venerdì 29 giugno 2018

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


ELOGIO DELLA NOIA
Un arcobaleno tutto mio, Alessio Di Simone, Alessandro Di Sorbo
Verbavolant 2017



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 5 anni)

"Oggi papà non c'era, io e mamma abbiamo pranzato assieme.
Ho mangiato tutto.
Fuori pioveva.
C'era la cotoletta con le patatine. Ho mangiato una mela per frutta.
Poi mamma è tornata al lavoro e io mi sono messo a fare i compiti."

È un mercoledì pomeriggio di pioggia.
Da solo: papà è fuori, mamma dopo pranzo deve tornare a lavorare e come per incanto la casa è tutta sua. I compiti da fare: matematica e storia e intanto fuori piove. Piove sempre di più. Grandi nuvoloni all'orizzonte portano un acquazzone. In quel tempo fatto di niente, quel ragazzino guarda la pioggia cadere; dalla poltrona la vede e la sente cadere dentro e fuori la tazza presa dall'acquaio e messa sul balcone. Così, solo per vedere l'effetto che fa.


A incanto si aggiunge altro incanto nell'arcobaleno che pare nascere da quel balcone e finire dove tutti gli arcobaleni finiscono: in una pignatta piena di oro.
È necessario partire, lo zaino è sempre pronto, per seguirne il percorso, per arrivare alla magia. Ma poi torna mamma.

Un pomeriggio di noia, merce rara per bambini e bambine di oggi. In una sorta di horror vacui, gli adulti temono la noia dei propri figli, interpretandola come sintomo di una latente e incipiente solitudine del soggetto annoiato, oppure come mancanza di spirito organizzativo di che ne amministra le attività. Annoiarsi è da sfigati.
Eppure, la noia, gli adulti di oggi dovrebbero ricordarsela molto bene. E se non fossero distratti dalle routine quotidiane, ne concederebbero a palate anche alle nuove generazioni. Essa, la noia, fornendo il dovuto riposo alla mente, è spesso portatrice di grandi pensate, progetti e idee. Perché negarsela e negarla ad altri?


Ad evidenza Alessio Di Simone il tempo fatto di niente lo ricorda molto bene se riesce a raccontarlo con tanta precisione. Qui, alla noia di un pomeriggio solitario, si aggiunge la pioggia, che diventa immediatamente attraente e oggetto di interesse.
E come spesso accade, dopo la pioggia arriva il sereno e con lui l'arcobaleno. Sorta di ponte 'naturale' tra la realtà e la magia, nessuno può sottrarsi al suo fascino. I sette colori dell'iride compaiono in un insieme armonico e soprattutto si mostrano senza annunciarsi.
Gli arcobaleni fanno così: un certo punto appaiono nel cielo e stan lì e altrettanto in silenzio spariscono quando meno te lo aspetti. Esattamente come accade anche in questo libro. In una sorta di metalinguaggio, pagina dopo pagina, la storia di un pomeriggio piovoso, si trasforma, colore dopo colore, in un arcobaleno ricomposto. 


Come? Ogni doppia pagina di questo leporello lungo più di 2 metri porta con sé le sfumature dell'iride: a sinistra rosso, arancio, giallo, verde, blu e violetto, a destra il testo che, un po' come eco, ne ripete nella grafica la tonalità cromatica. E sul retro il grande arcobaleno si dipana in tutta la sua lunghezza. 

 
Ho imparato e insegno a mia volta a ragionare sui libri mettendo in chiaro il più possibile i punti di forza e le debolezze che essi contengono. In questo libro convivono serenamente entrambe: la forza sta in questa narrazione lieve, autentica nella descrizione di un pomeriggio di noia di un bambinetto, probabilmente ripescata tra ricordi personali; sta anche in questa lingua scritta che pare parlata. E soprattutto sta nell'oggetto in sé che è un bel cimento per chi ha dovuto allestirlo. Impercettibili, quasi invisibili le giunte dei fogli, nelle mani di un sapiente quanto caparbio professionista tipografo.
Bravo, bravo, bravo.
La debolezza a me pare una sola, ovvero due che, per combinazione, aprono e chiudono il libro. All'inizio una copertina 'aliena' dal resto delle immagini, che non sa dialogare con esse. Su questa si appoggia un titolo un po' 'spento'. Alla fine, invece, il testo scivola su una frase a effetto (che si guadagna anche la quarta di copertina) che, tuttavia, suona altrettanto 'aliena', se messa in bocca a un bambino. 
I bambini vanno verso l'altrove e vivono spesso l'incanto, ma non ne parlano. Una delle differenze tra noi e loro.

Carla

mercoledì 27 giugno 2018

FAMMI UNA DOMANDA!


PER COLPA DI UNA COPERTINA


Può una copertina portare il lettore fuori strada? Certamente! E ‘Perché i pesci non annegano?’ di Anna Claybourne e Claire Goble ne è un esempio. La copertina cartonata e l’aspetto ammiccante fanno pensare ad uno di quei libri semi seri che raccontano qualche buffa curiosità sugli animali, pensati per un pubblico di bambine e bambini piccoli.
E invece, no. Questo libro pubblicato in Gran Bretagna da Thames & Hudson e in Italia da De Agostini, è un serio libro di divulgazione, di quasi cento pagine, fitto di informazioni che richiedono un lettore e un lettrice che abbiano già una qualche dimestichezza con gli argomenti biologici.
I titoli dei capitoli in forma interrogativa, e in apparenza provocatoria, nascondono una trattazione sistematica, che, pur non entrando nella tassonomia o in teorie complicate, affronta molti temi interessanti, dall’origine della vita alle capacità di orientamento, dalla convergenza evolutiva alla comunicazione animale. 


I testi sono brevi, sintetici e chiari come la divulgazione britannica sa fare e solo in alcuni punti ho notato delle semplificazioni. Rispondendo a delle domande, ovviamente, sono testi abbastanza discorsivi, assertivi, poco orientati ad esporre dubbi o problematicità. Ma la quantità degli argomenti è tale da non consentire altro. Ci si chiede, ad esempio se sia vero che i serpenti sono viscidi, oppure se gli animali sudino, oppure, ancora, per quale motivo viviamo insieme agli animali e quando è cominciata la domesticazione.
Il tipo di presentazione aiuta ad avere un approccio divertito, scanzonato ad un argomento, quello degli animali, che è stato esplorato in tutte le dimensioni possibili.


Di grande aiuto le illustrazioni, che alternano fotografie, riproduzioni di disegni d’epoca e illustrazioni originali della Goble, improntate ad uno stile umoristico, che asseconda l’impostazione generale del libro. Impaginazione, la variabilità dei caratteri di stampa, l’alternanza di bianco e nero e colore, rendono il libro vivace, divertente, stimolante.
Peccato per la copertina, per altro identica all’originale inglese, che porta fuori strada i volonterosi genitori alla ricerca di un bel libro sugli animali.

Eleonora

“Perché i pesci non annegano?”, A. Claybourne e C. Goble, de Agostini 2018


lunedì 25 giugno 2018

LA BORSETTA DELLA SIRENA (libri per incantare)


FIGURINE DAL VERO
 
In spiaggia, Susanna Mattiangeli, Vessela Nikolova
Topipittori 2018



ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Quando andiamo in spiaggia mi dicono: scava una buca nella sabbia ma mi raccomando, non ti allontanare. Sotto la sabbia c'è altra sabbia. Dopo un po' che si scava, si trovano anche legnetti, carte di gelato e qualche tappo. Sotto l'altra sabbia c'è ancora altra sabbia, però bagnata. Alla fine arriva un laghetto di acqua che aspettava di essere scoperto da qualcuno, allora bisogna andare a cercare delle conchiglie per decorarlo tutto intorno, anche se, mi raccomando, non mi devo allontanare."


Le conchiglie vanno trovate e per trovarle occorre fare strada. Ma perdersi è un'altra cosa. Cammin facendo, con il suo secchiello in mano prosegue e ragiona tra sé, questa bimbetta dal costume rosso, rosso come il suo ombrellone. Guarda il mondo dalla sua prospettiva alzo un metro. Vede le pance o sederi di gente in piedi, vede gente sdraiata. Poi vede i bambini come lei. Con loro gioca, cerca ancora le famose conchiglie e quando loro se ne vanno si sente un po' più sola, un po' persa... Ma il mare è sempre lì che va avanti e indietro e fa rumore. 


Ma non così tanto da coprire quella voce fra mille voci, conosciuta. E tutto torna a posto.

Una storia di una andata e di un ritorno, con un bel po' di osservazioni dal vero in mezzo.
Il bello di avere una certa età mi concede due privilegi. Il primo, di parlare di un libro quando reputo sia arrivato il suo momento, lontano dall'inseguire la novità. Il secondo, di ricordare molto bene Sentieri di conchiglie di Bruno Tognolini, anno 1995. Con questo libro che se lo leggi canta, facevo le mie prime letture pubbliche. Amarcord e autoreferenzialità a parte, è un pezzo di cuore che conservo gelosamente e che con In spiaggia ha un po' di affinità: il contesto e il flusso di coscienza di una bambinetta.
Si può partire da qui, dal monologo interiore che accompagna la ricerca di conchiglie. Se Susanna Mattiangeli ha una specialità è questa: i monologhi interiori di bambini e bambine. Così tanto le vengono bene e così tanto convincono i suoi lettori e la critica. Ha una riconosciuta capacità di rendere la complessità della realtà, intrecciando come singoli fili molti elementi. 


Qui, quello che a prima vista può sembrare un elenco di situazioni, un mazzetto di fili, prende spessore e all'ultima pagina ogni lettore ha la netta sensazione di essere stato anche lui lì su quella spiaggia.
Al contrario di quanto altri hanno affermato, non ho la certezza che i ragionamenti su pance e sederi e gente sdraiata, possano essere autenticamente ascritti a una pupetta in cerca di conchiglie. Tuttavia, anche se a me sembrano ammiccamenti rivolti ai più grandi, hanno una loro autenticità nel rappresentare effettivamente la visuale di quella bambina, di ogni bambino: un mondo di alti diversi da loro. Molto più autentico è il racconto dello scavo di una buca, dello successivo spaesamento, delle lacrime incipienti e dello scampato pericolo.
Sul secondo elemento, ovvero il contesto di una spiaggia affollata, mi pare che qui giochi un ruolo determinante la figura. Se in Tognolini c'erano i suoni a dare forma a quel mare, qui c'è di nuovo un catalogo figurato, una sorta di album di foto delle vacanze. Se si leggono le riflessioni della Nikolova sulla genesi del libro si trova conferma a questa constatazione.
Sembrerebbe che per altre vie anche lei abbia usato il medesimo metodo di racconto: ha lavorato per singoli fili, singoli personaggi ritratti durante l'estate del 2015 durante una vacanza con sua figlia, che sono stati ricomposti a formare un tessuto complesso e articolato.
Si espande, utilizza ogni angolino libero della pagina, compresi i risguardi, per far brulicare i suoi personaggini.


 Con un ritmo che varia, accelera e rallenta, sembra quasi voglia creare una summa di quello che è l'immaginario collettivo 'balneare'. In qualche modo l'obiettivo è raggiunto in questa movimentatissima spiaggia che diventa, visto il talento della Nikolova, vero e proprio catalogo di studi di figure, anzi figurine, dal vero. 
Di rigore, il costume da bagno.


Entrambe, Mattiangeli e Nikolova, hanno condiviso questo modo di raccontare ed è una bellezza poterne godere.

Carla

sabato 23 giugno 2018

ECCEZION FATTA!


TRACCE SU PERCORSI DI APPROFONDIMENTO

W. Benjamin, Infanzia berlinese, Einaudi 2007



W. Benjamin, Figure dell'infanzia. Educazione, letteratura, immaginario (a cura di) Francesco Cappa e Martino Negri), Raffaello Cortina 2012
A. Chambers, Il lettore infinito, Equilibri 2015
W. Goldman, La principessa sposa, Marcos y Marcos 2007
Hamelin (a cura di) Ad occhi aperti. leggere l'albo illustrato, Donzelli 2012
Hamelin nr. 44 Incompreso, La sfida di raccontare l'infanzia, 2017



S. Lee, La trilogia del limite, Corraini, 2012
K. Smith, Come diventare esploratore del mondo, Corraini 2011
M. Terrusi, Meraviglie mute, Carocci 2017
S. Van der Linden, Albumes, Ekarè s.d.


UNA BIBLIOTECA IDEALE

*I. Banyai, Zoom, Il Castoro 2003
*S. R. Berner, Sommer Wimmelbuch, Gerstenberg
Blexbolex, Stagioni, Orecchio acerbo 2010 



A. Browne, Gorilla, Orecchio acerbo 2017
D. Calì, s. Bloch, Io aspetto, Kite 2015
*M. Celjia,Chiuso per ferie, Topipittori 2006
R. Charlip, Fortunatamente, Orecchio acerbo 2013 

 
K. Crowther, Et alors?
K. Crowther, El niño raiz, Loguez 2003
O. Douzou, Il lupo, Jacabook 2004
W. Erlbruch, Il miracolo degli orsi, E/O 2004
J. Fogliano, E. Stead, Se vuoi vedere una balena, Babalibri 2014

 


O. Jeffers, Chi trova un pinguino... Zoolibri
*S. Lee, L'onda, Corraini 2008
I. McEwan, L'inventore di sogni, Einaudi 2015


*I. Mari, Il palloncino rosso, Babalibri 2004
F. Negrin, Dov'è la casa dell'aquila?, Orecchio acerbo 2017
P. Newell, Il libro sbilenco, Orecchio acerbo 2007 
C. Ponti, Biagio e il castello di compleanno, Babalibri 2005

 
M. Sendak, Nel paese dei mostri selvaggi, Babalibri 1999
Orecchio acerbo 2014

Solotareff, Couleurs, L'ecole des loisirs 2014


S. Tan, L'albero rosso, Tunuè 2017
T. Tellegen, Lettere dal bosco, Donzelli 2007
*D. Terrazzini, Lily e Bert, orecchio acerbo 2007 

 
W. Wondriska, Tutto da me, Corraini 2010

venerdì 22 giugno 2018

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


LE PAROLE PER DIRLO


Singolare coincidenza, che un libro appena pubblicato in Gran Bretagna e felicemente tradotto in Italia dall’editore Nord-Sud, abbia un’eco immediata nei tristi fatti della cronaca politica.
Il libro in questione, ‘Il giorno che venne la guerra’, della poliedrica e talentuosa Nicola Davies con le illustrazioni di RebeccaCobb, parte da un episodio verificatosi in Gran Bretagna; l’episodio, piccolo, parla di un fatto più grande, il respingimento di 3000 bambini da parte del governo britannico nel corso del 2016.
Ma veniamo alla nostra storia: c’è una bambina che vive una vita normale in un paese normale, fino a quando non sopraggiunge la guerra che riesce a toglierle tutto, ma proprio tutto quello che ha, casa, affetti, punti di riferimento. Lei come tanti intraprende un lungo viaggio, attraverso paesi sconosciuti e un mare ostile, per approdare in un campo profughi, come tanti. Vorrebbe avere una vita normale, come l’aveva prima, andare a scuola, fare amicizia con altri bambini, ma gli usci restano chiusi e a scuola non ci sono abbastanza sedie. Già, e questo è l’episodio reale, si può essere respinti da una scuola per mancanza di sedie.


Nicola Davies a questo punto suggerisce che l’unica risposta possibile è la solidarietà, manifestata sui social media da tante sedie vuote. E’ sufficiente aprire la porta di casa, mettere a disposizione quel poco o tanto che si ha per fare spazio a chi ha perso tutto.
Questa è la storia, raccontata con grande sobrietà dalle parole misurate della Davies e dal disegno essenziale della Coob. Sarebbe facile emozionare e commuovere il piccolo lettore, turbarlo, anche. Ma l’importante è che capisca. Capisca che ci sono posti nel mondo dove i bambini non sono affatto amati: i paesi dove ci sono le guerre, certo, ma anche quelli con i mostruosi campi profughi o i lager come quelli libici; i paesi in cui i bambini, separati dai genitori, vengono messi dentro grandi gabbie; o dove si pensa di ‘censirli’ in quanto appartenenti a gruppi etnici ‘diversi’, o a cui viene negato l’accesso a scuola perché vengono dopo qualcun altro.


Bisogna trovare le parole per dirlo, per spiegare quello che ragione non ha, se non una vile ragion di stato o una sgangherata propaganda. Sulla pelle dei bambini e delle bambine, sulla pelle di chi rappresenta il nostro futuro.
Bisogna trovare gli strumenti per aiutare la nascita di una consapevolezza nuova, che quello che consideriamo un valore assoluto, universale, tale non è. La tutela dell’infanzia sempre e comunque è condizionata, in alcuni luoghi, dall’etnia, dalla religione, dallo status sociale. Il luogo in cui si nasce può essere ragione di fortuna o di sventure.


Sarà ora di dire basta, ritroveremo la voce per farlo, con il senso di civiltà e di misura di cui questo albo è un bell’esempio. Per ragionare insieme, grandi e piccini, su un futuro diverso da questo terribile presente.

Eleonora

“Il giorno che venne la guerra”, N. Davies e R. Cobb, Nord-Sud edizioni 2018




mercoledì 20 giugno 2018

OLTRE IL CONFINE (libri dall'estero)


 IT'S HOME!

The Wolf, the Duck & the Mouse, Mac Barnett, Jon Klassen
Walker books 2017


ILLUSTRATI PER PICCOLI (dai 4 anni)

"Early one morning, a mouse met a wolf, and he was quickly gobbled up.
'Oh woe!' said the mouse. 'Oh me! Here I am, caught in the belly of the beast. I fear this is the end'. 'Be quiet!' someone shouted. 'I'm trying to sleep.'
The mouse shrieked, Who's there?'"


Cammina tranquillo nel bosco il topo quando un lupo lo vede e lo inghiotte. Che guaio, povero me! pensa il topo dalla buia pancia del lupo. E mentre è lì che si commisera ode una voce che gli dice senza troppi convenevoli: sta zitto, sto cercando di dormire. Ed ecco che il topo scopre di non essere solo nella pancia del lupo, ma in compagnia di un'anatra che in quella pancia ci vive già da parecchio, considerati tutti i comfort di cui si circonda. Come se niente fosse per cena decidono per una minestra fatta a 4 mani. Poi dal topo arriva la grande domanda: ma non ti manca il fuori? E la risposta è spiazzante: perché mai. Quando ero fuori vivevo nel terrore di essere mangiata. Qui è una pacchia. Come darle torto...a tal punto che anche il topo decide di restare. 


Festa grande nello stomaco del lupo che comincia ad accusare un forte imbarazzo di di pancia. Secondo spiazzamento: a offrire un rimedio al lupo ci pensa l'anatra medesima che però con una vena di opportunismo consiglia alla bestia di ingurgitare l'occorrente per una cena a lume di candela. 
Il lupo non migliora e i suoi lamenti arrivano alle orecchie di un cacciatore che cerca di ucciderlo ma lo manca. È ancora l'anatra a incitarlo alla fuga. Se si salva lui si salvano anche gli abitanti della sua pancia. Ma il lupo inciampa nelle radici e la fine dei tre è lì a un soffio, se non fosse che l'indomito topo si mette alla testa della riscossa, all'urlo di CARICA!

Sul finale è giusto tacere, ma si sappia che tutto nasce da un debito di riconoscenza.
Una meravigliosa fiaba, di quelle che questi due sono in grado di imbastire a quattro mani, con la giusta dose di menzogna dichiarata. Mac Barnett è il grande teorico della bugia di cui l'infanzia ha assoluta necessità.
Diamo loro ciò che non hanno: inventiamo per loro storie fatte di pura invenzione, facciamo in modo che anche solo per un'ora loro ci credano e gli vadano dietro. Diamoci come obiettivo il nutrimento per il loro immaginario.
Quali sono le qualità insindacabili di questo libro?


La prima. La prospettiva insolita. Non rammaricarsi per un topo ingoiato, né per l'anatra, ma al contrario constatare che nella sorte è sempre meglio saper cogliere i lati interessanti. A patto di avere uno sguardo allenato che permetta di saperli vedere. L'anatra e il topo lo hanno saputo fare.
La seconda. Il tono. Perfettamente in linea con il registro fiabesco si rivelano il contesto e il linguaggio che, in più di un caso, potrebbe essere uscito dalla penna di Perrault. Ma Mac Barnett riesce a essere nel contempo fiabesco e realistico. I migliori risultati in questo senso li ottiene, sterzando bruscamente da un ambito all'altro, come se niente fosse: I fear this is the end'. 'Be quiet!' someone shouted. 'I'm trying to sleep.'
La terza. Il linguaggio al servizio del pensiero. E alludo ad alcuni piccoli gioielli, quali per esempio la filosofia della papera riassunta in un rigo: I live well! I may have been swolled, but I have no intention of being eaten.
La quarta. Il colore e il segno, diversi in qualche modo dalla trilogia del cappello.
Rimane questo gusto di Klassen per i colori che nei libri per l'infanzia sono banditi: i grigi, i bruni e, più in generale, gli aranciati pallidi pallidi. Toni spenti, quanto di meno convenzionale ci sia nell'ambito degli albi illustrati. Eppure il risultato è lì sotto gli occhi di tutti: magnifico nella sua rarità.


La quinta. Il sense of humor. Non più risatine complici nel lettore che è consapevole ben prima del protagonista di quello che sta accadendo, come avviene nella trilogia del cappello o in Sam e Dave scavano una buca. No, qui si ride tutti assieme e a gran voce nel vedere rivoltarsi il mondo.
La sesta. La capacità di Klassen di punteggiare il non detto, o di 'cavalcare' con un'ironia sottile gli spunti di cui il suo amico Mac Barnett dissemina il testo.


La sua cifra si ritrova nell'essenzialità della descrizione degli spazi: l'acquerello 'sporco' per i fondi (come in Triangle), ma nello stesso tempo una serie di dettagli di arredo che, ne ho certezza, i bambini e le bambine sapranno notare per riderci sopra. Senza contare la sua maestria nel dare forma alle parole in modo mai scontato, mai convenzionale...


AMAZING!

Carla

Noterella al margine. Per Letti di notte a Roma in una graziosa libreria lo leggeremo insieme al suo omologo italiano, Casa pelosa. E ci sarà da ridere...

lunedì 18 giugno 2018

FUORI DAL GUSCIO (libri giovani che cresceranno)


DIRE ADDIO


Un albo illustrato dedicato ai gatti non è una novità e nemmeno il tema dell’addio lo è. Ma in questo, ‘Gatto grande, gatto piccolo’, di Elisha Cooper, tradotto da Chiara Carminati per Rizzoli, c’è qualcosa di speciale. E’ un delicato ritratto di vita familiare, in cui spiccano i gatti di casa. Prima un grande gatto bianco, che regna incontrastato nell’ambiente domestico, poi l’arrivo di un piccolo gatto nero. Il primo, già esperto della vita, mostra al secondo come si fa a stare al mondo, quando giocare e quando dormire, quando mangiare e quando andare a caccia. Si crea in questo modo un equilibrio perfetto, in cui ciascuno sa qual è il suo posto.


Passano gli anni e arriva il momento in cui il gatto bianco esce di scena, dopo aver condiviso col gatto nero anni e anni di felicità felina. E’ un momento difficile, per il gatto nero rimasto solo e per tutta la famiglia. Ma dopo qualche tempo, ecco affacciarsi alla vita familiare un nuovo gattino, e tutto ricomincia.
Questo albo illustrato ha diversi punti di forza: la capacità di sintesi dell’autore, Elisha Cooper, che per questo albo ha ricevuto la Caldecott Honor, nel raccontare con attenzione e cura la vita quotidiana dei gatti protagonisti, la vita che scorre, sempre uguale e sempre diversa, il momento in cui ci si conosce, ci si abitua l’uno all’altro e poi, inevitabilmente ci si lascia.
L’assenza di retorica è un tratto distintivo: sulla fine, sull’addio è facile far scorrere le lacrime. Qui la dipartita del gatto più vecchio viene raccontata con sobrietà, per quello che è, un momento doloroso e inevitabile del vivere insieme. E con la stessa sobrietà si racconta il nuovo inizio, la continuità della vita nello scorrere del tempo.


Infine, l’essenzialità del tratto, in un rigoroso bianco e nero, che descrive la felinità come solo un amante dei gatti può fare. Gli atteggiamenti, le abitudini, l’allegria scatenata e il sonno rilassato. Mi ha ricordato molto la Gabrielle Vincent di ‘Un giorno, un cane’, portato in Italia da Gallucci nel 2011, sia per l’essenzialità del tratto che per l’intensa compenetrazione con l’animo animale, la capacità di raccontare l’irraccontabile, cioè l’universo emotivo di chi non ha parola.


E’ un albo che può essere proposto, trasversalmente, ai bambini e agli adulti, trattando un tema universale che appartiene alla nostra vita; può essere il dono per chi ama i gatti, può essere un modo per aiutare i più piccoli a affrontare un momento difficile.
Quanto poi alla difficoltà di dire addio, ne so qualcosa, avendo condiviso la mia vita con cani e gatti di ogni risma e oggi con due canette anziane; tutte e tre sappiamo quale orizzonte ci aspetti.



Eleonora

“Gatto grande, gatto piccolo”, E. Cooper, Rizzoli 2018