Letargo, Claudia Mencaroni, Gioia Marchegiani
InternoPoesia 2024
NARRATIVA & POESIA
"Si è raggomitolata per benino, ha chiuso un occhio
poi ha chiuso l'altro, infine il suo respiro
è diventato così lento e cavernoso che i bambini
si sono guardati per ben ventisette secondi, finché
uno di loro il più scientifico
si è avvicinato a lei
ha posato l'orecchio sulla sua schiena e ha detto:
- Dorme.
- Citrullo, si dice 'è in letargo',
ha replicato l'altro che alle parole ci tiene parecchio."
Prima di raggomitolarsi sul tappeto del salone, aveva preso il suo cuscino e la coperta di lana da un lembo e, lentamente, aveva attraversato il corridoio con quell'insolito strascico. Insonnolita aveva incrociato i suoi due bambini, aveva appoggiato sulle loro teste il bacio della buonanotte e aveva sfregato il suo naso freddo nei loro colli ancora caldi di letto. E aveva proseguito, in silenzio. Poi era andata giù e si era addormentata. Di un sonno profondo.
Che nessun richiamo di figlio, nessun profumo di caffè, nessuno scuotimento riesce a sconfiggere. Così i due bambini avevano ripreso le loro abitudini: la colazione, la scuola, il gioco, le cose proibite. Sempre davanti, intorno, sopra di lei. Che, addormentata, faceva solo piccoli movimenti, quelli che si fanno nel sonno. Il suo letargo attraversa le stagioni, con i suoi bambini che non perdono il contatto con lei, che diventa cavalluccio per giocare, scrivania per i compiti, tana per trovare il sonno quando arriva la paura... E se questo letargo dovesse superare anche la primavera senza risveglio? E se invece tra il muschio coperta si cominciasse a intravedere un nuovo germoglio?
E se...?
Come miccia di innesco c'è la grande domanda che spesso accende altrettanto grandi storie: e se?
E se una mamma un mattino si svegliasse con l'idea di riaddormentarsi, ma non per cinque minuti ancora dopo la sveglia per andare incontro alla sua giornata di compiti, ma per dormire. Dormire tanto: una cosa che abbia la forma del letargo. Quindi un letargo per uscire di scena, o meglio per restare in scena, pur tirandosi indietro dal suo ruolo, dal suo personaggio.
Il letargo, così come sentenzia uno dei due bambini, è cosa nota: ha dei contorni che anche i più piccoli possono conoscere. Il letargo è un po' misterioso come è misterioso il sonno, ma non fa paura come l'andarsene o il morire. In fondo è un andarsene per un tempo, e soprattutto prevede un risveglio e un ritorno.
Trovato questo insolito innesco, accesa la fiamma di un racconto, l'abilità di chi lo ha scritto sta nell'aver saputo governare il fuoco.
Fin da subito il patto con i propri lettori è chiaro: venitemi dietro e credetemi sulla parola.
Come succede con il fuoco e con l'acqua, è difficile prevederne l'evoluzione, il tragitto e infatti anche in Letargo per necessità le leggi di realtà saltano più e più volte, ma si impara presto a prendere atto di una serie di fatti. I bambini sanno cavarsela da soli, minuto dopo minuto, fanno la cosa giusta: per proseguire si agganciano a ciò che hanno sotto mano, ossia le loro routine. La fame mattutina li spinge verso la colazione, i compiti da fare gli occupano i pomeriggi e via andare. Nello stesso tempo non possono far finta di niente rispetto all'opportunità che il letargo materno offre loro: una libertà di azione che deve essere sfruttata. Senza divieti espliciti da parte di quel corpo addormentato, le prove di autonomia, di superamento dei limiti imposti si susseguono. Ma c'è sempre da parte di quei bambini la consapevolezza, come se - d'istinto - avessero preso loro il testimone dell'essere ragionevoli e responsabili.
Certo, questa mamma che dorme sodo in salotto, per terra avvolta nella sua coperta, provoca anche una serie di inconvenienti, ma tutti sormontabili.
Sarà dura ammetterlo, ma parrebbe proprio che i bambini senza di noi, se la caverebbero molto meglio di come noi possiamo anche lontanamente immaginare...
Un po' come a dire che a loro va insegnato ad andare, poi, messi sulla strada migliore, a camminare ci penseranno da sé.
A una cosa, però, sembra non siano capaci di rinunciare: a condividere con quel mucchio di mamma le grandi emozioni. Forse è a questo che un genitore non può proprio sottrarsi.
Ma forse le cose sono due.
A un genitore non dovrebbe essere concessa la possibilità di tirarsi indietro nel momento del tentennamento, del dubbio, della perdita di sicurezza da parte di un figlio.
Dormire, riposare, farsi da parte fino al punto in cui non sia di nuovo necessario riaprire gli occhi per farsi ancora una volta luogo sicuro.
Questo e molte altre magnifiche sottigliezze si trovano in questo piccolo libro. Comprese le poche e soffuse illustrazioni di Gioia Marchegiani.
Chi avrà la fortuna di leggerlo, riceverà in dono anche una lingua inaspettata, anzi due.
Più e più volte i due registri si toccano e si intrecciano: accanto a una scrittura poetica di una voce fuori campo che racconta e che usa gli a capo come punteggiatura ed è piena di raffinatezze, c'è una poesia vera e propria per voce spontanea di bambino: la voce di chi quel letargo lo vive e lo percepisce, e per questo lo mette su un quaderno a righe. Ma proprio a righe.
- Lo sai che oggi a scuola abbiamo scritto le poesie, mamma?
Te ne leggo una,
scritta tutta
tutta da me?
Carla