mercoledì 30 luglio 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

OGGI ERA OGGI 


Se uno scrittore scrive un libro per ragazzi e ragazze dagli undici anni che proprio nel momento più determinante e spaventoso del racconto, proprio quando Hex, uno dei protagonisti, ha la possibilità di salvarsi la vita, se questo scrittore dicevo non gli fa trovare l’oggetto magico perché Hex lo ha dimenticato nei pantaloni e i pantaloni li ha buttati da lavare e sono lì puliti e profumati sulla sua scrivania e quindi addio oggetto magico, se uno scrittore scrive tutto questo, per me è già nell’empireo. 
Se inoltre tale scrittore, che ha già scritto un romanzo riuscito e piacevole, si affianca a un illustratore della caratura di Levi Pinfold, beh, allora il suo libro è sicuramente da leggere. 
Racconterò della trama solo l’inizio, perché una delle caratteristiche più piacevoli di questo romanzo sono senz’altro i colpi di scena.


Harrold racconta la storia di Hex e Tommo, due amici per la pelle, che un pomeriggio si vedono inseguiti dalla piccola Sasha che vuole giocare con loro. I giochi dei ragazzini sono turbolenti e pericolosi il giusto, sta di fatto che Sasha cade e si rompe malamente un braccio. Panico. I due amici chiamano i soccorsi e tutto rientra, ma il giorno successivo Hex le prende dalla sorella maggiore di Sasha; mentre scappa il ragazzino trova rifugio in un antico cottage, che non aveva mai notato, dove vive la vecchissima signora Missus con la sua gigantesca cagnolona Leafy. Missus offre a Hex una ghianda: se vorrà vendicarsi di Maria, la sorella di Sasha, dovrà soltanto romperla e così lei e Leafy faranno in modo che Maria non esista più, la faranno scomparire, nessuno avrà mai memoria di lei. 
Hex ammutolito prende la ghianda ma sul più bello si accorge appunto che è sparita col risciacquo della lavatrice. 
Non vado oltre nell’anticipare la trama di questo romanzo pieno di colpi di scena incredibili. Dico solo che non riuscirete a staccarvi e che il libro diventerà sempre più complesso e i personaggi sempre più interconnessi, raggiungendo la profondità delle fiabe antiche. 
D'altronde delle fiabe ha diverse caratteristiche: l’oggetto magico, come abbiamo visto. La strega e l’animale aiutante. Il bosco: piccolo, come ci viene spesso detto nel libro, eppure così vasto da poter cambiare il mondo. Il divieto e l’infrazione del divieto. La lotta. 
Harrold però aggiunge un passaggio esplicito, una riflessione nel romanzo che riecheggia in tutte le pagine: cos’è la vendetta? Siamo sicuri che sia univoca la colpa? Ci farà stare meglio vendicarci? Nomina la vendetta, la circoscrive. Non la lascia nell’indeterminatezza tipica delle fiabe, vuole che i lettori ci pensino: “Aveva archiviato la propria vergona e l’aveva sostituita con l’astio”, scrive Harrold dopo la consegna della ghianda. 
A.F. Harrold è un poeta e si vede, si sente mentre con profondità riflette attraverso i pensieri dei giovani protagonisti, sempre in biblico tra come si sentono loro e come li vedono gli adulti, si vede da come maneggia i pensieri dei due ragazzini protagonisti, Tommo e Hex. 
Che splendore. 


A tutto questo si aggiunge la maestria di Levi Pinfold, che deve avere un rapporto speciale con i cani neri, ma direi con gli animali maestosi di ogni genere. 
Le sue illustrazioni viaggiano proprio in una terra di mezzo che è quella che mi immagino esista tra il torrente dove Sasha si rompe il braccio, e il cottage che solo i ragazzini vedono. In questa terra del limite le sue illustrazioni nascono dal nero del bosco, tratteggiano i ragazzini spesso di spalle e in movimento, lasciando più spazio alla vecchia Missus e a Leafy, che tanta parte hanno nelle dinamiche del libro. I ragazzini e le due creature d’altro canto parlano una stessa lingua, perché le ghiande vengono messe nelle tasche dei jeans e non lasciate nel cottage. 
La cittadina scarna e desolata dove vivono fa da contraltare al bosco scuro e nodoso di alberi millenari, le macchine vecchie, le finestre che anticipano il dentro o che riflettono il fuori. Tutti temi di Pinfold rafforzati dalla trama. A tratti pare che Harrold abbia pensato proprio a Pinfold nello scrivere. 
Con molta maestria lo scrittore inglese intesse una trama solida e avvincente a una riflessione profonda, fino a portarci a un finale di quelli che piacciono a noi, quelli che finiscono con una domanda. Dopo tutto quel combattere e pensare e addolorarsi e dimenticare, come sarà la vita dopo? 
C’è una frase verso la fine che dovrei scrivere e tenere sulla mia scrivania: 
“Oggi era oggi, e l’unica cosa da fare con i giorni è viverli.” 

Valentina

"Era tutto il nostro mondo”, A. F. Harrold, ill. Levi Pinfold, trad. Manuela Salvi, Mondadori, 2025 

lunedì 28 luglio 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA GRAZIA

Il compleanno dello scoiattolo
, Toon Tellegen, Kitty Crowther 
(trad. Laura Draghi Salvadori) 
Feltrinelli Kids 2025 


NARRATIVA ILLUSTRATA PER MEDI (dai 7 anni) 

"Un po' più in là, in un angolo dove lo scoiattolo non andava quasi mai, c'era attaccato un altro biglietto, ma era così distante che lo scoiattolo lo leggeva solo una volta l'anno. Sopra c'era scritto: 'Il mio compleanno' . 
Una mattina, dopo aver letto per due volte il biglietto con la scritta 'Ghiande di faggio' e meditato davanti a quello con la scritta 'Essere allegro', lo scoiattolo rivide il terzo biglietto. 'Il mio compleanno' lesse. Allora si batté la fronte, strinse gli occhi e disse: - È vero! me n'ero quasi scordato! Il mio compleanno... Il cuore gli batteva forte. 
 Era quasi il suo compleanno." 

Per non dimenticarsi le cose Scoiattolo si appunta dei bigliettini sulle pareti di casa. Su uno c'era scritto La formica su un altro Ghiande di faggio...


Quello su cui era scritto Il mio compleanno gli fece venire in mente di organizzare una grande festa. Tutti invitati. Proprio tutti ricevettero la succinta lettera di invito scritta sulla corteccia di betulla. E tutti risposero entusiasti all'invito con un bel sì. 
A questo punto lo scoiattolo cominciò a curare l'organizzazione: preparò torte a non finire. Ognuna pensata in base ai gusti degli invitati. E lavorò alacremente e finì solo quando la festa era in procinto di iniziare. 
Nel frattempo gli invitati dalla loro parte preparavano regali: ognuno il proprio. Grandi o piccoli o minuscoli era tutti confezionati con cura. Poi passarono a pensare cosa indossare. A una festa non si può andare vestiti con ciò che si indossa ogni giorno... Tutt'al più lo si mette al rovescio! 
Poi si misero in cammino, uno dietro l'altro. 
Il primo ad arrivare (e meno male che arrivò perché lo scoiattolo era già lì che temeva di restar solo) fu l'orso che si informò delle torte... 
A ruota arrivarono tutti gli altri. 


Tutti, felici, consegnato il regalo e fatti gli auguri, mangiarono allegri e poi ballarono fino ad essere esausti, ma proprio in uno stato di grazia. 
Proprio una gran bella festa, nessuno avrebbe potuto dire il contrario. Quando si fece l'ora di tornare a casa, tutti, con i piedi stanchi, si rimisero in cammino, non prima di aver ringraziato e salutato con affetto sincero lo scoiattolo. Seduto nel silenzio sotto il faggio, sotto la luna si guardò intorno e concluse che era stata proprio una bella giornata... Poi si arrampicò sul faggio con tutti i regali che erano una pila. E poi si sedette sul tavolo con le gambe a penzoloni. Ed è proprio in questo momento, quando la notte arriva, dopo una giornata così importante, che nel cuore dello scoiattolo nasce un nuovo sentimento... 
E intanto la notte prosegue nel suo cammino. 

Un altro libro meraviglioso di Toon Tellegen, qui illustrato da Kitty Crowther. 
Si potrebbe chiedere di più? 
Pochi giorni fa, parlando con una amica, ho detto: a mio parere, tutto quello che è stato scritto finora, potrebbe essere assolutamente sufficiente per soddisfare l'intera umanità dei lettori. Per millenni si potrebbe campare di rendita. 
E lo penso davvero: a me, in tutta sincerità, basterebbero una trentina di libri del genere, di autori e autrici come questi due, per potermi sentire appagata come lettrice. Fino all'ultimo mio giorno, non credo di aver bisogno di altro. 
Forse non sono l'unica a pensarla così, visto che Feltrinelli adesso lo ripubblica, dopo averlo fatto uscire per la prima volta nel 2003. 
Toon Tellegen e Kitty Crowther, chi mi conosce lo sa, sono due stelle che hanno illuminato e guidato e ancora oggi fanno una bella luce nel mio firmamento personale. E mi indicano la rotta. 
In queste nove storie che hanno a che fare con il festeggiare e che sono abitate dai suoi magnifici animali del bosco si ritrovano i toni propri di tutti gli altri racconti di questo straordinario autore. 
Nel suo piccolo mondo brulicante di animali tra loro anche molto diversi - in cui il grande assente è l'uomo, mentre molto presenti sono i suoi sentimenti - c'è la consueta atmosfera piena di grazia. 
Ciascuno di loro ha caratteristiche proprie: ci sono i golosi, ci sono i timidi, ci sono gli affettuosi, ci sono i curiosi, ci sono i quieti e i festaioli, ci sono quelli che abitano sotto terra e quelli che si illuminano, volando. 
Ma tutti proprio tutti vivono in armonia, perché tra loro c'è comprensione e rispetto reciproco. 


Tutti sanno godere della propria gioia come di quella degli altri. 
E chi legge avverte chiara e forte la loro voglia di essere lì con gli altri, in quel preciso momento. 
Scoiattolo, uno dei personaggi di punta dell'immaginario di Tellegen, è pieno d'affetto per i suoi amici e li vuole tutti intorno a sé, prepara torte per tutti, conoscendo e assecondando i gusti di tutti. E tutti contraccambiano il piacere di stare con lui. Ognuno a modo proprio. Ed è in questo che Tellegen dà il meglio di sé: nel portare il proprio lettore in giro a vedere cosa significhi vivere bene, in una comunità, tra tanti e così diversi: una gioia leggere i differenti tipi delle torte - quelle pesanti che sprofondino all'occorrenza nel terreno, quelle di miele, quelle di erba, quelle color sangue per la zanzara. 
E ancora le varie mise che ciascun invitato sceglie per sé - dalle giacchettine rosse agli spolverini, dai berrettini lilla o verdi ai papillon gialli del tricheco. 
E ancora il confezionamento dei regali - grandi piccoli, rossi caldi o freddissimi. 
Una gioia profonda andargli dietro, pagina dopo pagina, nella costruzione di un mondo di pace e armonia... Un mondo di creaturine e creaturone, un mondo luminoso ma anche nero come la pece, di notte, un mondo assolutamente ideale per Kitty Crowther che le corrisponde fin nel profondo.
 

Insieme sono uno dei rari casi di binomio felice, oppure di assoluta perfezione raggiunta nella vicinanza: come pane e burro... 
E questa era solo la prima delle nove... 

Carla

Noterella al margine. Per saperne di più circa la mia passione per Tellegen e Crowther si può fare anche solo una ricerca qui in Lettura candita...

domenica 27 luglio 2025

COGLI L'ULTIMA MELA 


Carmine ha le ciliegie più buone del mondo, ma anche le mele, che convenzionalmente chiamiamo tra noi biancaneve, non scherzano. 
Ogni anno faccio un gioco scommessa con me stessa: conservare le ultime mele e riuscire a farle arrivare fino alle prime ciliegie. Anche quest'anno ce l'ho fatta! 
Ora, per santificare una fine degna alle due mele rimaste non posso mangiarle così a fine pasto come se nulla fosse... Quindi cerco in rete e trovo una ricetta facile facile ma di un certo effetto. 
Per celebrare l'ultima mela 

INGREDIENTI 
una mela soda e succosa 
una confezione di buona pasta sfoglia rettangolare 
un cucchiaino di cannella 
un cucchiaio di zucchero
due fiocchetti di burro 

Si toglie il torsolo della mela con il detorsolatore, la si divide a metà e la si taglia a fettine sottilissime e verranno tante mezze lune di mela. 
Con una rotella si tagliano le strisce di pasta sfoglia: devono essere alte 6 centimetri. 
Si mettono le mezze lune di mela una sovrapposta alla metà dell'altra in modo che sporgano di un dito e che occupino in altezza la metà della striscia di pasta sfoglia. 
Si mescola un cucchiaio di zucchero con un cucchiaino di cannella e lo si sparge sulle mezze lune di mela e sulla pasta sfoglia. 


Si ripiega sulle mezze lune la metà libera della pasta sfoglia in modo da creare una sorta di sacca che contenga le fettine di mela, Si sigillano con una ditata l'inizio e la fine della sacca. 



Con lentezza e accortezza si comincia ad arrotolare, come fosse una spirale, in modo da formare una sorta di rosetta in cui in basso c'è la pasta sfoglia mentre in alto ci sono le mezze lune di mela che si dispongono come petali di un bocciolo. 
Si sparge ancora un pochino della polvere di zucchero e cannella e due fiocchetti di burro. 
Si accomodano in tortiere del diametro di 7 o 8 centimetri e si cuociono per almeno 30 minuti nel forno a 180 gradi.
Fatto!

Carla

venerdì 25 luglio 2025

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)

I TAMBURI DELLA PENULTIMA PAGINA 

Una cosa che si dovrebbe cercare di raggiungere, raccontando una storia con le immagini, è la piccola o grande capriola finale, il colpo di scena! 
Stupire il proprio lettore è cosa buona e giusta. 
Il piccolo o grande salto di senso, la risata, lo sgranare gli occhi sono tutte reazioni che se messe ad arte intorno all'ultima pagina, non possono che far bene alla storia, al libro. 
La forma di un albo illustrato, tra le sue tante doti, ha quella di essere fisicamente adatto a questo genere di emozioni e reazioni. Il giro di pagina sembra essere lì a bella posta. Il tempo che occupa, poco più di un secondo, in cui cosa ci sarà dietro non è dato sapere, è assolutamente un tempo ideale perché il cervello rimanga in stand by lungo la strada segnata. E se invece c'è un bel tornante, una curva secca su un altro panorama sarà tutto più gustoso. 
Va da sé che con altrettanta arte la capriola finale va preparata con cura. Ovvero il lettore va spedito in una direzione, va rassicurato che tutto sta andando nel verso previsto. Per assurdo, potrebbe quasi annoiarsi di tanta prevedibilità ed è allora che bisogna colpire! 


Tutto questo è per dire che ho sotto mano due libri che hanno la stessa firma, Matilde Tacchini e che finiscono entrambi con delle belle capriole. 
Nel primo caso lei è autrice del solo testo, Questo è molto strano... mentre le matite sono di Mercé Galì, una sua vecchia conoscenza. 
Nel secondo lei è autrice unica e la capriola che fa fare ai suoi lettori è ben più spettacolare e durevole... Non schiacciate quel bottone! 
Questo è molto strano... più che una storia vera e propria è un lungo elenco, una sorta di catalogo, dei vezzeggiativi, paragoni bestiali (nel senso letterale del termine), che di solito i genitori (o chi per essi) usano nei confronti dei piccoli: il piccolo koala di mamma, il topolino di papà, un maialino a tavola, un ghiro a letto, in piscina un pesciolino e via andare... 


Tutto chiaro? Il finale deve prevedere un capovolgimento che puntualmente arriva in un ribaltamento di ruolo: sparisce all'istante la tenerezza del koala per lasciare il posto alla rabbia vera che finisce in un urlaccio di quel povero ragazzino, finalmente solo ragazzino, senza peli o zanne, che rivendica, dopo aver ruggito ben bene, la propria identità. 
Ma questa capriola, sebbene scandita a chiare lettere, è fin troppo telefonata... 
E poi siamo alla penultima pagina, dove il rullo di tamburi si fa sentire.... 
E infatti, non poteva finire così, la vera capriola la vedremo solo quando anche l'ultima pagina è andata... 
Ancora più chiaro il meccanismo appare nel suo ultimo libro per Nomos Edizioni. 
La tensione emotiva si percepisce fin dalla copertina, con quel titolo che è un comando, con tanto di esclamativo! 


La situazione, anche in questo caso, non è certo la prima volta che la si incontra, tuttavia qui è giocata meglio che altrove. 
Contesto: esterno spoglio con solo un ramo visibile su cui far sostare in quota gufo e scoiattolo. Gli altri animali presenti sono tutti sul terreno, ovvero poggiano su una linea nera continua, Il pulsante è l'anomalia che getta scompiglio nella routine degli abitanti di quel boschetto: orso, fagiano, lepre, volpe, scoiattolo e gufo. 
Ognuno di loro si schiera e si fa carico di un'indole umana: c'è l'ottimista, il riflessivo, il prudente, il curioso e via andare... 
Naturalmente ognuno di loro si prefigura cosa potrebbe succedere a premere il pulsante rosso: caldo fulminate, glaciazione istantanea, gli alieni. Naturalmente in tutto questo crescendo di ipotesi qualcuno cerca di mantenere la barra del timone diritta. 


Ma si sa che, come succede anche nella vita vera, il chiacchiericcio intorno a un fatto non fa che accrescerlo, renderlo sempre più sospetto e potenzialmente pericoloso. 
Ciò che non si conosce è per definizione qualcosa che potrebbe portare guai. 
Così il loro cicaleccio ai piedi del ramo, intorno al pulsante, si fa sempre più fitto. Si invoca persino uno dei cardini della democrazia (quando si è in un numero maggiore di uno, accade): il voto. 
Poi come altrettanto spesso accade, soprattutto in questi ultimi balordi tempi, uno decide per tutti: il più grosso... 
E siamo alla penultima pagina... 

Carla 

"Questo è molto strano..." Matilde Tacchini, Mercé Galì, Kalandraka 2025 
"Non schiacciate quel bottone!", Matilde Tacchini, Nomos 2025

mercoledì 23 luglio 2025

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)

ELOGIO DELLA CADUTA 

Una figura malinconica dalle guance smagrite, avvolta in una coperta variopinta, segue un gruppo eterogeneo di animali: un leone, un coniglio, un lupo, un tucano, un rospo. Quando li raggiunge porge loro una valigia trovata per strada, forse dimenticata proprio da qualcuno di loro.  

© Issa Watanabe #logosedizioni



Un coccodrillo, un formichiere, un rinoceronte e una giraffa sono accampati in una radura. Pentole, coperte e fagotti giacciono ai loro piedi. Un senso di sospensione e di precarietà aleggia attorno ai corpi che cercano di riposare. Nel sonno, i volti sono contriti. Chi è sveglio guarda lontano, nell’oscurità che incombe. 
Tra la figura allampanata e un enorme orso bianco ha luogo una conversazione, qualcosa che pare una contrattazione, un mercanteggiare necessario che lega a doppia mandata il rischio e la salvezza, il tentativo e il fallimento. 
Poi, si arriva al mare. 

© Issa Watanabe #logosedizioni



La cosa più difficile per i grandi temi, ancor più quando sentiti come urgenti e attuali, è essere raccontati interi e vivi senza diventare dettami. È difficilissimo, specie quando gli interlocutori sono bambini, mantenere intatto il bisogno di dire senza dimenticare che l’ascolto, quello vero, non può essere forzato. Arduo, sempre, arrivare ai lettori senza che il grande tema venga colonizzato dall’opportunità, dall’ufficialità del messaggio, dall’opinione comune di ciò che va detto e sentito. Infine, rarissimo che il grande tema venga raccontato in modo sufficientemente ampio e poroso, affinché permanga, nell’ascoltatore, quella libertà di raccogliere in autonomia ciò che può ovvero: quella parte di messaggio che, per età, sensibilità ed esperienza di vita, egli può contenere. 
Issa Watanabe ha la misura e la sensibilità di porgere il racconto della migrazione forzata e della ferita – sentito come urgente, personale, intimo – senza dimenticare mai la presenza dell’ascoltatore, concependolo anzi nella sua interezza. L’illustratrice predispone tutto il meccanismo narrativo affinché chi si affaccia all’albo lo possa fare in modo libero, e lo fa allestendo una sorta di camera di scambio, dove il mistero non viene sacrificato e il messaggio rimane potente e cristallino, sospeso e a disposizione di una lettura personale.


Che Migranti sia un capolavoro non tocca certo a me dirlo. Il racconto del gruppo di animali che dopo essere partiti affrontano una traversata in mare e approdano – non tutti, non indenni – sulla desiderata sponda opposta è scarno ed essenziale. Diretto eppure sensibilissimo. Il proposito di raccontare ai bambini il fenomeno della migrazione forzata con i rischi, il dolore e la morte che essa comporta viene centrato al punto da poter essere fruito non solo da chi una migrazione non l’ha mai affrontata, ma anche da chi ha vissuto sulla propria pelle la terribile esperienza e cerca parole e immagini per concretizzare qualcosa che va al di là del raccontabile. 
Ma lo scavo fatto da Watanabe è ben più di questo. La questione dei migranti, emblematica e purificata, diventa il fenomeno macroscopico e visibile attraverso cui è possibile toccare, in quel modo specifico che accade nelle storie e negli albi, un moto interiore ed essenziale, arrivando a simboleggiare il processo vitale e sconvolgente del cambiamento e della crescita. Se questo rimane timido e sotteso in Migranti, emerge invece con precisa intenzionalità in Kintsugi.


Il titolo è già una dichiarazione di intenti, un chiaro riferimento alla tecnica giapponese di ricomporre i cocci del vasellame spezzato con l’oro. La pratica del kintsugi fa della ferita e della guarigione una occasione di esperienza, compattando in un atto di riparazione dall’esito estetico e poetico un percorso che, nella realtà, passa attraverso la fatica della caduta, della sopportazione e della ricostruzione. 
Un coniglio vestito di tutto punto si accosta a una tavola riccamente imbandita per bere una tazza di tè, quando un biancore di gesso irrompe tra i rami del suo commensale. Sconcertato dal cambiamento, il coniglio inciampa, perde fatalmente l’equilibrio, precipita in avanti senza rimedio fino a rovinare a terra; non per questo smette di cadere, anzi: oltrepassato il diaframma del suolo scende ancora più in basso, in cavità e antri sempre più misteriosi, in una oscurità senza rimedio che sembra annichilire ogni colore. E quando si arriva in fondo, ecco un altro confine, ecco l’acqua. Il coniglio si tuffa e con una lunghissima apnea affronta una discesa che richiede moltissimo coraggio e con questo si intenda la capacità di sostare nel disagio, nella scomodità, nell’incertezza dell’esito. 
Questo è forse il regalo di maggior caratura in questi due albi. 

© Issa Watanabe #logosedizioni



Nelle interviste rilasciate dall’uscita di Migranti e reperibili in rete si capisce che Issa Watanabe ha un’altissima idea di infanzia e, in suo nome, rifiuta ogni banalizzazione. Le immagini che ha elaborato scaturiscono non tanto dalla diretta volontà di intrappolare nelle figure un messaggio chiaro, quanto dal bisogno di non voler arretrare di fronte ai fatti e allo stesso tempo di non deturpare la naturale propensione alla speranza. Tuttavia, è nell’integrità di affidarsi al proprio medium senza compromessi, nella scelta di affidarsi esclusivamente al disegno rinunciando alla parola che si sostanzia l’atto di fiducia rivoluzionaria e generativa - mi viene da dire quasi politica - che emerge dalle tavole, quando le si lascia parlare. 

© Issa Watanabe #logosedizioni



Il racconto di Watanabe può dire la speranza in quanto esso stesso è intriso di fiducia in ciò che deve ancora avvenire. Sta nel suo non volersi far imbrigliare, nella capacità di lasciare accadere le cose senza l’ansia della spiegazione, nella propensione ad arretrare per concedere spazio al lettore, assumendosi il rischio che qualcosa in questo scambio vada perduto. Nell'opera di Watanabe il messaggio stesso affronta la traversata che ogni pensiero azzarda dal momento in cui nasce, quando minuscolo e indefinito parte per essere formulato, trasformato, espresso e ascoltato. Possibilmente, compreso. 
Ogni pensiero, ogni idea, ogni parola, nel lungo percorso tra la sua comparsa e la sua espressione, affronta il rischio della censura, dello scoraggiamento, del silenziamento. Similmente al grande marlin pescato lontanissimo dalla costa dal proverbiale pescatore hemingwayano (ancora barche, ancora acqua) non è affatto detto che arrivi alla bocca, alla penna, alla carta intero; non per questo bisogna rinunciare.

© Issa Watanabe #logosedizioni

Dopo la contrizione per chi è perito nella traversata, il gruppo di animali si volge e, pur dolente, trova davanti a sé una radura fiorita. Dopo essere scampato alla profondità del mare, il coniglio risale in superficie e ritrova i pezzi con cui ricomporre nuovi oggetti, nuova realtà.

© Issa Watanabe #logosedizioni



L’atto stesso di pensare e parlare e creare è un atto di ricomposizione ed assemblamento che la lettura di questi albi celebra dal suo più radicale prodromo, che è la caduta, lo spezzarsi. Ed è forse qui che si sostanzia la necessità del nero delle illustrazioni, una oscurità che oltre a raccontare la disperazione veste efficacemente anche quel momento dell’esistenza in cui iniziano tutte le cose, l’oscurità che precede la luce, dove si affronta, senza certezza d’esito, la traversata prima dell’approdo. 

© Issa Watanabe #logosedizioni

Giorgia

“Migranti” Issa Watanabe, #logosedizioni 2020 
“Kintsugi” Issa Watanabe, #logosedizioni 2023 

lunedì 21 luglio 2025

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)

DA COSA NASCE COSA [seconda e ultima parte] 


"Con un coltellino qualsiasi possiamo tagliare, aprire, dividere, sbucciare, perforare, separare, affilare, radere, incidere, modellare scuoiare, tagliarci (attenzione!) e fare del male (molta attenzione!). Non bisogna dimenticare che il coltello a serramanico è un'arma. 
Per questo molti adulti preferiscono che non sia alla portata dei bambini. Pensano che sia pericoloso. E in effetti può esserlo. Ma se impariamo a usarlo con cautela (senza fare sciocchezze), quante cose ci permette di fare!" 

Se non siete d'accordo con quanto esposto nelle righe sovrastanti, questo post e questo libro non fa per voi. Mollate subito e andate a farvi un giro. 
In caso diverso, sedetevi perché continuo a non essere breve. 
Ricordo distintamente quando, ero madre da poco più di un anno, vidi il figlio di amici di poco meno di tre anni con un cacciavite in mano e, alla mia perplessità se fosse prudente, mi venne risposto: certo, gli abbiamo insegnato come usarlo. 
Ecco. 


Questo libro va in quella direzione, senza paura. Ragione per la quale la scelta degli oggetti (che poi è il modo migliore per capire il pensiero di chi l'ha scritto) mi pare davvero attenta al pubblico di riferimento, ovvero i bambini curiosi e bellamente ignora i possibili timori di genitori benpensanti. 
Senza nessuna censura si parla di come uccidere le mosche e si discute di coltelli. 
Ci sono oggetti che fanno parte del loro parco giochi - la palla, il frisbee e forse il dado. Gli altri, che comunque appartengono al loro universo visivo, sono dentro per due ragioni diverse: da una parte è proprio molto interessante e utile capire come funzionano - il volante, il bottone - dall'altra sono così tanto apparentemente semplici da lasciare basiti nell'apprendere quanto in realtà complessi siano, fisica e chimica per capirne di più - il mattone, il liquido, e l'imbuto. 
Credo che se un ragazzino (come pure un adulto) finora non abbia dimostrato interesse per come lavora una tazza del gabinetto, vada preso per le orecchie e gli vada spiegato per benino. 


Sapere come funzionano le cose è un atto politico. 
Prevede, innanzi tutto, concentrazione e osservazione per essere capaci di valutare di quel determinato oggetto l'importanza, il suo valore sociale e tenere sempre a mente lo sforzo che ha richiesto inventarlo, costruirlo, manutenerlo. 
Se fossimo più consapevoli di come funziona la spazzatura, non avremmo i cassonetti che abbiamo... 
Lo stesso criterio va applicato sempre, o quasi sempre. 
Ma questa attitudine è poco praticata: la distrazione, il dare per scontato, il non curarsi e, più in generale, la fretta e la superficialità sono diffuse e remano contro. 
Chi ha voglia di soffermare lo sguardo e quindi il pensiero sul cestino del pane, ammesso che sia di giunco e non di plastica a stampo? 
Chi si soffermerebbe sul tragitto che si fa fare al filo per attaccare un bottone, se non colui che detto bottone sta attaccando? 


Chi si mette a ragionare sul fluire "innato" di un liquido? E sulla sua ferma volontà a non rimanere mai fermo? Leggere per credere: un trattatello di fisica che brilla per chiarezza. 
Non a caso nel prologo Gustavo Puerta Leisse sottolineava che "condividere le scoperte nel modo più accattivante possibile" forse è la chiave vincente di questo strano libro. 
Piccole pillole di saggezza si colgono qua e là sul significato della parola cosa, sulle onomatopee, sul calcolo delle probabilità, la distinzione, appunto, tra cosa e oggetto (si legga il mattone), tra attrezzo e strumento, il concetto di meccanismo, il concetto di contenitore... 


E quindi si arriva al gran finale: l'imbuto, che è anche il nome della casa editrice che i due autori un giorno di qualche anno fa hanno fondato: Ediciones Modernas El Embudo, ma è anche un simbolo! L'imbuto non è un contenitore, ma un elemento che è necessario al passaggio da un contenitore più grosso a tanti più piccoli. Quindi un imbuto, è un po' come l'uguale in matematica. 
L'imbuto ha anche fare con la fisica, con l'arte ed è nascosto dove meno te lo aspetti e anche noi nel nostro corpo ne abbiamo un certo numero... 
Mi debbo fermare. 
Questo è per dire che se questo libro invece di contenere quattordici diversi oggetti, ne avesse contenuto uno solo, l'imbuto, ripetuto quattordici volte, io lo avrei bevuto come un bicchiere d'acqua quando si ha sete! [fine]

Carla 

"Lezioni di cose. Un universo a portata di mano", Gustavo Puerta Leisse, Elena Odriozola (trad. Maura Romeo), Quinto Quarto 2025  "La sicurezza degli oggetti", in Cose spiegate bene, AA.VV. Iperborea 2025  "Toilet How it works" , David Macaulay, Sheila Keenan, Roaring Brook Press 2013  "Dieci splendidi oggetti morti", Massimo Mantellini, Einaudi 2020

venerdì 18 luglio 2025

UNO SGUARDO DAL PONTE (libri a confronto)

DA COSA NASCE COSA [parte prima] 


"Una cosa è vedere e un'altra è osservare. Una cosa è sentire e un'altra è ascoltare. Una cosa è odorare e un'altra è annusare. Una cosa è toccare e un'altra è tastare. Una cosa è mangiare e un'altra è assaporare. La differenza tra le une e le altre sta nell'attenzione che vi poniamo." 

Se questa differenza non siete in grado di coglierla, se nell'arco delle 24 ore di un giorno sono più le volte che vedete-sentite-odorate-toccate-mangiate di quelle in cui osservate-ascoltate-annusate-tastate-assaporate questo post e questi libri non fanno per voi. Mollate subito e andate a farvi un giro. 
In caso diverso, sedetevi perché non sarò breve. 
Tre premesse. 
La prima. Personalmente nutro un vero culto per le cose, gli oggetti (che diventa mania quando si tratti di contenitori). Ne apprezzo la forma, la funzione, ne riesco a immaginare ulteriori usi, se si rompono mi dispero e lo stesso accade se le perdo (lì partono immediatamente le novene a Sant'antonio, così ho imparato da mia madre. Sant'antonio mi ha fatto ritrovare un orecchino del Settecento smaltato incastrato tra due sanpietrini...). 
La seconda. Trovo fondamentale coltivare nei piccoli la curiosità per ciò che li circonda. Compresi gli oggetti, di cui loro (al pari della sottoscritta) amano circondarsi e amano raccogliere e collezionare. Molto spesso i bambini sono degli animisti laici, ovvero agli oggetti conferiscono nomi, caratteri, poteri. Ma questo ci porterebbe lontano. Insomma è un fatto che bambini e cose di norma vadano tra loro d'accordo (ad adulti piacendo). E quindi mi pare che il "mondo delle cose" possa essere un'ottima palestra per esercitare in loro giorno dopo giorno la curiosità, motore del mondo. I bambini, almeno un tempo, erano già per loro indole degli abili smontatori di oggetti, proprio per capirne i meccanismi. Vederli all'opera con la gente di Smonting (Tuttestorie 2023) è stato illuminante. 
La terza premessa è che io Elena Odriozola, basca classe 1967, la trovo proprio interessante. 
I suoi libri In Italia, se non ci fosse Lupo Guido, sarebbero inesistenti. 
Dunque, se esce un libro da lei illustrato che parla di cose, o meglio che racconta come queste funzionano oppure altre informazioni, frutto di quell'attenzione a cui alludeva l'autore nelle prime righe, non posso proprio fermarmi. 
Il libro in questione si intitola Lezioni di cose. Condivisibile anche l'impostazione: sono lezioni, senza paura di farsi maestri, da parte dell'autore che è Gustavo Puerta Leisse. In Italia esce per la casa editrice Quinto Quarto, che nel suo dna ha un altro elemento per me importante: parla ai bambini come potrebbe parlare agli adulti. Cosa che spesso rende i loro libri più interessanti e più sfidanti di altri, nel dare per assodato che la complessità è roba da bambini come da grandi. 
Si potranno forse limare qui e lì i lessici, si potranno scomporre più a fondo i concetti, ma la sostanza non deve cambiare. 
Lezioni di cose accende una serie di connessioni interessanti. 


La prima: c'è un libro che me lo ricorda moltissimo: nella collana Cose spiegate bene, edito da Iperborea con il Post, compare il titolo La sicurezza degli oggetti
I due libri condividono - grossomodo - l'impianto generale. 
Entrambi sparano in mille direzioni diverse altre suggestioni da seguire. Entrambi lavorano in modo monografico su alcuni oggetti, alcuni dei quali, evidentemente più iconici di altri, si trovano in entrambi: il coltellino svizzero, le monete. 


E siccome tra gli oggetti c'è anche il bidet e la sua controversa storia, non posso non andare alla seconda connessione: i meravigliosi libri di David Macaulay, il mio preferito: Toilet: how it works e gli altri dedicati all'occhio, all'aereo e poi all'ultimo The Way Things Work (Come funzionano le cose, nelle sue varie edizioni). Il suo pennino a china, la sua capacità di zoomare sugli oggetti, la sua rara ironia che gioca con la scala degli oggetti, tutto concorre a rendere i suoi libri veri e propri piccoli capolavori.


E ancora, terza connessione, visto che in La sicurezza degli oggetti si cita la scomparsa quasi totale delle cartoline, non posso non pensare al libro di Massimo Mantellini, Dieci splendidi oggetti morti, uno dei quali è proprio la lettera, la sorella maggiore della suddetta cartolina, accanto alle carte stradali, al telefono fisso... 


Accanto a tutte queste divagazioni, Lezioni di cose diventa il perno necessario per far ruotare tutto. 
In elenco ci sono quattordici piccole monografie su oggetti che sono nel contempo armi, attrezzi, strumenti, che al loro interno hanno meccanismi che li fanno funzionare. 
Sono tutti solidi, tranne uno che prende la forma del suo contenitore. L'ultimo, che chiude magnificamente un libro magnifico, è un oggetto simbolo per eccellenza. Ma se ne parlerà poi. 
Molti, si apprende durante la lettura, sono restati fuori: la matita, l'ombrello... 
Tra quelli in elenco, lascerei fuori il frisbee, perché lo odio avendolo preso sul labbro quando avevo quindici anni e il vaso da fiori che non mi dice granché. 
La rimanente dozzina me la sono bevuta come un bicchiere di acqua quando si ha sete. 
La cosa che più rende convincente il lavoro di Gustavo Puerta Leisse ed Elena Odriozola è il continuo variare percorso. 


Spesso, ma non sempre, si raccontano le diverse tipologie: la palla, oppure i bottoni e le diverse metodologie per attaccarli. Altre volte si gioca: con il dado si sono inventati un bel modo di divertire e ragionare sul concetto di probabilità e possibilità. 
Allo stesso tempo portano il lettore a osservare come i numeri disegnati su ogni faccia del dado sono disposti diversamente: per intenderci i sei pallini non riprendono i tre o i due ma si dispongono in coppie serrate, niente assimila il quattro a due volte il due... 
Altre volte si fa della grande ironia, si gioca con l'assurdo, con lo scacciamosche per esempio o con i volanti impossibili.
 

Di certo il pensiero e l'illustrazione si muovono di concerto: bella l'idea di elencare le diverse prese dei cucchiai di legno per girare la zuppa o per servire in tavola o per raschiare il fondo della pentola, accanto ai disegni di Odriozola che giocano facendoci vedere come un cucchiaio, per forma, sia anche una chitarra o un remo o forse uno specchio [continua] 

Carla

"Lezioni di cose. Un universo a portata di mano", Gustavo Puerta Leisse, Elena Odriozola (trad. Maura Romeo), Quinto Quarto 2025 
"La sicurezza degli oggetti", in Cose spiegate bene, AA.VV. Iperborea 2025 
"Toilet How it works" , David Macaulay, Sheila Keenan, Roaring Brook Press 2013 
"Dieci splendidi oggetti morti", Massimo Mantellini, Einaudi 2020

mercoledì 16 luglio 2025

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)

FUORI DA QUI. RIFLESSIONI SULL’APOCALISSE. 
E SULL’AMORE. E SUL SESSO. 


Con questa copertina che non passa inosservata per quanto non sia bella, ma ammiccante, Terre di Mezzo decide di pubblicare un romanzo della collana L’ardeur, dell’editore francese Thierry Magnier (che per primo ha scelto la copertina che vediamo). 
Destinata a lettori e lettrici adolescenti, L’ardeur, propone storie che parlano di sessualità (ma non solo) senza troppi giri di parole. 
A questo proposito, del raccontare la sessualità, è interessante scoprire che solo due anni fa - nel luglio del 2023 - uno di questi titoli (“Bien trop petit" di Manu Causse) è stato “censurato” dal Ministère de l'Intérieur che ne ha vietato la vendita in Francia, ai minori di 18 anni. 
Che già solo per questa ragione ci auspichiamo che arrivino tutti in libreria. Ma non solo per questa ragione. 
Da libraia misuro quasi quotidianamente la richiesta di storie che raccontino il sesso e l’amore, già a partire dai 12/13 anni e fino ai 17. Quando arriva in libreria, nel 90% dei casi, questa richiesta è già orientata dalle classifiche più commerciali: Che cosa vorresti leggere? – dico io alla ragazzina che mi sta difronte - Mmmm, un romance – mi risponde lei. E il gioco è chiuso perché subito mi sparerà la richiesta di uno di quei titoli della suddetta classifica. Dunque sarò curiosissima di leggere gli altri due titoli tradotti dalla stessa collana francese: Toccami, di Susie Morgenstern e Il gusto del bacio, di Camille Emmanuelle, entrambi pubblicati da Faros edizioni in questo 2025, collana Teen Spirit. 
In Proprio prima che, la voce narrante è quasi sempre femminile: una ragazza liceale che racconta di sé e del suo migliore amico. Di sé, di loro e di tutto quello che gli succede intorno, delle loro famiglie problematiche e assillanti, della scuola, della solitudine, della situazione sociale e politica, di ansie e antidepressivi. La storia è quella di un’amicizia che diventa amore e scoperta del corpo. Parallelo scorre il racconto super critico della completa esplosione di ogni legame sociale, della violenza dei conflitti, delle cause e degli effetti. Loro due, per sopravvivere all’incomprensione che li attornia, si incontrano ogni giorno, solo loro due, in una casa, più spesso in una sola stanza. Sono migliori amici, passano il tempo insieme con indolenza e complicità. Mentre tutto il mondo, fuori dalla finestra, va via via esplodendo. Fuori dalla loro finestra ci sono allarmi, rivolte, blackout, esplosioni, polizia che picchia i manifestanti, in un crescendo apocalittico. I riferimenti all’oggi sono espliciti: quello che accade là fuori è molto, ma molto vicino al nostro contemporaneo. Il racconto ci trasporta costantemente da dentro a fuori. La scena è quasi sempre dentro le mura, ma il racconto ci porta costantemente fuori da quella stanza con continui flashback, immaginazioni, desideri, per poi riportarci subito dopo tra quelle mura con dentro due corpi adolescenti che scoprono l’erotismo. Chi legge costruisce questa traiettoria tra il dentro e il fuori anche grazie alle altre voci che intervengono nel testo: le pagine di un diario personale, articoli di giornale, trascrizioni di sedute terapeutiche, che interrompono il continuo flusso di coscienza (quello di lei, che nella storia non ha un nome proprio… lui neppure), scomponendo così il fluire del racconto ma ricomponendone la complessità. Quella di una società che va in pezzi, in presa diretta, aggressiva verso sé stessa. 

Attenzione questo è un messaggio del governo. 
Il territorio francese è attualmente scosso da intensi fenomeni metereologici e sismici. 
Si prega di non lasciare la propria abitazione. 
Se vi trovate all’aperto, cercate riparo in un luogo chiuso. 
Sigillate i condotti d’areazione e spegnete i sistemi di riscaldamento. 
Se possibile, munitevi del seguente kit di emergenza: torcia, radio portatile, acqua potatile, cibo, medicinali, coperte. 
Seguite le istruzioni delle autorità locali. 
Contattate i soccorsi solo in caso di emergenza. 

 Il cerchio si chiude intorno a loro mentre i loro corpi esplodono di vita. Gradualmente. Senza mezzi termini. 
 La storia risulta interessante per le questioni che affronta, per il modo schietto e chiaro con cui racconta il sesso, per lo sguardo politico (per quanto impotente) sul presente. 
Mantengo qualche riserva che non so ancora argomentare: mi sarà necessario confrontarmi con chi lo leggerà. 
Intanto, prima della pubblicazione, Proprio prima che è passato al vaglio di giovani lettori e lettrici volontari/e del Festival Mare di Libri, che lo hanno letto e valutato insieme a Margherita Petrini (che poi lo ha tradotto in Italia), e pare lo abbiano promosso. 

Patrizia 

 “Proprio prima che”, Joanne Richoux, trad. di Margherita Petrini, Terre di Mezzo 2025 

lunedì 14 luglio 2025

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)

LA RIVOLUZIONE IN CANTINA

Che ci importa di re Cetriolo
, Christine Nöstlinger (trad. Anna Patrucco Becchi) 
La Nuova Frontiera 2025 


NARRATIVA PER GRANDI (dai 10 anni) 

"Noi abbiamo tutti chiesto cosa ci fosse in cucina, ma lei non ha saputo dirlo. 
Allora il nonno si è alzato e si è diretto alla porta della cucina. Anch'io, Martina e Nik lo abbiamo seguito. Abbiamo pensato che magari si fosse rotto un tubo dell'acqua o ci fosse un topo dietro la stufa a gas o un ragno molto grande. Di tutto ciò la mamma ha paura. Però non si era rotto nessun tubo e non c'era un topo, né un ragno e siamo rimasti tutti esterrefatti. Anche papà che ci era venuto dietro. Sul tavolo della cucina era seduto infatti un tipo grande all'incirca mezzo metro." 

Un tipo alto circa mezzo metro, con occhi naso e bocca, braccia e gambe regolamentari ma con la pelle (la buccia) e la consistenza, un po' gelatinosa, di un grosso cetriolo o di una zucca media: insomma una cucurbitacea che porta una corona in testa, guantini bianchi alle mani e parla una lingua comprensibile ma difettosa. 
Non è un semplice cetriolo, si fa per dire, ma è un re cetriolo, Kumi-Ori II della stirpe degli Scaligeri, che è stato cacciato dal suo regno, la cantina inferiore, ossia quella più umida e profonda, dai sudditi in rivolta. Ora è nella loro cucina, spocchioso come capita spesso ai sovrani, ma in cerca di asilo. Fino al momento in cui i suoi sudditi non verranno a riprenderselo, implorando il di lui perdono... 
Va da sé che un fatto del genere porta scompiglio nella routine di una famiglia normale: risveglia nel nonno il suo credo politico, da vecchio comunista, schierato contro ogni governo che non sia del popolo, nel piccolo Nik e nel padre una totale e assoluta infatuazione per il sovrano, asserviti entrambi a ogni sua richiesta e volere. La madre, la figlia quindicenne Martina e l'io narrante, il giovane Wolfgang, mantengono invece un sano distacco (se non addirittura ribrezzo, all'idea di tenerselo in braccio) nei confronti dell'intruso. 
Questo il racconto di quei giorni intorno a pasqua in cui una famiglia rischia di smontarsi, ma poi è capace anche di recuperare i pezzi perduti e ricomporsi, alla faccia di ogni monarchia assoluta! 

Christine Nöstlinger fino all'ultimo ha guardato nell'obiettivo di chi la stava fotografando con la sua faccetta monella. Monella sempre. 
Agli sgoccioli degli anni Ottanta fin ai primi anni del Duemila i suoi libri hanno circolato e sono stati sulla breccia. Il bambino sottovuoto, un libro che ha segnato una svolta e anche un'epoca e una generazione. 
Poi i suoi libri sono lentamente usciti dal cono di luce e solo da qualche anno sono riemersi nelle varie collane dei diversi che li avevano pubblicati all'epoca. Accanto a questi, La Nuova Frontiera Junior sta ritraducendo alcuni di questi titoli. 
Funziona così: l'agente per l'Italia di Beltz&Gelberg, Anna Patrucco Becchi, ne cura l'acquisizione dei diritti con l'editore italiano e poi li traduce anche. Essere capace a fare più cose, ha i suoi lati positivi... 
Che ci importa del re Cetriolo, all'epoca, 1989, fu pubblicato da Salani. 
In Germania, invece, fu pubblicato ben prima, nel 1972 e l'anno successivo vinse il Deutschen Jugendliteraturpreis, il premio tedesco più prestigioso che ci sia. E ancora nel 2013 fu oggetto di una bella polemica sulla scelta di chiamare il re cetriolo Kumi-Ori, un versetto di Isaia (peraltro ripreso in molti altri contesti, compresa una poesia di Celan che Nöstlinger cita come sua fonte originale) che significa letteralmente "sorgi e splendi" e che allude a Gerusalemme... 
Vabbè. 
Il libro, anche se non direi lo si possa accusare di essere un manifesto antisemita, ha però, a mio avviso, un' asperità al suo interno ed è meno semplice di come potrebbe voler apparire. Dietro la comicità di un cetriolo che è contemporaneamente anche re, c'è ben di più. 
L'asperità sta nel suo essere figlio di un'epoca ben diversa dall'attuale. Il politicamente corretto non è evidentemente stato un problema della Nöstlinger mentre lo scriveva, per cui volano ceffoni tra padre e figlio, come pure ci sono allusioni al canone di bellezza femminile che potrebbero essere discussi.  Per contro, per chi abbia più di 50 anni, si trovano invece citati meravigliosi reperti di archeologia materiale: dal nastro verde della macchina da scrivere in poi... Resta da capire che effetto fanno a dei ragazzini di oggi. 
E anche di archeologia politica si potrebbero dire cose. 
Ma anche per questo, vabbè: si storicizzi e si vada oltre. 
Seconda questione: la illusoria comicità della situazione che nasconde roba complessa. Al lettore viene chiesto uno sforzo di interpretazione non così scontato. Se da un lato la storia del cetriolo è comica e surreale quel tanto che basterebbe a un ragazzino di otto anni per poterci ridere sopra allegramente, dall'altra mette giù una questione ben più complessa, ossia lo smontaggio di una famiglia, la crisi delle loro relazioni reciproche, che avviene in nome della comparsa di un cetriolo sul tavolo di cucina. 
La Nöstlinger ha sempre giocato duro in questo senso. Con Il bambino sottovuoto, ossia un ragazzino liofilizzato arrivato per posta alla donna sbagliata (?) si mette giù in realtà un temone bello peso. 
Qui succede una cosa analoga. 
Paradossalmente, da quando il cetriolo scompare dietro la porta della camera del padre che lo asseconda, lo nutre e protegge, con solo il piccolo Nik dalla sua parte, di lui si smette di parlare in chiave comica, mentre invece a venire in superficie è la difficoltà che sta attraversando la famiglia Hogelmann, la grande distanza che tiene lontani i genitori tra loro e il padre con i due figli più grandi. 
Per tutto il tempo della lettura ho pensato questo: Kumi-Ori è in definitiva un granello, un corpicino estraneo, che fa inceppare i meccanismi di ragionamento di un brav'uomo e lo spinge in una direzione fasulla. Nella vita vera non ci sarebbe un cetriolo a farlo deragliare, ma magari ci potrebbe essere comunque una circostanza o un incontro che potrebbe far deviare verso una direzione sbagliata il percorso che il brav'uomo aveva scelto per sé e che condivideva con il resto della famiglia. 
Ma siccome la Nöstlinger è la Nöstlinger anche in questo libro, intorno alla questione principale, bella pesa, se ne intrecciano varie altre che hanno il compito alleggerire e dare brio alla lettura e nel contempo, senza parere, dare spessore ai protagonisti: una scolastica, quella di Wolfgang, una amorosa, quella di Martina, una politica, quella del nonno, una sociale.... e soprattutto, ancora una volta, il mondo dei grandi viene salvato dai ragazzini! 

Carla