolezza. Porzioni piccole di vita, animale e vegetale, che in vario modo e con esiti differenti, cercano di ritagliarsi uno spazio e di aggiudicarsi del cibo in un contesto che non ha tenuto conto della loro presenza se non in misura marginale e spesso soltanto quando costituisce un problema. 
“Fuori luogo” è un’espressione che in italiano ha un’accezione soprattutto negativa, in una conversazione è per esempio un intervento dai toni e dai contenuti non in linea con il resto. Fuori luogo è anche letteralmente qualcosa che non si trova nello spazio circoscritto. 
Il sottotitolo del libro recita: Gli altri abitanti delle città. Ecco quel fuori e quel altri indicano la direzione verso cui lo sguardo viene condotto, alla ricerca cioè di quello che è meno evidente, dei margini, degli interstizi, delle pieghe. Lo spazio cioè non è solo quello che possiamo ripercorrere per intero da lontano, ma è anche quello che si scorge se accettiamo per esempio di abbassarci fino a terra, a osservare le crepe del suolo e le fessure tra i mattoni. E che non esclude possibili incontri imprevisti. Il libro si divide in 15 capitoli corrispondenti ognuno a una doppia pagina. Il titolo assegnato si riferisce al luogo o a un gruppo di specie animali. Fanno eccezione due sezioni, contraddistinte dalla pagina di colore fucsia, che suggeriscono una serie di misure da adottare per rendere alcuni ambienti comuni più accoglienti per gli animali. 


Pagina dopo pagina, luoghi diversi vengono esplorati partendo proprio dalla casa (in ogni sua parte), per poi allontanarsi progressivamente e considerarne altri come i garage, le soffitte, i viali e gli edifici antichi. Costruzioni tutte differenti, ognuna con caratteristiche proprie che le diverse specie di insetti e animali hanno evidentemente esplorato e poi scelto. 


Si arriva poi a esplorare quelle porzioni di natura che l’uomo ha addomesticato e introdotto negli ambienti urbani, ossia i parchi pubblici. A confronto con gli stessi boschi di città, qui la natura appare “ordinata e pulita” e perciò inospitale per gli animali. Come nel precedente albo Caduto, si menzionano quelle situazioni che la logica umana non può che giudicare negativamente e che invece la natura gestisce come occasione di ulteriore risorsa. Per esempio, le foglie cadute dall’albero, prontamente raccolte in un parco, in un bosco sono riparo per molti piccoli roditori e luogo in cui proliferare per tanti insetti. Senza considerare il fatto che quelle foglie, una volta decomposte (ad opera di organismi che in questo modo riescono a sopravvivere) diventano nutrimento prezioso per il terreno.
 

Le immagini alternano stili diversi: al carattere pittorico e realistico di alcune (riservate per lo più ad animali e piante), si affiancano quelle realizzate con stile geometrico e fortemente grafico. La scelta in alcuni casi sembra giustificata dalla necessità di rimarcare la differenza di sostanza e di forma che i due mondi conviventi contengono; tuttavia la schematizzazione non è così netta e rigorosa, e sorge quindi il sospetto, diciamo, che la ragione di questa commistione sia di natura propriamente stilistica, che alla base ci sia piuttosto il gusto per la sperimentazione di nuovi accostamenti. 
Nelle ultime pagine del libro troviamo un glossario (presente, ad onore del vero, in molti altri libri divulgativi) e una bibliografia, consultabile inquadrando un QR code. E questa mi sembra cosa degnissima di considerazione, perché denota rispetto per l’intelligenza del giovane lettore e perché costituisce ulteriore riprova del rigore scientifico dei contenuti. 
La scommessa di questo libro e di tutta la collana è quella di reputare degno di approfondimento quello che riteniamo già conosciuto e il più delle volte inutile, se non detestabile. 
Questa scelta di campo comporta poi un ulteriore passaggio, di natura come dire “ideologica”: considerare ciò che si ostina a vivere, nonostante e in aperta opposizione all’apparente efficienza e perfezione inseguita dall’uomo, significa educare ad uno sguardo sghembo e soprattutto ammetterlo nel novero delle competenze auspicabili. Il contributo più significativo delle pubblicazioni di Cocai editore e di molti altri editori che non per vocazione iniziale hanno deciso di dedicarsi anche alle pubblicazioni scientifiche per ragazzi, è proprio nella scelta allargata degli argomenti, affrontati con un taglio narrativo originale. Se alla tradizione divulgativa per bambini e ragazzi appartengono libri per animali, piante e spazio, in quella attuale si affiancano a quei soggetti altri che hanno l’esplicito intento di problematizzarli, scoprendo il fianco a possibili contestazioni di quel sapere ritenuto granitico e indiscutibile. 
Certamente figli di un “movimento” che riguarda anche altri settori dell’editoria, questi riservati ai ragazzi hanno dimostrato forse uno spirito di iniziativa più spiccato e ci auguriamo che contribuiscano anche a una valutazione diversa del libro per ragazzi da parte di molti adulti. 
 Libro consigliato alle bambine e bambini a partire dagli 8 anni. 

Teodosia 

Fuori luogo di Valentina Gottardi e Maciej Michno, supervisione scientifica di Dario Miserocchi, Cocai books, 2025 

lunedì 16 giugno 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

DIETRO LA STUFA DI MAIOLICA 

Il piccolo troll e la grande pioggia, Tove Jansson (trad. Alessandro Storti) 
Salani 2025 


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni) 

"Mamma Mumin raccontava storie. Parlò di quando era piccola, all'epoca in cui i Mumin non dovevano attraversare spaventose foreste e acquitrini per trovare un posto in cui abitare. A quei tempi abitavano insieme ai troll domestici, nella case degli esserei umani, generalmente sul retro della stufa di maiolica. 
 'Qualcuno di noi è ancora là' disse Mamma Mumin. 'Cioè nei paesi in cui la gente usa ancora la stufa di maiolica, dico. Con i riscaldamenti centralizzati non ci troviamo bene,' 'A quell'epoca gli esseri umani sapevano della nostra esistenza?' le chiese il troll Mumin. 'Alcuni sì' rispose la sua mamma. 'Di solito ci percepivano come uno spiffero freddo sul collo, quando erano soli in casa'." 

Mamma Mumin e il piccolo troll Mumin sono in viaggio da un bel po'. Stanno attraversando una foresta fitta e buia, in cui spesso si sono formati profondi acquitrini dopo la grande alluvione, perché Mamma Mumin sta cercando un posto adatto per costruire la loro nuova casa. 


Papà Mumin è partito prima della tempesta al seguito di un gruppo di Fungarelli e di lui si sono perse le tracce. In compenso con mamma a figlio, ora sono in cammino anche Tulippa, una bambina dai capelli turchini, uscita dalla corolla di un tulipano, e un animaletto piuttosto fifone e con un grande desiderio di compagnia. 
Mamma Mumin e il piccolo Troll Mumin non hanno moltissimo tempo perché la casa deve essere necessariamente pronta per l'inizio dell'inverno, dato che i Mumin non sopportano il freddo e vanno in letargo. In questa fase del loro viaggio verso un luogo soleggiato e asciutto sono a casa di un anziano signore, il cui giardino pensile è davvero uno splendore, una sorta di Eden in cui da gli alberi pendono caramelle e negli alvei dei torrenti scorrono succhi di frutta o latte. Sarebbe il posto ideale dove mettere radici, ma purtroppo essendo illuminato da un sole artificiale che il vecchio signore si è costruito da solo, la squadra guidata da Mamma Mumin prosegue, non prima però di aver fatto scorpacciata di leccornie. 


Il viaggio va avanti, di luogo in luogo, di incontro in incontro. 
C'è chi decide di aver trovato il proprio luogo perfetto e si ferma, c'è chi invece continua a camminare. Tanta acqua, troppa acqua rende il loro spostarsi sempre pieno di insidie e sorprese, tra queste ce n'è una bellissima, anzi due! 

La cosa che mi pare stia succedendo è che i Mumin stanno vivendo una loro seconda primavera, o forse si dovrebbe dire una loro nuova Mezza Estate. 
Ci sono estimatori della piccola famiglia di troll che non li hanno mai persi di vista, hanno fatto di Tove Jansson (la loro mamma) un'icona della letteratura del Nord e hanno continuato a leggere i romanzi, i fumetti, ce li hanno attaccati al loro portachiavi, hanno tazze che li raffigurano, borse di tela in cui compaiono in effigie. E da poco hanno gioito anche una loro riscrittura sotto forma di albo illustrato. Salani, con questo breve racconto, si mette finalmente in pari e completa la pubblicazione in italiano di tutte e otto le storie della Jansson. 
E con l'occasione mi par di capire che voglia ripubblicare anche i sette titoli che già esistevano e che Donatella Ziliotto all'epoca aveva voluto fermamente nel catalogo, visto che sono già in circolazione Caccia alla cometa e Magia d'inverno
Resta anche in questa nuova edizione, come una sorta di sigillo di ceralacca che ne attesta l'autenticità, la pagina in cui Ziliotto racconta ai suoi lettori chi siano i Mumin, nel caso ce ne sia bisogno. 
Speculare alla brevissima introduzione "storica" di Ziliotto, c'è una sorta di appendice finale in cui sono riportati gli appunti della stessa Tove Jansson, scritti probabilmente in occasione della realizzazione dei film di animazione, tra gli anni Cinquanta e Settanta - scrive così chi li ha tradotti, ossia Francesco Spagnol. 
Sono dei buffi profili "antropologici" dei singoli protagonisti: il libertario Tabacco, il socievole troll Mumin. Papà Mumin corrisponde a quella tipologia di adulto cresciuto suo malgrado: lui conosce le sue responsabilità ma un po' le patisce e quindi appena può ricomincia a vivere senza pensieri. In questo senso la fuga dietro ai Fungarelli e il relativo abbandono del tetto di famiglia parla chiaro, salvo poi impegnarsi a costruire per loro una magnifica casa azzurra. Lui è così. Infatti se lo può permettere perché ha sposato Mamma Mumin che è forse il personaggio con meno difetti di tutti: accogliente, affidabile (lei), tollerante, paziente, un'educatrice magnifica (mai autoritaria, ma sempre autorevole) che lavora perché tutti possano trovare la propria strada verso la felicità. Sa dedicarsi agli altri per senza mai dimenticare di coltivare la proprie passioni. Nella sua borsetta c'è sempre l'occorrente per ogni evenienza. La piccola Mi, bisbetica e libera da ogni regola del vivere comune. Grugnina è un po' svampita, capace di grandi affetti, ma sempre molto interessata a ogni piccolezza che potrebbe possedere. E poi c'è Sniff, che in questa prima storia non ha ancora questo nome, è solo l'animaletto, ma che già denuncia un personalità spiccata: piuttosto egocentrico, ma senza mai esagerare, sa anche adeguarsi alle situazioni per convenienza. 
Qui, per esempio, fraternizza con il piccolo troll Mumin, ma quando c'è da andare dietro a Mamma Mumin lo fa, e zitto. Ha una passione insopprimibile per cercare e trovare tesori, possibilmente luccicanti. 
La cosa che colpisce in questo primo racconto è l'energia e il passo più accelerato della Jansson nello scriverlo. È buffo ma parrebbe che lei la stia considerando una sorta di prova generale. 
Scritto nel 1939 con l'idea di farne una fiaba - il suo primo lieto fine -, per allontanare quello che stava succedendo in Finlandia, ma una fiaba senza principi e principesse, è stato poi pubblicato nel 1945, su suggerimento di un amico che in questo materiale era stato capace di vederne la grande potenzialità. 
Però Il Piccolo Troll e la grande pioggia per noi che lo leggiamo per la prima volta, pur sapendo già moltissimo dei Mumin, oltre a essere un racconto magnifico in sé, ha davvero il valore inestimabile del preludio. Il preludio di una sinfonia.


In trasparenza si vedono infatti i segni, i temi, del processo di creazione, le ragioni che Tove Jansson vuole alla base del mondo dei Mumin: sono i segni, i suoni, di quello che verrà: la natura prorompente, la bellezza e la pace della valle, di quella unica valle soleggiata, i primi quattro personaggi e soprattutto lei, quella stufa di maiolica.... 

Carla

venerdì 13 giugno 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

UN POOL DI CERVELLI

Enigmi a tutti i piani. Criminali allo sbaraglio, Paul Martin 
(trad. Serena Tardioli) 
Il Castoro 2025 


LIBRO-GIOCO ILLUSTRATO (dai 6 anni)
 
"I Marmokki a palazzo. 
Quando il gruppo rock i Marmocchi soggiorna all'hotel Star Palace, porta sempre un gran scompiglio. Stamattina il cantante è stato tramortito e gli hanno rubato tutti i soldi del concerto della sera precedente. Gli unici ospiti dell'hotel sono i musicisti della band. 
Leggi le dichiarazioni dei testimoni e dei sospettati e osserva l'interno e l'esterno dell'hotel." 

Tre sono le domande: Dov'è il bottino? In quale camera soggiornano i componenti della band e naturalmente chi è il colpevole... 
Questo è il primo caso dei diciassette che uno dopo l'altro occorre risolvere. 
Le cose che l'investigatore/lettore ha in mano sono le dichiarazioni dei sospettati e dei testimoni e, naturalmente della vittima. A sentir loro tutti o quasi stavano provando il loro pezzo, chi al sax, chi al basso elettrico, chi alla batteria. Infatti nei corridoi c'era una bella baraonda che ha impedito alla signora delle pulizie di capire meglio cosa stesse succedendo. 
E, come se non bastasse, c'è stato anche un blackout doloso. A detta del custode, che è dovuto scendere nel seminterrato per riaccendere l'intero impianto, qualcuno deve aver provocato un corto circuito... 
I sospettati - Tim Zozzokkio, quel coatto di Jack Forzokkio, e le due ragazze del gruppo, Tina Birbokkio e Pam Bellokkio, e per ultimo Dan Fetokkio - hanno qualcosa da dire e, pezzetto dopo pezzetto, l'intero scenario si ricostruisce e diventa sempre più chiaro chi sia il colpevole. 

Il libro - GENIALE - funziona così. 
La pagina a dx è sempre divisa in due lungo la sua altezza. Da un lato c'è il breve antefatto e poi l'enigma, o meglio i tre enigmi. Nell'altra metà è disegnata la metà dello scenario, visto da fuori. 
La doppia pagina successiva, ai lati raccoglie le figure e le parole di vittima, testimoni e sospettati: un bel po' di testo. Al centro, ossia a dx e a sin del taglio centrale appare il lato interno dello scenario dove è avvenuto il crimine, in questo caso uno spaccato, una sezione dell'interno dell'albergo. 
Nella pagina successiva, c'è l'altra metà dello scenario esterno e un elenco di indizi che aiutano a risolvere il caso (quelli che in gergo si chiamano gli aiutini). 
La principale cosa che l'investigatore lettore deve fare è piegare le due pagine dedicate al caso dei Marmokki lungo la loro metà in modo che le due metà degli scenari esterni si ricompongano.
A dirlo a parole sembra una roba difficilissima, ma siccome, prima che tutto cominci c'è una bella spiega disegnata su come fare punto 1 punto 2 punto 3 ecc ecc anche i più legnosi capiranno e si divertiranno. 


Questo procedimento si ripete per ben 17 volte, quanti sono i casi da risolvere e ogni volta con scenari diversissimi: dai pompieri al saloon, tutto quello che ci si potrebbe immaginare in mezzo, ci sta! 
Ideona. 
Ho 65 anni e una certa esperienza e malizia nell'osservare i libri e quindi fibrillo di rado. Ma qui sono proprio saltata sulla sedia e son qui che mi centellino i casi e penso, accidenti sono s-o-l-o 17. 
Una bella idea che si irradia in diverse direzioni.


Chi l'ha pensata, e mi pare di capire dal frontespizio si tratti di un pool di cervelli, ha dovuto studiarla dal punto di vista grafico, la cartotecnica, ha dovuto progettare i singoli casi da risolvere, si è preso anche il gusto di fare un sacco di giochi con i nomi dei personaggi (e la traduttrice gli è andata dietro) e come si non bastasse ha creato una sorta di graduatoria di difficoltà caso per caso. 
Per esempio, il caso dei Marmokki, con il quale il libro si apre, è un grado basso, solo un teschio su tre. 


Tanti più sono i testimoni e minore il numero dei sospettati, tanto più il caso va considerato di facile soluzione, mentre se i sospettati sono addirittura otto, come nel caso Allarme al Museo, la soluzione è più complessa. Ovviamente. 
A tutto questo si deve aggiungere il disegno, che ha molti punti di tangenza con il fumetto, linguaggio di cui Martin è maestro in Francia. 
Ultima noterella. 
Cosa farne di un libro del genere? 
Da adulti, sbirciarci dentro e provare e risolvere i casi - senza farsi beccare, autodenunciandosi per aver piegato le pagine lungo la fustella. 
Con noncuranza, metterlo in mano a ragazzini e ragazzine perché passino una bella estate, facendo nel contempo un atto rivoluzionario: si facciano vedere con un libro in mano. 
E, magari, alla fine constatare con rammarico che sono stati più svegli di noi nel risolvere i casi. 

 Carla

mercoledì 11 giugno 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

CORPO - FORMA – NORMA 

Lorenzo Ghetti arriva al terzo volume di un ragionamento sviluppato a fumetti cominciato nel 2018 con “Dove non sei tu”, poi con “In alto abbastanza” (2021) e ora con “La forma che mi hai dato”. Tutti usciti per Coconino Press. Un ragionamento, si diceva, che sposta le questioni dell’oggi in un tempo futuro e in un contesto fantascientifico dove, attraverso storie agite da giovani protagonisti, Lorenzo Ghetti mette in scena le dinamiche e i temi della costruzione delle identità individuali e collettive. 
Una sorta di trilogia, dunque, che tiene al cento l’adolescenza, le relazioni, gli affetti, i desideri, i corpi, l’immagine di sé, le costruzioni sociali, la tecnologia, l’idea di futuro. 


L’Isola, in cui ci porta con quest’ultimo racconto, è divisa in due parti separate e in tutto e per tutto diverse: c’è un fuori e c’è un dentro. Tra loro c’è un confine che non deve essere attraversato. 
Fuori vivono gli Esploratori, il loro spazio è aperto, connotato da una specie di super esposizione alla luce, i colori sono caldi e accesi e vanno dal giallo all’arancio al rosso. Uno spazio brulicante di corpi celati, quasi del tutto coperti da stole, veli e stracci. Dentro vivono gli Esemplari, in una torre alta e algida: le loro vite sono regolate da una ferrea e gerarchica disciplina, comunicano tra loro in maniera funzionale. Il loro spazio è chiuso, colorato con colori freddi che vanno dal blu al verde. Gli Esemplari indossano tute aderenti che evidenziano la forma dei corpi, perfetti nella loro “normalità”. 


Al centro della storia, al centro esatto del libro, scopriamo il Motore, un nucleo centrale che dà forma all’intero sistema sociale come ai singoli abitanti dell’Isola: un nucleo piatto, tondo, bianco, perfettamente vuoto, uno spazio che si legge per sottrazione in una doppia pagina densa di cavi, elettrodi e varia tecnologia. Quando i primi coloni arrivarono sull’Isola erano un unico equipaggio e furono gli Esploratori ad allontanarsi per primi dal Motore. I loro corpi mutarono a contatto col nuovo ambiente. Da quel momento l’esigenza primaria, per gli uni come per gli altri, sarà quella di preservare la normalità originaria. Gli Esploratori lavoreranno al servizio degli Esemplari per nutrirli e difenderli da eventuali e fantomatici attacchi esterni all’Isola. Gli Esemplari vigileranno sulla propria normalità tenendosi alla larga dal contatto con l’esterno. Un rito ciclicamente ripetuto, la “cerimonia del corpo”, servirà a rinsaldare il legame con la forma originaria dei corpi esemplari, quelli giusti. Nessun dubbio, nessun interrogativo, nessuna eccezione sarà ammessa. Nessuna rivolta. Nessun affetto dovrà mettere in discussione lo status quo. Ciascuno al suo posto, ciascuno schiavo della perfetta normalità, posseduta o anelata. 
Il passato, l’origine, diventerà l’unico motore del futuro. 


Ma… 
È davvero possibile vivere perché nulla cambi? Cosa è normale e cosa non lo è? Chi è il nemico e di chi lo è? Cosa fa di uno schiavo, uno schiavo e di un padrone, un padrone? Esiste una purezza contrapposta alla contaminazione? Cos’è che tiene insieme una società? E cosa tiene insieme un’identità? Le storie di Lorenzo Ghetti sono sempre generative di domande alle quali fortunatamente l’autore non dà risposte univoche. Ci pensa la storia stessa ad esplorare eventi e conseguenze. In questa storia arriveranno due personaggi: Mari, una Esemplare che tempo prima aveva deciso di abbandonare l’Isola e Figura, la cui forma non assomiglia a quella di nessuno, o meglio, può somigliare a quella di tutti perché può diventare come chiunque voglia che lui/lei sia. 


Mari è colorata in scala di Grigi. Figura è dello lo stesso bianco del Motore. Sono loro i personaggi che ci portano nella parte più enigmatica e ricca della storia: Mari ha cercato il coraggio di andare a guardare oltre l’Isola al di là delle forme date e conosciute; Figura non ha una forma propria ed è la capacità di totale contaminazione, il vuoto che può trasformarsi in ogni pieno. La forza del coraggio e la forza della trasformazione saranno deflagranti ed apriranno alla possibilità di un nuovo futuro: una nuova “coppia originaria”, se così possiamo dire, attraverserà un mare giallo e si inoltrerà fuori dalla pagina, nel mondo sconosciuto. 
Insomma una storia ricca di una complessità che trova corrispondenze nei contenuti come nella forma grafica: la scelta dei colori che identificano i personaggi e i contesti, la ripartizione delle vignette che crea un ritmo ogni volta diverso anche nel senso di lettura. Particolarmente interessante è il ragionamento grafico sulle forme geometriche: il cerchio che già appare in copertina ritagliato nella sovracoperta è inscritto sia in un quadrato che in un poligono. Anche la successione dei capitoli è segnata da forme geometriche inscritte in un cerchio: per il primo capitolo vi è solo una retta, per il secondo le rette diventano due incidentali, al terzo si chiuderanno in un triangolo e via via fino a costruire, capitolo dopo capitolo, un poligono con un numero sempre maggiore di lati… che nell’ultimo capitolo disegneranno un cerchio. Pure al centro del petto di Figura c’è un cerchio, vuoto, che con l’andare della storia, con l’avvicendarsi degli eventi sarà segnato, ogni volta di più, da rette che ne disegneranno spicchi. 
Trasformazione, conflitto, complessità, alterità, futuro. 


Una storia che scandaglia, su diversi piani, la costruzione dell’identità individuale e collettiva, il ciclo innovativo delle nuove generazioni e il conflitto che ne deriva, la potenza della ricerca interiore e della sperimentazione. Il tutto in uno scenario distopico, a cui Lorenzo Ghetti ci ha abituato già nei due titoli precedenti, caratterizzato da un segno grafico arrotondato che riesce a tratteggiare personaggi e ambienti familiari eppur futuristici. 
La ricchezza delle metafore, la molteplicità dei punti di vista, lo spessore dei profili individuali, la contrapposizione -niente affatto semplificata- tra individualità e normatività, la costruzione grafica del racconto che incastra vignette che zoomano e vignette che allargano lo sguardo con grande libertà nell’ingombro della pagina, l’originale utilizzo dei balloon, sono gli aspetti che, insieme agli altri che la sensibilità di chi leggerà potrà ritrovare, rendono questa graphic novel molto interessante e adatta alla lettura e alla riflessione di lettori e lettrici a partire dai 14 anni. 

 Patrizia 

 “La forma che mi hai dato”, Lorenzo Ghetti, Coconino Press - Fandango 2025