LE MILLE E UNA STORIA
Babalibri 2024
ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)
"'E se ti raccontassi una bella storia, Carola? Una storia dolcissima per dormire tranquilla.'
'D’accordo, papà, ti ascolto...'
'C’era una volta un grazioso unicorno di nome Rosamundo. Era delicato come una carezza.
Questo bell’unicorno viveva su un magnifico arcobaleno e...'
'Ti fermo subito, papà! È un NO, NO, NO categorico!
Ormai sono grande per le storie sdolcinate!'"
Ed è vero.
Sdraiata sul letto, nella sua salopette di jeans, altro che pigiama, Carola ha un tablet in mano.
Biondina, dal piglio volitivo, apostrofa suo padre avvisandolo di non essere più disposta a sentire storie con bacini e cuoricini. Con grande sicurezza lo mette di fronte a un incontrovertibile fatto: se lei fosse stata maschio, lui mai e poi mai avrebbe esordito con una storia dolcissima e piena di unicorni e arcobaleni.
O no?
Così l'unicorno esce di scena.
La seconda proposta, quella storia del lupo famelico che non mangia da tre giorni e ronza intorno a un gregge di pecore, ha un altro difetto: turba la sua sensibilità. La notte potrebbe ricomparirle davanti la scena di una strage...
Via, dunque, lupo e (quasi) tutte le pecore escono dalla ribalta.
La terza storia, con la solita principessa strabella, strabionda, strastanga non va per altrettanti ovvi motivi...
La storia dell'orco confligge con il suo recente vegetarianesimo...
Insomma si prospetta una serata tutta in salita per quel giovane padre, volenteroso ma decisamente démodé nella scelta delle storie da raccontare alla figlia.
A meno che...
Ribelle, fin nella scelta del suo nom de plume, Rascal, nasconde - neanche troppo - tutto il suo modo di leggere il mondo nel suo personaggio Carola.
Controcorrente, annoiata dalla solita tiritera, è in cerca di esperienze significative. Un po' come lo stesso Rascal racconta della sua infanzia scolastica: nulla dei programmi ministeriali lo interessava davvero, lui avrebbe voluto saper costruire una sedia, suonare uno strumento o usare correttamente un trapano, preparare il pane, fare un erbario, non far impazzire la maionese...e poi conoscere bene la poesia e la pittura a olio....
Amante di Prevert - il suo anarchismo dolce - e grato al suo professore in accademia che fu per lui quanto di meno pedagogico ci si potesse aspettare, Rascal comincia come disegnatore di manifesti per il teatro e di copertine poi approda al libro illustrato per i più piccoli.
Fondamentale e illuminante il suo incontro con l'opera di Tomi Ungerer.
E a ben vedere questa ragazzina potrebbe essere la stessa rapita dai Tre briganti... Stesso stile, e stessa grinta.
Stesso rispetto per il lettore, stesso gusto di dire le cose come stanno, senza infingimenti, senza fiocchi e nastrini colorati...
I bambini sono persone che non si lasciano ingannare dalla durezza del mondo, dalla sua complessità.
Mi verrebbe da dire: chiedete a Carola, la quale pare saperne un bel po' di come va il mondo.
Ma, tornando alla cursus honorum di Rascal, tutta la sua carriera, continua lui stesso a raccontare, è farcita di incontri importanti e tutti molto diversi tra loro (il suo catalogo di collaborazioni con i nomi più prestigiosi è stellare!).
L'unica costante è quella di indirizzare ciascun testo a un determinato nome e non affidarlo al caso o alla scelta dell'editore.
E questo modo di creare libri risulta molto evidente anche qui, in Vorrei un'altra storia.
Mi pare sotto gli occhi di tutti il contributo che Michel Van Zeveren porta al racconto: senza i suoi disegni tutto si affievolirebbe di un bel po'.
E lo stesso Rascal, a tal proposito, afferma che l'ispirazione non nasce solo dentro di sé, ma anche immaginando come l'illustratore potrebbe tradurre in immagine quel testo.
Allora, visto che la storia ha questo tono così ironico, scegliere Van Zeveren è stata una scelta naturale. O forse è andata esattamente nel senso opposto? Poco importa. La cosa fondamentale è che la doppia voce che questi due hanno saputo così bene armonizzare, pagina dopo pagina sia sempre più convincente.
Ironico, esilarante, monello, Van Zeveren comincia fin da subito a ritagliarsi un suo ruolo e a raccontare per immagini ciò che il testo tace.
A parte le pecore che sono fin da subito termometro di una incandescenza emotiva che si percepisce nell'aria. A parte questo, fin dalla prima doppia pagina costruisce un vero e proprio palcoscenico.
Elementi fissi, o quasi, a sinistra, mentre a destra, intorno alla porta della stanza, crea ogni volta un tipo di contesto diverso: dall'arco dell'arcobaleno (i rami rosa della scena del lupo già si intravedono), fino all'arcatella gotica per la principessa che, per incanto, si trasforma poi in un portone in muratura a grandi bugne, con annesso tombino fumante, da cui a fatica spunta il testone dell'orco, fino ad arrivare in Cina con le sue ombre...
La scena finale, che appare dopo l'apoteosi del testo che è una pagina prima, diventa a sua volta l'apoteosi del disegno che, facendo schiantare dal ridere, tronca alla radice ogni possibile deriva mielosa...
Geniale.
Carla